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Sentenza

 Detenzione di armi - Licenza di porto - Rinnovo - Diniego - Accertamento dell'...
Detenzione di armi - Licenza di porto - Rinnovo - Diniego - Accertamento dell'abuso di armi - Non è necessario.
Tribunale Amministrativo Regionale della CALABRIA - Catanzaro, Sezione 1, Sentenza del 18-12-2024, n. 1772


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria

Sezione Prima

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 991 del 2020, proposto da:
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato Et. Tr., con domicilio digitale come da p.e.c. da Registri di Giustizia;

contro

Ministero dell'Interno, Prefettura di Vibo Valentia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliataria in Catanzaro, via (...);

per l'annullamento

impugnazione decreto prefettizio di divieto di detenzione armi.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno e della Prefettura di Vibo Valentia;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11 dicembre 2024 il dott. Arturo Levato e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. Il ricorrente agisce per l'annullamento del provvedimento prot. n. -OMISSIS-, con cui il Prefetto di Vibo Valentia ha respinto la richiesta di riesame del decreto prot. n. -OMISSIS- di divieto di detenzione armi e munizioni, adottato per carenza dei requisiti soggettivi, stante una sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti del -OMISSIS- per furto continuato in concorso con pena di reclusione di mesi quattro e multa.

Avverso tale provvedimento è insorto quindi l'esponente, denunciandone l'illegittimità per difetto di motivazione, violazione degli artt. 11, 42 e 43 R.D. n. 773/1931 e per vizio di eccesso di potere.

2. Resiste la p.a. intimata con memoria di stile.

3. All'udienza pubblica dell'11 dicembre 2024 la causa è stata trattenuta in decisione.

4. Con un'unica censura l'esponente denuncia l'insussistenza dei presupposti per l'adozione del provvedimento restrittivo, essendo basato su un isolato episodio risalente al 2004, delitto contro il patrimonio oggetto di patteggiamento, a seguito del quale nel 2009 è intervenuta l'estinzione del reato, avendo l'esponente tenuto una condotta priva di mende.

A seguito della condanna l'istante è sempre stato titolare di porto d'armi ad uso caccia ed ha ottenuto il rinnovo della licenza di polizia nel corso di tutti gli anni successivi alla sua acquisizione, fino a quando la stessa autorità che aveva regolarmente provveduto al rinnovo, gli ha vietato la detenzione delle armi sulla scorta del solo precedente, fino ad allora che non ritenuto motivo ostativo.

Il ricorso è fondato.

Utile, in via preliminare, una ricognizione della cornice normativa e dei principi giurisprudenziali che si attagliano alla fattispecie.

Nello specifico, l'art. 11 R.D. n. 773/1931 dispone che "salve le condizioni particolari stabilite dalla legge nei singoli casi, le autorizzazioni di polizia debbono essere negate: 1) a chi ha riportato una condanna a pena restrittiva della libertà personale superiore a tre anni per delitto non colposo e non ha ottenuto la riabilitazione; 2) a chi è sottoposto all'ammonizione o a misura di sicurezza personale o è stato dichiarato delinquente abituale, professionale o per tendenza", mentre il successivo capoverso stabilisce che "Le autorizzazioni di polizia possono essere negate a chi ha riportato condanna per delitti contro la personalità dello stato o contro l'ordine pubblico, ovvero per delitti contro le persone commessi con violenza, o per furto, rapina, estorsione, sequestro di persona a scopo di rapina o di estorsione, o per violenza o resistenza all'autorità, e a chi non può provare la sua buona condotta".

Oltre al riportato comma 1 dell'art. 11, con riguardo ai reati che comportano l'automatismo preclusivo della conservazione o ottenimento della licenza di uso e detenzione di armi, l'art. 43, comma 1, R.D. n. 773/1931 prevede che "... non può essere conceduta la licenza di portare armi: a) a chi ha riportato condanna alla reclusione per delitti non colposi contro le persone commessi con violenza, ovvero per furto, rapina, estorsione, sequestro di persona a scopo di rapina o di estorsione; b) a chi ha riportato condanna a pena restrittiva della libertà personale per violenza o resistenza all'autorità o per delitti contro la personalità dello Stato o contro l'ordine pubblico; c) a chi ha riportato condanna per diserzione in tempo di guerra, anche se amnistiato, o per porto abusivo di armi". Il comma 2 dell'art. 43 aggiunge che "La licenza può essere ricusata ai soggetti di cui al primo comma qualora sia intervenuta la riabilitazione, ai condannati per delitto diverso da quelli sopra menzionati e a chi non può provare la sua buona condotta o non dà affidamento di non abusare delle armi".

Nella fattispecie la resistente p.a. ha adottato il provvedimento restrittivo operando un non positivo apprezzamento sull'affidabilità dell'esponente, assumendo quindi rilievo il riportato art. 43, comma 2, R.D. n. 773/1931.

