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Sentenza

Con la sentenza del CNF n. 115/2025, pubblicata il 29 settembre 2025 è stato chi...
Con la sentenza del CNF n. 115/2025, pubblicata il 29 settembre 2025 è stato chiarito che costituisce illecito disciplinare il comportamento dell'avvocato che, fuori dall'udienza e in assenza della controparte, invii al magistrato un messaggio o una comunicazione personale per discutere della causa.
La decisione è stata assunta in applicazione dell'articolo 53, comma 2, del Codice Deontologico Forense, che vieta agli avvocati qualsiasi contatto con il giudice in merito al procedimento in corso senza la presenza del collega avversario

Consiglio Nazionale Forense (pres. Corona Patrizia, rel. Galletti Antonino), sentenza n. 115 del 18 Aprile 2025
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R.G. N. 256/24 RD n. 115/25
CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio Nazionale Forense, riunito in seduta pubblica, nella sua sede presso il
Ministero della Giustizia, in Roma, presenti i Signori:
- Avv. Patrizia CORONA Presidente f.f.
- Avv. Federica SANTINON Segretario f.f.
- Avv. Enrico ANGELINI Componente
- Avv. Leonardo ARNAU Componente
- Avv. Ettore ATZORI Componente
- Avv. Giovanni BERTI ARNOALDI VELI Componente
- Avv. Camillo CANCELLARIO Componente
- Avv. Paola CARELLO Componente
- Avv. Aniello COSIMATO Componente
- Avv. Biancamaria D’AGOSTINO Componente
- Avv. Francesco DE BENEDITTIS Componente
- Avv. Francesco FAVI Componente
- Avv. Antonino GALLETTI Componente
- Avv. Nadia Giacomina GERMANA’ TASCONA Componente
- Avv. Daniela GIRAUDO Componente
- Avv. Mario NAPOLI Componente
- Avv. Francesca PALMA Componente
con l’intervento del rappresentante il P.G. presso la Corte di Cassazione nella persona del
Sostituto Procuratore Generale dott. Stefano Visonà ha emesso la seguente
SENTENZA
sul ricorso presentato dall’Avv. [RICORRENTE], rappresentato e difeso dall’Avv. [OMISSIS],
avverso la sanzione della sospensione dall’esercizio professionale per mesi sei irrogata dal
Consiglio distrettuale di disciplina forense di [OMISSIS] in data 27.5.2024, depositata in data
15.7.2024 e poi notificata il 19.7.2024.
Il ricorrente, avv. [RICORRENTE] non è presente;
è presente il suo difensore avv. [OMISSIS];
Per il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di [OMISSIS], regolarmente citato, è presente
l’avv. [OMISSIS] con delega del Presidente Avv. [OMISSIS]
Il Presidente f.f. rileva che non risulta depositata in atti la delibera del COA di [OMISSIS]
autorizzativa alla costituzione nell’odierno giudizio
Il Consigliere relatore avv. Antonino Galletti svolge la relazione;
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Inteso il P.G., il quale ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
Inteso il difensore del ricorrente, il quale ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso.
FATTO
In data 29.4.2021 è pervenuta al Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di [OMISSIS] (d’ora
innanzi, pe brevità, il COA) la comunicazione da parte della Procura della Repubblica presso
il Tribunale di [OMISSIS], nella quale è stato rappresentato che nei confronti dell’avv.
[RICORRENTE] era stata esercitata l’azione penale, in esito alla quale, in data 27.4.2021,
era stato richiesto il rinvio a giudizio per la seguente ipotesi accusatoria (poi oggetto di
modifica nel corso del processo penale):
“A) Per aver, in concorso con [AAA] [001] e [AAA] [002], ai sensi degli artt. 110, 81 cpv, 318,
319, 319 ter e 321 c.p., e con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, [AAA]
nella qualità e nell'esercizio delle funzioni di giudice della Il Sezione della Commissione
Tributaria Provinciale di [OMISSIS] ed in particolare nella veste di giudice relatore nei
procedimenti di seguito meglio indicati, vendeva sistematicamente la propria funzione,
ricevendo utilità, o accettandone la promessa, per favorire parti private, (alcune delle quali
da lui direttamente conosciute) patrocinate dall’Avv. [RICORRENTE], mediante
l'accoglimento dei ricorsi da quest'ultimo presentati e per compiere (o aver compiuto) atti
contrari ai doveri d'ufficio e in particolare per aver svolto la funzione di giudice relatore in
processi tributari in cui aveva l'obbligo di astensione, per avere affidato la redazione di
motivazioni di sentenze al figlio [AAA] [002] e all'Avv. [RICORRENTE] e dunque a persone
estranee al collegio giudicante e spesso peraltro (l‘avv. [RICORRENTE]) patrocinatore della
parte ricorrente e per aver modificato gli esiti delle deliberazioni in camera di consiglio (da
rigetto ad accoglimento, in favore di [BBB], difeso dall'Avv. [RICORRENTE] e [CCC], difeso
dall'Avv. [DDD]), commettendo i delitti di falsità ideologica e materiale in atto pubblico, di cui
ai capi che seguono:
[RICORRENTE], nella qualità di avvocato iscritto all'Albo dell'Ordine degli avvocati di
[OMISSIS], patrocinatore di parte private nei procedimenti tributari di seguito indicati, dava
e prometteva al [AAA] varie utilita, al fine di ottenere l'accoglimento dei ricorsi dal medesimo
proposti.
[AAA] [002], figlio del giudice tributario, quale coadiutore del padre nella redazione delle
motivazioni delle sentenze allo stesso assegnate e di interessato alla promozione della
propria figura professionale in ambito sportivo, assicuratagli dall'avv. [RICORRENTE].>
Utilita per il giudice tributario consiste:
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- nell'assistenza legale gratuita in proprio favore (in relazione alla predisposizione delle
difese e della memoria difensiva datata 27/05/2019 a fronte delle contestazioni disciplinari
relative alla gestione dei singoli processi tributari, ed in particolare per aver omesso di
astenersi nei procedimenti che vedevano come ricorrenti [EEE] e [FFF]) ed anche al fine
di far riconoscere pretesi diritti di propri familiari (in particolare della propria sorella [AAA]
[003], all'insaputa della stessa, in relazione ad una richiesta di rimborso nei confronti di
Poste Italiane S.p.A.)
