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Sentenza

Commette un illecito deontologico l’avvocato che non paga puntualmente il canone...
Commette un illecito deontologico l’avvocato che non paga puntualmente il canone di locazione dell’immobile dove esercita la propria attività professionale.
Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Napoli, rel. Patelli), sentenza n. 128/2025,
R.G. N. 323/22 RD n. 128 /25
CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio Nazionale Forense, riunito in seduta pubblica, nella sua sede presso il
Ministero della Giustizia, in Roma, presenti i Signori:
- Avv. Francesco NAPOLI Presidente f.f.
- Avv. Paola CARELLO Segretario f.f.
- Avv. Enrico ANGELINI Componente
- Avv. Ettore ATZORI Componente
- Avv. Giovanni BERTI ARNOALDI VELI Componente
- Avv. Camillo CANCELLARIO Componente
- Avv. Giampiero CASSI Componente
- Avv. Aniello COSIMATO Componente
- Avv. Paolo FELIZIANI Componente
- Avv. Antonino GALLETTI Componente
- Avv. Nadia Giacomina GERMANA’ TASCONA Componente
- Avv. Daniela GIRAUDO Componente
- Avv. Mario NAPOLI Componente
- Avv. Alessandro PATELLI Componente
- Avv. Lucia SECCHI TARUGI Componente
- Avv. Giovanni STEFANI’ Componente
con l’intervento del rappresentante il P.G. presso la Corte di Cassazione nella persona del
Sostituto Procuratore Generale dott.ssa Francesca Ceroni ha emesso la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto dall’avv. [RICORRENTE] del Foro di Treviso (C.F.: [OMISSIS]; PEC:
[OMISSIS]), nato in [OMISSIS] il [OMISSIS], con domicilio professionale in [OMISSIS],
ricorrente in proprio avverso la decisione del Consiglio Distrettuale di Disciplina Forense del
distretto della Corte d’Appello di Venezia n. 96 emessa il 17.6.2022 e depositata il
8.7.2022 (nei procedimenti disciplinari riuniti n. 37/2020 R.R. e n. 40/2020 R.R.), notificata
a mezzo PEC il 13.7.2022, che ha ritenuto l’avv. [RICORRENTE] responsabile delle
violazioni di cui ai capi di incolpazione e gli ha inflitto la sanzione disciplinare della
sospensione dall’esercizio della professione per la durata di mesi 18 (diciotto).
per il ricorrente nessuno è presente;
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Per il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Treviso, regolarmente citato, nessuno è
presente;
Il Consigliere relatore avv. Alessandro Patelli svolge la relazione;
Inteso il P.G., il quale ha rilevato che il ricorso non rispetta i requisiti minimi di ammissibilità,
conclude per l’inammissibilità del ricorso.
FATTO
L’avv. [RICORRENTE] è stato sottoposto a procedimento disciplinare avanti al Consiglio
Distrettuale di Disciplina Forense del distretto della Corte d’Appello di Venezia (di séguito,
più brevemente, CDD di Venezia) sui seguenti capi di incolpazione.
a) Quanto al procedimento n. 37/2020 R.R.:
«1) per aver violato gli articoli 9.1, 12, 26.3 e 53.1 CDF non presenziando, quale difensore
di fiducia dell’imputato, alle udienze tenutesi avanti il Giudice di Pace di San Donà di Piave,
nel procedimento penale n. [OMISSIS]/2016, il 5.3.2018, il 7.1.2019, il 16.9.2019, il
21.10.2019 ed il 2.12.2019.
2) per aver violato gli artt. 9.1, 12 e 53.1 C.D.F. nell’omettere di comunicare formalmente al
Magistrato, nell’ambito del procedimento di cui al capo precedente, che egli era sospeso
in via amministrativa e che quindi non avrebbe potuto presenziare alle udienze del
18.2.2019 e 18.3.2019.
In San Donà di Piave dal 5.3.2018 al 2 dicembre 2019».
b) Quanto al procedimento n. 40/2020 R.R.:
«1) per aver violato gli articoli 2.1, 9.2, 63.1, 64.1 e 64.2 CDF non ottemperando alla
sentenza del Tribunale di Venezia n. [OMISSIS]/2018 dell’8 novembre 2018 con la quale
veniva accertata la sua occupazione senza titolo dell’immobile di proprietà della signora
[AAA] e veniva condannato al rilascio immediato dell’immobile ed al pagamento della
somma di € 20.626,28 oltre spese di lite così compromettendo la dignità e l’immagine
della professione forense nonché l’affidamento di terzi.
In e in dal novembre 2018 a tutt’oggi.
2) per aver violato gli articoli 2.1, 9.2, 63.1, 64.1 e 64.2 CDF per non avere, dopo la
accettazione della controproposta che la controparte signora [AAA] aveva formulato a fronte
di proposta dallo stesso avv. [RICORRENTE] originariamente formulata, né sottoscritto
l’atto né dato comunque compiuto seguito con l’adempimento id est con il versamento della
somma a stralcio di € 10.000,00.
In e in Venezia dal 28 novembre 2018».
I) IL PROCEDIMENTO DISCIPLINARE
A) Il procedimento n. 37/2020 R.R.
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Il procedimento trae origine da una comunicazione presentata il 3.12.2019 al Consiglio
dell’Ordine degli Avvocati di Treviso (di séguito, più brevemente, COA di Treviso) dalla
dott.ssa [BBB], Giudice di Pace di San Donà di Piave.
Il giudice segnalava, allegando copia del verbale dell’udienza del 2.12.2019, che l’avv.
[RICORRENTE], difensore di fiducia dell’imputato, era stato reiteratamente assente
ingiustificato nelle udienze relative al processo penale n. [OMISSIS]/2016 R.G. (n.
[OMISSIS]/2012 R.G.N.R.) alla stessa assegnato.
In data 11.12.2019 il COA di Treviso comunicava la segnalazione all’avv. [RICORRENTE],
con l’invito a rassegnare le sue deduzioni.
In data 27.1.2020 il contesto veniva trasmesso dal COA di Treviso al CDD di Venezia e il
Consigliere Istruttore designato, con PEC del 25.2.2020, comunicava all’avv.
[RICORRENTE] l’avvio della fase istruttoria, con gli avvisi del caso.
Il segnalato non svolgeva alcuna difesa e, all’esito dell’istruttoria, emergeva che nel corso
dell’indicato processo penale l’avv. [RICORRENTE] non si era mai presentato, disertando
numerose udienze (6.11.2017, 5.3.2018, 18.6.2018, 3.12.2018, 7.1.2019, 18.2.2019,
18.3.2019, 17.6.2019, 16.9.2019, 21.10.2019, 2.12.2019), in diversi casi senza
giustificazione e/o senza comunicazione alcuna, mentre la parte civile e i testimoni erano
quasi sempre comparsi.
In data 6.5.2021 venivano acquisiti dal CDD i verbali delle suindicate udienze.
Su proposta del Consigliere Istruttore del 8.6.2021, in data 15.7.2021 la Sezione designata
del CDD di Venezia deliberava l’apertura del procedimento disciplinare e l’approvazione dei
capi di incolpazione come sopra riportati.
Il 28.7.2021 la delibera veniva notificata all’incolpato, il quale, nel corso della sua audizione
da remoto (18.10.2021), asseriva di esser stato vittima della c.d. “Mafia del Tronchetto” e
costretto a trasferirsi fuori dalla Regione Veneto, con la propria famiglia, abbandonando il
proprio studio professionale e i fascicoli delle pratiche.
Nel corso del successivo interrogatorio (19.1.2022), l’incolpato ribadiva che l’assenza alle
udienze era dovuta all’estorsione dallo stesso subìta ad opera della “Mafia del Brenta” e alle
inerenti minacce (dal giugno 2018 al novembre 2021) e che, quanto alle udienze che erano
cadute nel periodo in cui lo stesso era sospeso (in via amministrativa) dall’Albo, aveva
comunicato alla Cancelleria del Giudice, seppure irritualmente o informalmente, la sua
impossibilità di comparire a causa dell’impedimento rappresentato dal provvedimento di
sospensione.
La sospensione amministrativa (per mancato pagamento della quota per il mantenimento
dell’iscrizione all’Albo), deliberata in data 4.2.2019 dal COA di Treviso ai sensi dell’art. 29,
comma 6, l. 31.12.2012 n. 247 e comunicata all’iscritto il 15.2.2019 (poi revocata il
11.3.2019), veniva documentata dall’avv. [RICORRENTE] con la produzione (a mezzo PEC
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del 25.1.2022) di copia del fascicolo del relativo procedimento amministrativo.
Su richiesta del Consigliere Istruttore del 10.3.2022, in data 31.3.2022 la Sezione deliberava
la citazione a giudizio dell’incolpato e in data 31.3.2022 lo citava a giudizio disciplinare per
il dibattimento fissato per il giorno 17.6.2022, ore 10.
