Abusi edilizi - Ordine di demolizione - Inottemperanza - Atto di accertamento - Funzione - Impugnabilità - Questione
Tribunale Amministrativo Regionale Lazio - Roma Sezione 2S Sentenza 7 maggio 2024 n. 9044
Data udienza 26 aprile 2024
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
Sezione Seconda Stralcio
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 15530 del 2015, integrato da motivi aggiunti, proposto dal sig. -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'Avvocato Cr. Mo., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Comune di (omissis), in persona del suo Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocato Di. Ar., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per l'annullamento
PER QUANTO RIGUARDA IL RICORSO PRINCIPALE
- del Verbale di accertamento di inottemperanza emesso dal Dirigente della 3° Area tecnica - Servizio Vigilanza e Condono Edilizio del Comune di (omissis), in data 06.10.2015, notificato in data 7 ottobre 2015 - con il quale si accerta la mancata ottemperanza all'ingiunzione a demolire nel termine intimato ai sensi dell'art. 31 del D.P.R. 6 giugno 2001 n. 380 e ss.mm. ii e si avvisa che ai sensi e per gli effetti del citato articolo, tale accertamento di inottemperanza alle ingiunzioni a demolire costituisce titolo per l'immissione nel possesso del Comune di (omissis) e per la trascrizione gratuita nei registri immobiliari delle proprietà distinte in catasto al foglio (omissis) mappale (omissis) (catasto fabbricati) e mappale (omissis) (parte) (catasto terreni);
PER QUANTO RIGUARDA I MOTIVI AGGIUNTI
- della Determinazione 3° Area Tecnica - Governo del Territorio Servizio Vigilanza - Condono del Comune di (omissis), n. 261 del 05.06.2017, notificata in data 7 giugno 2017 - avente ad oggetto acquisizione ed immissione in possesso al patrimonio comunale del terreno e del manufatto posto nel comune di-OMISSIS-
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di (omissis);
Visti tutti gli atti della causa;
Visto l'art. 87, comma 4-bis, cod.proc.amm.;
Relatore all'udienza straordinaria di smaltimento dell'arretrato del giorno 26 aprile 2024 il dott. Michele Tecchia e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Il ricorrente è proprietario di un terreno sito nel Comune di (omissis), -OMISSIS-.
2. In data 31 gennaio 2007, il personale del Corpo di Polizia Locale del Comune di (omissis) - in occasione dell'espletamento delle proprie funzioni istituzionali di vigilanza sull'attività urbanistico-edilizia - effettuava un sopralluogo presso il suddetto terreno dell'odierno ricorrente, avente accesso dalla -OMISSIS-, all'epoca distinto in catasto al -OMISSIS-, ricadente in zona vincolata ai sensi del D. Lgs. 22.01.2004, n. 42, soggetto alla normativa relativa alle costruzioni in zona sismica ex artt. 93 e 94 del d.P.R. 06.06.2001, 380, e rientrante nella perimetrazione del Parco Regionale dei Castelli Romani di cui alla L.R. Lazio del 13.01.1984, n. 2.
3. Durante il suddetto sopralluogo, i funzionari del Corpo di Polizia Locale accertavano la presenza di alcuni abusi edilizi, segnatamente alcune fondazioni in cemento armato di circa 140 mq e l'edificazione di un "manufatto a piano terra delle dimensioni di ml. 10,15 x 13,20 x H3,00 con struttura in c.a. (cemento armato; N.d.R.), tamponature esterne in forati laterizi intonacati, copertura a travetti, pignatte laterizie, massetto di calcestruzzo e impermeabilizzazione con guaina di asfalto. Lo stato di consistenza interna dell'immobile è il seguente: realizzazione delle tramezzature interne allo stato grezzo tali da dividere l'area in sette ambienti; predisposizione degli impianti idraulici e termici; predisposizione delle canaline dell'impianto elettrico senza passaggio dei fili; posa in opera di un portoncino in ferro e n° 8 persiane in ferro...".
4. I funzionari della Polizia Locale procedevano, pertanto, al sequestro preventivo delle opere abusive. Il sequestro preventivo veniva convalidato dal G.I.P. del Tribunale di Velletri (giusta decreto ex art. 321 c.p.p. del 8 febbraio 2007). Successivamente veniva avviato un giudizio penale a carico del ricorrente innanzi al Tribunale penale di Velletri -OMISSIS-, nell'ambito del quale il ricorrente veniva accusato di alcuni reati di natura edilizia.