Nonché
- nella predisposizione, da parte dell'Avv. [RICORRENTE], delle minute delle sentenze,
formalmente redatte dal [AAA] in accoglimento delle difese spiegate dallo stesso avvocato
e nella redazione di minuta di sentenza anche di cause non patrocinate dal [RICORRENTE],
il quale coadiuvava anche [AAA] [002] nella medesima attività di redazione delle minute
delle sentenze assegnate al padre, cosi lucrando, il giudice tributario, i relativi compensi,
senza aver svolto, in concreto, l'attività di studio dei casi e di redazione delle minute delle
motivazioni, in violazione degli obblighi di astensione e dell'obbligo di redazione e decisione
dei casi in prima persona, in violazione del segreto della camera di consiglio e dell'obbligo
di redazione in prima persona dei provvedimenti medesimi
Promesse accettate di utilità consistite:
- nella prospettazione di aiuti per lo sviluppo della carriera sia agonistica che professionale
del figlio [AAA] [002] nel mondo del calcio professionistico, in forza della mediazione di
[GGG], manager calcistico di livello nazionale e legale rappresentante della SSD Italiana
[HHH] S.rl., parte ricorrente in procedimento dinanzi alla Commissione tributaria Provinciale
di [OMISSIS], patrocinato dall'Avv. [JJJ], in cui il [AAA] era giudice relatore, il tutto con il
consapevole, interessato apporto del figlio [002]. In particolare, I'Avv. [RICORRENTE] —
patrocinatore delle parti private — redigeva le seguenti minute di motivazione di sentenze,
che venivano poi sottoscritte e depositate dal geometra [AAA]:
1) Ricorso n. [OMISSIS]/18 RG, ricorrente [BBB] (in relazione al quale [AAA] modificava
anche l'esito della decisione in camera di consiglio dal “rigetto” ad “accoglimento”);
2) Ricorso n. [OMISSIS]/2017 RG, ricorrente [EEE] (in relazione al quale il [AAA] aveva
anche l'obbligo di astenersi per aver avuto rapporti professionali con il ricorrente), con esito
di accoglimento del ricorso del contribuente; sentenza n. [OMISSIS]/2017 — udienza
04/10/2017;
3) Ricorsi n. [OMISSIS]/2017 — [OMISSIS]/2017 — [OMISSIS]/2017 — [OMISSIS]/2017
RG, ricorrenti [FFF] [001] e [FFF] [002] (in relazione al quale il [AAA] aveva anche obbligo
di astenersi per aver rapporti professionali e personali di stretta frequentazione con [FFF]
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[001]), con esito di accoglimento del ricorso del contribuente, sentenza n. [OMISSIS]/2017
— udienza 27/09/2017;
4) Ricorso n. [OMISSIS]/2018 RG ricorrente [KKK] Service S.r.1. con esito di accoglimento
del ricorso del contribuente, sentenza n. [OMISSIS]/03/2018 — udienza 29/10/2018;
5) Ricorsi n. [OMISSIS]/2017 RG, ricorrenti [LLL] [001], [002] e [003], con esito di
accoglimento del ricorso del contribuente, sentenza n. [OMISSIS]/2017, udienza
27/09/2017;
6) Ricorso n. [OMISSIS]/2016 RG, ricorrente [MMM], con esito di accoglimento del ricorso
del contribuente, sentenza n. [OMISSIS]/2017, udienza 13/12/2016;
7) Ricorso n. [OMISSIS]/2014 RG, ricorrente Agenzia delle Entrate, resistente [NNN], con
esito di rigetto del ricorso dell'Agenzia delle Entrate, sentenza n. [OMISSIS]/04/14;
8) Ricorso n. [OMISSIS]/16 RG, ricorrente [OOO] S.r.l, con esito di accoglimento parziale
del ricorso del contribuente, sentenza n. [OMISSIS]/17 — udienza 05/04/2017;
9) Ricorso n. [OMISSIS]/15 RG, ricorrente [PPP] S.r.1, con esito di accoglimento parziale
del ricorso del contribuente (minuta solo minimamente modificata) dal [AAA], dopo averla
ricevuta dal [RICORRENTE]), sentenza n. [OMISSIS]/01/15 — udienza 29/09/2015;
10) Ricorsi n' [OMISSIS]-[OMISSIS]/ 2015 RG, ricorrente SSD Italian [HHH] S.r.l, con esito
di accoglimento del ricorso (minuta solo minimamente modificata) dal [AAA], dopo averla
ricevuta dal [RICORRENTE], sentenza n. [OMISSIS]/01/15 — udienza 29/09/2015;
A prova di ciò veniva rinvenuto materiale all'interno del supporto 1286_28 PC fisso marca
Fujitsu, sequestrato presso lo Studio dell'Avv. [RICORRENTE], contenente:
- e-mail inviata dall'indirizzo di posta elettronica “[OMISSIS].it”, in uso a
[RICORRENTE]/Studio [RICORRENTE] a “[OMISSIS]@alice.it”, riconducibile a [002] [AAA]
con allegato file word denominato “486.doc” contenente la motivazione prodotta dall'avv.
[RICORRENTE] della sentenza relativa al ricorso [OMISSIS]/2016 RG, presentato da
[MMM] (ricorso senza difesa tecnica) . In [OMISSIS], 26 giugno 2019.
“B) per aver l'Avv. [RICORRENTE] in concorso con [AAA] [001], con più azioni esecutive di
un medesimo disegno criminoso, agendo materialmente [AAA] in qualità di giudice della Il
Sezione della Commissione Tributaria Provinciale di [OMISSIS], relatore nel proc. n.
[OMISSIS]/2018, in accordo con, e nell'interesse dell'Avv. [RICORRENTE] (difensore del
ricorrente [BBB]), sostituito il dispositivo di rigetto del ricorso deliberato in camera di
consiglio all'esito dell'udienza del 26/11/2018, con un dispositivo di accoglimento,
apponendovi sopra la dicitura “accoglie il ricorso” e redatto (l'Avv. [RICORRENTE], che la
trasmetteva al giudice [AAA] il quale a propria volta la sottoponeva al Presidente Dott.
[OMISSIS] per la sottoscrizione) una motivazione di accoglimento non corrispondente alla
deliberazione di rigetto adottata nel segreto della camera di consiglio, cosi inducendo in
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errore il Presidente del Collegio giudicante in ordine alla corrispondenza tra la sentenza e
quanto deliberato in camera di consiglio, il quale dunque sottoscriveva la sentenza
ideologicamente falsa, in quanto disponeva l'accoglimento del ricorso difformemente dalla
deliberazione di rigetto assunta dal Collegio in camera di consiglio. In [OMISSIS], 26
febbraio 2019”.
In data 1.6.2021, l’incolpato ha fatto pervenire al Consiglio distrettuale di disciplina forense
di [OMISSIS] (d’ora innanzi, per brevità, il CDD) una memoria difensiva nella quale
contestava gli addebiti.
L’avv. [RICORRENTE], nel corso dell’istruttoria, ha depositato altra memoria in data
22.10.2021 e, in data 8.11.2021, in sede di audizione dinanzi al Consigliere Istruttore,
assistito dal proprio difensore, ha chiesto il differimento, facendo presente che il
procedimento penale era stato rinviato al 21.12.2021, previa riqualificazione del fatto-
reato.
Il Consigliere istruttore ha disposto quindi una nuova audizione dell’avv. [RICORRENTE]
per il 24.1.2022 e, in tale data, l’avv. [RICORRENTE] ha depositato una ulteriore a memoria
difensiva e tre allegati, chiedendo il non luogo a provvedere e rappresentando al CDD che
la vicenda penale si era conclusa con la sentenza ex art. 444 c.p.p. di applicazione della
pena di anni uno e mesi dieci di reclusione, previa riqualificazione dell’originaria
contestazione da parte del PM; infatti, l’accusa mutava la fattispecie di corruzione in atti
giudiziari (art. 319 ter c.p.), in quella di abuso d’ufficio e falso (artt. 110, 323, 476, 48 e 479
c.p.).
È stata poi depositata altra memoria difensiva in data 2.4.2022 nella quale è stata reiterata
richiesta di archiviazione del procedimento.
