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Sentenza

È illegittimo, perché irragionevole e sproporzionato, l'ordine di abbattimen...
È illegittimo, perché irragionevole e sproporzionato, l'ordine di abbattimento di un animale sano.
TAR Piemonte, sez. I, sent., 21 dicembre 2023, n. 1037

Presidente Prosperi – Estensore Pavia

Fatto

1. Il 4 agosto 2022 i servizi veterinari dell'ASL di Novara hanno effettuato un sopralluogo presso la dimora del sig. Gabriele Zanalda e, dopo aver accertato la presenza in loco di un suide nato da un incrocio tra un maialino vietnamita e un cinghiale, gli hanno prescritto l'adozione di specifiche misure di biosicurezza.

2. Il 23 gennaio 2023 il personale dell'ASL competente ha effettuato, unitamente alla polizia locale di Castelletto Ticino, un nuovo accesso, all'esito del quale ha disposto l'abbattimento dell'animale.

3. Il 6 febbraio 2023 il sig. Zanalda ha chiesto il differimento dell'ordine, in modo da poter ottemperare alle prescrizioni imposte all'esito dell'ultimo sopralluogo ma l'istanza è stata respinta dall'amministrazione procedente.

4. Con ricorso, notificato il 2 marzo 2023 e depositato il successivo 5 marzo, i ricorrenti hanno impugnato i provvedimenti de quibus, untante a tutti gli atti connessi, chiedendone l'annullamento, previa sospensione cautelare, perché asseritamente illegittimi.

5. All'esito dell'udienza camerale del 16 aprile 2023 il Collegio, dopo aver dato atto della necessità di approfondire il contesto normativo di riferimento nella successiva fase di merito, ha accolto l'istanza cautelare dei ricorrenti.

6. Il 20 marzo 2023 l'ASL di Novara, non costituita in giudizio, ha spontaneamente depositato una serie di documenti, tra cui una relazione esplicativa dei fatti di causa, che è stata impugnata dai ricorrenti con motivi aggiunti, notificati e depositati il 30 marzo 2023.

7. All'udienza pubblica del 13 dicembre 2023 la causa è stata trattenuta in decisione dal Collegio.

DIRITTO

1. In via preliminare, il Collegio deve dichiarare inammissibili i motivi aggiunti depositati il 30 marzo 2023 in quanto proposti avverso un atto privo di valenza provvedimentale, posto che, come noto, «le relazioni illustrative, che l'Amministrazione resistente predisponga per il giudizio, possono essere utilizzate solo per una più completa ed autentica ricostruzione dei fatti di causa o, al limite, per una più compiuta disamina di merito in ordine all'interpretazione delle norme che siano rilevanti per il giudizio» (ex multis T.A.R. Piemonte, sez. II, 18 gennaio 2013, n. 46).

Ciò posto, in adesione al principio di effettività della tutela giurisdizionale e in virtù dei concomitanti principi di conservazione degli atti processuali e del raggiungimento dello scopo, l'attività processuale svolta dal ricorrente nell'ambito del ricorso qualificato come motivi aggiunti può essere fatta salva riqualificando l'atto come memoria difensiva, anche perché il suo contenuto sostanziale è essenzialmente limitato alla precisazione dei motivi del ricorso alla luce delle considerazioni svolte dall'amministrazione procedente.

2. Nel merito, con il proprio ricorso i ricorrenti censurano il difetto di motivazione e di istruttoria del provvedimento impugnato asserendo che esso si fonderebbe essenzialmente sugli esiti del primo sopralluogo e non avrebbe preso in considerazione il fatto che l'animale sia sano e "tracciabile" nonché che il sig. Zanalda non gestirebbe un "allevamento" in quanto l'animale sarebbe detenuto a mero scopo di affezione. Da ciò deriverebbe anche l'illegittimità dei sopralluoghi effettuati, in quanto disposti sulla base delle disposizioni, nazionali e euro-unitarie, dedicate agli allevamenti, le quali comunque non sanzionerebbero le eventuali violazioni con l'abbattimento degli animali.

3. Il ricorso è fondato.

In primo luogo, dall'analisi dell'ordine di abbattimento è emerso che il provvedimento impugnato è stato adottato ai sensi degli artt. 5 e 9 del d.lgs. 134/2022, nonché degli artt. 138 del regolamento UE 625/17 e 6 comma 7 del d.lgs. 193/07.

Nello specifico, le prime disposizioni mirano ad assicurare la "tracciabilità" degli animali in modo da assicurare l'efficace attuazione delle misure di prevenzione e controllo delle malattie e si applicano a qualsiasi tipologia di allevamento, ivi compresi quelli "NON DPA", orientati, cioè, alla detenzione di animali per finalità diverse dagli usi zootecnici e dalla produzione di alimenti.