B) Il procedimento n. 40/2020 R.R.
Il procedimento prende le mosse da un esposto presentato il 25.1.2019 al COA di Treviso
da [AAA], la quale, richiamando un proprio precedente esposto sempre nei confronti
dell’avv. [RICORRENTE], lamentava:
- che, successivamente alla sua prima iniziativa, con sentenza del 8.11.2018 il Tribunale di
Venezia aveva accertato l’occupazione senza titolo, da parte dell’avv. [RICORRENTE], di
un immobile di proprietà dell’esponente, sito in [OMISSIS], condannando l’occupante al
rilascio e al pagamento della somma di € 16.250,00 a titolo di indennità per indebita
occupazione, di € 650,00 mensili per indennità di occupazione sino all’effettivo rilascio, di €
4.430,74 per rimborso spese e utenze e di € 3.000,00 oltre accessori per rifusione spese di
giudizio;
- che, a séguito della notificazione contestuale (in data 7.12.2018) del titolo esecutivo e
dell’atto di precetto per complessivi € 26.037,93, l’avv. [RICORRENTE] aveva formulato una
proposta di definizione transattiva a saldo e stralcio, accettata dalla creditrice;
- che l’avv. [RICORRENTE] non aveva mai sottoscritto l’accordo, a differenza
dell’esponente;
- che l’avv. [RICORRENTE] aveva rilasciato l’immobile in data 31.12.2018 in stato di incuria
e degrado;
- che le successive richieste dell’esponente, volte ad ottenere il risarcimento del danno
provocato all’immobile, non avevano avuto riscontro.
In data 13.12.2019 il COA di Treviso comunicava l’esposto all’avv. [RICORRENTE], con
l’invito a rassegnare le sue deduzioni.
Il contesto veniva trasmesso dal COA di Treviso al CDD di Venezia e il Consigliere Istruttore
designato, con PEC del 25.2.2020, comunicava all’avv. [RICORRENTE] l’avvio della fase
istruttoria, con gli avvisi del caso.
Con nota del 28.4.2021 il Consigliere Istruttore chiedeva informazioni all’avv. [OMISSIS],
difensore di [AAA], e in data 30.4.2021 otteneva risposte da parte di questa (e della collega
avv. [OMISSIS]) con relativa documentazione.
Su proposta del Consigliere Istruttore del 7.6.2021, in data 15.7.2021 la Sezione designata,
accogliendo la richiesta subordinata dell’istruttore, deliberava l’apertura del procedimento
disciplinare e l’approvazione dei capi di incolpazione come sopra riportati.
In data 28.7.2021 la delibera veniva notificata all’incolpato, il quale, nel corso della sua
audizione da remoto (18.10.2021), dichiarava che l’intervenuto trasferimento in altra
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Regione alla fine dell’anno 2018, a tanto costretto per allontanarsi dalla c.d. “Mafia del
Tronchetto”, che lo aveva minacciato, gli aveva impedito di seguire i procedimenti, civili e
disciplinari, che lo interessavano.
Successivamente, l’avv. [RICORRENTE] documentava tale circostanza, inviando con PEC
del 17.12.2021 copia di un articolo del “Corriere [OMISSIS]” pubblicato il [OMISSIS].2021,
che riportava la vicenda che lo aveva coinvolto.
Nel corso del suo interrogatorio da remoto (17.3.2022), l’avv. [RICORRENTE] invocava il
principio ne bis in idem, con riferimento ad un precedente esposto di [AAA], che si era
concluso con l’applicazione del richiamo verbale (procedimento n. 360/2017 R.R.), e nel
merito si difendeva eccependo l’inutilizzabilità dei documenti riservati prodotti
(corrispondenza intercorsa tra legali).
Su richiesta del Consigliere Istruttore del 21.3.2022, in data 31.3.2022 la Sezione deliberava
la citazione a giudizio dell’incolpato, indicando come testi l’esponente e gli avvocati
[OMISSIS] e [OMISSIS] (legali dell’esponente), e in data 31.3.2022 lo citava a giudizio
disciplinare per il dibattimento fissato per il giorno 17.6.2022, ore 11.
Con PEC del 15.6.2022 l’incolpato chiedeva un rinvio della seduta dibattimentale del
17.6.2022, dicendosi impossibilitato a comparire a causa di una risonanza magnetica
nucleare fissata in un centro medico di Foligno per il 16.6.2022, ore 10.30, per accertamenti
diagnostici in ordine ad una lussazione alla spalla destra occorsasi accidentalmente, e
allegando a comprova la comunicazione di conferma dell’appuntamento.
I testimoni indicati dall’Ufficio venivano intimati con atto del 4.5.2022; in data 24.5.2022 il
teste avv. [OMISSIS] comunicava il proprio impedimento a comparire di persona
nell’indicata seduta dibattimentale.
Nella seduta dibattimentale del 17.6.2020, ore 11, il Collegio disponeva la riunione dei due
procedimenti disciplinari e, in assenza dell’incolpato e del Pubblico Ministero (ancorché
regolarmente informato), rigettava l’istanza di rinvio presentata il 15.6.2022 dall’avv.
[RICORRENTE], in quanto priva di documentazione medica attestante la gravità
dell’infortunio, la legittimità dell’impedimento e l’impossibilità a comparire.
Acquisita la scheda dei precedenti disciplinari dell’incolpato, il Collegio dava corso
all’istruttoria dibattimentale, con l’escussione dei testi presenti (l’esponente e l’avv.
[OMISSIS]), essendo assente (come preannunciato) il teste avv. [OMISSIS].
L’esponente [AAA] confermava il contenuto dell’esposto, precisando di aver sempre onorato
le fatture per le utenze dell’immobile de quo, concesso in locazione transitoria turistica
all’avv. [RICORRENTE] per 28 giorni e di fatto detenuto da questi senza titolo dal mese di
maggio 2016 al mese di dicembre del 2018.
Aggiungeva:
- che, dopo la pubblicazione della sentenza del Tribunale di Venezia, il legale dell’avv.
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[RICORRENTE] aveva concordato con l’avv. [OMISSIS] il rilascio dell’appartamento entro il
5.12.2018 e una definizione del debito con il versamento transattivo, a saldo e stralcio,
dell’importo di € 10.000,00, somma mai corrisposta;
- che, mentre la stessa aveva firmato sùbito l’accordo, l’avv. [RICORRENTE] non l’aveva
mai sottoscritto;
- che l’avv. [RICORRENTE] aveva in effetti rilasciato l’appartamento nel mese di dicembre
2018, ma completamente distrutto, con danni quantificabili in € 10.000,00 (importo pagato
da [AAA] per le sistemazioni del caso);
- che, quando l’avv. [OMISSIS] aveva presentato il conteggio dei danni al legale dell’avv.
[RICORRENTE], questi aveva comunicato di aver chiuso i rapporti professionali con il
proprio assistito.
Il teste avv. [OMISSIS] rilasciava dichiarazioni in linea con le deposizioni dell’esponente.
All’esito dell’escussione degli indicati testi, il Collegio rinunciava al teste avv.
(non presente) e il procedimento veniva discusso e deciso (con lettura del dispositivo).
La decisione, completa di motivazione, veniva depositata il 8.7.2022 e notificata a mezzo
PEC il 13.7.2022.
II) LA DECISIONE RESA DAL CDD DI VENEZIA
Il CDD di Venezia, ribadita la reiezione dell’istanza di differimento del dibattimento, in quanto
l’impedimento addotto dall’incolpato non era assoluto né documentato, rigettava l’eccezione
dell’incolpato basata sull’asserita violazione del principio ne bis in idem, rilevando, in
aggiunta all’inapplicabilità dello stesso in àmbito amministrativo, che le condotte di cui al
precedente procedimento disciplinare (sfociato in un richiamo verbale, non avente natura di
sanzione) erano diverse (comportamenti dell’avv. [RICORRENTE] durante la detenzione
sine titulo) da quelle oggetto del procedimento n. 40/2020 R.R. (inottemperanza alla
sentenza di condanna al rilascio dell’immobile e al pagamento di somme per gli indicati titoli
e inadempimento dell’accordo transattivo e delle altre obbligazioni conseguenti al rilascio).
Veniva altresì rigettata l’eccezione di inutilizzabilità della documentazione riservata acquisita
dal Consigliere Istruttore (accordo transattivo non sottoscritto).
In punto responsabilità disciplinare, il CDD di Venezia, ritenuti comprovati i fatti ascritti
all’incolpato, ne dichiarava la responsabilità disciplinare con riferimento a tutte le violazioni
contestate, atteso che le condotte segnalate con i due esposti erano da ritenere
documentalmente provate e confortate dall’istruttoria dibattimentale espletata
(testimonianze assunte) e che le giustificazioni addotte dall’incolpato (il fatto di essere stato
vittima di organizzazioni criminali) non erano concludenti a sua discolpa.
