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Sentenza

Benefici economici per i superstiti delle vittime del dovere...
Benefici economici per i superstiti delle vittime del dovere
La normativa relativa ai benefici economici spettanti ai superstiti delle vittime del dovere rappresenta un ambito di particolare complessità e rilevanza sociale, che ha subito nel tempo una progressiva evoluzione normativa, volta a garantire un adeguato riconoscimento e sostegno economico a favore dei familiari delle persone decedute nell’adempimento delle proprie funzioni pubbliche e di tutela della sicurezza collettiva.

In primo luogo, occorre ricordare l’istituto dell’assegno vitalizio non reversibile, introdotto dalla legge n. 407 del 1998, che ha segnato una svolta significativa nel sistema di tutele per i superstiti delle vittime del dovere.

In seguito, la legge n. 206 del 2004 ha introdotto lo “speciale assegno vitalizio”, un’ulteriore forma di beneficio economico con caratteristiche peculiari, destinata a integrare le forme di tutela precedentemente previste.

Particolare attenzione è riservata all’articolo 2, commi 105 e 106, della legge n. 244 del 2007, norma che ha rappresentato un punto di svolta nell’armonizzazione delle tutele economiche previste per le vittime del dovere e del terrorismo.

L’interpretazione di questi commi è stata al centro di un intenso dibattito giurisprudenziale, con numerose pronunce che ne hanno approfondito il significato e l’applicazione pratica.

La giurisprudenza ha contribuito a un’interpretazione estensiva di tali norme, promuovendo equità e uniformità nel riconoscimento dei diritti dei familiari delle vittime.

In sostanza, l’analisi della normativa e della giurisprudenza in materia consente di delineare un quadro complessivo delle tutele economiche dedicate ai superstiti delle vittime del dovere, evidenziandone l’importanza sociale e il percorso evolutivo che ha portato a una progressiva maggiore equità e riconoscimento del sacrificio delle vittime e delle loro famiglie.
Il quadro normativo originario: dalla L. 466/1980 alla L. 407/1998

L’evoluzione della normativa in materia di benefici riconosciuti ai superstiti delle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata affonda le proprie radici nella Legge n. 466 del 13 agosto 1980, la quale ha rappresentato il primo intervento legislativo organico volto a garantire un sostegno economico ai familiari delle vittime di eventi traumatici riconducibili a finalità eversive o criminali.

In particolare, la norma istituiva una “speciale elargizione” in favore dei superstiti, individuati secondo un ordine tassativo di priorità: coniuge, figli fiscalmente a carico, genitori, fratelli e sorelle conviventi e anch’essi a carico della vittima.

Quindi, è importante sottolineare che tale elargizione era – ed è tuttora – subordinata a stringenti requisiti, fra cui la condizione del carico fiscale, che costituisce un presupposto imprescindibile per il riconoscimento del beneficio nei confronti dei figli del de cuius. 

Ai sensi dell’art. 6 della legge, tuttora vigente, il diritto dei figli a percepire la speciale elargizione è condizionato alla loro dipendenza economica dal soggetto deceduto al momento del decesso e in assenza di tale requisito, il beneficio non può essere concesso.

Per quanto concerne i figli non conviventi, la normativa originaria prevedeva che il loro diritto alla prestazione potesse configurarsi esclusivamente in mancanza del coniuge o nel caso in cui quest’ultimo fosse dichiarato inammissibile alla pensione o alla speciale elargizione.

Tale impostazione, fortemente gerarchizzata, mirava a circoscrivere i benefici economici a coloro che fossero effettivamente legati alla vittima da un vincolo di dipendenza, sia affettiva sia economica, in un’ottica di contenimento della spesa pubblica e di razionalizzazione delle risorse.

Un significativo ampliamento del quadro normativo è stato introdotto con la Legge n. 407 del 23 novembre 1998, che ha previsto, per la prima volta, l’erogazione di un assegno vitalizio mensile dell’importo di 500.000 lire, poi convertito in euro 500,00, destinato alle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata.

Tale assegno, non reversibile e soggetto a rivalutazione automatica ai sensi dell’art. 11 del D.lgs. n. 503/1992, si configurava come una forma di sostegno economico continuativo, distinta dalla speciale elargizione una tantum.

Tuttavia, nella formulazione originaria della legge del 1998, il beneficio dell’assegno vitalizio non era esteso ai superstiti delle vittime della criminalità organizzata, poiché era riservato unicamente alle vittime sopravvissute e ai superstiti delle vittime del terrorismo.