5. Nel frattempo, con ordinanza dirigenziale prot. n. 3849 del 22 febbraio 2007, il Comune intimato ingiungeva al ricorrente di demolire, entro il termine di 90 giorni, le opere abusive contestate, e cioè :
a) le fondazioni in cemento armato realizzate su una superficie di mq. 140 circa;
b) il manufatto presente al piano terra con struttura in cemento armato, tamponature esterne in forati laterizi intonacati, copertura a travetti, pignatte laterizie, massetto di calcestruzzo e impermeabilizzazione con guaina di asfalto.
6. Con separato giudizio amministrativo incardinato innanzi a questo TAR, l'odierno ricorrente ha impugnato la summenzionata ordinanza demolitoria (-OMISSIS-). Il giudizio instaurato per l'annullamento del provvedimento di demolizione si è concluso con decreto decisorio n. 11493 del 7 ottobre 2015, con il quale questo Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio ha dichiarato perento il ricorso (con conseguente definitivo consolidamento degli effetti del provvedimento demolitorio).
7. Nel frattempo, con -OMISSIS-, il Tribunale Penale di Velletri ha condannato il Sig. -OMISSIS-, all'esito del procedimento speciale previsto dall'art. 444 c.p.p., ad una pena di mesi tre di arresto e di Euro 16.000,00 di ammenda, nonché alla "demolizione delle opere abusive con remissione in pristino dello stato dei luoghi a cura e spese dell'imputato".
8. Successivamente, con verbale di accertamento di inottemperanza del 6 ottobre 2015 (notificato in data 7 ottobre 2015), il Comune intimato accertava la mancata ottemperanza all'ingiunzione demolitoria entro il termine di 90 giorni di cui all'art. 31 del d.P.R. n. 380 del 2001; detto verbale avvisava il ricorrente che esso costitutiva titolo per l'immissione nel possesso e per la trascrizione gratuita nei registri immobiliari delle proprietà distinte in catasto -OMISSIS-
9. Con il presente ricorso principale, pertanto, il ricorrente insta per l'annullamento del summenzionato verbale di accertamento di inottemperanza del 6 ottobre 2015.
10. Successivamente, in data 29 maggio 2017, il Comune di (omissis) depositava presso l'Ufficio Provinciale di Roma dell'Agenzia delle Entrate l'istanza di variazione (prot. n. 269032) per "tipo frazionamento" della-OMISSIS-, coincidente con il lotto di terreno su cui il ricorrente aveva edificato l'opera abusiva. Dalla soppressione della suddetta particella catastale (la n. 452), avente un'estensione di mq 2.587, originavano tre nuove particelle catastali rispettivamente individuate con il n. 470 (avente un'estensione di mq 997), il n. 471 e il n. 472.
11. Con susseguente determinazione dirigenziale n. 261 del 5 giugno 2017 (notificata in data 7 giugno 2017) il Comune di (omissis) ha quindi disposto l'acquisizione gratuita al patrimonio comunale ex art. 31 del d.P.R. n. 380 del 2001 delle opere abusive, nonché dell'area di sedime e della relativa area di pertinenza corrispondente all'intero lotto distinto al -OMISSIS-, per complessivi mq. 997,00.
12. Il ricorrente ha proposto motivi aggiunti impropri avverso la sopravvenuta determinazione dirigenziale di acquisizione gratuita. I motivi aggiunti sono due.
12.1. Con il primo mezzo di censura, in particolare, il ricorrente si duole del fatto che l'ordine di demolizione (ed i conseguenti provvedimenti, ivi incluso l'atto di acquisizione gratuita gravato con i motivi aggiunti) sarebbero nulli e/o inefficaci, poiché il ricorrente non può essere ritenuto responsabile dell'inottemperanza ad un ordine di demolizione in tesi impossibile da eseguire, atteso che il manufatto in questione sarebbe inciso da un sequestro penale (osserva in proposito il ricorrente che il Giudice Penale di Velletri, -OMISSIS-, avrebbe mantenuto in essere la misura cautelare penale del sequestro preventivo emessa con decreto del -OMISSIS-.