Sotto il profilo sanzionatorio, il CDD, considerato che le violazioni tipizzate di cui al
procedimento n. 37/2020 R.R. (artt. 26, comma 3, e 53, comma 1, CDF) prevedono come
sanzione edittale la censura e che quelle tipizzate di cui al procedimento n. 40/2020 R.R.
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(artt. 64, comma 1, e 64, comma 2, CDF) prevedono come sanzione edittale la sospensione
dall’esercizio della professione da due mesi a sei mesi (per la violazione dell’art. 63, comma
1, CDF la sanzione edittale è invece l’avvertimento) e rilevata la molteplicità delle violazioni
e il carattere plurioffensivo delle condotte nonché l’assenza di circostanze attenuanti e
comunque la prevalenza di quelle aggravanti, reputava di discostarsi dalle sanzione edittali
e di irrogare, come unica sanzione (ritenuta adeguata sulla base dei criteri di cui all’art. 21
CDF), la sospensione dall’esercizio della professione per la durata di mesi 18 (diciotto), ai
sensi dell’art. 22, comma 2 lett. b), CDF.
III) IL PRESENTE GIUDIZIO
Con ricorso al Consiglio Nazionale Forense presentato il 11.8.2022, l’avv. [RICORRENTE]
impugnava tempestivamente la citata decisione del CDD di Venezia, sollevando le censure
e rassegnando le corrispondenti conclusioni di cui infra.
All’udienza del 20.2.2025 il Collegio tratteneva il processo in decisione.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso consiste in una narrazione della vicenda processuale in forma discorsiva, dalla
quale sono comunque evincibili le doglianze del ricorrente e le critiche dallo stesso mosse
alla decisione impugnata, con le relative conclusioni, per cui lo si deve ritenere
ammissibile.
A) Con riferimento alle incolpazioni di cui al procedimento n. 37/2020 R.R., il ricorrente
ribadisce quanto dedotto avanti al CDD di Venezia, ossia di essere stato costretto sin dal
2018 ad abbandonare il Veneto per rifugiarsi a [OMISSIS] (presso un immobile di proprietà
del padre) e a lasciare in sostanza la propria attività di avvocato, in quanto perseguitato
dalle citate associazioni criminali (che avevano persino organizzato a suo danno un agguato
con armi da fuoco), con ciò giustificandosi le mancate comparizioni avanti al Giudice di Pace
di San Donà di Piave, alcune peraltro preavvisate o giustificate o addirittura necessitate dal
suo status di avvocato sospeso (in via amministrativa).
Concludeva chiedendo in principalità l’annullamento della decisione impugnata e in via
subordinata l’irrogazione della sanzione dell’avvertimento o della censura.
Le doglianze del ricorrente non meritano accoglimento.
Infatti, le condotte allo stesso ascritte sono da ritenersi comprovate (documenti acquisiti e
ammissioni dell’incolpato); non altrettanto è a dirsi per le circostanze giustificatrici addotte
dall’incolpato, circostanze per inciso non concludenti a sua discolpa.
Dai verbali di udienza agli atti, relativi al processo penale n. [OMISSIS]/2016 R.G. (n.
[OMISSIS]/2012 R.G.N.R.) pendente avanti al Giudice di Pace di San Donà di Piave,
emerge - come ben evidenziato nella decisione impugnata - quanto segue:
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- alla prima udienza del 6.11.2017 compariva una sostituta processuale dell’avv.
[RICORRENTE], che chiedeva un termine a difesa, in quanto il mandato difensivo era stato
conferito dall’imputato solo due giorni prima, ossia il 4.11.[OMISSIS];
- all’udienza di rinvio del 5.3.2018 l’avv. [RICORRENTE] era assente e il dibattimento veniva
rinviato al 18.6.2018, data per la quale il legale deduceva un legittimo impedimento e non si
presentava, sicché veniva disposto un ulteriore rinvio al 3.12.2018, con onere di produzione
della certificazione medica attestante l’impedimento;
- all’udienza del 3.12.2018 l’avv. [RICORRENTE] era assente per legittimo impedimento,
per il che il dibattimento veniva rinviato al 7.1.2019, udienza nella quale il legale non si
presentava senza addurre alcun legittimo impedimento, circostanza a fronte della quale
tuttavia il giudice rinviava il processo, dando atto a verbale che, per un altro dibattimento
fissato sempre per quel giorno, l’avv. [RICORRENTE] aveva dedotto un legittimo
impedimento;
- le successive udienze erano state fissate in giorni (18.2.2019 e 18.3.2019) che rientravano
in un periodo di sospensione (amministrativa) dall’esercizio della professione, circostanza
di cui l’avv. [RICORRENTE] aveva dato notizia informale (telefonata alla Cancelleria) con
riferimento alla prima udienza, ma non riguardo alla seconda;
- all’udienza del 17.6.2019 l’avv. [RICORRENTE] era assente ed emergeva che non aveva
ricevuto notizia del rinvio;
- alla successiva udienza del 16.9.2019 l’avv. [RICORRENTE] era assente ingiustificato,
così come alla successiva udienza del 21.10.2019, nella quale il suo sostituto dichiarava la
propria astensione.
Va anche ricordato che in sede disciplinare opera il principio del libero convincimento del
giudice, che ha ampio potere discrezionale nel valutare la conferenza e la rilevanza delle
prove acquisite ed assunte, con la conseguenza che la decisione assunta in base alle
testimonianze e agli atti deve ritenersi legittima quando risulti coerente con le risultanze
istruttorie (cfr., in sede di legittimità, Cass., SS.UU., 10 settembre 2024 n. 24285; Cass.,
SS.UU., 16 luglio 2021 n. 20384; Cass., SS.UU., 16 novembre 2020 n. 25950; Cass.,
SS.UU., 4 marzo 2019 n. 6277; Cass., SS.UU., 21 febbraio 2019 n. 5200; Cass., SS.UU.,
17 gennaio 2017 n. 961; Cass., SS.UU., 14 dicembre 2016 n. 25633; Cass., SS.UU., 28
ottobre 2015 n. 21948; per la giurisprudenza domestica, da ultimo, v. CNF 20 settembre
2024 n. 325; CNF 5 luglio 2024 n. 291; CNF 28 giugno 2024 n. 276, n. 280, n. 285 e n. 286;
CNF 20 giugno 2024 n. 271; CNF 4 giugno 2024 n. 240; CNF 31 maggio 2024 n. 233; CNF
27 maggio 2024 n. 215, n. 219, n. 220 e n. 222; CNF 13 maggio 2024 n. 196; CNF 7 maggio
2024 n. 173; CNF 22 aprile 2024 n. 142; CNF 18 aprile 2024 n. 132 e n. 133; CNF 8 aprile
2024 n. 126 e n. 129; CNF 3 aprile 2024 n. 112; CNF 27 marzo 2024 n. 93, n. 99, n. 102, n.
105 e n. 106; CNF 13 marzo 2024 n. 66 e n. 78; CNF 26 febbraio 2024 n. 30, n. 38 e n. 41;
9
CNF 4 gennaio 2024 n. 4; CNF 19 dicembre 2023 n. 303; CNF 12 dicembre 2023 n. 293;
CNF 28 novembre 2023 n. 261; CNF 14 novembre 2023 n. 251; CNF 8 novembre 2023 n.
240; CNF 20 settembre 2023 n. 177; CNF 25 marzo 2023 n. 36 e n. 39; CNF 7 marzo 2023
n. 25 e n. 28; CNF 9 febbraio 2023 n. 3, n. 6 e n. 8).
Ne consegue che correttamente, e fondatamente, il CDD di Venezia ha accertato, con
motivazione congrua ed esente da vizii, che l’avv. [RICORRENTE] ha violato gli artt. 26,
comma 3, e 53, comma 1, CDF (oltre che gli artt. 9, comma 1, e 12 CDF).
Per il primo aspetto (violazione dell’art. 26, comma 3, CDF), è noto che «In difetto di un
legittimo impedimento, ovvero di una comprovata strategia difensiva concordata con il
cliente (con relativo onere probatorio a carico di chi intenda addurla), pone in essere un
comportamento deontologicamente rilevante il difensore che, per “non scusabile e rilevante
trascuratezza” (art. 26 CDF), non partecipi all’udienza né nomini un proprio sostituto
processuale o di udienza, a nulla rilevando, peraltro, l’eventuale assenza di concrete
conseguenze negative o addirittura la presenza di vantaggi per il proprio assistito giacché
ciò non varrebbe a privare di disvalore il comportamento negligente del professionista, e
tutto ciò a prescindere dall’eventuale irrilevanza penale della condotta ai fini del reato di
abbandono di difesa» (v., da ultimo, CNF 15 luglio 2024 n. 302; CNF 8 aprile 2024 n. 124;
CNF 4 marzo 2024 n. 52; CNF 3 ottobre 2023 n. 190; CNF 16 giugno 2023 n. 127; CNF 27
ottobre 2022 n. 175; CNF 25 giugno 2022 n. 120; CNF 1° giugno 2022 n. 74; CNF 22 marzo
2022 n. 18).