Questa disparità di trattamento ha sollevato critiche sul piano dell’equità e della coerenza del sistema indennitario.

Invero, soltanto con l’entrata in vigore dell’art. 82, comma 9, lett. a), della Legge n. 388 del 23 dicembre 2000 (Legge finanziaria 2001), il legislatore ha inteso porre rimedio a tale lacuna, estendendo espressamente il beneficio dell’assegno vitalizio anche ai superstiti delle vittime della criminalità organizzata.

Tale intervento ha segnato un passaggio decisivo verso la progressiva equiparazione dei trattamenti riconosciuti alle diverse categorie di vittime, nel segno di una maggiore giustizia sostanziale e del riconoscimento del sacrificio subito, indipendentemente dalla matrice dell’evento lesivo.
La legge n. 206/2004 e l’introduzione dello speciale assegno vitalizio

La legge 206/2004 ha segnato un’importante svolta nella tutela economica delle vittime del terrorismo e dei loro familiari.

Tra le principali novità, vi è l’introduzione dello “speciale assegno vitalizio” di 1.033 euro mensili, esteso anche ai figli maggiorenni non conviventi né fiscalmente a carico, superando i limiti delle precedenti normative (L. 466/1980 e L. 407/1998).

La legge ha così ampliato la platea dei beneficiari, riconoscendo il valore del legame affettivo e la perdita subita, indipendentemente da requisiti formali.

Pertanto, accanto al nuovo assegno, resta in vigore quello da 500 euro mensili previsto dalla L. 407/1998, ma limitato ai superstiti conviventi o a carico. La riforma rappresenta un passo verso una maggiore equità, inclusività e solidarietà nel trattamento dei familiari delle vittime.
L’estensione alle vittime del dovere: il D.P.R. n. 243/2006

Il D.P.R. n. 243 del 7 luglio 2006 rappresenta un passaggio significativo nel processo di equiparazione normativa e assistenziale tra le diverse categorie di vittime riconosciute dall’ordinamento italiano.

In particolare, l’articolo 4, lettera b), ha sancito l’estensione del beneficio dell’assegno vitalizio – previsto originariamente dall’articolo 2 della Legge n. 407 del 23 novembre 1998 – anche in favore delle cosiddette vittime del dovere e dei loro familiari superstiti.

Tale estensione si inserisce in un più ampio disegno legislativo orientato a garantire parità di trattamento tra le vittime del terrorismo, della criminalità organizzata e del dovere, superando progressivamente le distinzioni basate sulla diversa causa dell’evento lesivo.

Con questa modifica, quindi, anche coloro che abbiano subito infermità o lesioni permanenti, nonché i familiari di coloro che hanno perso la vita nello svolgimento di compiti istituzionali connessi al servizio dello Stato o dell’interesse pubblico, possono accedere a un sostegno economico continuativo e stabile.

Tuttavia, la norma mantiene il richiamo all’articolo 6 della Legge n. 466 del 13 agosto 1980, che introduce alcune limitazioni nell’individuazione dei soggetti aventi diritto.

In particolare, viene confermato che l’assegno vitalizio può essere riconosciuto ai figli solo se risultano fiscalmente a carico del beneficiario al momento del decesso o dell’evento invalidante.

Tale condizione ripropone, in parte, un’impostazione restrittiva che continua a generare disparità tra i superstiti, limitando l’accesso al beneficio in base a criteri economico-fiscali anziché esclusivamente relazionali o affettivi.

In sintesi, il D.P.R. n. 243/2006 rappresenta un importante avanzamento nel riconoscimento dei diritti delle vittime del dovere, inserendole nel novero dei destinatari di provvidenze già previste per altre categorie affini.

Tuttavia, la permanenza di alcuni vincoli normativi – ereditati da discipline precedenti – ne limita parzialmente l’efficacia, rendendo auspicabile un ulteriore intervento legislativo volto a rimuovere le residue discriminazioni.
La svolta della L. 244/2007: commi 105 e 106 dell’art. 2

Con la legge finanziaria per il 2008 (L. 24 dicembre 2007, n. 244), il legislatore ha segnato una tappa fondamentale nel processo di equiparazione normativa tra le diverse categorie di vittime, ovvero le vittime del dovere, della criminalità organizzata e del terrorismo. 

In particolare, i commi 105 e 106 dell’articolo 2 della suddetta legge rappresentano un momento di svolta nella disciplina dei benefici economici e assistenziali riconosciuti ai familiari delle vittime, ponendosi l’obiettivo di uniformare in via definitiva il trattamento giuridico delle diverse tipologie di vittime in un’ottica di equità sostanziale.

