Avvocati. Limiti segnati dai doveri di probità, lealtà, correttezza e decoro.
il Consiglio Nazionale Forense nella sentenza n. 45/2025, pubblicata il 30 luglio sul sito del codice deontologico
R.G. N. 217/21 RD n. 45/25
CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio Nazionale Forense, riunito in seduta pubblica, nella sua sede presso il Ministero
della Giustizia, in Roma, presenti i Signori:
- Avv. Patrizia CORONA Presidente f.f.
- Avv. Daniela GIRAUDO Segretario f.f.
- Avv. Leonardo ARNAU Componente
- Avv. Camillo CANCELLARIO Componente
- Avv. Giampiero CASSI Componente
- Avv. Aniello COSIMATO Componente
- Avv. Biancamaria D’AGOSTINO Componente
- Avv. Francesco DE BENEDITTIS Componente
- Avv. Antonio GAGLIANO Componente
- Avv. Nadia Giacomina GERMANA’ TASCONA Componente
- Avv. Vittorio MINERVINI Componente
- Avv. Francesca PALMA Componente
- Avv. Francesco PIZZUTO Componente
- Avv. Federica SANTINON Componente
- Avv. Lucia SECCHI TARUGI Componente
- Avv. Giovanni STEFANI’ Componente
- Avv. Antonello TALERICO Componente
con l’intervento del rappresentante il P.G. presso la Corte di Cassazione nella persona del
Sostituto Procuratore Generale dott.ssa Lucia Odello ha emesso la seguente
SENTENZA
sul ricorso presentato in data 25 maggio 2021 dall’Avv. [RICORRENTE], nato a [OMISSIS]
in data [OMISSIS], con studio in [OMISSIS], ed ivi elettivamente domiciliato, C.F.
[OMISSIS], pec: [OMISSIS], iscritto all’Ordine degli Avvocati del Foro di Rimini,
avverso
la decisione del Consiglio Distrettuale di Disciplina Forense – Distretto della Corte di Appello
di Bologna, Sezione n. 4, n. 34/2020 del 6 ottobre 2020, depositata in data 15 aprile 2021,
comunicata a mezzo pec in data 26 aprile 2021, emessa nel procedimento disciplinare n.
167/2019, con la quale veniva applicata al suddetto Avv. [RICORRENTE] la sanzione
disciplinare del richiamo verbale;
per il ricorrente nessuno è comparso;
Per il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Rimini, regolarmente citato, nessuno è presente;
2
Il Consigliere relatore avv. Giampiero Cassi svolge la relazione;
Inteso il P.G., il quale ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso;
FATTO
L’Avv. [RICORRENTE], del Foro di Rimini, è stato sottoposto a procedimento disciplinare
dal Consiglio Distrettuale di Disciplina Forense di Bologna, per rispondere dei fatti di cui ai
seguenti capi di incolpazione:
“Violazione degli artt. 19 e 52 co. 1 c.d.f., per avere indirizzato una lettera via pec all’avv.
[AAA], legale di controparti tra cui l’avv. [BBB], in cui si legge: , utilizzando in tal modo espressioni offensive o comunque
sconvenienti nei confronti di un collega. A Riccione-Roma, l’08.02.18”.
Il procedimento disciplinare ha avuto luogo a seguito dell’esposto presentato in data 4
giugno 2018 dall’Avv. [BBB] di Roma nei confronti dell’Avv. [RICORRENTE], il quale, nel
rispondere all’Avv. [AAA], legale dell’Avv. [BBB], riguardo ad una richiesta di risarcimento
dei danni per una vacanza rovinata, con sua lettera di contestazione in data 8 febbraio 2018,
aveva scritto la suindicata frase riportata nel suddetto capo di incolpazione.
La vicenda trae origine da una lettera pec del 29 dicembre 2017 con la quale l’Avv. [AAA],
legale dei Signori [CCC] e dell’Avv. [BBB], aveva intimato alla Società [DDD] 2 S.r.l., gestore
del Grand Hotel [OMISSIS] di Chianciano Terme, il risarcimento dei danni per rovinate
vacanze natalizie della famiglia, illustrando tutte le ragioni di tale richiesta.
L’Avv. [RICORRENTE], nel respingere, nell’interesse e per conto della sua cliente, Società
[DDD] 2 S.r.l., la pretesa risarcitoria, che veniva ritenuta temeraria ed infondata, ventilava,
tra le altre cose, che l’assistito dell’Avv. [AAA], Avv. [BBB], avesse tenuto un comportamento
non conforme al dovere di verità che deve connotare l’agire degli avvocati.