Per il secondo aspetto (violazione dell’art. 53, comma 1, CDF), premesso che «I rapporti
con i Magistrati devono essere improntati alla dignità e al rispetto quali si convengono alle
reciproche funzioni» (CNF 16 luglio 2015 n. 100), «Pone in essere un comportamento
deontologicamente rilevante l’avvocato che ometta di espletare il mandato ricevuto non
partecipando all’udienza per la difesa della parte assistita ed omettendo, altresì, di
comunicare al giudice il proprio impedimento» (CNF 10 dicembre 2007 n. 185).
Quanto al trattamento sanzionatorio concretamente comminato dal CDD nel suo
complesso, si rinvia alla disamina del corrispondente motivo di impugnazione trattato nel
seguente punto B.3), non senza rilevare che gli illeciti deontologici tipizzati di cui agli artt.
26, comma 3, e 53, comma 1, CDF sono puniti con la sanzione edittale della censura.
B) Con riferimento alle incolpazione di cui al procedimento n. 40/2020 R.R., il ricorrente
lamenta la mancata concessione del chiesto rinvio per legittimo impedimento (per gli indicati
accertamenti diagnostici) e anche per consentire la nomina di un nuovo difensore di fiducia
in sostituzione del precedente che aveva rinunciato al mandato.
Si duole altresì dell’erronea determinazione della sanzione da parte del CDD di Venezia,
che non ha applicato la sanzione edittale prevista dall’art. 64, comma 3, CDF (sospensione
dall’esercizio della professione da mesi 2 a mesi 6), ma una sanzione aggravata ex art. 22,
10
comma 2 lett. b), CDF, senza peraltro contestare l’aggravamento nel capo di incolpazione,
impedendogli così di difendersi sul punto.
Evidenziava che la durata della sanzione sospensiva era da ritenersi comunque eccessiva
ed esageratamente afflittiva, in quanto consistente nel triplo del massimo di quella edittale.
Concludeva chiedendo dichiararsi la nullità della decisione impugnata, per violazione del
diritto di difesa, e in principalità l’annullamento della stessa e in via subordinata la riduzione
della sanzione entro i limiti edittali di cui all’art. 64 CDF.
B.1) Il primo motivo di censura (mancata concessione di un rinvio per legittimo impedimento)
è infondato.
Infatti, l’art. 59, comma 1 lettera d) n. 3, l. 31.12.2012 n. 247 del 2012 e l’art. 21, comma 2
lettera c), Reg. CNF n. 2/2014 prevedono che il giudizio disciplinare dinanzi al CDD si svolga
anche in assenza dell’incolpato, a meno che tale assenza sia dovuta a “… legittimo
impedimento o assoluta impossibilità a comparire”.
Secondo consolidata giurisprudenza, l’impedimento dell’incolpato non può ritenersi
sussistente qualora esso sia generico e non documentato e qualora esso non sia supportato
da certificato medico che dimostri l’assoluta impossibilità di comparire innanzi al giudice
disciplinare (v. da ultimo, nella giurisprudenza domestica, CNF 20 settembre 2024 n. 324;
CNF 23 luglio 2024 n. 306; CNF 28 giugno 2024 n. 277; CNF 4 giugno 2024 n. 242; CNF
27 maggio 2024 n. 216; CNF 18 aprile 2024 n. 133; CNF 27 marzo 2024 n. 109; CNF 29
dicembre 2023 n. 341; CNF 28 novembre 2023 n. 259, n. 262 e n. 273; in sede di legittimità,
v. Cass., SS.UU., 10 settembre 2024 n. 24268; Cass., SS.UU., 12 aprile 2024 n. 9949;
Cass., SS.UU., 31 ottobre 2023 n. 30313; Cass., SS.UU., 11 ottobre 2022 n. 29589; Cass.,
SS.UU., 3 marzo 2022 n. 7073; Cass., SS.UU., 19 novembre 2021 n. 35459 e n. 35462;
Cass., SS.UU., 16 luglio 2021 n. 20383 e n. 20384; Cass., SS.UU., 4 febbraio 2021 n. 2607;
Cass., SS.UU., 3 novembre 2020 n. 24377; Cass., SS.UU., 4 febbraio 2021 n. 2607).
B.2) In ordine alla responsabilità disciplinare, le condotte ascritte all’incolpato sono da
ritenersi comprovate (documenti acquisiti, ammissioni dell’incolpato, istruttoria
dibattimentale); non altrettanto è a dirsi per le circostanze giustificatrici addotte anche in
questo caso dall’incolpato, circostanze per inciso non concludenti a sua discolpa, come già
rilevato a proposito dell’altro procedimento disciplinare (n. 37/2020 R.R.).
Soccorre anche qui il già citato principio del libero convincimento del giudice della disciplina,
già sviluppato nel precedente punto A).
Ne consegue che correttamente, e fondatamente, il CDD di Venezia ha accertato, con
motivazione congrua ed esente da vizii, che l’avv. [RICORRENTE] ha violato (oltre agli artt.
2, comma 1 e 9, comma 2, CDF) l’art. 63, comma 1, CDF e l’art. 64, commi 1 e 2, CDF.
Va innanzitutto precisato il rapporto di specialità tra gli artt. 63 e 64 CDF, nel senso che
«Gli articoli 63 e 64 CDF si pongono su piani diversi nei rapporti con i terzi: l’art. 63 CDF
11
(“Rapporti con i terzi”) impone al professionista un comportamento rispettoso e corretto con
tutte le persone con le quali viene a contatto nell’esercizio della professione, ascrivibile nella
più generica categoria dell’educazione, della considerazione del lavoro altrui, del decoro;
l’art. 64 CDF (“Obbligo di provvedere all’adempimento di obbligazioni assunte nei confronti
dei terzi”) sanziona in modo specifico la condotta dell’avvocato che non adempie alle
obbligazioni assunte nei confronti dei terzi e si pone quindi in rapporto di specialità rispetto
all’art. 63 citato, pur avendo riguardo alla stessa platea di terzi con i quali il professionista
può venire a contatto» (CNF 5 settembre 2024 n. 313).
Nel merito, a mente dell’art. 63, comma 1, CDF «L’Avvocato deve svolgere la propria attività
con lealtà e correttezza non solo nei confronti della parte assistita, ma anche verso i terzi in
genere e verso la controparte, giacché il dovere di lealtà e correttezza nell’esercizio della
professione è un canone generale dell’agire di ogni Avvocato, che mira a tutelare
l’affidamento che la collettività ripone nell’Avvocato stesso quale professionista leale e
corretto in ogni ambito della propria attività» (CNF 20 giugno 2024 n. 271; CNF 4 giugno
2024 n. 240; CNF 8 aprile 2024 n. 126; CNF 27 marzo 2024 n. 93; CNF 25 marzo 2023 n.
38).
Quanto all’art. 64 CDF, «Il comportamento dell’avvocato deve essere adeguato al
prestigio della classe forense, che impone comportamenti individuali ispirati a valori positivi,
immuni da ogni possibile giudizio di biasimo, etico, civile o morale. Conseguentemente,
commette e consuma illecito deontologico l’avvocato che non provveda al puntuale
adempimento delle proprie obbligazioni nei confronti dei terzi e ciò indipendentemente dalla
natura privata o meno del debito, atteso che tale onere di natura deontologica, oltre che di
natura giuridica, è finalizzato a tutelare l’affidamento dei terzi nella capacità dell’avvocato al
rispetto dei propri doveri professionali e la negativa pubblicità che deriva
dall’inadempimento si riflette sulla reputazione del professionista ma ancor più
sull’immagine della classe forense» (CNF 18 aprile 2024 n. 133; CNF 14 novembre 2023 n.
251; CNF 1° giugno 2022 n. 85; CNF 15 ottobre 2020 n. 194).
E va rimarcato che «Commette e consuma illecito deontologico l’avvocato che non
provveda al puntuale adempimento delle proprie obbligazioni nei confronti dei terzi e ciò
indipendentemente dalla natura privata o meno del debito, atteso che tale onere di natura
deontologica, oltre che di natura giuridica, è finalizzato a tutelare l’affidamento dei terzi nella
capacità dell’avvocato al rispetto dei propri doveri professionali e la negativa pubblicità
che deriva dall’inadempimento si riflette sulla reputazione del professionista ma ancor più
sull’immagine della classe forense. E ancora più grave risulta essere l’illecito deontologico
nel caso in cui il professionista, non adempiendo ad obbligazioni titolate, giunga a subire
sentenze, atti di precetto e richieste di pignoramento, considerato che l’immagine
dell’avvocato risulta in tal modo compromessa agli occhi dei creditori e degli operatori del
12
diritto quali giudici ed ufficiali giudiziari» (CNF 20 settembre 2024 n. 324; CNF 5 settembre
2024 n. 311 e n. 313; CNF 18 aprile 2024 n. 133; CNF 3 aprile 2024 n. 118; CNF 5 dicembre
2023 n. 290; CNF 14 novembre 2023 n. 250).