Il comma 105 stabilisce che: “[…] sono erogati i benefìci di cui all’art. 5, commi 3 e 4, della legge 3 agosto 2004, n. 206, come modificato dal comma 106”. 

In tal modo, viene formalmente estesa alle vittime del dovere e della criminalità organizzata la disciplina già prevista per le vittime del terrorismo, secondo un principio di parità che si traduce nel riconoscimento degli stessi diritti e benefici anche ai familiari superstiti di queste ultime categorie.

Il comma 106 introduce un’importante modifica al testo dell’art. 5, comma 3, della legge 206/2004, mediante l’inserimento del seguente inciso: “Ai figli maggiorenni superstiti, ancorché non conviventi con la vittima […] è altresì attribuito, a decorrere dal 26 agosto 2004, l’assegno vitalizio non reversibile di cui all’art. 2 della legge 407/1998”. Tale disposizione, di particolare rilievo sotto il profilo interpretativo e applicativo, produce un duplice effetto.

In primo luogo, si assiste a un ampliamento esplicito della platea dei soggetti beneficiari, comprendendo anche i figli maggiorenni superstiti che non erano precedentemente considerati se non conviventi o a carico fiscale del deceduto.

In secondo luogo, la norma supera definitivamente i requisiti restrittivi della convivenza o del carico fiscale, che avevano fino ad allora limitato l’accesso al beneficio dell’assegno vitalizio per questa categoria di congiunti.

Inoltre, è significativo che la norma preveda l’applicazione retroattiva del beneficio, a decorrere dal 26 agosto 2004, data che coincide con l’entrata in vigore della legge n. 206/2004.

Ciò conferma la volontà del legislatore non solo di estendere i benefici, ma anche di sanare eventuali disparità di trattamento sorte nel periodo intermedio.

In sintesi, i commi 105 e 106 dell’art. 2 della L. 244/2007 segnano un avanzamento decisivo nella tutela dei familiari delle vittime, realizzando un principio di uguaglianza sostanziale tra categorie che, pur diverse per origine dell’evento lesivo, sono accomunate dalle gravi conseguenze personali e familiari subite.

La norma, dunque, si colloca in un contesto di progressiva estensione delle garanzie solidaristiche da parte dello Stato nei confronti di coloro che, direttamente o indirettamente, hanno subito danni in nome dell’interesse collettivo.
Interpretazione sistematica e implicazioni

Per entrare nel merito di un’interpretazione giuridicamente opportuna, bisogna analizzare il significato e le implicazioni del rinvio operato dall’art. 2, comma 105, della legge n. 244/2007, partendo dal presupposto che esso deve essere interpretato non solo in senso oggettivo (sui benefici economici), ma anche in senso soggettivo, includendo tra i beneficiari i figli maggiorenni non conviventi né fiscalmente a carico delle vittime del dovere, in linea con quanto previsto per le vittime del terrorismo dalla legge n. 206/2004.

Questa lettura estensiva è necessaria per garantire eguaglianza sostanziale (art. 3 Cost.), superare criteri ormai anacronistici e discriminatori (come quelli della legge n. 466/1980), e armonizzare i regimi di tutela per vittime del terrorismo, del dovere e della criminalità organizzata.

L’ordinanza interlocutoria n. 8628/2024 della Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, ha sollevato la questione davanti alle Sezioni Unite, evidenziando la rilevanza costituzionale e sistemica della problematica.

In conclusione, il contributo sottolinea la necessità di un’interpretazione coerente, inclusiva e solidale della normativa, che tenga conto dei valori costituzionali e delle mutate condizioni sociali e familiari, per garantire una tutela effettiva e non discriminatoria ai superstiti delle vittime del dovere.
Quadro normativo: dalla L. 466/1980 alla L. 244/2007

Il percorso normativo volto a riconoscere benefici in favore delle vittime del terrorismo, del dovere e dei loro familiari ha avuto origine con la Legge n. 466 del 13 agosto 1980, che rappresenta la prima disciplina organica in materia.

Questa legge ha istituito un sistema di speciali elargizioni economiche destinate ai familiari superstiti delle vittime, secondo un ordine di priorità rigidamente stabilito: in primo luogo il coniuge e i figli a carico, seguiti dai genitori e, infine, dai fratelli e sorelle conviventi. 

