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Sentenza

Industria dello zucchero: la Corte Europea dovra' decidere le questioni pregiudi...
Industria dello zucchero: la Corte Europea dovra' decidere le questioni pregiudiziali interpretative delle norme comunitarie che prevedono aiuti economici alle imprese.
Consiglio di Stato Sez. Terza - Ord. del 13.04.2012, n. 2083

Presidente Botto - Relatore Dell'Utri

Ritenuto e considerato in fatto ed in diritto

I.- E. S. s.p.a. è impresa saccarifera che ha aderito al piano comunitario di ristrutturazione dell'industria dello zucchero, presentando al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali domanda di concessione per l'aiuto integrale, corredata dal piano di ristrutturazione degli stabilimenti interessati prevedente lo smantellamento di tutti gli impianti legati alla linea produttiva, con il mantenimento di taluni silos di stoccaggio a lungo termine e gli impianti di confezionamento, in quanto utilizzati non per la produzione dello zucchero, bensì per le attività di confezionamento e commercializzazione dello zucchero prodotto in altri stabilimenti o da altre imprese. La domanda è stata ritenuta ammissibile dal Ministero, che a suo tempo ha trasmesso copia del piano alla Commissione europea. L'impresa ha presentato annualmente le proprie relazioni ed ha proceduto allo smantellamento. La commissione ministeriale di controllo ha dato riscontro positivo alle relazioni annuali ed a quella finale, tanto che ha affermato di non aver riscontrato inadempienze o irregolarità rispetto al piano di ristrutturazione approvato. Peraltro, a seguito di visita degli ispettori europei, è stata riscontrata la presenza di silos ed impianti di confezionamento. In data 3 febbraio 2010 si è tenuta la riunione bilaterale tra Commissione e Stato membro ai sensi dell'art. 11, paragrafo 2, terzo comma del Regolamento C.E. n. 885/2006, nella quale si è discusso anche del rilievo circa il mantenimento dei manufatti in questione; i Servizi della Commissione hanno “preso nota delle informazioni fornite dai delegati italiani”, concludendo nel senso che “Non è necessario discutere ulteriormente su questo punto”. Tuttavia, con nota 15 marzo 2011 n. 2095 il Ministero ha comunicato ad E. S. che, a seguito dell'indagine effettuata nel mese di settembre 2010, i revisori della Commissione hanno riscontrato l'esistenza di silos presso alcuni stabilimenti dismessi, formalizzando i relativi rilievi con nota Ares 2010 922678 del 9 dicembre 2010. In particolare, essi hanno ritenuto che il mantenimento dei silos non sia conforme ai regolamenti C.E.    Regolamento_320_2006_CE e Regolamento_968_2006_CE ai fini dell'ammissibilità alla totalità dell'aiuto, implicante il completo smantellamento di tutti i manufatti direttamente connessi alla produzione, quali appunto i silos da considerarsi come “direttamente connessi alla produzione dello zucchero” (in quanto “impianti di imballaggio” di cui all'art. 4, paragrafo 1, lett. c) del cit. regolamento C.E. n. 968/2006).
Lo stesso Ministero ha comunicato di non condividere la posizione dei revisori e di aver formulato controdeduzioni, ma qualora la Commissione non dovesse modificare detta posizione, si orienterebbe al riconoscimento dell'aiuto solo in misura parziale.
Con successiva nota 22 marzo 2011 n. 328 l'AGEA ha diffidato E. S. a procedere allo smantellamento totale mediante la completa dismissione dei silos entro il termine dettato dal regolamento comunitario (30 settembre 2011, ora 31 marzo 2012), nonché ha comunicato di non poter svincolare le cauzioni presentate dall'impresa a garanzia degli impegni assunti, stante la raccomandazione “all'Italia di non rilasciare nessuna ulteriore cauzione alle imprese interessate”, formulata dalla Commissione europea e ribadita dal Ministero con nota 2 marzo 2011 n. 1732.