All’esito del deposito in data 3.3.2022 della relazione preliminare da parte del Consigliere
istruttore, il CDD, in data 6.4.2022, ha formulato l’atto di citazione contenente l’incolpazione
come di seguito trascritto:
“per avere l'Avv. [RICORRENTE], in violazione degli artt. 9, 24 canone 2 e 53 canone 4,
Codice Deontologico redatto le motivazioni di sentenze di spettanza del giudice relatore
della II Sezione della Commissione Tributaria Provinciale di [OMISSIS], Geom. [001] [AAA],
in procedimenti in cui lo stesso risultava essere patrocinatore del ricorrente, nonché per
essere risultato l'istigatore alla condotta illecita della modifica dell'esito di alcune decisioni
prese in Camera di Consiglio, modificando il dispositivo di “rigetto” in “accoglimento”, nello
specifico:
1) Ricorso n. [OMISSIS]/18 RG, ricorrente [BBB] (in relazione al quale [AAA] modificava
anche l’esito della decisione in camera di consiglio dal “rigetto” ad “accoglimento”);
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2) Ricorso n. [OMISSIS]/2017 RG, ricorrente [EEE] (in relazione al quale il [AAA] aveva
anche l'obbligo di astenersi per aver avuto rapporti professionali con il ricorrente), con esito
di accoglimento del ricorso del contribuente, sentenza n. [OMISSIS]/2017 — udienza
04/10/2017;
3) Ricorsi n' [OMISSIS]/2017 — [OMISSIS]/2017 — [OMISSIS]/2017 — [OMISSIS]/2017,
ricorrenti [FFF] [001] e [FFF] [002] (in relazione al quale il [AAA] aveva anche obbligo di
astenersi per aver rapporti professionali e personali di stretta frequentazione con [FFF]
[001]), con esito di accoglimento del ricorso del contribuente, sentenza n. [OMISSIS]/2017
— udienza 27/09/2017;
4) Ricorso n. [OMISSIS]/2018 RG, ricorrente [KKK] Service S.r.1. con esito di accoglimento
del ricorso del contribuente, sentenza n. 447/03/2018 — udienza 29/10/2018;
5) Ricorsi n. [OMISSIS]/2017 RG, ricorrenti [LLL] [001], [002] e [003], con esito di
accoglimento del ricorso del contribuente, sentenza n. 491/2017, udienza 27/09/2017;
6) Ricorso n. [OMISSIS]/2016 RG, ricorrente [MMM], con esito di accoglimento del ricorso
del contribuente, sentenza n. [OMISSIS]/2017, udienza 13/12/2016;
7) Ricorso n. [OMISSIS]/2014 RG, ricorrente Agenzia delle Entrate, resistente [NNN], con
esito di rigetto del ricorso dell'Agenzia delle Entrate, sentenza n. [OMISSIS]/04/14;
8) Ricorso n. [OMISSIS]/16 RG, ricorrente [OOO] S.r.l., con esito di accoglimento parziale
del ricorso del contribuente, sentenza n. [OMISSIS]/17 — udienza 05/04/2017;
9) Ricorso n. [OMISSIS]/15 RG, ricorrente [PPP] S.r.1., con esito di accoglimento parziale
del ricorso del contribuente (minuta solo minimamente modificata) dal [AAA], dopo averla
ricevuta dal [RICORRENTE]), sentenza n. [OMISSIS]/01/15 — udienza 29/09/2015;
10) Ricorsi n. [OMISSIS]/20135, ricorrente SSD Italian [HHH] S.r.l, con esito di accoglimento
del ricorso (minuta solo minimamente modificata) dal [AAA], dopo averla ricevuta dal
[RICORRENTE]), sentenza n. [OMISSIS]/01/15 — udienza 29/09/2015;
in contrasto con l'esercizio dell'attività professionale basata sui principi della indipendenza,
lealtà, correttezza, probità, dignità, decoro e diligenza, in spregio del rilievo costituzionale e
sociale della difesa, secondo i principi della corretta e leale concorrenza, approfittando dei
rapporti di amicizia familiari, o confidenza con il magistrato tributario [AAA] [001] per
ottenere utilità, quale l'accoglimento dei ricorsi da lui depositati.
In [OMISSIS], 26 giugno 2019”.
Nel corso del dibattimento, alle udienze del 2.10.2023, 22.1.2024 e del 11.3.2024 sono stati
sentiti sette testimoni e, previa rinuncia all’escussione degli altri, il CDD ha fissato la
discussione per l’udienza del 27.5.2024, all’esito della quale è stata accertata la
responsabilità disciplinare dell’incolpato in merito ai fatti contestati come segue: <… il
procedimento disciplinare è scaturito dall’inchiesta penale che, muovendo da una iniziale
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ipotesi di corruzione in atti giudiziari, è stata poi mutata ad iniziativa della pubblica accusa,
nella meno grave fattispecie di abuso d’ufficio e falso.
Su tale differente prospettazione accusatoria, interveniva la sentenza di patteggiamento in
base alla quale l’incolpato ha concordato l’applicazione della pena di anni uno e mesi dieci
di reclusione.
Deve anzitutto essere chiarito, in sintonia con quanto esposto dalla difesa dell’incolpato,
che, nella fattispecie, è pienamente applicabile il nuovo disposto normativo di cui all’art.445
comma 1 bis introdotto dalla riforma Cartabia.
Tale modifica normativa, infatti, ha valore per le decisioni pronunciate in data successiva
al 30 dicembre 2022, in quanto norma di natura processuale per la quale non opera il
principio di retroattività (CNF sentenza n.40 del 26 febbraio 2024).
Pertanto, la sentenza di patteggiamento prodotta in atti dalla difesa dell’avv.
[RICORRENTE], non può rivestire efficacia di prova nel presente giudizio.
Vale pure la pena di richiamare il consolidato principio in base al quale il materiale probatorio
acquisito in un diverso procedimento, può essere utilizzato anche ad esclusiva base del
convincimento dell’organo disciplinare (così, anche da ultimo CNF sentenza n.35 del 26
febbraio 2024, CNF sentenza n.252 del 30 dicembre 2021).
Da ciò consegue la piena e legittima fruibilità del materiale riveniente dal fascicolo penale in
atti, in uno con le risultanze probatorie acquisite nel corso del procedimento…
Sulla base di quanto sopra premesso, il CDD ha ritenuto “che la prova degli illeciti
deontologici contestati all’avv. [RICORRENTE], emerge dagli atti del procedimento
disciplinare al di là di ogni ragionevole dubbio…
Il convincimento trae anzitutto origine dall’esame del fascicolo penale e, segnatamente:
- dal rapporto sull’attività del Giudice [AAA] a firma del Presidente della CTP Dr.