12.2. Con il secondo mezzo di censura, poi, il ricorrente sviluppa il seguente iter argomentativo:
a) ai sensi dell'art. 31, co. 3, d.P.R. n. 380/2001, l'acquisizione gratuita al patrimonio comunale investe non soltanto il bene e la relativa area di sedime, ma anche l'area necessaria, secondo le vigenti prescrizioni urbanistiche, alla realizzazione di opere analoghe a quelle abusive, nel limite massimo del decuplo della complessiva superficie utile abusivamente costruita;
b) la summenzionata disposizione legislativa radica, quindi, l'obbligo dell'Amministrazione di esplicitare le modalità del calcolo (in relazione ai richiamati parametri urbanistici in astratto applicabili ai fini della realizzazione di opere analoghe a quelle abusivamente realizzate) con cui perviene all'individuazione di tale ulteriore area; in altre parole, l'Amministrazione sarebbe obbligata ad indicare la classificazione urbanistica ed il relativo regime per l'area oggetto di abuso, nonché sviluppare (in base agli indici di fabbricabilità, territoriale o fondiaria, conseguentemente applicabili) il calcolo della superficie occorrente per la realizzazione di opere analoghe a quelle abusive, disponendone comunque l'acquisizione - laddove dovesse risultare una superficie superiore - nel limite massimo del decuplo dell'area di sedime;
c) nel caso di specie, tuttavia, il Comune intimato - dopo aver constatato che il manufatto abusivo ha una superficie di 120,60 mq (superficie utile) - ha poi disposto l'acquisizione dell'intera particella distinta in catasto al foglio -OMISSIS- per complessivi mq. 997,00, ciò in supposta violazione delle summenzionate disposizioni normative, atteso che non sarebbe stata fornita alcuna contezza e specificazione delle modalità di calcolo in base al parametro urbanistico indicato dalla legge.
13. Il Comune intimato si è ritualmente costituito in giudizio per resistere al ricorso e ai successivi motivi aggiunti, instando in particolare per la declaratoria di inammissibilità del ricorso (stante la natura endo-procedimentale dell'atto impugnato), nonché comunque per la reiezione nel merito di tutte le censure. È poi seguito il deposito dei documenti e delle memorie dirette e di replica ex art. 73, c. 1, c.p.a.
14. All'udienza straordinaria del 26 aprile 2024 il Collegio - previa discussione della causa (nel corso della quale il ricorrente ha riconosciuto la tardività della propria memoria di replica ex art. 73, c. 1, c.p.a.) - ha introiettato la causa in decisione.
DIRITTO
15. La netta diversità morfologica tra l'atto amministrativo impugnato con il ricorso principale (id est il verbale di accertamento di inottemperanza) e l'atto invece impugnato con i successivi motivi aggiunti (id est il provvedimento di acquisizione gratuita al patrimonio comunale) ne impone una trattazione disgiunta.
SUL RICORSO PRINCIPALE AVENTE AD OGGETTO IL VERBALE DI ACCERTAMENTO DI INOTTEMPERANZA
16. In proposito, il Collegio rileva che l'eccezione di inammissibilità sollevata dalla difesa del Comune resistente va positivamente apprezzata.
Ed infatti, il verbale che accerta l'inottemperanza all'ordine di demolizione di un manufatto abusivo non è impugnabile, come anche confermato dalla più recente giurisprudenza del Consiglio di Stato (da ultimo VI Sezione, sentenza n. 1434/2023): "l'atto dichiarativo dell'accertamento dell'inottemperanza è necessario ai fini dell'immissione in possesso e della trascrizione nei registri immobiliari e non è costitutivo dell'effetto acquisitivo (cfr. Cons. St., sez. VI, 8 maggio 2014, n. 2368; Cons. St., sez. IV, 15 dicembre 2017, n. 5914); la giurisprudenza ha altresì precisato che il verbale di accertamento dell'inottemperanza non assume portata lesiva degli interessi del privato, ne consegue la non impugnabilità di tale verbale e la sostanziale irrilevanza della sua notificazione (cfr. Cons. St., Sez. V, 17 giugno 2014, n. 3097)".
Tanto basta a rilevare l'inammissibilità del ricorso principale, atteso che esso ha ad oggetto un atto endo-procedimentale privo di qualsiasi lesività diretta.
SUI MOTIVI AGGIUNTI AVENTI AD OGGETTO IL PROVVEDIMENTO DI ACQUISIZIONE GRATUITA
17. Entrambi i motivi aggiunti sono infondati.
18. Con il primo dei due motivi aggiunti, il ricorrente si duole dell'illegittimità del provvedimento di acquisizione gratuita al patrimonio comunale (nel cui perimetro rientrano le opere abusive, l'area di sedime e l'ulteriore area necessaria alla realizzazione di opere analoghe a quelle abusive), nella misura in cui l'effetto acquisitivo viene ricollegato all'inottemperanza di un ordine di demolizione che, nella specie, sarebbe stato impossibile da eseguire.