B.3) La censura concernente la misura della sanzione complessivamente comminata
all’avv. [RICORRENTE] merita di essere accolta nei termini e nei limiti che seguono.
Ad avviso del Collegio, gli elementi addotti dal CDD di Venezia non sono sufficienti ad
integrare una ipotesi aggravata ex art. 22, comma 2, CDF, soprattutto in considerazione
delle circostanze - soggettive e oggettive - evidenziate dal ricorrente, nel cui contesto si
inseriscono le condotte addebitate all’incolpato e si sono consumate le violazioni
deontologiche di cui trattasi (art. 21 CDF).
A tacere del fatto che l’aggravamento avrebbe potuto comportare al massimo l’irrogazione
della sanzione della sospensione dall’esercizio della professione per anni uno (e non per la
durata di diciotto mesi), nel rispetto proprio dell’art. 22, comma 2 lett. b), CDF ritenuto
applicabile dalla decisione impugnata.
Infatti, per la violazione dell’art. 63, comma 1, CDF, la sanzione edittale è l’avvertimento;
per la violazione dell’art. 64, commi 1 e 2, CDF, la sanzione edittale è la sospensione
dall’esercizio della professione da due e sei mesi (comma 3 del citato articolo), mentre si è
già rilevato che le ipotesi tipizzate di cui al precedente punto A) comportano, a livello edittale,
solo una sanzione di natura formale (la censura).
In definitiva, il Collegio ritiene, ai sensi dell’art. 21 CDF, che sanzione adeguata e
proporzionata alle violazioni deontologiche commesse, complessivamente valutate e sulla
base dei criteri “dosimetrici” di cui all’indicata norma, sia - nella fattispecie esaminata - la
sospensione dall’esercizio della professione per la durata di mesi sei, costituente il massimo
edittale posto dall’art. 64, comma 3, CDF, considerata la pluralità delle infrazioni, senza
attenuazioni (né aggravamenti) ex art. 22 CDF.
E tale sanzione, così come in concreto rideterminata in senso più favorevole al ricorrente, è
in linea con i precedenti in materia, posto che in fattispecie analoghe è stata comminata la
sanzione della sospensione all’avvocato che non abbia corrisposto il canone dell’immobile
condotto in locazione e non abbia pagato le bollette delle utenze (CNF 3 aprile 2024 n. 118,
che ha ritenuto congrua la sanzione disciplinare della sospensione dall’esercizio della
professione per mesi quattro) o che, sfrattato per morosità, non abbia restituito l’immobile al
locatore (CNF 24 marzo 2021 n. 50, che ha ritenuto congrua la sanzione disciplinare della
sospensione dall’esercizio della professione per mesi sei).
13
P.Q.M.
visti gli artt. 36 e 37 L. n. 247/2012 e gli artt. 59 e segg. del R.D. 22.1.1934, n. 37;
il Consiglio Nazionale Forense in parziale accoglimento del ricorso, ridetermina la sanzione
disciplinare da comminare all’avv. [RICORRENTE] nella sospensione dall’esercizio della
professione per la durata di mesi 6 (sei), confermando nel resto.
Dispone che in caso di riproduzione della presente sentenza in qualsiasi forma per finalità
di informazione su riviste giuridiche, supporti elettronici o mediante reti di comunicazione
elettronica sia omessa l’indicazione delle generalità e degli altri dati identificativi degli
interessati riportati nella sentenza.
Così deciso in Roma nella Camera di Consiglio del 20 febbraio 2025;
IL SEGRETARIO f.f. IL PRESIDENTE f.f.
f.to Avv. Paola Carello f.to Avv. Francesco Napoli
Depositata presso la Segreteria del Consiglio nazionale forense,
oggi 2 maggio 2025.
IL CONSIGLIERE SEGRETARIO
f.to Avv. Giovanna Ollà
Copia conforme all’originale
IL CONSIGLIERE SEGRETARIO
Avv. Giovanna Ollà
del 25.1.2022) di copia del fascicolo del relativo procedimento amministrativo.
Su richiesta del Consigliere Istruttore del 10.3.2022, in data 31.3.2022 la Sezione deliberava
la citazione a giudizio dell’incolpato e in data 31.3.2022 lo citava a giudizio disciplinare per
il dibattimento fissato per il giorno 17.6.2022, ore 10.
B) Il procedimento n. 40/2020 R.R.
Il procedimento prende le mosse da un esposto presentato il 25.1.2019 al COA di Treviso
da [AAA], la quale, richiamando un proprio precedente esposto sempre nei confronti
dell’avv. [RICORRENTE], lamentava:
- che, successivamente alla sua prima iniziativa, con sentenza del 8.11.2018 il Tribunale di
Venezia aveva accertato l’occupazione senza titolo, da parte dell’avv. [RICORRENTE], di
un immobile di proprietà dell’esponente, sito in [OMISSIS], condannando l’occupante al
rilascio e al pagamento della somma di € 16.250,00 a titolo di indennità per indebita
occupazione, di € 650,00 mensili per indennità di occupazione sino all’effettivo rilascio, di €
4.430,74 per rimborso spese e utenze e di € 3.000,00 oltre accessori per rifusione spese di
giudizio;
- che, a séguito della notificazione contestuale (in data 7.12.2018) del titolo esecutivo e
dell’atto di precetto per complessivi € 26.037,93, l’avv. [RICORRENTE] aveva formulato una
proposta di definizione transattiva a saldo e stralcio, accettata dalla creditrice;
- che l’avv. [RICORRENTE] non aveva mai sottoscritto l’accordo, a differenza
dell’esponente;
- che l’avv. [RICORRENTE] aveva rilasciato l’immobile in data 31.12.2018 in stato di incuria
e degrado;
- che le successive richieste dell’esponente, volte ad ottenere il risarcimento del danno
provocato all’immobile, non avevano avuto riscontro.
In data 13.12.2019 il COA di Treviso comunicava l’esposto all’avv. [RICORRENTE], con
l’invito a rassegnare le sue deduzioni.
Il contesto veniva trasmesso dal COA di Treviso al CDD di Venezia e il Consigliere Istruttore
designato, con PEC del 25.2.2020, comunicava all’avv. [RICORRENTE] l’avvio della fase
istruttoria, con gli avvisi del caso.
Con nota del 28.4.2021 il Consigliere Istruttore chiedeva informazioni all’avv. [OMISSIS],
difensore di [AAA], e in data 30.4.2021 otteneva risposte da parte di questa (e della collega
avv. [OMISSIS]) con relativa documentazione.
Su proposta del Consigliere Istruttore del 7.6.2021, in data 15.7.2021 la Sezione designata,
accogliendo la richiesta subordinata dell’istruttore, deliberava l’apertura del procedimento
disciplinare e l’approvazione dei capi di incolpazione come sopra riportati.
In data 28.7.2021 la delibera veniva notificata all’incolpato, il quale, nel corso della sua
audizione da remoto (18.10.2021), dichiarava che l’intervenuto trasferimento in altra
5
Regione alla fine dell’anno 2018, a tanto costretto per allontanarsi dalla c.d. “Mafia del
Tronchetto”, che lo aveva minacciato, gli aveva impedito di seguire i procedimenti, civili e
disciplinari, che lo interessavano.
Successivamente, l’avv. [RICORRENTE] documentava tale circostanza, inviando con PEC
del 17.12.2021 copia di un articolo del “Corriere [OMISSIS]” pubblicato il [OMISSIS].2021,
che riportava la vicenda che lo aveva coinvolto.
Nel corso del suo interrogatorio da remoto (17.3.2022), l’avv. [RICORRENTE] invocava il
principio ne bis in idem, con riferimento ad un precedente esposto di [AAA], che si era
concluso con l’applicazione del richiamo verbale (procedimento n. 360/2017 R.R.), e nel
merito si difendeva eccependo l’inutilizzabilità dei documenti riservati prodotti
(corrispondenza intercorsa tra legali).
Su richiesta del Consigliere Istruttore del 21.3.2022, in data 31.3.2022 la Sezione deliberava
la citazione a giudizio dell’incolpato, indicando come testi l’esponente e gli avvocati
[OMISSIS] e [OMISSIS] (legali dell’esponente), e in data 31.3.2022 lo citava a giudizio
disciplinare per il dibattimento fissato per il giorno 17.6.2022, ore 11.