[OMISSIS] in data 5/3/2019 che, testualmente, assume come “il dispositivo firmato dal
Presidente in camera di consiglio e seguito della deliberazione risultava alterato da
correzione in un caso (all. F) e da una vera e propria cancellatura, emergente da un attento
esame, nell’altro (all. G)
E l’allegato G) (ff.49-52), riguarda proprio il dispositivo del ricorso n.[OMISSIS]/18 rg relativo
al ricorrente [BBB], patrocinato dall’avv. [RICORRENTE], riferito alla decisione in corso di
pubblicazione (poi immediatamente sospesa) di cui all’ I (ff.47-48);
- dalla segnalazione del Presidente della Seconda Sezione della CTP di [OMISSIS],
Dott. [OMISSIS], in data 4/3/2019 (£59), con riferimento alla correzione del dispositivo del
ricorso [OMISSIS]/18, ove lo stesso afferma che il contenuto della decisione “con assoluta
certezza, era di segno esattamente opposto” (ovvero di rigetto);
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- dalla CNR della GDF 24/3/2020 (ff.696-741) laddove vengono riassunte le risultanze
dell’indagine che ha visto coinvolto pure l’incolpato nel ruolo di concorrente. L’informativa in
questione evidenzia anzitutto la mole di contatti telefonici e di messaggistica tra l’incolpato
ed il [AAA] (nell’arco di poco meno di un anno e mezzo sono stati individuati 472 sms, 117
chiamate della durata tra i 10 ed i 20 minuti. F.735). Oltre a ciò, assume rilievo probatorio
anche il materiale informatico sequestrato al [AAA] (che ne aveva tentato l’occultamento)
ed all’incolpato, rappresentato dalle motivazioni delle sentenze indicate nel capo di
incolpazione, ovvero [BBB], [EEE], [FFF], Finauri Service srl, [LLL], [MMM], [OOO] srl,
[NNN], [OMISSIS] srl, SSD Italian [HHH] srl (in tal senso si vedano pure le indagini
informatiche forensi a cura della GDF del 9/12/2019 ff.461-554).
Con riferimento ai ricorsi sopra descritti, risulta con certezza che tutti i files informatici
contenenti le varie decisioni, sono stati creati dall’avv. [RICORRENTE], che figura come
autore dei salvataggi, e come tali rinvenuti nel p.c. del Giudice [AAA]. Elemento rilevante è
pure rappresentato dal fatto che tali documenti sono tutti successivi allo svolgimento
dell’udienza in camera di consiglio e, quindi, creati in un momento nel quale l’avvocato
difensore non avrebbe più dovuto avere contatto alcuno con il Giudice.
Anche gli esiti dell’istruttoria condotta… depongono in favore della responsabilità dell’avv.
[RICORRENTE].
Va ricordato come l’incipit dell’indagine penale traeva origine dall’esposto del Comune di
Spoleto in merito all’incompatibilità del Giudice [AAA] circa la decisione di ricorsi che
riguardavano soggetti ([FFF] [001] e [002], difesi dall’avv. [RICORRENTE]) che erano stati
clienti del predetto, nel contesto della sua attività libero professionale di geometra ed in
ordine ai quali lo stesso avrebbe dovuto astenersi.
Da qui scaturivano gli approfondimenti da parte della CTP in merito alle sentenze emesse
dal [AAA], che mettevano in luce le anomalie oggetto del capo di imputazione a carico del
predetto (teste [OMISSIS] ud. 2/10/23).
La vicenda relativa alla correzione del dispositivo del ricorso [BBB], n.[OMISSIS]/18, nonché
alle modalità di formazione del dispositivo, sia in generale che nel caso 12 specifico, sono
state ampiamente accertate attraverso le varie deposizioni ([OMISSIS], [OMISSIS],
[OMISSIS], [OMISSIS]).
Pure i testi a discarico, hanno precisato come al termine della camera di consiglio, veniva
creato un brogliaccio-dispositivo che poteva essere eventualmente mutato solamente dopo
nuova concertazione e che le parti “potevano mandare semmai solo memorie, non certo le
sentenze, lo escludo in maniera assoluta” ([OMISSIS] e [OMISSIS] ud.22/1/2024) e che il
Giudice [AAA] “si permise di modificare il dispositivo della decisione che fu sovrascritto”
([OMISSIS] ud. 11/3/2024).
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La difesa dell’incolpato, nella memoria di discussione del 16 maggio 2024 riepilogativa
anche delle precedenti difese, assume, con riguardo alla condotta di “istigazione” contestata
all’avv. [RICORRENTE] in relazione alla decisione n. [OMISSIS]/2018 (ricorrente [BBB],
assistito dall’incolpato), non essere emersa prova dagli atti in ordine a tale condotta.
Nessun accordo tra il Giudice e l’avvocato, bensì una scelta autonoma del magistrato di cui
l’avv. [RICORRENTE] era all’oscuro.
A supporto di tale affermazione, viene evocato il tenore della missiva che il Giudice, in data
13/5/2019, rimetteva al Presidente di sezione della CTP, (il dott. [OMISSIS], poi audito in
istruttoria), con la quale manifestava il dissenso sull’esito dei giudizi nn.511 e 512/2018 che
pure riguardavano il [BBB], richiamando analogo atteggiamento per la pregressa
decisione n.[OMISSIS]/2018.
Pertanto, il predetto [AAA] avrebbe modificato sua sponte la decisione, cui l’avv.
[RICORRENTE] sarebbe rimasto estraneo.
A parere del Consiglio, la dichiarazione del [AAA] appare palesemente inveritiera, posto
che, come emerge dall’attività di intercettazione telefonica, fin dal 28 aprile del 2019, lo
stesso era ben consapevole di essere sotto osservazione da parte del Presidente della CTP
[…]
A ciò aggiungasi che, già il 25/4/2019 lo stesso era stato audito dal Giudice [OMISSIS]
con riferimento alla questione delle incompatibilità dei ricorrenti [FFF], difesi dall’avv.
[RICORRENTE].
Anzi, la missiva del [AAA], ricevuta in data 13/5/2019, ovvero in data successiva agli scambi
sopra richiamati, appare frutto di preordinato concerto finalizzato a minimizzare la vicenda
relativa ai “dispositivi” delle decisioni tributarie.
Sempre a proposito del predetto documento, va richiamato quanto rilevato dal dott.
[OMISSIS] nella nota in pari data, nella quale la stessa viene smentita in ogni sua parte
(ff.127 fascicolo PM), e che il Presidente dott. [OMISSIS], trasmetteva alla Procura (f.123) il
successivo 14/5/2019.
Insomma, va disatteso il merito dell’assunto difensivo che inquadra la missiva del [AAA]
quale espressione di una “intima, personale e decisa convinzione”, posto che, per quanto
riferito sopra, la stessa non vale in alcun modo ad escludere la responsabilità
dell’incolpato.
Anche l’ulteriore argomento, di carattere logico, basato sul fatto che la modifica della
decisione ha riguardato pure altro procedimento cui era estraneo l’incolpato, non ha pregio,
posto che il [AAA], i cui disinvolti comportamenti sono evidenti, ben poteva porre in essere
condotte illecite analoghe anche con altri professionisti. Quindi, a fronte della insussistenza
delle obiezioni difensive, sussistono elementi probatori certi che depongono a favore della
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conoscenza e del ruolo decisivo assunto dall’avv. [RICORRENTE] in merito alla
falsificazione del dispositivo del procedimento n.[OMISSIS]/18.
È pacifico che la motivazione di accoglimento della decisione del procedimento n.