Tale norma mirava a garantire un sostegno concreto e immediato a chi si trovava improvvisamente privato del sostegno economico del proprio familiare a causa di eventi tragici legati a fatti di terrorismo o a compiti istituzionali di particolare rischio.

In seguito, il legislatore ha ampliato le misure di sostegno con la Legge n. 407 del 23 novembre 1998, che ha introdotto un assegno vitalizio mensile pari a lire 500.000 (circa 258 euro), in favore delle vittime e dei loro superstiti, rappresentando un primo passo verso la strutturazione di un sistema più articolato di tutele continuative.

Un’evoluzione significativa si è avuta con la Legge n. 206 del 3 agosto 2004, che ha previsto un “speciale assegno vitalizio” dell’importo di €1.033 mensili, destinato inizialmente esclusivamente alle vittime del terrorismo.

Questa misura si distingueva per il suo carattere permanente e non soggetto a limiti di reddito, segnando un rafforzamento della tutela economica verso le vittime.

Un’ulteriore estensione delle categorie beneficiarie è intervenuta con la Legge n. 244 del 24 dicembre 2007 (Legge Finanziaria 2008).

In particolare, il comma 106 dell’articolo 2 ha rappresentato un elemento di innovazione importante, prevedendo la possibilità di riconoscere lo speciale assegno vitalizio anche ai figli maggiorenni delle vittime, anche se non conviventi, ampliando dunque in maniera significativa la platea dei beneficiari e adattando la normativa alle mutate esigenze familiari e sociali.

Questo quadro normativo progressivamente ampliato e perfezionato evidenzia l’intento dello Stato di riconoscere e sostenere concretamente il sacrificio di chi è stato colpito da eventi di particolare gravità al servizio del Paese, tutelando al contempo i familiari più prossimi, anche alla luce dei mutamenti intervenuti nella struttura sociale e familiare italiana.
L’orientamento restrittivo (Cass. Civ., Sez. Lav., sent. N. 11181/2022)

Secondo l’orientamento giurisprudenziale definito come “restrittivo”, espresso dalla Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, nella sentenza n. 11181 del 2022, il rinvio operato dall’art. 2, comma 105, della Legge 24 dicembre 2007, n. 244, sarebbe da intendersi in senso meramente oggettivo. Tale rinvio, quindi, non estenderebbe in modo pieno e integrale la disciplina prevista per le vittime del terrorismo anche ai familiari delle vittime del dovere, ma si limiterebbe esclusivamente all’ambito dei benefici economici riconosciuti.

In altre parole, la norma consentirebbe ai familiari delle vittime del dovere di usufruire delle stesse provvidenze economiche già previste per le vittime del terrorismo, ma non implicherebbe automaticamente un’estensione soggettiva della platea dei beneficiari. 

Di conseguenza, la determinazione dei soggetti legittimati a percepire tali benefici dovrebbe continuare a essere effettuata alla luce della legge previgente e specifica per la categoria delle vittime del dovere, ovvero la Legge 13 agosto 1980, n. 466.

Secondo quest’ultima normativa, i superstiti legittimati a ottenere i benefici sono individuati in modo più ristretto rispetto alla disciplina applicabile alle vittime del terrorismo. 

In particolare, la L. 466/1980 prevede che, in presenza del coniuge superstite, soltanto i figli a carico possano essere considerati beneficiari, escludendo quindi altri soggetti come i figli non a carico o ulteriori familiari conviventi.

Tale interpretazione, dunque, si traduce in una limitazione soggettiva del novero dei beneficiari e può generare evidenti disparità di trattamento tra categorie di soggetti accomunate dalla perdita di un familiare nell’ambito del servizio allo Stato, a seconda che si tratti di vittime del terrorismo o del dovere.
L’orientamento estensivo (Cass. Civ., Sez. Lav., ord. N. 8628/2024)

L’Ordinanza n. 8628 del 2024 rappresenta un significativo intervento interpretativo della Corte in materia di benefici previsti per i familiari delle vittime del dovere, con particolare riferimento all’estensione soggettiva delle tutele.

Il provvedimento chiarisce che il rinvio operato dalla normativa ai “benefici dell’art. 5 […] come modificato dal comma 106” non si limita al contenuto oggettivo delle prestazioni previste, ma comporta necessariamente anche l’estensione della platea dei beneficiari, conformemente alle condizioni stabilite per le vittime del terrorismo.

In particolare, viene ribadito che tra i beneficiari devono essere compresi anche i figli maggiorenni non conviventi, categoria espressamente menzionata nell’art. 5 della legge n. 206/2004, come modificato dal comma 106 dell’art. 2 della legge n. 244/2007. 