L’Avv. [AAA], con pec del 9 febbraio 2018, stigmatizzava le parole dell’Avv. [RICORRENTE],
sottolineandone l’adesione acritica e supina alle prospettazioni della propria cliente.
A fronte di tali rimostranze, l’Avv. [RICORRENTE] non rispondeva ma, in data 14 febbraio
2018, il direttore del Grand Hotel [OMISSIS], suo cliente, presentava una denuncia-querela
con il suo patrocinio, contro il Sig. [CCC] e l’Avv. [BBB], genero del Sig. [CCC] medesimo,
per i delitti di violenza privata e minaccia.
Ne derivava, quindi, l’esposto del 4 giugno 2018 dell’Avv. [BBB] e l’apertura del
procedimento disciplinare.
L’Avv. [RICORRENTE], con memoria in data 1 agosto 2018 e note difensive in data 29 aprile
2019, si difendeva sostanzialmente sostenendo che la propria risposta, considerata
offensiva, altro non era che un legittimo ed adeguato esercizio del diritto di difesa e che le
3
parole da lui usate non erano offensive nei confronti dell’Avv. [BBB], trattandosi di una
manifestazione della dialettica processuale.
L’Avv. [RICORRENTE] veniva ascoltato dal Consigliere Istruttore in data 21 ottobre 2019,
dopodiché, con provvedimento in data 26 novembre 2019, veniva approvato il capo di
incolpazione e, successivamente, veniva disposta la citazione a giudizio del suddetto Avv.
[RICORRENTE], in un primo momento per l’udienza del 18 marzo 2020, poi rinviata al 6
ottobre 2020.
L’Avv. [RICORRENTE], con proprie note del 28 settembre 2020, chiedeva l’acquisizione di
nuovi documenti, tra i quali in particolare l’atto di transazione intercorso tra la società sua
cliente ed i Signori [CCC] e [BBB], nonché il verbale di rimessione della querela presentata
contro detti Signori [CCC] e [BBB], a dimostrazione della cessazione di ogni contenzioso
penale e civile tra le parti e chiedeva, per tali motivi, l’archiviazione del procedimento
disciplinare, stante l’avvenuta definizione bonaria dell’intera vicenda.
Il CDD di Bologna, pur sottolineando la natura offensiva delle frasi utilizzate dall’Avv.
[RICORRENTE] nella sua pec dell’8 febbraio 2018, tanto più rivolte nei confronti di un
soggetto che rivestiva la qualifica di avvocato (Avv. [BBB]), e reputando, quindi, sussistente
l’infrazione disciplinare da parte dell’incolpato; tuttavia, ha ritenuto che detta infrazione fosse
connotata da lievità e da non rilevante gravità.
Ciò in quanto l’uso delle espressioni sconvenienti era avvenuto non nell’ambito di atti
giudiziari, bensì si era limitato alla corrispondenza interna scambiata tra i legali delle parti e,
inoltre, l’avvenuta composizione bonaria delle controversie civili e penali in atto tra le parti
testimoniava a favore del comportamento e della fattiva volontà riparatrice dell’incolpato, il
quale, anche durante il procedimento disciplinare, aveva dimostrato un comportamento
improntato a correttezza e collaborazione.
Nel caso di specie, pertanto, il CDD di Bologna riteneva congrua l’irrogazione all’incolpato,
Avv. [RICORRENTE], del richiamo verbale.
L’Avv. [RICORRENTE], difendendosi in proprio, ha presentato ricorso avverso la decisione
del CDD di Bologna ed ha chiesto al Consiglio Nazionale Forense di annullare il
provvedimento impugnato, deducendo il seguente motivo di impugnazione: “Insussistenza
di addebito disciplinare e di animus inuriandi. Eccesso di potere per ingiustizia manifesta
della motivazione”.
A sostegno di detto motivo, il ricorrente, Avv. [RICORRENTE], ha rilevato che le espressioni
oggetto di valutazione disciplinare non erano tese a svilire la figura o l’operato dell’Avv.
[BBB]; al contrario, con le stesse, il ricorrente aveva semplicemente sottolineato un’ovvietà e
cioè che qualunque avvocato avrebbe dovuto conoscere il dovere di verità al quale è
sottoposto.