II.- Con ricorso e successivi motivi aggiunti, proposti davanti al TAR per il Lazio, sede di Roma, E. S. ha impugnato la nota AGEA 22 marzo 2011 n. 328, la nota ministeriale 2 marzo 2011 n. 1732 ed ogni atto connesso, compresa ove occorra la nota ministeriale 15 marzo 2011 n. 2095, nonché la nota AGEA 24 maggio 2011 n. 225, con cui è stato richiesto alla società di assicurazione di prorogare di sei mesi le polizze fideiussorie della ricorrente.
Con sentenza 1° dicembre 2011 n. 9467 della sezione seconda ter il TAR ha accolto solo parzialmente il ricorso, ossia unicamente nella parte intesa ad ottenere lo svincolo parziale della cauzione in corrispondenza dell'aiuto per smantellamento parziale, dunque con esclusione della quota differenziale. Sono stati invece respinti i motivi di ricorso intesi a sostenere che lo “smantellamento totale” degli impianti di produzione, dante luogo ad aiuto maggiore del 25% rispetto a quello relativo allo “smantellamento parziale”, non comprenda la demolizione dei silos di stoccaggio, in quanto connessi alla diversa fase di commercializzazione (e non di produzione).
In sintesi, il Tribunale amministrativo ha ritenuto che l'appena riferita tesi di fondo della ricorrente, oltre a non rispecchiare la ratio della normativa europea, contrasta con l'interpretazione letterale e sistematica delle relative disposizioni, alla stregua delle quali gli impianti di produzione comprendono pure quelli che, nell'ambito del sito produttivo, erano utilizzati nelle fasi immediatamente successive alla produzione come lo stoccaggio e l'imballaggio, consentendo il mantenimento di tali ultimi impianti solo se destinati a essere utilizzati per altre produzioni o altri usi del sito industriale.
Circa il profilo della lesione del legittimo affidamento, dedotto in relazione al fatto che la Commissione nulla ha contestato inizialmente, ma solo nel 2010 dopo la visita dei siti in quello stesso anno da parte dei funzionari comunitari, ha osservato che l'approvazione del piano compete allo Stato membro e la trasmissione alla Commissione non prevede una fase di controllo sulle determinazioni assunte a livello locale, bensì solo la successiva fase di verifica degli adempimenti previsti ai fini dell'erogazione dell'aiuto; comunque, il principio dell'affidamento non può essere di ostacolo all'applicazione effettiva delle previsioni della normativa comunitaria.
Quanto, poi, all'istanza di rinvio alla Corte di giustizia dell'Unione europea, ha affermato che la corretta applicazione del diritto comunitario è così evidente da non lasciare adito a ragionevole dubbio sulla soluzione da dare alla questione sostanziale controversa: non v'è, quindi, motivo per sollevare tale questione pregiudiziale.
Infine, ha altresì respinto il motivo volto a far valere la non ripetibilità delle spese riconosciute in favore della ricorrente prima del 9 dicembre 2008, non essendo chiaro il momento di erogazione delle somme e, comunque, non risultando ancora avviata alcuna procedura di recupero.
III.- Con atto inoltrato per la notifica il 20 dicembre 2011 e depositato il 22 seguente E. S. s.p.a. ha appellato detta sentenza 1° dicembre 2011 n. 9467.
Premesso, tra l'altro, che la controversia si incentra sull'interpretazione della nozione di “smantellamento completo” contenuta nei citati regolamenti CE, illustrata detta normativa, nonché le misure nazionali attuative, e descritta la vicenda, a sostegno dell'appello ha dedotto:
1.- Error in judicando. Difetto ed erroneità della motivazione della sentenza gravata, travisamento dei fatti, illogicità, contraddittorietà. Omessa pronuncia.
1.1.- Sul primo motivo: Violazione degli artt. 3, 4 e 5 del Regolamento (CE) del Consiglio n. 320/2006 e del Regolamento (CE) della Commissione n. 968/2006. Violazione dell'art. 3, legge n. 241/1990. Errore sui presupposti. Difetto di istruttoria.
1.2.- Sul secondo motivo del ricorso introduttivo: Violazione artt. 3, 4 e 5, Regolamento (CE) n. 320/2006. Violazione Regolamento (CE) n. 968/2006. Violazione artt. 1 e 3, legge n. 241 del 1990. Violazione principio del legittimo affidamento e di certezza del diritto. Contraddittorietà.