Tale interpretazione si fonda non solo su un’analisi letterale della norma, ma anche su una lettura sistematica e costituzionalmente orientata dell’intero impianto normativo.

In sostanza, la Corte sottolinea come una lettura restrittiva della norma, che escluda tali soggetti dal novero dei beneficiari in ragione della mancanza di convivenza o di carico fiscale, determinerebbe una palese violazione dei principi costituzionali di cui agli articoli 2 e 3 della Costituzione. 

In particolare, si verrebbe a configurare una disparità di trattamento irragionevole e discriminatoria tra figli di vittime del dovere e figli di vittime del terrorismo, a fronte di situazioni analoghe sotto il profilo della lesione subita e della necessità di tutela e solidarietà da parte dello Stato.

In questo senso, la nozione di “figlio maggiorenne superstite”, introdotta chiaramente dal comma 106, deve essere interpretata in modo autonomo e pienamente efficace: svuotarla di contenuto subordinandola comunque alla condizione di convivenza o alla dipendenza fiscale significherebbe frustrare la ratio legis, volta a una più ampia e inclusiva protezione dei familiari delle vittime.

La Corte, inoltre, valorizza l’intento del legislatore del 2007 di operare una uniformazione e razionalizzazione del sistema delle tutele, superando distinzioni irragionevoli fondate esclusivamente sulla categoria della vittima (dovere vs. terrorismo). Ritenere che, nonostante tale riforma, permangano differenze non giustificate tra soggetti ugualmente meritevoli di protezione equivarrebbe a disattendere lo spirito e la coerenza dell’intervento normativo.
Conclusioni: una questione nomofilattica da rimettere alle Sezioni Unite

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza interlocutoria n. 8628 del 28 marzo 2024, ha ritenuto di rimettere la questione all’attenzione delle Sezioni Unite Civili, riconoscendo alla problematica sottesa una rilevanza sistemica e costituzionale, nonché un impatto socio-economico di rilievo generale.

In particolare, la Suprema Corte ha posto in evidenza la necessità di un’interpretazione unitaria e coerente della normativa relativa agli assegni vitalizi spettanti ai superstiti delle vittime del dovere e del terrorismo, anche alla luce delle profonde modifiche intervenute nel tempo nel sistema di tutela.

L’ordinanza si colloca nel solco di un dibattito giurisprudenziale e dottrinale che, ormai da anni, interroga il legislatore e l’interprete circa l’ambito soggettivo dei beneficiari previsti dalla L. 466/1980, come integrata dalle successive leggi n. 206/2004 e n. 244/2007.

In particolare, oggetto del rinvio è la possibilità per gli orfani maggiorenni non conviventi di accedere ai benefici economici previsti in favore dei familiari delle vittime, questione su cui si sono registrate posizioni contrastanti tra le diverse sezioni della Cassazione.

In tale prospettiva, l’interpretazione estensiva delle disposizioni in oggetto si rivela maggiormente conforme non solo all’evoluzione normativa degli ultimi decenni, ma anche alle finalità solidaristiche e risarcitorie proprie della legislazione speciale in materia.

Quindi, essa consente di superare la rigidità e l’obsolescenza della formulazione originaria dell’art. 6 della legge n. 466/1980, che subordinava la spettanza degli assegni alla convivenza con la vittima, criterio oggi non più attuale né rappresentativo delle dinamiche familiari e sociali contemporanee.

Tale approccio esegetico si fonda, inoltre, su una lettura costituzionalmente orientata della disciplina, che valorizza i principi sanciti dagli articoli 2, 3 e 38 della Costituzione, in materia di solidarietà, uguaglianza sostanziale e tutela dei diritti sociali, oltre che sul riconoscimento del sacrificio morale e affettivo subito da tutti i familiari, a prescindere dalla coabitazione.

Al postutto, alla luce di ciò, il rinvio alle Sezioni Unite assume una valenza decisiva per chiarire l’esatto perimetro della platea dei beneficiari e per assicurare uniformità di trattamento tra i soggetti che si trovano in situazioni sostanzialmente omogenee, nel rispetto del principio di eguaglianza sostanziale e della funzione compensativa che il legislatore ha inteso attribuire agli assegni vitalizi in favore dei congiunti delle vittime del dovere e del terrorismo.

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*Avv. Fabrizio Valerio Bonanni Saraceno - Studio legale Bonanni Saraceno il sole24ore
Avv. Antonino Sugamele

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