Si tratta, quindi, di un riferimento normativo di difficile applicazione al caso di specie posto che, come visto, il sig. Zanalda non gestisce un allevamento, ma detiene l'animale a meri scopi di affezione; si rammenta, infatti, che ai sensi dell'art. 2, comma 1, lett. e), del d.lgs. 134/22 per allevamento si intende l'attività «di un operatore che alleva uno o più animali della stessa specie o gruppo di specie in uno stabilimento».

Del pari, anche il riferimento agli artt. 138 del regolamento UE 625/17 e 6 comma 7 del d.gs. 193/07, menzionati nell'oggetto del provvedimento, è del tutto fuori luogo in quanto le disposizioni de quibus sono dedicate ai controlli «ufficiali e alle altre attività ufficiali effettuati per garantire l'applicazione della legislazione sugli alimenti e sui mangimi, delle norme sulla salute e sul benessere degli animali, sulla sanità delle piante nonché sui prodotti fitosanitari» e a quelli in materia di sicurezza alimentare.

L'erroneo inquadramento della fattispecie è, poi, comprovato dal contenuto dei verbali di sopralluogo del 4 agosto 2022 e del 23 gennaio 2023 i quali sono stati effettuati ai sensi dell'art. 13 del regolamento UE 625/17; senza contare che quello del 2022 ha, addirittura, dato atto di aver applicato le sanzioni previste dall'art. 139 del regolamento.

Si precisa, inoltre, che, anche se si ritenesse applicabile al caso di specie il d.lgs. 134/22, il suo art. 5 prevede che «gli operatori degli stabilimenti in cui sono detenuti animali o materiale germinale, nonché quelli che effettuano operazioni di raccolta indipendentemente da uno stabilimento ed i trasportatori, prima di iniziare la propria attività, assolvono agli obblighi previsti dagli articoli 84, 87 o dai relativi atti delegati, 90 e 172 del regolamento, e quelli previsti dal presente decreto con le modalità e i tempi di cui al manuale operativo, ai fini della registrazione degli stabilimenti ed attività di loro pertinenza in conformità agli articoli 93 e 173 del regolamento medesimo», mentre il successivo art. 9 sancisce che «l'operatore di bovini, equini, ovini, caprini, suini, cervidi e camelidi, deve provvedere all'identificazione e alla registrazione in BDN di ciascun animale detenuto conformemente al regolamento, al regolamento delegato (UE) n. 2019/2035, e ai regolamenti di esecuzione (UE) nn. 2021/520 e 2021/963, rispettando i tempi e le modalità indicati nel manuale operativo».

Inoltre, ai sensi dell'art. 1 del dispositivo direttoriale n. 12438 del 18 maggio 2022 «chiunque detiene suini, come definiti all'articolo 2, punto 22, del regolamento delegato (UE) 2035/2019, con orientamento produttivo NON DPA (da ora suini NON DPA), e cioè detenuti esclusivamente per finalità diverse dagli usi zootecnici, dalla riproduzione, dalla commercializzazione e dalla produzione di alimenti, è un operatore ai sensi del regolamento (UE) 2016/429 e pertanto è tenuto a garantire la loro identificazione e tracciabilità», con la precisazione, di cui al successivo art. 3, secondo cui «fatte salve le ipotesi di reato, la ASL che nell'ambito dell'attività di controllo ufficiale verifichi una non conformità agli obblighi di identificazione, registrazione e movimentazione, previsti dalla normativa europea e nazionale, secondo le modalità applicative di cui al presente dispositivo dirigenziale, applica le misure restrittive e le sanzioni previste dalle disposizioni vigenti in materia».

Ebbene, nessuna delle disposizioni richiamate impone l'abbattimento di un'animale di affezione in caso di omessa registrazione, la quale, giova ribadirlo, è comunque stata richiesta dal ricorrente, seppur tardivamente (10 marzo 2023).

Ciò posto, il Collegio ritiene inammissibili deduzioni contenute nella relazione dell'ASL di Novara depositata il 20 marzo 2023, in cui si sostiene che l'abbattimento sarebbe imposto dagli artt. 15 del d.lgs. 134/22 e 7 dell'ordinanza commissariale n. 4/2022 in quanto rappresentano un'illegittima integrazione postuma della motivazione.

Come noto, infatti, «nel processo amministrativo l'integrazione in sede giudiziale della motivazione dell'atto amministrativo è ammissibile soltanto se effettuata mediante gli atti del procedimento - nella misura in cui i documenti dell'istruttoria offrano elementi sufficienti ed univoci dai quali possano ricostruirsi le concrete ragioni della determinazione assunta - oppure attraverso l'emanazione di un autonomo provvedimento di convalida; è invece inammissibile un'integrazione postuma effettuata in sede di giudizio, mediante atti processuali, o comunque scritti difensivi» (ex multis T.A.R. Puglia, Bari, sez. III, 24 luglio 2023, n. 1024).