Con PEC del 15.6.2022 l’incolpato chiedeva un rinvio della seduta dibattimentale del
17.6.2022, dicendosi impossibilitato a comparire a causa di una risonanza magnetica
nucleare fissata in un centro medico di Foligno per il 16.6.2022, ore 10.30, per accertamenti
diagnostici in ordine ad una lussazione alla spalla destra occorsasi accidentalmente, e
allegando a comprova la comunicazione di conferma dell’appuntamento.
I testimoni indicati dall’Ufficio venivano intimati con atto del 4.5.2022; in data 24.5.2022 il
teste avv. [OMISSIS] comunicava il proprio impedimento a comparire di persona
nell’indicata seduta dibattimentale.
Nella seduta dibattimentale del 17.6.2020, ore 11, il Collegio disponeva la riunione dei due
procedimenti disciplinari e, in assenza dell’incolpato e del Pubblico Ministero (ancorché
regolarmente informato), rigettava l’istanza di rinvio presentata il 15.6.2022 dall’avv.
[RICORRENTE], in quanto priva di documentazione medica attestante la gravità
dell’infortunio, la legittimità dell’impedimento e l’impossibilità a comparire.
Acquisita la scheda dei precedenti disciplinari dell’incolpato, il Collegio dava corso
all’istruttoria dibattimentale, con l’escussione dei testi presenti (l’esponente e l’avv.
[OMISSIS]), essendo assente (come preannunciato) il teste avv. [OMISSIS].
L’esponente [AAA] confermava il contenuto dell’esposto, precisando di aver sempre onorato
le fatture per le utenze dell’immobile de quo, concesso in locazione transitoria turistica
all’avv. [RICORRENTE] per 28 giorni e di fatto detenuto da questi senza titolo dal mese di
maggio 2016 al mese di dicembre del 2018.
Aggiungeva:
- che, dopo la pubblicazione della sentenza del Tribunale di Venezia, il legale dell’avv.
6
[RICORRENTE] aveva concordato con l’avv. [OMISSIS] il rilascio dell’appartamento entro il
5.12.2018 e una definizione del debito con il versamento transattivo, a saldo e stralcio,
dell’importo di € 10.000,00, somma mai corrisposta;
- che, mentre la stessa aveva firmato sùbito l’accordo, l’avv. [RICORRENTE] non l’aveva
mai sottoscritto;
- che l’avv. [RICORRENTE] aveva in effetti rilasciato l’appartamento nel mese di dicembre
2018, ma completamente distrutto, con danni quantificabili in € 10.000,00 (importo pagato
da [AAA] per le sistemazioni del caso);
- che, quando l’avv. [OMISSIS] aveva presentato il conteggio dei danni al legale dell’avv.
[RICORRENTE], questi aveva comunicato di aver chiuso i rapporti professionali con il
proprio assistito.
Il teste avv. [OMISSIS] rilasciava dichiarazioni in linea con le deposizioni dell’esponente.
All’esito dell’escussione degli indicati testi, il Collegio rinunciava al teste avv.
(non presente) e il procedimento veniva discusso e deciso (con lettura del dispositivo).
La decisione, completa di motivazione, veniva depositata il 8.7.2022 e notificata a mezzo
PEC il 13.7.2022.
II) LA DECISIONE RESA DAL CDD DI VENEZIA
Il CDD di Venezia, ribadita la reiezione dell’istanza di differimento del dibattimento, in quanto
l’impedimento addotto dall’incolpato non era assoluto né documentato, rigettava l’eccezione
dell’incolpato basata sull’asserita violazione del principio ne bis in idem, rilevando, in
aggiunta all’inapplicabilità dello stesso in àmbito amministrativo, che le condotte di cui al
precedente procedimento disciplinare (sfociato in un richiamo verbale, non avente natura di
sanzione) erano diverse (comportamenti dell’avv. [RICORRENTE] durante la detenzione
sine titulo) da quelle oggetto del procedimento n. 40/2020 R.R. (inottemperanza alla
sentenza di condanna al rilascio dell’immobile e al pagamento di somme per gli indicati titoli
e inadempimento dell’accordo transattivo e delle altre obbligazioni conseguenti al rilascio).
Veniva altresì rigettata l’eccezione di inutilizzabilità della documentazione riservata acquisita
dal Consigliere Istruttore (accordo transattivo non sottoscritto).
In punto responsabilità disciplinare, il CDD di Venezia, ritenuti comprovati i fatti ascritti
all’incolpato, ne dichiarava la responsabilità disciplinare con riferimento a tutte le violazioni
contestate, atteso che le condotte segnalate con i due esposti erano da ritenere
documentalmente provate e confortate dall’istruttoria dibattimentale espletata
(testimonianze assunte) e che le giustificazioni addotte dall’incolpato (il fatto di essere stato
vittima di organizzazioni criminali) non erano concludenti a sua discolpa.
Sotto il profilo sanzionatorio, il CDD, considerato che le violazioni tipizzate di cui al
procedimento n. 37/2020 R.R. (artt. 26, comma 3, e 53, comma 1, CDF) prevedono come
sanzione edittale la censura e che quelle tipizzate di cui al procedimento n. 40/2020 R.R.
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(artt. 64, comma 1, e 64, comma 2, CDF) prevedono come sanzione edittale la sospensione
dall’esercizio della professione da due mesi a sei mesi (per la violazione dell’art. 63, comma
1, CDF la sanzione edittale è invece l’avvertimento) e rilevata la molteplicità delle violazioni
e il carattere plurioffensivo delle condotte nonché l’assenza di circostanze attenuanti e
comunque la prevalenza di quelle aggravanti, reputava di discostarsi dalle sanzione edittali
e di irrogare, come unica sanzione (ritenuta adeguata sulla base dei criteri di cui all’art. 21
CDF), la sospensione dall’esercizio della professione per la durata di mesi 18 (diciotto), ai
sensi dell’art. 22, comma 2 lett. b), CDF.
III) IL PRESENTE GIUDIZIO
Con ricorso al Consiglio Nazionale Forense presentato il 11.8.2022, l’avv. [RICORRENTE]
impugnava tempestivamente la citata decisione del CDD di Venezia, sollevando le censure
e rassegnando le corrispondenti conclusioni di cui infra.
All’udienza del 20.2.2025 il Collegio tratteneva il processo in decisione.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso consiste in una narrazione della vicenda processuale in forma discorsiva, dalla
quale sono comunque evincibili le doglianze del ricorrente e le critiche dallo stesso mosse
alla decisione impugnata, con le relative conclusioni, per cui lo si deve ritenere
ammissibile.
A) Con riferimento alle incolpazioni di cui al procedimento n. 37/2020 R.R., il ricorrente
ribadisce quanto dedotto avanti al CDD di Venezia, ossia di essere stato costretto sin dal
2018 ad abbandonare il Veneto per rifugiarsi a [OMISSIS] (presso un immobile di proprietà
del padre) e a lasciare in sostanza la propria attività di avvocato, in quanto perseguitato
dalle citate associazioni criminali (che avevano persino organizzato a suo danno un agguato
con armi da fuoco), con ciò giustificandosi le mancate comparizioni avanti al Giudice di Pace
di San Donà di Piave, alcune peraltro preavvisate o giustificate o addirittura necessitate dal
suo status di avvocato sospeso (in via amministrativa).
Concludeva chiedendo in principalità l’annullamento della decisione impugnata e in via
subordinata l’irrogazione della sanzione dell’avvertimento o della censura.
Le doglianze del ricorrente non meritano accoglimento.
Infatti, le condotte allo stesso ascritte sono da ritenersi comprovate (documenti acquisiti e
ammissioni dell’incolpato); non altrettanto è a dirsi per le circostanze giustificatrici addotte
dall’incolpato, circostanze per inciso non concludenti a sua discolpa.
Dai verbali di udienza agli atti, relativi al processo penale n. [OMISSIS]/2016 R.G. (n.
[OMISSIS]/2012 R.G.N.R.) pendente avanti al Giudice di Pace di San Donà di Piave,
emerge - come ben evidenziato nella decisione impugnata - quanto segue:
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- alla prima udienza del 6.11.2017 compariva una sostituta processuale dell’avv.
[RICORRENTE], che chiedeva un termine a difesa, in quanto il mandato difensivo era stato
conferito dall’imputato solo due giorni prima, ossia il 4.11.[OMISSIS];
- all’udienza di rinvio del 5.3.2018 l’avv. [RICORRENTE] era assente e il dibattimento veniva
rinviato al 18.6.2018, data per la quale il legale deduceva un legittimo impedimento e non si
presentava, sicché veniva disposto un ulteriore rinvio al 3.12.2018, con onere di produzione
della certificazione medica attestante l’impedimento;
- all’udienza del 3.12.2018 l’avv. [RICORRENTE] era assente per legittimo impedimento,
per il che il dibattimento veniva rinviato al 7.1.2019, udienza nella quale il legale non si
presentava senza addurre alcun legittimo impedimento, circostanza a fronte della quale
tuttavia il giudice rinviava il processo, dando atto a verbale che, per un altro dibattimento
fissato sempre per quel giorno, l’avv. [RICORRENTE] aveva dedotto un legittimo
impedimento;
- le successive udienze erano state fissate in giorni (18.2.2019 e 18.3.2019) che rientravano
in un periodo di sospensione (amministrativa) dall’esercizio della professione, circostanza
di cui l’avv. [RICORRENTE] aveva dato notizia informale (telefonata alla Cancelleria) con
riferimento alla prima udienza, ma non riguardo alla seconda;
- all’udienza del 17.6.2019 l’avv. [RICORRENTE] era assente ed emergeva che non aveva
ricevuto notizia del rinvio;
- alla successiva udienza del 16.9.2019 l’avv. [RICORRENTE] era assente ingiustificato,
così come alla successiva udienza del 21.10.2019, nella quale il suo sostituto dichiarava la
propria astensione.