L'impossibilità deriverebbe - in base alla prospettazione di parte ricorrente - dal fatto che il manufatto in questione sarebbe stato inciso (nel periodo ricompreso tra il provvedimento demolitorio del 2007 e il verbale di accertamento dell'inottemperanza del 6 ottobre 2015) - da un sequestro penale (osserva in proposito il ricorrente che il Giudice Penale di Velletri, -OMISSIS-, avrebbe mantenuto in essere la misura cautelare penale del sequestro preventivo emessa con decreto -OMISSIS-.
Lo scrutinio del motivo impone di passare in rassegna dapprima i principi generali che governano la materia e, poi, la fattispecie concreta devoluta all'esame del Collegio.
18.1. Costituisce principio largamente consolidato quello secondo cui il fatto che le opere abusive siano state sequestrate in sede penale non incide sulla legittimità dell'ordine di demolizione, bensì sulla sua eseguibilità (cfr. ex multis Cons. Stato, sez. VI, 26 marzo 2024 n. 2868).
Ne deriva che la censura incentrata sull'asserito sequestro penale del manufatto abusivo può rilevare solo ai fini della verifica dei presupposti della sanzione acquisitiva, non revocandosi in dubbio la legittimità dell'ordine di ripristino.
Più in particolare, la giurisprudenza consolidatasi in materia insegna che il vincolo esterno del sequestro non incide sulla validità dell'atto, in quanto "l'ingiunzione a demolire è un provvedimento perfetto e giuridicamente valido (...) avente un oggetto individuato e possibile". Tale vincolo incide sull'efficacia dell'ordine di demolizione, che è sospeso fino a quando permane il vincolo esterno rappresentato dal provvedimento di sequestro. Quando tale vincolo viene meno riprende automaticamente l'efficacia dell'ordine di demolizione (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 8 giugno 2021, n. 4393).
Deve pertanto ritenersi che in presenza di un sequestro penale di opera abusiva e nella vigenza dello stesso, il termine per l'ottemperanza all'ordine di demolizione non decorre fino a che tale misura cautelare non sia venuta meno e il bene ritornato nella disponibilità del privato, di tal che il formale accertamento dell'inottemperanza deve fare riferimento al mancato adempimento dell'ingiunzione demolitoria decorsi novanta giorni dal dissequestro dell'immobile.
18.2. Chiarito il quadro di principi generali in cui si inscrive la censura in esame, nel caso di specie è dirimente stabilire se (e in che misura) i manufatti abusivi in contestazione siano rientrati (o meno) nella disponibilità materiale del ricorrente nel periodo ricompreso tra la data di notifica dell'ordinanza demolitoria (27 febbraio 2007) e la data di notifica del verbale di accertamento dell'inottemperanza all'ordine demolitorio (6 ottobre 2015).
Orbene, risulta ex actis che con -OMISSIS- il Tribunale Penale di Velletri ha condannato il Sig. -OMISSIS-, all'esito del procedimento speciale previsto dall'art. 444 c.p.p., ad una pena di mesi tre di arresto e di Euro 16.000,00 di ammenda, nonché alla "demolizione delle opere abusive con remissione in pristino dello stato dei luoghi a cura e spese dell'imputato".
Va da sé che sin dal 14 aprile 2009 il ricorrente era obbligato anche in sede penale (oltre che in sede amministrativa) a procedere alla demolizione delle opere abusive e al ripristino dello stato dei luoghi.
Il che elide in radice l'assunto attoreo secondo cui persisterebbe tutt'ora un sequestro penale che impedirebbe al ricorrente di dar corso all'ordinanza dirigenziale di demolizione del 2007.
Al contrario, la -OMISSIS- dimostra per tabulas che sin dal 14 aprile 2009 lo stato degli atti del giudizio penale non solo consentiva - ma anzi obbligava - il ricorrente a procedere alla "demolizione delle opere abusive con remissione in pristino dello stato dei luoghi a cura e spese dell'imputato" (e cioè del ricorrente medesimo).