Senza contare che, se anche l'integrazione de qua fosse ammissibile, essa sarebbe comunque inidonea a legittimare l'abbattimento dell'animale.

Come noto, il valore della tutela degli animali è stato espressamente contemplato dalla legge costituzionale 11 febbraio 2002, n. 1 che ha previsto, all'art. 9 Cost., che la Repubblica «Tutela l'ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell'interesse delle future generazioni. La legge dello Stato disciplina i modi e le forme di tutela degli animali».

Si tratta di una previsione del tutto in linea con l'art. 13 del Trattato sul Funzionamento dell'UE, secondo cui «l'Unione e gli Stati membri tengono pienamente conto delle esigenze in materia di benessere degli animali in quanto esseri senzienti, rispettando nel contempo le disposizioni legislative o amministrative e le consuetudini degli Stati membri per quanto riguarda, in particolare, i riti religiosi, le tradizioni culturali e il patrimonio regionale».

Ebbene, alla luce del panorama normativo nazionale ed euro-unitario testé descritto il Collegio ritiene che il potere concesso alle ASL territorialmente competenti dall'art. 7 dell'ordinanza commissariale 4/22 (a fronte del quale «nel caso in cui su tutto il territorio nazionale vengano rinvenuti suini non indentificati per i quali sia impossibile risalire al proprietario oppure suini selvatici o domestici detenuti illegalmente, il Servizio veterinario della ASL territorialmente competente dispone il sequestro, l'abbattimento e la distruzione degli animali dopo aver effettuato gli accertamenti sanitari eventualmente ritenuti necessari») debba essere esercitato alla luce del principio di proporzionalità e che, pertanto, rappresenti un'extrema ratio soggetta a una puntuale valutazione dell'amministrazione procedente e non certo una conseguenza obbligatoria delle irregolarità accertate.

In caso contrario, infatti, detto potere si porrebbe in insanabile contrasto, oltre che con i valori costituzionali e euro-unitari enunciati, anche con le stesse disposizioni previste per le zone confinati a una infetta da peste suina (ove, cioè, il rischio di contagio è ben superiore a quello dell'area in esame) nella parte in cui permettono alla Regione di «consentire il proseguimento dell'attività di allevamento familiare nelle aree riconosciute a minor rischio» e, ai servizi veterinari dell'ASL, di disporre il trasferimento degli animali detenuti in modo promiscuo o il loro trattenimento all'interno di un edificio dello stabilimento e, solo qualora «ciò non sia realizzabile o qualora il loro benessere sia compromesso, si provvede alla macellazione ed al divieto di ripopolamento fino alla risoluzione delle carenze riscontrate».

Si evidenzia, infine, che, fermo quanto precedentemente affermano circa la nozione di allevamento e sulla difficoltà di sussumere il caso di specie nella normativa ad essi dedicata, neppure l'art. 15 del d.lgs. 134/22 impone l'abbattimento degli animali illegittimamente detenuti, ma si limita a disporre il «sequestro degli animali non identificati per cui l'operatore non è in grado di garantire la rintracciabilità. Tali animali devono essere considerati a rischio e la ASL territorialmente competente valuta, considerando gli aspetti sanitari e di benessere, se disporne l'abbattimento in stabilimento e la distruzione senza alcun indennizzo o il loro eventuale impiego per fini diversi dal consumo umano. Nel caso in cui le garanzie dichiarate dall'operatore necessitino di controlli di laboratorio o altre prove, le spese sono a carico dello operatore così come quelle della detenzione degli animali sottoposti a sequestro per tutta la durata dello stesso».

4. In conclusione, il Collegio ritiene che, anche alla luce dell'apparato motivazionale del provvedimento impugnato, l'ordine di abbattimento di un animale, pacificamente sano, appaia del tutto irragionevole e sproporzionato e debba, pertanto, essere annullato.

5. In virtù dell'illegittimità dell'ordine de quo, il Collegio ritiene improcedibile per sopravvenuto difetto di interesse l'azione di annullamento avverso il rigetto della richiesta di proroga del termine per la messa in sicurezza del luogo ove l'animale è custodito, fermo restando l'obbligo per il sig. Zanalda di adottare tutte le misure di biosicurezza imposte dalla locale ASL, qualora non vi abbia ancora proceduto.

6. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei sensi e nei termini di cui in motivazione.

Condanna la resistente al pagamento delle spese di lite che quantifica in euro 2.000,00 (duemila/00), oltre accessori di legge; nonché a rifondere ai ricorrenti l'importo del contributo unificato versato, al verificarsi dei presupposti di cui all'articolo 13, comma 6 bis 1, del d.P.R. 115/2002.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Avv. Antonino Sugamele

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