1.3.- Sul terzo motivo del ricorso introduttivo: Violazione artt. 3, 4 e 5, Regolamento (CE) n. 320/2006. Violazione Regolamento (CE) n. 968/2006. Violazione artt. 1 e 3, legge n. 241/1990. Violazione principio del legittimo affidamento e di certezza del diritto. Contraddittorietà.
1.4.- Sul quarto motivo del ricorso introduttivo: Violazione art. 22, Regolamento (CE) Commissione n. 968/2006. Violazione artt. 1 e 3, legge n. 241/1990. Violazione art. 2 d.m. 15/2/2007.
1.5.- Sul quinto motivo del ricorso introduttivo: Violazione art. 31, Regolamento (CE) del Consiglio 21/6/2006, n. 968. Violazione artt. 1 e 3, legge n. 241/1990. Difetto di istruttoria. Contraddittorietà.
1.6.- Sul sesto motivo del ricorso introduttivo:
1.- Sul rinvio pregiudiziale.
2.- Sui poteri cautelari che la giurisprudenza europea riconosce a un giudice nazionale investito di una vicenda quale quella in esame.
1.7.- Sul settimo motivo aggiunto: Invalidità derivata della nota AGEA 24/5/2011.
IV.- Ottenuta da parte dell'appellante la riduzione dei termini per la celebrazione entro il 31 marzo 2012 dell'udienza di discussione, poi fissata per la data odierna, con memoria del 3 marzo 2012 il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali e l'AGEA, ripercorsa la vicenda, hanno anch'essi richiesto la sospensione del giudizio e la trasmissione degli atti alla Corte di giustizia dell'Unione europea.
In data 13 marzo 2012 le Organizzazioni sindacali indicate in epigrafe hanno depositato atto di intervento ad adiuvandum, inoltrato per la notifica il 9 anteriore.
All'odierna udienza pubblica l'appello è stato introitato in decisione.
V.- La Sezione è dell'avviso che per la risoluzione della controversia in trattazione non possa prescindersi dalla sospensione del giudizio e sottoposizione alla Corte di giustizia dell'Unione europea delle questioni pregiudiziali emerse nel corso del giudizio e rilevanti ai fini decisori, essendo all'uopo dirimente individuare con esattezza la portata della normativa comunitaria applicabile alla fattispecie in esame.
Ciò anche in quanto questo Consiglio di Stato è giurisdizione di ultima istanza, sicché ai sensi dell'art. 267, co. 3, del T.F.U.E. è tenuto a rivolgersi alla Corte di giustizia, dal momento che non ricorre alcuno dei presupposti per escludere il rinvio, enucleati dalla stessa Corte:
1.essere la questione materialmente identica ad altra già da essa decisa;
2. il precedente sia comunque idoneo a risolvere il punto di diritto controverso;
3. la corretta applicazione del diritto comunitario sia tale da imporsi con evidenza da non lasciare adito ad alcun dubbio sulla soluzione da dare alla questione sollevata (cfr. Corte giust., 6 ottobre 1982, C-283/81, cui si richiama Cons. St., Sez. 3 settembre 2009 n. 5197).
VI.- Il regolamento (CE) n. 320/2006 del Consiglio del 20 febbraio 2006 prevede la concessione alle imprese produttrici di zucchero di un aiuto alla ristrutturazione, commisurato alle tonnellate di quote di merce rinunciate, allo scopo di incentivare la cessazione della “produzione di zucchero” entro la quota prevista, nel contempo consentendo di tenere in debito conto gli impegni sociali ed ambientali connessi allo “abbandono della produzione” (considerando n. 5).