Tanto basta ad escludere che esistesse un provvedimento penale ostativo all'esecuzione dell'ordine demolitorio, con la conseguenza che il primo dei due motivi aggiunti va respinto in quanto infondato.
19. Con il secondo dei due motivi aggiunti, infine, il ricorrente si duole di un presunto difetto di motivazione e istruttoria, in quanto il provvedimento di acquisizione gratuita disvelerebbe un'insufficiente indicazione dei parametri che sono stati presi in considerazione ai fini dell'identificazione dei beni incisi dall'effetto acquisitivo (id est manufatto abusivo, area di sedime ed ulteriore area necessaria alla realizzazione di opere analoghe a quelle abusive entro il limite di 10 volte la complessiva superficie utile abusivamente costruita, cfr. art. 31 co. 3 d.P.R. n. 380 del 2001).
20. Anche questo mezzo di censura è infondato.
Va osservato, infatti, che il provvedimento di acquisizione gratuita identifica chiaramente:
a) gli estremi catastali e la superficie utile (120,60 mq) dell'area su cui insiste l'abuso edilizio;
b) il limite massimo di legge (1206,00 mq) della superficie che può essere acquisita dal Comune in aggiunta al manufatto abusivo e all'area di sedime, in ossequio all'art. 31, co. 3, d.P.R. n. 380 del 2001;
c) la reale perimetrazione della superficie che il Comune ha acquisito in aggiunta al manufatto abusivo e all'area di sedime -OMISSIS-
d) i presupposti giustificativi dell'atto di acquisizione gratuita, e cioè l'intervenuta adozione di un ordine di demolizione e la sua ingiustificata e imputabile inottemperanza (protrattasi per oltre novanta giorni da parte del soggetto tenuto a darvi attuazione).
A fronte di tale completo corredo motivazionale, pertanto, la doglianza di difetto di motivazione ed istruttoria appare infondata, avendo il Comune esaustivamente indicato tutti i presupposti giustificativi del potere di acquisizione gratuita ex art. 31, co. 3, d.P.R. n. 380 del 2001.
Né ha alcun pregio il tentativo di parte ricorrente di sostenere che il provvedimento de quo sarebbe illegittimo perché l'Amministrazione avrebbe omesso di individuare la classificazione urbanistica dell'area oggetto di abuso (in tesi necessaria per il calcolo della superficie occorrente per la realizzazione di opere analoghe a quelle abusive).
La censura è infondata per un duplice ordine di motivi.
Da un lato perché la ricorrente risulta aver già avuto piena contezza (con tutti gli ulteriori atti che hanno preceduto il provvedimento ora impugnato, a partire dall'ordinanza demolitoria) della classificazione urbanistica dell'area in questione.
Dall'altro lato perché la ricorrente non fornisce il benché minimo elemento indiziario dal quale possa desumersi l'erroneità e/o irragionevolezza (in base ai parametri urbanistici ben noti allo stesso ricorrente) della superficie di 997 mq che il Comune ha acquisito in aggiunta al manufatto abusivo e all'area di sedime.
Si aggiunga, inoltre, che le ulteriori deduzioni formulate in fatto dalla parte ricorrente in sede di memoria di replica con riguardo al frazionamento delle particelle sono tardive (e quindi tamquam non essent), atteso che detta memoria - come riconosciuto dalla stessa difesa di parte ricorrente nel corso dell'udienza straordinaria del 26 aprile 2024 - è stata depositata in violazione del termine perentorio di 20 giorni liberi prima della data di udienza.
Il che conduce alla reiezione anche del secondo motivo aggiunto, in quanto infondato.
21. Per tutto quanto sopra esposto, pertanto, il ricorso principale va dichiarato inammissibile, mentre i motivi aggiunti vanno respinti in quanto infondati.
22. Le spese del giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio Sezione Seconda Stralcio, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto ed integrato da motivi aggiunti, così dispone:
a) quanto al ricorso principale, lo dichiara inammissibile;
b) quanto ai motivi aggiunti, li respinge.
Condanna il ricorrente alla refusione delle spese del giudizio in favore del Comune intimato e le liquida in misura complessivamente pari ad Euro 2.000,00 (duemila), oltre oneri accessori come per legge (se dovuti).
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell'articolo 10 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare la parte ricorrente.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 26 aprile 2024 con l'intervento dei magistrati:
Benedetto Nappi - Presidente
Igor Nobile - Referendario
Michele Tecchia - Referendario, Estensore
11-06-2024 07:43
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