4
E ciò in quanto l’esercizio della professione forense, pur richiedendo un rigoroso impegno
nella difesa dei propri assistiti, impone al legale di non violare i c.d. doveri di condotta, anche
al fine di assicurare il rispetto delle controparti, dei colleghi e dei magistrati.
Inoltre, il ricorrente ha evidenziato che l’articolo 52 del NCDF non ha individuato le espressio-
ni da considerarsi offensive o sconvenienti; per tale motivo, l’Avv. [RICORRENTE] ha affer-
mato che le espressioni da lui impiegate sarebbero rientrate nella sfera del lecito.
In particolare, il ricorrente ha sostenuto di avere utilizzato un linguaggio forte, al fine di ope-
rare valutazioni generali inerenti la materia del contendere e, comunque, a scopo difensivo.
L’Avv. [RICORRENTE], dunque, ha negato la sussistenza di un intento denigratorio nei con-
fronti del collega, Avv. [BBB], dal momento che il suo scopo sarebbe stato unicamente quello
di rimarcare la funzione riconosciuta alla professione forense ed il dovere di verità che ne de-
riva.
Al cospetto di quanto precede, il ricorrente ha affermato che, nella propria decisione, il CDD
di Bologna non avrebbe applicato meticolosamente i principi della deontologia,
sanzionandolo per forme rientranti nel diritto di difesa e prive di carattere denigratorio ovvero
sconvenienti nei confronti di un collega.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso è fondato e deve essere accolto.
La frase contenuta nella comunicazione pec dell’Avv. [RICORRENTE] in data 8 febbraio
2018, nella quale si faceva riferimento ad un’asserita “condotta sconsiderata e irriguardosa”
posta in essere dagli assistiti dell’Avv. [AAA], tra i quali era incluso l’Avv. [BBB], e, riguardo a
quest’ultimo, si sottolineava il fatto che avrebbe dovuto essergli “ben noto il dovere
deontologico di verità”, se pur può risultare inopportuna, perché eccessivamente polemica,
non travalica i limiti segnati dai doveri di probità, lealtà, correttezza e decoro.
Ciò in quanto gli aggettivi “sconsiderato” e “irriguardoso” riferiti alla condotta di un collega,
che nella vicenda era parte, se calati in un contesto nel quale si dibatteva proprio su detta
condotta, non possono considerarsi di per sé offensivi, né, dato che le parti riferivano i fatti in
modo diverso e contrastante, può ritenersi offensivo il richiamo al dovere di verità.
Certamente si tratta di espressioni poco felici, che un avvocato, in special modo se si
riferisce ad un collega, dovrebbe evitare, ma appare inappropriato ritenere che le stesse
possano avere integrato un illecito disciplinare.
È poi da apprezzare il fatto che, passata la prima fase del contenzioso, contrassegnata da
un elevato tasso di litigiosità e da un’accentuata contrapposizione, che hanno determinato
anche la frase oggetto di questo procedimento, le parti siano addivenute alla definizione di
ogni loro controversia.
È ovvio che tale definizione, qualora la frase in questione fosse risultata effettivamente
offensiva, non avrebbe potuto eliminare l’’illecito, ma la composizione di ogni controversia
5
può essere ritenuta indicativa circa il fatto che la suddetta frase sia stata, appunto, l’effetto di
un’accesa dialettica e che non vi sia stata una reale intenzione di recare offesa al collega,
ma solo quella di far valere le ragioni della Società propria assistita.
P.Q.M.
visti gli artt. 36 e 37 L. n. 247/2012 e gli artt. 59 e segg. del R.D. 22.1.1934, n. 37;
il Consiglio Nazionale Forense accoglie il ricorso e annulla il provvedimento impugnato.
Dispone che in caso di riproduzione della presente sentenza in qualsiasi forma per finalità di
informazione su riviste giuridiche, supporti elettronici o mediante reti di comunicazione
elettronica sia omessa l’indicazione delle generalità e degli altri dati identificativi degli
interessati riportati nella sentenza.
Così deciso in Roma nella Camera di Consiglio del20 novembre 2024;
IL SEGRETARIO f.f. IL PRESIDENTE f.f.
f.to Avv. Daniela Giraudo f.to Avv. Patrizia Corona
Depositata presso la Segreteria del Consiglio nazionale forense,
oggi 27 febbraio 2025.
IL CONSIGLIERE SEGRETARIO
f.to Avv. Giovanna Ollà
Copia conforme all’originale
IL CONSIGLIERE SEGRETARIO
Avv. Giovanna Ollà
04-08-2025 14:30
Richiedi una Consulenza