In particolare, l'art. 3 “Aiuto alla ristrutturazione” prevede, al paragrafo 1, che l'impresa produttrice di zucchero, isoglucosio o sciroppo di inulina, cui sia assegnata una quota di produzione entro la data indicata, possa beneficiare di un aiuto alla ristrutturazione a condizione che in una delle campagne di commercializzazione parimenti indicate:
a) rinunci alla quota che ha destinato ad uno o più dei suoi zuccherifici e “smantelli completamente” gli “impianti di produzione” degli zuccherifici interessati o
b) rinunci alla quota che ha destinato ad uno o più dei suoi zuccherifici, “smantelli parzialmente” gli “impianti di produzione” degli zuccherifici interessati e “non utilizzi i restanti impianti di produzione degli zuccherifici interessati per la produzione di prodotti che rientrano nell'organizzazione comune dei mercati nel settore dello zucchero”.
Il paragrafo 3 definisce il “completo smantellamento”, per il quale si richiede:
a) la “cessazione completa e definitiva della produzione” dello zucchero, isoglucosio o sciroppo di inulina da parte degli impianti di produzione interessati,
b) la “chiusura” dello zuccherificio o degli zuccherifici e lo “smantellamento dei relativi impianti di produzione” nel termine di cui al successivo art. 4, paragrafo 2, lett. d).
Il paragrafo 4 definisce, invece, lo “smantellamento parziale”, per il quale si richiede:
a) la “cessazione completa e definitiva della produzione” dello zucchero, isoglucosio o sciroppo di inulina da parte degli impianti di produzione interessati,
b) lo “smantellamento degli impianti di produzione che non saranno più usati per la nuova produzione e che erano destinati alla produzione dei prodotti di cui alla lettera a) e utilizzati a tale fine” entro il termine di cui al successivo art. 4, paragrafo 2, lett. e).
Entrambi i paragrafi richiedono, inoltre, alla lett. c), oltre al ripristino di buone condizioni ambientali del sito dismesso, la “agevolazione del reimpiego della manodopera”.
Il citato art. 4 “domanda per l'aiuto alla ristrutturazione”, dal canto suo, prevede al paragrafo 2 che la domanda comprenda tra l'altro, oltre al piano di ristrutturazione, un “impegno a smantellare completamente” gli “impianti di produzione” entro i termini stabiliti dallo Stato membro, per il caso di cui all'art. 3, paragrafo 1, lett. a), ovvero per il caso di cui alla successiva lett. b) un “impegno a smantellare parzialmente” gli “impianti di produzione” entro analoghi termini e “a non utilizzare il sito di produzione e i restanti impianti di produzione per la produzione di prodotti che rientrano nell'organizzazione comune dei mercati del settore dello zucchero”. Al paragrafo 3, concernente il piano di ristrutturazione, tra gli altri elementi che si richiedono obbligatoriamente vengono indicati una presentazione dei fini ed azioni previsti “che mostri tra di essi un valido equilibrio sotto il profilo economico e coerenza con gli obiettivi del fondo di ristrutturazione e della politica di sviluppo rurale della regione interessata” come approvato dalla Commissione; una “descrizione tecnica completa” degli “impianti di produzione” interessati (lett. c); un “piano aziendale” che elenchi modalità, calendario e costi di chiusura dello zuccherificio o degli zuccherifici e “lo smantellamento completo o parziale” degli “impianti di produzione” (lett. d); un “piano sociale” .
VII.- Il regolamento (CE) n. 968/2006 della Commissione del 27 giugno 2006, recante modalità di attuazione del regolamento n. 320/2006, al considerando n. 4 in relazione alla rinuncia alle quote, nel premettere che l'art. 3 dello stesso regolamento n. 320/2006 prevede come opzioni lo smantellamento “completo” o “parziale” degli “impianti di produzione” con importi diversi del rispettivo aiuto, afferma che è opportuno “consentire la possibilità di mantenere gli impianti dello zuccherificio che non fanno parte della linea di produzione” a condizione che “possano essere utilizzati per altri scopi previsti nel piano di ristrutturazione, soprattutto se tale uso può creare occupazione”; d'altra parte, tali “impianti non direttamente connessi alla produzione” di zucchero devono essere smantellati “se non adibiti ad uso alternativo entro un congruo lasso di tempo” e se il loro mantenimento è nocivo per l'ambiente.