[OMISSIS]/18 sia stata formata dall’avv. [RICORRENTE] il 13/12/2018 -la camera di
consiglio che si era espressa per il rigetto si era tenuta il 26/11/2018-, e risulti poi importata
nel pc del [AAA], previa ridenominazione del file contenente il predetto documento (f£.707-
708 CNR GDF 14/1/2021).
Ciò evidenzia l'iniziativa dell’incolpato che ha condotto il Giudice a falsificare il dispositivo
(si veda nota del Dr. [OMISSIS] f.64, laddove specifica come la manomissione del
dispositivo sia evidente), nell’evidente interesse all’accoglimento del ricorso proposto per
conto del proprio assistito.
Quindi non si tratta di scelta “autonoma” del Giudice, ma, evidentemente, ispirata dall’avv.
[RICORRENTE], tanto che nel breve periodo intercorrente tra la camera di consiglio ed il
deposito della decisione, risultano essere intercorsi ben 121 contatti telefonici, tra sms e
chiamate (CNR GDF 24/3/2020 f.708).
Da ultimo la difesa, allegando risoluzioni del Consiglio di Presidenza della Giustizia
Tributaria in tal senso, assume che il dispositivo non sarebbe tale, consistendo in un mero
brogliaccio che, fino al deposito della sentenza sarebbe rivedibile.
Da qui discenderebbe l’esclusione del reato di falso in capo al Giudice e,
conseguentemente, anche dell’avv. [RICORRENTE] quale concorrente.
Sul punto va ricordata l’autonomia tra procedimento disciplinare e penale che, di fatto,
sancisce l’irrilevanza della fattispecie penalistica con riguardo alla violazione deontologica.
Difatti, a prescindere dalla natura del cd. “dispositivo” ovvero “brogliaccio” di decisione, ¢
evidente che il concorso nella falsificazione del predetto documento, assume rilievo sia sotto
il profilo del generale precetto di cui all’art.9 che dell’art.53, c.4 NCDF.
Quanto alla redazione delle motivazioni delle sentenze la difesa assume, richiamando la
prassi nonché risoluzioni del CPGT (segnatamente la n.6 del 29/10/2013), la liceità dell’invio
di “files editabili” ai Giudici da parte dei difensori.
Si giunge pure a ritenere che l‘incapacità tecnica del [AAA] aveva in qualche modo
giustificato ’affidamento della stesura delle motivazioni agli avvocati, nella fattispecie all’avv.
[RICORRENTE].
Rileva altresì il difensore come tutte le decisioni di accoglimento, poi impugnate dall’Ufficio,
sono state oggetto di sostanziale conferma nel successivo grado di giudizio.
In merito va evidenziato che, anche dando per consentita la trasmissione di “files editabili in
formato word editabile” (modalità che, per inciso, mai viene menzionata nelle risoluzioni
11
richiamate), ciò non equivale a ritenere possibile la trasmissione della motivazione della
decisione.
Difatti il file -eventualmente- trasmesso dal difensore, poteva contenere solamente elementi
“neutri”, atti di parte, ma non certo la motivazione che, nel caso che ci occupa come
diffusamente argomentato sopra, ’incolpato ha inviato al Giudice [AAA] (cfr. dott. [OMISSIS]
ud. 2/10/2023 “a volte accadeva che parte delle argomentazioni venivano editate attraverso
la copia delle memorie della parte vittoriosa, attraverso la motivazione della sentenza
redatta dal Giudice”, dott. [OMISSIS] ud. 22/1/2024 “fino al 2016 la prassi di inviare
brogliacci editabili da parte degli avvocati non c’era ovvero era poco attuata, le parti
potevano mandare se mai solo memorie, non certo le sentenze, lo escludo in maniera
assoluta”).
Ininfluente appare la considerazione relativa alla poca dimestichezza del [AAA] con la
materia giuridica posto così come nulla rileva la circostanza che le decisioni sono poi state
oggetto di conferma.
Quel che conta è la circostanza oramai acclarata, che l’incolpato confezionasse le decisioni,
trasmettendole al Giudice [AAA] il quale, a sua volta, le faceva proprie depositandole.
Venendo alle singole contestazioni, la difesa assume la insussistenza delle violazioni
contestate ai punti nn.9 e 53 c.4 del NCDF, assumendo in primis la collegialità della
decisione che porrebbe nel nulla l’utilità ricavata dall’avv. [RICORRENTE], consistente
nell’accoglimento dei ricorsi.
Sul punto vale la pena solamente di rammentare come in tutte le decisioni in questione il
[AAA] era relatore e, quindi, rappresentava, per le notorie dinamiche delle camere di
consiglio, il soggetto che forniva la soluzione giuridica che poi si sostanziava con la
motivazione in un senso o nell’altro.
Anche l’opzione difensiva che tende a sminuire lo stretto e sconveniente rapporto tra
l’incolpato ed il Giudice [AAA], non ha pregio, proprio alla luce delle risultanze
dell’indagine penale che, viceversa, mettono bene in luce lo stretto legame esistente tra
l’incolpato ed il Giudice.
Sintomatico appare quanto emerge dall’attività d’indagine relativa al documentato incontro
tra il Giudice, i ricorrenti [FFF] e l’avv. [RICORRENTE], subito dopo che il Comune di Spoleto
aveva sollevato la questione dell’incompatibilità del [AAA], e la memoria a discolpa che il
Giudice [AAA] trasmise al Presidente della CTP, che ¢ risultata redatta dall’incolpato.
D’altra parte, pure il difensore si è trovato costretto ad ammettere la redazione delle
decisioni da parte dell’avv. [RICORRENTE], giustificando la “stupidità” dell’incolpato con
l’incapacità professionale del [AAA].
12
Quanto alla contestazione dell’art.24 c.2 NCDF il Consiglio concorda con i rilievi difensivi,
posto che non risulta integrata la violazione della disposizione contestata.
La norma infatti sanziona in generale il conflitto di interessi del difensore e, nello specifico,
l’indipendenza e la libertà del medesimo da pressioni o condizionamenti.
Fattispecie che non risulta emerge in alcuna maniera dall’esame degli atti.
La violazione dell’art.9 e dell’art.53 c.4 del NCDF
Dal complesso probatorio sopra esposto emerge quindi la responsabilità dell’incolpato in
merito alle violazioni contestate (fatte esclusione per quella indicata al punto che
precede). La norma di carattere generale di cui all’art.9 NCDF è stata attinta in ogni sua
parte sotto i denunciati profili: indipendenza, lealtà, correttezza, probità, dignità, decoro e
diligenza.
L’accertata predisposizione delle decisioni in procedimenti nei quali l’incolpato
rappresentava il ricorrente, rappresenta un inammissibile scambio di ruoli tra difensore e
Giudice che rileva sotto tutti i profili denunciati.
Il profondo legame tra il professionista ad il Giudice ha pure condotto a quella immutazione
della realtà, rappresentata dalla grossolana correzione del dispositivo da parte del [AAA]
con riferimento al cd. “caso [BBB]”, sintomatico dello stretto legame tra l’incolpato ed il
Giudice.
Ed in ciò si realizza la violazione di cui all’art.53 c.4 NCDF laddove l’incolpato ha
chiaramente profittato del rapporto amicale con il Giudice per influenzarne le scelte a proprio
vantaggio.
In merito alla misura della sanzione, il CDD ha irrogato quella della sospensione per mesi
sei sulla base di quanto segue: .
Avverso il provvedimento disciplinare della sospensione dall’esercizio della professione per
sei mesi per l’accertata violazione degli artt. 9 e 53 co. 4 CDF, l’incolpato ha interposto
ricorso in data 19.8.2024 articolando vari motivi d’impugnazione.