Dal tenore letterale dei sopra indicati precetti emerge che il giudizio soggettivo circa l'affidabilità del singolo sull'utilizzo delle armi è espressione di una valutazione che rientra nell'ambito della discrezionalità amministrativa, non sindacabile pertanto in sede giurisdizionale, se non ab externo a fronte di un apprezzamento illogico e irragionevole.

All'autorità procedente è quindi riconosciuto un ampio margine di valutazione in ordine ai presupposti che giustificano o meno il rilascio o il mantenimento in capo agli interessati dei requisiti per il possesso di armi, non risultando dunque necessario che il comportamento da cui emerge il presupposto dell'atto negativo sia acclarato nella sua rilevanza penale, bastando l'autonoma valutazione del comportamento medesimo da parte dell'amministrazione per prevenire eventuali effetti negativi per la sicurezza pubblica (ex plurimis, Consiglio di Stato, Sez. IV, 14 maggio 2021, n. 3819).

In tale prospettiva quindi "è sufficiente che dalla considerazione del comportamento, quale si desume dai fatti oggetto di indagine, emerga anche per meri indizi l'assenza della perfetta sicurezza circa il buon utilizzo delle armi; ne è necessaria un'istruttoria aggiuntiva sulla pericolosità sociale, poiché si tratta di un giudizio prognostico orientato a prevenire i pericoli che conseguono dall'uso delle armi" (T.A.R. Campania, Napoli, Sez. V, 7 gennaio 2021, n. 137).

La giurisprudenza, anche di questa Sezione, ha inoltre statuito che "l'affidabilità e la buona condotta dell'istante possono essere desunti da sue condotte comunque significative,..., con la precisazione, però, che il relativo giudizio parte dai dati per giungere ad una ragionevole valutazione complessiva della loro rilevanza, così da desumerne il serio e non remoto pericolo di sua inaffidabilità e cattiva condotta inerente all'attività e, da qui, l'abuso del titolo stesso" (Consiglio di Stato, Sez. III, 4 luglio 2019, n. 4595; T.A.R. Calabria, Catanzaro, Sez. I, 3 aprile 2018, n. 796).

Alla luce delle coordinate ermeneutiche indicate, ritiene il Collegio che il giudizio prognostico del Prefetto non sia, nel caso di specie, adeguatamente supportato dagli elementi indicati nel provvedimento di divieto e in quello di rigetto del riesame, in quanto la motivazione non consente un'adeguata ricostruzione dell'iter logico seguito dall'amministrazione nell'addivenire alla definizione del contenuto dispositivo della determinazione.

In via di principio, "il diniego di rinnovo del porto di fucile non contraddice un precedente provvedimento di rilascio, avendo l'autorità di polizia un'ampia potestà di riesame delle determinazioni già adottate, ove sopraggiungano o si riconsiderino circostanze che avrebbero imposto o consentito il diniego di autorizzazione; infatti, il divieto di detenzione di armi, munizioni ed esplosivi, il diniego di licenza e la revoca del porto d'armi non richiedono un oggettivo ed accertato abuso delle armi, bastando il motivato accertamento che il soggetto non dia affidamento di non abusarne" (T.A.R. Emilia-Romagna, Bologna, Sez. I, 18.12.2009, n. 3203).?

Sotto concorrente profilo, gli effetti estintivi del reato derivanti dal c.d. patteggiamento si esauriscono in ambito penalistico (Cons. Stato, Sez. I, 11 luglio 2016, n. 1620), mentre l'applicazione della pena su richiesta delle parti per il reato di furto è elemento significativo ai fini della valutazione della buona condotta di chi chieda il rilascio della licenza di porto di fucile.

Tuttavia nella vicenda in esame -a fronte di un precedente isolato e risalente nel tempo di furto in concorso - l'autorità amministrativa ha riconsiderato, pur in presenza dei rinnovi di porto d'armi nelle more intervenuti, la rilevanza in chiave ostativa di tale delitto ma tale rinnovata valutazione è stata eseguita senza una puntuale indicazione delle ragioni ad essa sottese.

5. Il ricorso è pertanto accolto, con conseguente annullamento del decreto gravato, salvo il riesercizio del potere amministrativo.

6. Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria Sezione Prima definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l'effetto annulla il provvedimento impugnato.

Condanna l'intimata amministrazione al pagamento delle spese di lite in favore della ricorrente, quantificate nella misura di euro 4.000,00 oltre accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell'articolo 9, paragrafo 1, del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare parte ricorrente.

Così deciso in Catanzaro nella camera di consiglio del giorno 11 dicembre 2024 con l'intervento dei magistrati:

Giancarlo Pennetti - Presidente

Arturo Levato - Primo Referendario, Estensore

Valeria Palmisano - Referendario
Avv. Antonino Sugamele

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