L'art. 4 detta precisazioni circa lo smantellamento degli “impianti di produzione”. Per il caso di “smantellamento completo” ex art. 3, paragrafo 1, lett. a) del regolamento n. 320/2006, il paragrafo 1 prevede che devono essere smantellati:
a) tutti gli impianti “necessari” per la “produzione” di zucchero, isoglucosio o sciroppo di inulina, quali ad esempio impianti per l'immagazzinamento, l'analisi, il lavaggio e il taglio delle barbabietole da zucchero, canne da zucchero, cereali o cicoria e quelli di estrazione e trasformazione o concentrazione di zucchero da tali vegetali;
b) tutti gli impianti diversi da quelli di cui innanzi ma “direttamente connessi alla produzione” dello zucchero, isoglucosio o sciroppo di inulina e “necessari per gestire la produzione” rientrante nella quota rinunciata “anche se potrebbero essere utilizzati per altre produzioni” quali impianti di riscaldamento o trattamento dell'acqua o produzione di energia, ecc.;
c) tutti gli “altri impianti”, quali “impianti di imballaggio, lasciati inutilizzati e che devono essere smantellati e rimossi per ragioni ambientali”.
Per il caso di “smantellamento parziale” ex art. 3, paragrafo 1, lett. b) del regolamento n. 320/2006, il paragrafo 2 prevede che siano smantellati gli impianti di cui al paragrafo 1 dello stesso articolo “non destinati ad essere utilizzati per altre produzioni o per altri usi del sito industriale secondo il piano di ristrutturazione”.
VIII.- Ciò posto, va ricordato, da un lato, che nella specie si tratta di silos destinati allo stoccaggio ai fini della confezione e commercializzazione di zucchero già prodotto altrove; e, dall'altro lato, che ciononostante i servizi della Commissione hanno rilevato che essi devono essere considerati come “direttamente connessi alla produzione di zucchero (…) anche se potrebbero essere utilizzati per altre produzioni” (art. 4, paragrafo 1, del regolamento n. 968/2006) e perciò devono essere rimossi per beneficiare dell'aiuto per lo smantellamento completo.
Il primo giudice ha condiviso tale soluzione, disattendendo quella della ricorrente in quanto fondata a suo avviso su un canone ermeneutico di carattere meramente lessicale o su un'empirica differenziazione tra impianti strettamente connessi alla produzione e impianti direttamente finalizzati alla commercializzazione. In base alla ratio della normativa comunitaria, che è quella della concessione di aiuti per la cessazione di produzione di zucchero allo scopo di ricondurre a riequilibrio il mercato, ed alla interpretazione letterale e sistematica della stessa normativa, si dovrebbe invece fare riferimento alle seguenti disposizioni:
a. - articoli del regolamento n. 320/2006
a.1.- 3: per lo smantellamento totale si richiede la “chiusura dello zuccherificio” inteso come intero sito, cioè tutto ciò che è connesso ex ante alla produzione in quanto utilizzato nelle fasi immediatamente successive alla produzione in senso stretto, come gli impianti di stoccaggio e di imballaggio che prima facevano parte della linea produttiva, senza che ne sia consentita la verifica della funzionalizzazione ex post, ossia al momento, successivo allo smantellamento, della riconversione del sito industriale da attività di produzione ad attività di commercializzazione; tale adempimento non è richiesto per lo smantellamento parziale;
a.2.- 4: per lo smantellamento parziale si richiede, invece, l'impegno a non utilizzare il sito di produzione ed i restanti impianti per la produzione di prodotti che “rientrano nell'organizzazione comune dei mercati del settore dello zucchero”,
b.- nonché art. 4 del regolamento n. 968/2006
b.1.- paragrafo 1: per lo smantellamento totale chiarisce che si richiede l'eliminazione di “tutti” gli impianti di produzione, direttamente connessi ed “altri”, compresi quelli di “imballaggio”, inutilizzati ma da smantellare e rimuovere per ragioni ambientali;
b.2.- paragrafo 2: per lo smantellamento parziale chiarisce che si richiede lo smantellamento degli impianti prima citati non destinati ad essere utilizzati per altre produzioni o per altri usi del sito industriale.