Va anche ricordato che in sede disciplinare opera il principio del libero convincimento del
giudice, che ha ampio potere discrezionale nel valutare la conferenza e la rilevanza delle
prove acquisite ed assunte, con la conseguenza che la decisione assunta in base alle
testimonianze e agli atti deve ritenersi legittima quando risulti coerente con le risultanze
istruttorie (cfr., in sede di legittimità, Cass., SS.UU., 10 settembre 2024 n. 24285; Cass.,
SS.UU., 16 luglio 2021 n. 20384; Cass., SS.UU., 16 novembre 2020 n. 25950; Cass.,
SS.UU., 4 marzo 2019 n. 6277; Cass., SS.UU., 21 febbraio 2019 n. 5200; Cass., SS.UU.,
17 gennaio 2017 n. 961; Cass., SS.UU., 14 dicembre 2016 n. 25633; Cass., SS.UU., 28
ottobre 2015 n. 21948; per la giurisprudenza domestica, da ultimo, v. CNF 20 settembre
2024 n. 325; CNF 5 luglio 2024 n. 291; CNF 28 giugno 2024 n. 276, n. 280, n. 285 e n. 286;
CNF 20 giugno 2024 n. 271; CNF 4 giugno 2024 n. 240; CNF 31 maggio 2024 n. 233; CNF
27 maggio 2024 n. 215, n. 219, n. 220 e n. 222; CNF 13 maggio 2024 n. 196; CNF 7 maggio
2024 n. 173; CNF 22 aprile 2024 n. 142; CNF 18 aprile 2024 n. 132 e n. 133; CNF 8 aprile
2024 n. 126 e n. 129; CNF 3 aprile 2024 n. 112; CNF 27 marzo 2024 n. 93, n. 99, n. 102, n.
105 e n. 106; CNF 13 marzo 2024 n. 66 e n. 78; CNF 26 febbraio 2024 n. 30, n. 38 e n. 41;
9
CNF 4 gennaio 2024 n. 4; CNF 19 dicembre 2023 n. 303; CNF 12 dicembre 2023 n. 293;
CNF 28 novembre 2023 n. 261; CNF 14 novembre 2023 n. 251; CNF 8 novembre 2023 n.
240; CNF 20 settembre 2023 n. 177; CNF 25 marzo 2023 n. 36 e n. 39; CNF 7 marzo 2023
n. 25 e n. 28; CNF 9 febbraio 2023 n. 3, n. 6 e n. 8).
Ne consegue che correttamente, e fondatamente, il CDD di Venezia ha accertato, con
motivazione congrua ed esente da vizii, che l’avv. [RICORRENTE] ha violato gli artt. 26,
comma 3, e 53, comma 1, CDF (oltre che gli artt. 9, comma 1, e 12 CDF).
Per il primo aspetto (violazione dell’art. 26, comma 3, CDF), è noto che «In difetto di un
legittimo impedimento, ovvero di una comprovata strategia difensiva concordata con il
cliente (con relativo onere probatorio a carico di chi intenda addurla), pone in essere un
comportamento deontologicamente rilevante il difensore che, per “non scusabile e rilevante
trascuratezza” (art. 26 CDF), non partecipi all’udienza né nomini un proprio sostituto
processuale o di udienza, a nulla rilevando, peraltro, l’eventuale assenza di concrete
conseguenze negative o addirittura la presenza di vantaggi per il proprio assistito giacché
ciò non varrebbe a privare di disvalore il comportamento negligente del professionista, e
tutto ciò a prescindere dall’eventuale irrilevanza penale della condotta ai fini del reato di
abbandono di difesa» (v., da ultimo, CNF 15 luglio 2024 n. 302; CNF 8 aprile 2024 n. 124;
CNF 4 marzo 2024 n. 52; CNF 3 ottobre 2023 n. 190; CNF 16 giugno 2023 n. 127; CNF 27
ottobre 2022 n. 175; CNF 25 giugno 2022 n. 120; CNF 1° giugno 2022 n. 74; CNF 22 marzo
2022 n. 18).
Per il secondo aspetto (violazione dell’art. 53, comma 1, CDF), premesso che «I rapporti
con i Magistrati devono essere improntati alla dignità e al rispetto quali si convengono alle
reciproche funzioni» (CNF 16 luglio 2015 n. 100), «Pone in essere un comportamento
deontologicamente rilevante l’avvocato che ometta di espletare il mandato ricevuto non
partecipando all’udienza per la difesa della parte assistita ed omettendo, altresì, di
comunicare al giudice il proprio impedimento» (CNF 10 dicembre 2007 n. 185).
Quanto al trattamento sanzionatorio concretamente comminato dal CDD nel suo
complesso, si rinvia alla disamina del corrispondente motivo di impugnazione trattato nel
seguente punto B.3), non senza rilevare che gli illeciti deontologici tipizzati di cui agli artt.
26, comma 3, e 53, comma 1, CDF sono puniti con la sanzione edittale della censura.
B) Con riferimento alle incolpazione di cui al procedimento n. 40/2020 R.R., il ricorrente
lamenta la mancata concessione del chiesto rinvio per legittimo impedimento (per gli indicati
accertamenti diagnostici) e anche per consentire la nomina di un nuovo difensore di fiducia
in sostituzione del precedente che aveva rinunciato al mandato.
Si duole altresì dell’erronea determinazione della sanzione da parte del CDD di Venezia,
che non ha applicato la sanzione edittale prevista dall’art. 64, comma 3, CDF (sospensione
dall’esercizio della professione da mesi 2 a mesi 6), ma una sanzione aggravata ex art. 22,
10
comma 2 lett. b), CDF, senza peraltro contestare l’aggravamento nel capo di incolpazione,
impedendogli così di difendersi sul punto.
Evidenziava che la durata della sanzione sospensiva era da ritenersi comunque eccessiva
ed esageratamente afflittiva, in quanto consistente nel triplo del massimo di quella edittale.
Concludeva chiedendo dichiararsi la nullità della decisione impugnata, per violazione del
diritto di difesa, e in principalità l’annullamento della stessa e in via subordinata la riduzione
della sanzione entro i limiti edittali di cui all’art. 64 CDF.
B.1) Il primo motivo di censura (mancata concessione di un rinvio per legittimo impedimento)
è infondato.
Infatti, l’art. 59, comma 1 lettera d) n. 3, l. 31.12.2012 n. 247 del 2012 e l’art. 21, comma 2
lettera c), Reg. CNF n. 2/2014 prevedono che il giudizio disciplinare dinanzi al CDD si svolga
anche in assenza dell’incolpato, a meno che tale assenza sia dovuta a “… legittimo
impedimento o assoluta impossibilità a comparire”.
Secondo consolidata giurisprudenza, l’impedimento dell’incolpato non può ritenersi
sussistente qualora esso sia generico e non documentato e qualora esso non sia supportato
da certificato medico che dimostri l’assoluta impossibilità di comparire innanzi al giudice
disciplinare (v. da ultimo, nella giurisprudenza domestica, CNF 20 settembre 2024 n. 324;
CNF 23 luglio 2024 n. 306; CNF 28 giugno 2024 n. 277; CNF 4 giugno 2024 n. 242; CNF
27 maggio 2024 n. 216; CNF 18 aprile 2024 n. 133; CNF 27 marzo 2024 n. 109; CNF 29
dicembre 2023 n. 341; CNF 28 novembre 2023 n. 259, n. 262 e n. 273; in sede di legittimità,
v. Cass., SS.UU., 10 settembre 2024 n. 24268; Cass., SS.UU., 12 aprile 2024 n. 9949;
Cass., SS.UU., 31 ottobre 2023 n. 30313; Cass., SS.UU., 11 ottobre 2022 n. 29589; Cass.,
SS.UU., 3 marzo 2022 n. 7073; Cass., SS.UU., 19 novembre 2021 n. 35459 e n. 35462;
Cass., SS.UU., 16 luglio 2021 n. 20383 e n. 20384; Cass., SS.UU., 4 febbraio 2021 n. 2607;
Cass., SS.UU., 3 novembre 2020 n. 24377; Cass., SS.UU., 4 febbraio 2021 n. 2607).