I. Sulla condotta di “istigazione” alla modifica di un dispositivo della sentenza - ricorso n.
[OMISSIS]/18 RG, ricorrente [BBB]). Illegittimità della sanzione irrogata per difetto di
riscontro probatorio e conseguente violazione degli artt. 21 e 22 del Codice Deontologico
Forense.
Con il primo motivo di ricorso l’incolpato ha evidenziato l’erroneità della decisione del CDD
nell’averlo ritenuto istigatore della modifica al dispositivo della sentenza riferita al ricorso RG
n. [OMISSIS]/18 (ricorrente [BBB]), in quanto in nessun atto dell’indagine penale o del
dibattimento disciplinare sarebbe emersa l’esistenza di una tale istigazione o un accordo tra
lo stesso incolpato e il giudice [AAA] volto a sollecitare il cambiamento del dispositivo della
sentenza.
L’incolpato ha osservato di essere stato all’oscuro della condotta di modifica del dispositivo
della sentenza che è stata posta in essere in autonomia dal Giudice [AAA], come
dimostrerebbe la lettera di accompagnamento del 4.5.2019 inviata dal Giudice al Presidente
di sezione della CTP.
Inoltre, la natura del processo tributario, che non si conclude con la lettura del dispositivo
alla fine dell’udienza, ma solo con l’indicazione dell’esito del giudizio su di un brogliaccio, a
dire della difesa, sempre modificabile, non attribuirebbe al ‘dispositivo’ natura di atto
pubblico e, di conseguenza, non vi sarebbe potuta essere alcuna condotta istigativa da
parte dell’incolpato.
II. Sulla condotta consistente nella trasmissione della minuta della motivazione delle
sentenze. Illegittimità della sanzione irrogata per evidente sproporzione della sanzione
comminata - ulteriore violazione degli artt. 21 e 22 del Codice Deontologico Forense.
Secondo il ricorrente la decisione del CDD non sarebbe legittima, in quanto sarebbe emerso
che era prassi del Giudice [AAA] quella di richiedere agli avvocati copia degli atti difensivi in
formato word al fine di poter ricopiare parti di essi per la decisione. Ma tanto non significava
che gli stessi avvocati fornissero al detto giudice la motivazione della sentenza.
Ulteriormente, il ricorrente ha evidenziato, a dimostrazione dell’inesistenza di un patto tra lui
e il giudice o di una influenza del primo sul secondo, che: i) le sentenze del Giudice [AAA]
che avevano accolto i suoi ricorsi sono state confermare in appello e ii) le decisioni della
CTP erano comunque prese collegialmente e non dal solo Giudice [AAA].
14
III. Sostanziale inesistenza dello “strepitus fori” e, comunque, esistenza di idoneo
comportamento volto a minimizzarlo. Illegittimità della sanzione irrogata per erronea
valutazione dei fatti, nonché per ulteriore violazione degli artt. 21 e 22 del Codice
Deontologico Forense.
L’avv. [RICORRENTE] ha contestato l’affermazione del CDD nella parte in cui ha ritenuto
che la condotta dell’incolpato avesse provocato “danno … alla classe forense a seguito
del clamore generato dalla notizia relativa all'inchiesta penale”, visto che: i) l'attenzione della
stampa si era limitata a pochi articoli, comparsi nella cronaca di quotidiani locali solo nel
giugno/luglio 2019 ovvero al momento della perquisizione e ii) con la sentenza di
patteggiamento si era chiusa in breve tempo la vicenda, senza strascichi.
IV. Assenza di utilita conseguite - sproporzione della sanzione irrogata
Il ricorrente ha censurato la sanzione irrogata, in quanto ritenuta eccessiva e sproporzionata
visto che negli atti di indagini penale e nel dibattimento disciplinare non sarebbe emersa
alcuna prova di un’utilità conseguita.
V. Erronea valutazione della sanzione irrogata in ordine al comportamento successivo
tenuto dal ricorrente.
Il ricorrente ha contestato la sanzione irrogata, in quanto eccessiva e sproporzionata visto
che dagli atti di indagini penale e del dibattimento disciplinare non sarebbe emersa alcuna
prova certa che egli abbia predisposto atti di difesa per il Giudice [AAA], ma solo una
probabilità che tanto fosse accaduto.
VI. Illegittimità della sanzione irrogata per evidente sproporzione della sanzione comminata
- ulteriore violazione degli artt. 21 e 22 del Codice Deontologico Forense anche in punto di
diritto.
Il ricorrente ha dedotto che il CDD non avrebbe considerato le seguenti circostanze che
avrebbero attenuato la gravità dei fatti addebitati: i) l’incolpato e il Giudice [AAA] avevano
un rapporto di amicizia trentennale; ii) l’invio al Giudice dei files contenenti le tesi giuridiche
a fondamento dei ricorsi era stato dettato solo ed esclusivamente dalla difficoltà del Giudice
di padroneggiare questioni giuridiche; iii) l’incolpato ha deciso di definire con la sentenza di
patteggiamento i risvolti penali della vicenda; iv) l’assenza di pregiudizio subito dalle parti
assistite; v) la modesta compromissione dell’immagine dell’avvocatura vi) l’assenza di
precedenti disciplinari.
Alla luce di sei vizi-motivi di diritto sopra riassunti, il rico
rrente ha chiesto l’annullamento
della sanzione impugnata, con pronuncia di non darsi luogo a sanzione disciplinare; in
subordine, ha invocato la riduzione della sanzione in quella della censura e, in ulteriore
subordine, l’applicazione della sospensione per due mesi.
Da ultimo, il giorno stesso dell’udienza, è pervenuta via pec una comunicazione del COA di
[OMISSIS] dove il Presidente delegava i difensori [OMISSIS] e [OMISSIS] a partecipare alla
seduta, conferendo loro ogni facoltà di rappresentare e difendere in giudizio il COA, ma non
veniva trasmessa la relativa delibera consiliare.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il Collegio ritiene utile preliminarmente chiarire gli effetti della sentenza di patteggiamento
nel procedimento disciplinare, in quanto il procedimento disciplinare definito con la sanzione
impugnata ha avuto origine da contestazioni di naturale penale ed il giudizio si è concluso
con sentenza di patteggiamento intervenuta in data 11.1.2022 (sentenza n. [OMISSIS]/2022
del Tribunale ordinario di [OMISSIS], Ufficio del GIP) e prodotta agli atti del fascicolo
disciplinare dallo stesso avv. [RICORRENTE] nel corso dell’audizione del 24.1.2022, dove
l’avv. [RICORRENTE] è stato condannato alla pena di anni uno e mesi dieci di reclusione
col beneficio della sospensione condizionale della pena per il delitto di cui agli artt. 110, 81
cpv, 323 c.p. e 110, 81, 476 co. 1 e 2, 479 c.p. (capo 1 e capo 2 di imputazione così come
modificato dal PM all’udienza del 21.12.2021).
Ebbene, al riguardo è stato già affermato che “l’art. 25, comma 1, lett. b), del D.Lgs. n.