L'appellante obietta che i silos non fanno parte della linea produttiva e, pertanto, possono essere mantenuti anche a fronte dell'aiuto integrale qualora siano utilizzati per altri scopi previsti - come nella specie - dal piano di ristrutturazione, a maggior ragione in quanto creano occupazione, come del resto esplicitato dal considerando n. 4 del regolamento n. 968/2006, il quale prescrive lo smantellamento degli impianti non direttamente connessi alla produzione dello zucchero solo se non adibiti ad uso alternativo “entro un congruo lasso di tempo” (il ché, tra l'altro, avvalorerebbe l'ipotesi della validità della rispettiva previsione ex post) e se il loro mantenimento è nocivo per l'ambiente.
Tanto, in estrema sintesi, sulla scorta dell'uso da parte della normativa in parola, tra le altre espressioni significative, delle locuzioni di “impianti di produzione”, “direttamente connessi” con la produzione stessa (alla cui rinuncia mira la normativa stessa) e “lasciati inutilizzati e che devono essere smantellati e rimossi per ragioni ambientali” riferita agli “altri impianti”, in particolare agli impianti di imballaggio, nonché per la necessità di stretta interpretazione di disposizioni preclusive.
Corrobora la propria tesi con ulteriori considerazioni, tra cui segnatamente le seguenti:
- il Comitato di gestione, nella seduta del 23 marzo 2006, su sollecitazione di alcuni Stati membri, ha puntualizzato, come poi coerentemente ha precisato il considerato n. 4 del regolamento n. 968/2006, che per configurare uno smantellamento completo devono essere eliminate tutte le attrezzature “specifiche necessarie per produrre zucchero”, mentre per le altre attrezzature “deve essere distrutta la parte minima connessa alla produzione” e tuttavia lo Stato membro può autorizzarne il mantenimento se “sono riutilizzate nelle produzioni previste dal piani di ristrutturazione”, in particolare quelle “connesse all'imballaggio ed al confezionamento, così come quelle di stoccaggio connesse alla commercializzazione”, le quali “non sono (…) specifiche per la produzione dello zucchero e possono essere mantenute se riutilizzate”;
- i silos sono parte della linea produttiva quando assicurano una capacità di stoccaggio a breve termine, ma non sono tali quando - come nella specie - sono dedicati ad attività di packaging e perciò sono caratterizzati da capacità di stoccaggio a lungo termine;
- conseguentemente, il mantenimento dei silos di cui si controverte consente il riconoscimento dell'aiuto per “smantellamento completo” e non già quello per “smantellamento parziale”, in quanto finalizzato ad implementare gli scopi - coerenti con quelli del fondo del regime europeo anche perché non incidenti sulla capacità produttiva, ossia sull'offerta di prodotto che il meccanismo incentivante vuole ridurre - indicati nel piano di ristrutturazione, soprattutto quello di creare o conservare occupazione;
- la soluzione opposta contrasterebbe con gli obiettivi fondamentali della regolamentazione comunitaria, quali l'esigenza di interventi strutturali di stabilizzazione non comportanti conseguenze negative sulle altre attività e sull'occupazione, oggettivamente non giustificate dal riequilibrio produttivo; interventi non connessi alla “linea” di produzione e la cui dismissione, pertanto, non apporterebbe alcun beneficio aggiuntivo alla riduzione dell'anzidetta capacità produttiva;
- una diversa lettura dell'art. 4, paragrafo 1, del regolamento n. 968/2006 determinerebbe l'invalidità delle rispettive previsioni per contrasto con le conferenti norme di base del regolamento n. 320/2006, letto anche alla luce delle superiori norme e dei principi del diritto primario europeo e, segnatamente, dei principi di non discriminazione e proporzionalità.
IX.- La Sezione, pur propendendo per l'interpretazione sostenuta dall'appellante, che appare più rigorosa e coerente con i superiori principi di adeguatezza e proporzionalità, tuttavia si rende conto che, diversamente da quanto il primo giudice ha ritenuto, sia per il descritto contrasto insorto sul punto, sia in ragione del tenore non del tutto perspicuo delle disposizioni regolamentari sopra esaminate, non sussiste quell'oggettiva evidenza di corretta applicazione del diritto comunitario capace di fugare ogni dubbio, idonea a precludere il rinvio pregiudiziale.