B.2) In ordine alla responsabilità disciplinare, le condotte ascritte all’incolpato sono da
ritenersi comprovate (documenti acquisiti, ammissioni dell’incolpato, istruttoria
dibattimentale); non altrettanto è a dirsi per le circostanze giustificatrici addotte anche in
questo caso dall’incolpato, circostanze per inciso non concludenti a sua discolpa, come già
rilevato a proposito dell’altro procedimento disciplinare (n. 37/2020 R.R.).
Soccorre anche qui il già citato principio del libero convincimento del giudice della disciplina,
già sviluppato nel precedente punto A).
Ne consegue che correttamente, e fondatamente, il CDD di Venezia ha accertato, con
motivazione congrua ed esente da vizii, che l’avv. [RICORRENTE] ha violato (oltre agli artt.
2, comma 1 e 9, comma 2, CDF) l’art. 63, comma 1, CDF e l’art. 64, commi 1 e 2, CDF.
Va innanzitutto precisato il rapporto di specialità tra gli artt. 63 e 64 CDF, nel senso che
«Gli articoli 63 e 64 CDF si pongono su piani diversi nei rapporti con i terzi: l’art. 63 CDF
11
(“Rapporti con i terzi”) impone al professionista un comportamento rispettoso e corretto con
tutte le persone con le quali viene a contatto nell’esercizio della professione, ascrivibile nella
più generica categoria dell’educazione, della considerazione del lavoro altrui, del decoro;
l’art. 64 CDF (“Obbligo di provvedere all’adempimento di obbligazioni assunte nei confronti
dei terzi”) sanziona in modo specifico la condotta dell’avvocato che non adempie alle
obbligazioni assunte nei confronti dei terzi e si pone quindi in rapporto di specialità rispetto
all’art. 63 citato, pur avendo riguardo alla stessa platea di terzi con i quali il professionista
può venire a contatto» (CNF 5 settembre 2024 n. 313).
Nel merito, a mente dell’art. 63, comma 1, CDF «L’Avvocato deve svolgere la propria attività
con lealtà e correttezza non solo nei confronti della parte assistita, ma anche verso i terzi in
genere e verso la controparte, giacché il dovere di lealtà e correttezza nell’esercizio della
professione è un canone generale dell’agire di ogni Avvocato, che mira a tutelare
l’affidamento che la collettività ripone nell’Avvocato stesso quale professionista leale e
corretto in ogni ambito della propria attività» (CNF 20 giugno 2024 n. 271; CNF 4 giugno
2024 n. 240; CNF 8 aprile 2024 n. 126; CNF 27 marzo 2024 n. 93; CNF 25 marzo 2023 n.
38).
Quanto all’art. 64 CDF, «Il comportamento dell’avvocato deve essere adeguato al
prestigio della classe forense, che impone comportamenti individuali ispirati a valori positivi,
immuni da ogni possibile giudizio di biasimo, etico, civile o morale. Conseguentemente,
commette e consuma illecito deontologico l’avvocato che non provveda al puntuale
adempimento delle proprie obbligazioni nei confronti dei terzi e ciò indipendentemente dalla
natura privata o meno del debito, atteso che tale onere di natura deontologica, oltre che di
natura giuridica, è finalizzato a tutelare l’affidamento dei terzi nella capacità dell’avvocato al
rispetto dei propri doveri professionali e la negativa pubblicità che deriva
dall’inadempimento si riflette sulla reputazione del professionista ma ancor più
sull’immagine della classe forense» (CNF 18 aprile 2024 n. 133; CNF 14 novembre 2023 n.
251; CNF 1° giugno 2022 n. 85; CNF 15 ottobre 2020 n. 194).
E va rimarcato che «Commette e consuma illecito deontologico l’avvocato che non
provveda al puntuale adempimento delle proprie obbligazioni nei confronti dei terzi e ciò
indipendentemente dalla natura privata o meno del debito, atteso che tale onere di natura
deontologica, oltre che di natura giuridica, è finalizzato a tutelare l’affidamento dei terzi nella
capacità dell’avvocato al rispetto dei propri doveri professionali e la negativa pubblicità
che deriva dall’inadempimento si riflette sulla reputazione del professionista ma ancor più
sull’immagine della classe forense. E ancora più grave risulta essere l’illecito deontologico
nel caso in cui il professionista, non adempiendo ad obbligazioni titolate, giunga a subire
sentenze, atti di precetto e richieste di pignoramento, considerato che l’immagine
dell’avvocato risulta in tal modo compromessa agli occhi dei creditori e degli operatori del
12
diritto quali giudici ed ufficiali giudiziari» (CNF 20 settembre 2024 n. 324; CNF 5 settembre
2024 n. 311 e n. 313; CNF 18 aprile 2024 n. 133; CNF 3 aprile 2024 n. 118; CNF 5 dicembre
2023 n. 290; CNF 14 novembre 2023 n. 250).
B.3) La censura concernente la misura della sanzione complessivamente comminata
all’avv. [RICORRENTE] merita di essere accolta nei termini e nei limiti che seguono.
Ad avviso del Collegio, gli elementi addotti dal CDD di Venezia non sono sufficienti ad
integrare una ipotesi aggravata ex art. 22, comma 2, CDF, soprattutto in considerazione
delle circostanze - soggettive e oggettive - evidenziate dal ricorrente, nel cui contesto si
inseriscono le condotte addebitate all’incolpato e si sono consumate le violazioni
deontologiche di cui trattasi (art. 21 CDF).
A tacere del fatto che l’aggravamento avrebbe potuto comportare al massimo l’irrogazione
della sanzione della sospensione dall’esercizio della professione per anni uno (e non per la
durata di diciotto mesi), nel rispetto proprio dell’art. 22, comma 2 lett. b), CDF ritenuto
applicabile dalla decisione impugnata.
Infatti, per la violazione dell’art. 63, comma 1, CDF, la sanzione edittale è l’avvertimento;
per la violazione dell’art. 64, commi 1 e 2, CDF, la sanzione edittale è la sospensione
dall’esercizio della professione da due e sei mesi (comma 3 del citato articolo), mentre si è
già rilevato che le ipotesi tipizzate di cui al precedente punto A) comportano, a livello edittale,
solo una sanzione di natura formale (la censura).
In definitiva, il Collegio ritiene, ai sensi dell’art. 21 CDF, che sanzione adeguata e
proporzionata alle violazioni deontologiche commesse, complessivamente valutate e sulla
base dei criteri “dosimetrici” di cui all’indicata norma, sia - nella fattispecie esaminata - la
sospensione dall’esercizio della professione per la durata di mesi sei, costituente il massimo
edittale posto dall’art. 64, comma 3, CDF, considerata la pluralità delle infrazioni, senza
attenuazioni (né aggravamenti) ex art. 22 CDF.
E tale sanzione, così come in concreto rideterminata in senso più favorevole al ricorrente, è
in linea con i precedenti in materia, posto che in fattispecie analoghe è stata comminata la
sanzione della sospensione all’avvocato che non abbia corrisposto il canone dell’immobile
condotto in locazione e non abbia pagato le bollette delle utenze (CNF 3 aprile 2024 n. 118,
che ha ritenuto congrua la sanzione disciplinare della sospensione dall’esercizio della
professione per mesi quattro) o che, sfrattato per morosità, non abbia restituito l’immobile al
locatore (CNF 24 marzo 2021 n. 50, che ha ritenuto congrua la sanzione disciplinare della
sospensione dall’esercizio della professione per mesi sei).
13
P.Q.M.
visti gli artt. 36 e 37 L. n. 247/2012 e gli artt. 59 e segg. del R.D. 22.1.1934, n. 37;
il Consiglio Nazionale Forense in parziale accoglimento del ricorso, ridetermina la sanzione
disciplinare da comminare all’avv. [RICORRENTE] nella sospensione dall’esercizio della
professione per la durata di mesi 6 (sei), confermando nel resto.
Dispone che in caso di riproduzione della presente sentenza in qualsiasi forma per finalità
di informazione su riviste giuridiche, supporti elettronici o mediante reti di comunicazione
elettronica sia omessa l’indicazione delle generalità e degli altri dati identificativi degli
interessati riportati nella sentenza.
Così deciso in Roma nella Camera di Consiglio del 20 febbraio 2025;
IL SEGRETARIO f.f. IL PRESIDENTE f.f.
f.to Avv. Paola Carello f.to Avv. Francesco Napoli
Depositata presso la Segreteria del Consiglio nazionale forense,
oggi 2 maggio 2025.
IL CONSIGLIERE SEGRETARIO
f.to Avv. Giovanna Ollà
Copia conforme all’originale
IL CONSIGLIERE SEGRETARIO
Avv. Giovanna Ollà
Avv. Antonino Sugamele

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