150/2022 (c.d. ‘riforma Cartabia’ della giustizia penale), che -novellando l’art. 444 cpp - ha
stabilito che la sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti non abbia (più)
efficacia di giudicato nei giudizi civili, disciplinari, tributari e amministrativi, trova potenziale
applicazione per le sole decisioni pronunciate dal 30 dicembre 2022 (data di entrata in
vigore della norma, per la quale non è stata prevista una specifica disciplina transitoria),
giacché -attesane la natura processuale- non opera il principio di retroattività della lex mitior
ma il criterio generale del tempus regit actum”: (Da ultimo, Corte di Cassazione (pres.
Manna, rel. Grasso), SS.UU., sentenza n. 6548 del 12 marzo 2025 e tra le tante, Consiglio
Nazionale Forense, sentenza n. 365 del 9 ottobre 2024).
Evidente, dunque, che, a differenza di quanto ritenuto dal CDD, essendo la sentenza in
questione intervenuta il 22.1.2022 e, dunque, in data antecedente all’entrata in vigore della
c.d. riforma Cartabia, la stessa ha piena efficacia di giudicato nel procedimento disciplinare
e vincolava il CDD a ritenere definitivamente provati i fatti, così come accertati e puniti in
sede penale.
16
Sono pertanto infondati tutti i motivi afferenti all’asserita violazione del principio di autonomia
del giudizio disciplinare da quello penale e l’assenza della prova dei fatti accertati (motivi di
ricorso I e II) anche perché il Collegio ritiene che il CDD abbia invero correttamente basato
la motivazione del provvedimento sanzionatorio alla luce (anche) del compendio probatorio
composto dagli atti del parallelo procedimento penale e dagli esiti delle prove orali assunte
nel dibattimento.
Al riguardo, ritiene il Collegio che il CDD abbia fatto buon uso del materiale probatorio
legittimamente acquisito e correttamente interpretato e, del resto, è nota la giurisprudenza
relativa alla utilizzabilità ed efficacia, nel giudizio disciplinare, delle prove acquisite nel corso
del procedimento penale vertente sugli stessi fatti (da ultimo, CNF n. 362 del 7 Ottobre
2024) con orientamento confermato dalla Suprema Corte, laddove ha sostenuto che “anche
in sede disciplinare opera il principio di “acquisizione della prova”, in forza del quale un
elemento probatorio, legittimamente acquisito, una volta introdotto nel processo, è acquisito
agli atti e, quindi, è ben utilizzabile da parte del giudice al fine della formazione del
convincimento. Conseguentemente, le risultanze probatorie acquisite, pur se formate in un
procedimento diverso ed anche tra diverse parti, sono utilizzabili da parte del giudice
disciplinare, ferma la libertà di valutarne la rilevanza e la concludenza ai fini del decidere,
senza che, tuttavia, si possa negare ad esse pregiudizialmente ogni valore probatorio solo
perché non “replicate” e “confermate” in sede disciplinare. Ciò, peraltro, non incide in
alcun modo sul diritto di difesa dell’incolpato il quale, nel corso del procedimento, può: a)
produrre documenti; b) interrogare o far interrogare i testimoni indicati; c) rendere
dichiarazioni e, ove lo chieda o vi acconsenta, sottoporsi all’esame della sezione
competente per il dibattimento; d) avere la parola per ultimo, prima del proprio difensore” (tra
le tante, Corte di Cassazione, SS.UU, sentenza n. 9547 del 12 aprile 2021).
Poiché il ricorrente ha censurato anche la valutazione probatoria effettuata dal CDD, si
ritiene opportuno segnalare che i fatti sono stati definitivamente accertati in sede penale e
che, in base a costante e uniforme giurisprudenza, in sede disciplinare opera il principio del
libero convincimento del giudice disciplinare, che ha ampio potere discrezionale nel valutare
l’ammissibilità, la conferenza e rilevanza delle prove acquisite, con la conseguenza che la
decisione assunta in base alle testimonianze e agli atti acquisiti in conseguenza degli
esposti deve ritenersi legittima quando risulti coerente con le risultanze documentali
acquisite al procedimento (Consiglio Nazionale Forense, sentenza n. 260 del 20 dicembre
2022 e, in senso, conforme: Corte di Cassazione, SS.UU, sentenza n. 21948 del 28 ottobre
2015) come è puntualmente avvenuto nella fattispecie, dove infatti il ricorrente non
evidenzia profili macroscopici di illogicità, irrazionalità, travisamento dei fatti o manifesta
17
infondatezza, limitandosi ad offrire una propria diversa valutazione del materiale probatorio
acquisito in sede procedimentale.
In ordine alle violazioni deontologiche accertate, rileva il Collegio che il ricorrente è stato
sanzionato per la violazione degli artt. 9 (Dovere di dignità, probità, decoro e indipendenza)
e 53 co. 4 (Rapporti con i magistrati), laddove è chiarito che “L'avvocato non deve
approfittare di rapporti di amicizia, familiarità o confidenza con i magistrati per ottenere o
richiedere favori e preferenze, né ostentare l'esistenza di tali rapporti”.
La giurisprudenza ha già ritenuto sanzionabili fattispecie di sicuro minore impatto rispetto ai
fatti contestati ed accertati nel procedimento penale e disciplinare a carico dell’avv.
[RICORRENTE], per esempio, affermando che “Costituisce illecito disciplinare (art. 53, co.
2, cdf) il comportamento dell’avvocato che, fuori dall’udienza ed in assenza della
controparte, avvicini il magistrato o lo contatti inviandogli una comunicazione personale per
discutere della causa (Nella specie, trattavasi di un messaggio via Messenger relativamente
ad una causa in cui l’avvocato era costituito in proprio): Consiglio Nazionale Forense,
sentenza n. 232 del 31 maggio 2024 e, in senso conforme, CNF n. 42/2020, CNF n.
185/2013, CNF n. 114/2016, CNF n. 228/2015, CNF n. 185/2013, CNF n. 106/2011.
È stato poi affermato che “costituisce illecito disciplinare (art. 53, co. 2, cdf) il
comportamento dell’avvocato che, fuori dall’udienza ed in assenza della controparte,
avvicini il magistrato per discutere della causa (Consiglio Nazionale Forense, sentenza n.
42 del 25 febbraio 2020 e, in senso conforme, tra le altre, Consiglio Nazionale Forense,
sentenza del 17 ottobre 2013, n. 185, Consiglio Nazionale Forense, sentenza del 3 maggio
2016, n. 114, Consiglio Nazionale Forense, sentenza del 28 dicembre 2015, n. 228,
Consiglio Nazionale Forense, sentenza del 18 luglio 2011, n. 106.
Ancora, sia pur con decisione lontana nel tempo ma tuttora attuale per i principi affermati, è
stato ritenuto sanzionabile “il professionista che coltivi un’amicizia con un magistrato
conseguendone un trattamento preferenziale nei propri impegni professionali, che ottenga
dallo stesso il privilegio, negato ai suoi colleghi, di ricevere i clienti nel suo ufficio anche nelle
ore pomeridiane, e che utilizzi tale circostanza senza discrezione e riservatezza, tiene un
comportamento non consono ai principi di correttezza, dignità e decoro professionali e
merita la sanzione della censura.