Inutile sottolineare la rilevantissima importanza a livello nazionale, segnalata anche dalla difesa di parte appellata nella memoria depositata il 3 marzo 2012, della questione del mantenimento o meno dei silos ancora presenti nei siti interessati pur a fronte dell'aiuto per smantellamento totale, che se risolta in senso negativo avrebbe sicure ricadute sul piano tanto della capacità competitiva dell'appellante, tanto, soprattutto, dei livelli occupazionali locali e generali, oltre che sull'erario.
X.- Per le ragioni sin qui spiegate, come preannunciato la Sezione ritiene di essere tenuta a sottoporre alla Corte di giustizia dell'Unione europea, ai sensi dell'art. 267 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (T.F.U.E) (già art. 234 del Trattato C.E.), le seguenti questioni pregiudiziali di interpretazione e validità degli atti compiuti dalle istituzioni, dagli organi o dagli organismi dell'Unione europea:
a) se gli articoli 3 e 4 del regolamento (CE) n. 320/2006 del Consiglio del 20 febbraio 2006 e l'articolo 4 del regolamento (CE) n. 968/2006 della Commissione del 27 giugno 2006 vadano interpretati nel senso che la locuzione “impianti di produzione” non comprenda gli impianti utilizzati dalle imprese saccarifere per l'attività di packaging dello zucchero ai fini della sua commercializzazione e che, pertanto, nel caso di impianti quali silos sia necessario espletare un'analisi caso per caso per verificare se gli impianti medesimi siano connessi alla “linea di produzione” ovvero siano connessi ad altre attività, diverse dalla produzione, quali il packaging;
b) in subordine, se, rispetto agli articoli 3 e 4 del regolamento (CE) n. 320/2006 del Consiglio del 20 febbraio 2006 ed alle superiori norme e principi del diritto primario europeo, l'articolo 4 del regolamento (CE) n. 968/2006 della Commissione del 27 giugno 2006 sia invalido ove interpretato nel senso di includere, tra gli impianti di cui alle lettere a) e b) del paragrafo 1, anche quelli utilizzati dalle imprese saccarifere per l'attività di packaging dello zucchero ai fini della sua commercializzazione, essendo evidente che la finalità perseguita dal regolamento n. 320/2006 è quella di dismettere la capacità produttiva dell'impresa saccarifera e non quella di precludere la possibilità di operare nel settore della mera commercializzazione del prodotto, utilizzando zucchero ottenuto a valere sulle quote di produzione di pertinenza di altri impianti o imprese;
c) in ulteriore subordine, se, comunque, gli articoli 3 e 4 del regolamento (CE) n. 320/2006 del Consiglio del 20 febbraio 2006 e l'articolo 4 del regolamento (CE) della Commissione del 27 giugno 2006 siano validi alla stregua delle superiori norme e principi del diritto primario europeo, ove interpretati nel senso di includere nella nozione di “impianti di produzione” o “direttamente connessi alla produzione” quelli utilizzati dalle imprese saccarifere per l'attività di packaging dello zucchero ai fini della sua commercializzazione.
XI.- Si dà atto della perdurante efficacia sino alla pronuncia definitiva sull'appello dell'ordinanza 20 gennaio 2012 n. 236 di questa Sezione, resa sull'istanza cautelare formulata nel medesimo appello.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), non definitivamente pronunciando sull'appello in epigrafe e riservata al definitivo ogni ulteriore pronuncia, dispone:
1.- la rimessione alla Corte di giustizia dell'Unione europea delle questioni pregiudiziali interpretative e di validità riportate in motivazione;
2.- la sospensione del giudizio in attesa della pronuncia della Corte di giustizia dell'Unione europea.
Demanda alla Segreteria sezionale la comunicazione della presente ordinanza, la trasmissione della stessa ordinanza e degli atti di causa alla Cancelleria della Corte di giustizia dell'Unione europea, nonché ogni altro adempimento di competenza.

Depositata in Segreteria il 12.04.2012
Avv. Antonino Sugamele

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