Il professionista deve infatti tenere un comportamento nei confronti del giudice tale che deve
assolutamente evitarsi che le parti ed il pubblico in genere e gli stessi colleghi possano, per
effetto di manifestazioni esteriori, essere indotti a dubitare della imparzialità del giudice”
(Consiglio Nazionale Forense, 1° marzo 1989, n. 44)
Ebbene, i fatti accertati in sede penale e disciplinare sulla base delle prove documentali
acquisite anche dal processo penale e delle testimonianze assunte in sede procedimentale
18
comprovano in modo univoco l’assoluta gravità della condotta posta in essere dal
ricorrente.
Anche la difesa del ricorrente non contesta la sussistenza di un rapporto di antica amicizia
tra il giudice [AAA] ed il difensore, l’esistenza di uno scambio tra i due di file relativi a giudizi
in corso di trattazione o per i quali restava da depositare la decisione (ovviamente in senso
conforme a quanto deliberato nella camera di consiglio e non secondo l’arbitrio del relatore
anche successivo alla decisione assunta in camera di consiglio), non rilevando in sede
disciplinare quali pretese scriminanti né l’eventuale sussistenza di prassi “anomale” tenute
dalla stessa commissione tributaria (che il difensore avrebbe avuto il dovere di denunciare
immediatamente nelle competenti sedi), né la natura del brogliaccio dove erano appuntate
le decisioni assunte all’esito delle camere di consiglio che di certo non autorizzava il relatore
a mutare unilateralmente ex post il decisum assunto collegialmente a beneficio della parte
assistita dall’amico avvocato.
Il ricorrente, in virtù del rapporto di amicizia accertato in sede procedimentale e da lui stesso
ammesso con il giudice tributario [AAA] (cfr. pag. 20 del ricorso), avrebbe dovuto certamente
astenersi dal patrocinare giudizi dinanzi al medesimo, anziché “approfittare” della situazione
di favore e tenere una condotta che appare indiscutibilmente contraria invero alle
disposizioni deontologiche individuate come violate dal CDD ed ai più generali ed universali
principi che devono governare e sovraintendere l’esercizio del diritto di difesa (art. 24 Cost.,
art. 2. co. 1 e co. 4 e art. 3 L. 247/2012, art. 9 codice deontologico), oltre che improntare la
condotta di un avvocato nei confronti del magistrato, essendo evidente che l'autorevolezza
di un avvocato non risiede solo nella sua preparazione professionale, ma nella limpida
correttezza del suo comportamento che deve essere improntato al rigoroso rispetto dei
canoni deontologici e anche apparire tale all’esterno, dovendosi assolutamente evitare “che
le parti ed il pubblico in genere e gli stessi colleghi possano, per effetto di manifestazioni
esteriori, essere indotti a dubitare della imparzialità del giudice” (CNF 44/1989 già citata).
In ordine alla valutazione dei fatti ed alla conseguente determinazione della sanzione (motivi
di ricorso III, IV, V e VI) il CDD ha irrogato la sanzione della sospensione per mesi sei,
apprezzando quale attenuante l’assenza di precedenti disciplinari.
Il ricorrente ha censurato per i motivi già sopra richiamati la misura della sanzione,
ritenendola eccessiva e sproporzionata per non avere il CDD valutato, per irrogare di una
sanzione più mite, le seguenti circostanze: i) assenza di alcuna utilità conseguita, ii) rapporto
di amicizia trentennale tra il giudice ed il ricorrente; iii) invio al Giudice dei files contenenti le
tesi giuridiche a fondamento dei ricorsi solo in ragione della difficoltà del Giudice di
padroneggiare questioni giuridiche; iv) scelta del patteggiamento per i soli risvolti penali
19
della vicenda; v) assenza di pregiudizio alle parti assistite; vi) modesta compromissione
dell’immagine dell’avvocatura e vii) l’assenza di precedenti disciplinari.
Ebbene, l’assenza di procedimenti disciplinari invero è stata correttamente oggetto di
ponderazione da parte del CDD in senso conforme alla giurisprudenza che ha affermato
che “in ossequio al principio enunciato dall’art. 21 cdf (già art. 3 codice previgente), nei
procedimenti disciplinari l’oggetto di valutazione è il comportamento complessivo
dell’incolpato e tanto al fine di valutare la sua condotta in generale, quanto a quello di
infliggere la sanzione più adeguata, per la quale occorre effettuare un bilanciamento tra la
considerazione di gravità dei fatti addebitati ed i concorrenti criteri di valutazione, quali ad
esempio la presenza o assenza di precedenti disciplinari”: Consiglio Nazionale Forense ,
sentenza n. 177 del 9 ottobre 2020.
La giurisprudenza domestica ha poi affermato, in adesione a quanto previsto dall’art. 21
CDF, che la sanzione da irrogare deve tener conto di tutte le circostanze e deve essere
emessa dopo aver valutato globalmente il comportamento dell’avvocato e, infatti, “in
ossequio al principio enunciato dall’art. 21 ncdf (già art. 3 codice previgente), nei
procedimenti disciplinari l’oggetto di valutazione è il comportamento complessivo
dell’incolpato e tanto al fine di valutare la sua condotta in generale, quanto a quello di
infliggere la sanzione più adeguata, che non potrà se non essere l’unica nell’ambito dello
stesso procedimento, nonostante siano state molteplici le condotte lesive poste in essere.
Tale sanzione, quindi, non è la somma di altrettante pene singole sui vari addebiti contestati,
quanto invece il frutto della valutazione complessiva del soggetto interessato” (Consiglio
Nazionale Forense, sentenza n. 202 del 15 ottobre 2020 e, in senso conforme, Consiglio
Nazionale Forense, sentenza n. 193 del 15 ottobre 2020, Consiglio Nazionale Forense,
sentenza n. 182 del 9 ottobre 2020, Consiglio Nazionale Forense, sentenza del 24 aprile
2018, n. 38).
Ebbene ritiene il Collegio che, a fronte della assoluta gravità dei fatti accertati sia in sede
penale e sia in sede disciplinare, della certa e rilevante intensità del dolo, oltre che
dell’enorme disdoro provocato al decoro ed alla dignità dell’intera comunità forense, la
sanzione in concreto irrogata dal CDD sia congrua e correttamente motivata all’esito di una
equilibrata ponderazione dei fatti (cfr. pag. 18 della parte motiva del provvedimento
sanzionatorio).
P.Q.M.
visti gli artt. 36 e 37 L. n. 247/2012 e gli artt. 59 e segg. del R.D. 22.1.1934, n. 37;
il Consiglio Nazionale Forense rigetta il ricorso.
Dispone che in caso di riproduzione della presente sentenza in qualsiasi forma per finalità
di informazione su riviste giuridiche, supporti elettronici o mediante reti di comunicazione
20
elettronica sia omessa l’indicazione delle generalità e degli altri dati identificativi degli
interessati riportati nella sentenza.
Così deciso in Roma nella Camera di Consiglio del 20 marzo 2025;
IL SEGRETARIO f.f. IL PRESIDENTE f.f.
f.to Avv. Federica Santinon f.to Avv. Patrizia Corona
Depositata presso la Segreteria del Consiglio nazionale forense,
oggi 18 aprile 2025.
IL CONSIGLIERE SEGRETARIO
f.to Avv. Giovanna Ollà
Copia conforme all’originale
IL CONSIGLIERE SEGRETARIO
Avv. Giovanna Ollà
Avv. Antonino Sugamele

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