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Sentenza

Abusi edilizi: quale influenza ha il tempo sulle istanze di condono?...
Abusi edilizi: quale influenza ha il tempo sulle istanze di condono?
Cons. Stato Sez. VI, Sent., (ud. 09/06/2022) 21-06-2022, n. 5115

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6276 del 2019, proposto da R.P., rappresentato e difeso dall'avvocato Antonio Scalcione, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Marco Gardin in Roma, via Laura Mantegazza n. 24;

contro

Comune di Nardo', Regione Puglia, non costituiti in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia sezione staccata di Lecce (Sezione Terza) n. 00509/2019, resa tra le parti, concernente richiesta di annullamento del provvedimento di diniego emesso dal Comune di N. sulla richiesta di sanatoria edilizia avanzata in data 28.2.1995, ai sensi della L. n. 724 del 1994, per un immobile sito in agro di N., località T. S., riportato in N.C.E.U. al Fg. (...), p.lla (...).

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 9 giugno 2022 il Cons. Riccardo Carpino e udito per la parte appellante l'avvocato Roberto Innocenzi in sostituzione dell'avv. Antonio Scalcione;
Svolgimento del processo - Motivi della decisione

Parte appellante, con ricorso in primo grado, ha impugnato innanzi al Tar Puglia, Lecce, Sez. III, il diniego dell'istanza di condono edilizio del Comune di Nardò (Lecce), prot. (...) del 29 aprile 2013 presentata dalla propria dante causa il 28 febbraio 1995, ai sensi dell'art. 39 della L. n. 724 del 1994, per un immobile sito in Agro di N., località "T.S.", unitamente ad ogni atto presupposto, connesso e/o consequenziale, ed in particolare della nota prot. (...) del 2 luglio 2012 con la quale è stata comunicato alla ricorrente il preavviso di diniego sulla richiesta di sanatoria edilizia.

In relazione alla fattispecie de qua va tenuta presente altra questione relativa al muro di recinzione del medesimo fondo ove insiste il fabbricato abusivo.

In particolare il 5 agosto 1992 la sig.ra C.P., dante causa dell'appellante, proprietaria di un terreno sito in Agro di N., località "T.S.", presentava al Comune di Nardò un'istanza di autorizzazione edilizia per la realizzazione di un muro di recinzione in conci di tufo a delimitazione dell'area, la quale risultava interessata da frequenti fenomeni di intrusione e scarico di rifiuti.

In data 20 maggio 1994 la sig.ra C.P. richiedeva alla Regione Puglia - Assessorato agricoltura e foreste - Ispettorato ripartimentale delle foreste di Lecce il rilascio del prescritto nulla - osta forestale relativo alla movimentazione del terreno interessato dalla realizzazione del muro di recinzione.

L'Ispettorato ripartimentale delle foreste di Lecce, con decreto n. 106 del 26 settembre 1994, rilasciava il richiesto nulla osta in favore della sig.ra P..

Il Comune di Nardò, acquisito il positivo parere della Commissione Edilizia comunale, in data 27 ottobre 1994, con decreto n. 106, rilasciava l'autorizzazione edilizia richiesta per la realizzazione della recinzione.

In data 7/12/1994 i Vigili Urbani del Comune di Nardò effettuavano un sopralluogo rilevando la realizzazione di un rustico di complessivi circa 150 mq. nel quale erano in corso i lavori per la realizzazione di tramezzature interne.

Al fine di regolarizzare il fabbricato, realizzato medio tempore in assenza di titolo edilizio, il 28 febbraio 1995 la sig.ra C.P. presentava al Comune di Nardò un'istanza avente ad oggetto il condono dell'immobile, ai sensi della L. n. 724 del 1994, con contestuale dichiarazione di ultimazione dello stesso entro il 31 dicembre 1993 - termine finale individuato dall'art. 39, co. 1 della predetta L. n. 724 del 1994.

Il Comune di Nardò, con nota prot. (...)-(...) del 2 luglio 2012, comunicava alla sig.ra R.P., avente causa in qualità di erede della sig.ra C.P., i motivi ostativi all'accoglimento dell'istanza di condono. In particolare il preavviso di diniego deduceva che dall'esame del Nulla Osta rilasciato dall'Ispettorato ripartimentale delle foreste di Lecce sopra richiamato si evinceva che il terreno era incolto. Riteneva quindi che la costruzione era stata realizzata dopo il termine ultimo previsto dalla legge e pertanto dichiarava improponibile la relativa istanza.

Con provvedimento prot. n. (...) del 29 aprile 2013, oggetto del presente gravame, il Comune di Nardò comunicava all'odierna appellante il definitivo diniego sull'istanza di condono, per le medesime ragioni già espresse nel predetto preavviso di rigetto.

L'odierna appellante impugnava il provvedimento di diniego innanzi al Tar Puglia, Lecce che respingeva il ricorso con sentenza n. 509/2019, pubblicata in data 26.3.2019.

Con il primo motivo dell'appello, parte appellante rileva una erroneità della sentenza Tar nella parte in cui viene fornito un valore di particolare rilievo al citato sopralluogo dei Vigili urbani che ad avviso di parte appellante avrebbe mera natura ricostruttiva.

Rileva parte appellante anche il fatto che dalla citata autorizzazione dell'Ispettorato non emergono elementi dell'esistenza di un edificio ed a tal riguardo evidenzia che alla Regione - ai fini della detta autorizzazione - è stato presentato il medesimo elaborato progettuale presentato al Comune di Nardò in sede di avvio del procedimento di autorizzazione edilizia per la realizzazione del muro; conseguentemente la Regione, nel 1994, ebbe modo di effettuare le proprie valutazioni di carattere idrogeologico sulla scorta di un elaborato progettuale che non contemplava il già esistente fabbricato interno.

A tal riguardo parte appellante rileva anche che l'accertamento cui si fa riferimento nel nulla osta del 26 settembre 1994, decreto 106, del citato Ispettorato, non è consistito in un sopralluogo o in un'ispezione dei luoghi, ma in un mero esame cartolare delle caratteristiche idro-geo morfologiche dell'area.

Il motivo è fondato.

Sotto il profilo del primo motivo parte appellante precisa che, ultimata l'edificazione dell'immobile abusivo nei primi mesi del 1993, ebbe necessità di definire l'autorizzazione per la realizzazione del muro di recinzione, iniziata antecedentemente alla realizzazione abusiva, al fine di evitare accessi indiscriminati nell' immobile in questione.

La sentenza oggetto del presente gravame rileva che dalla nota del 26/9/1994 dell'Ispettorato ripartimentale delle foreste di Lecce, di concessione per la realizzazione di un muro di cinta sul fondo per cui è causa e - soprattutto - dal verbale di accertamento dei Vigili Urbani n. 110 del 07/12/1994 risulta (ragionevolmente e, come detto, al di là di ogni ragionevole dubbio) che la data di ultimazione a rustico dell'abitazione oggetto della domanda di concessione edilizia in sanatoria è successiva al termine ultimo del 31/12/1993 previsto dall'art. 39 della L. n. 724 del 1994.

Va preliminarmente evidenziata la cronologia che caratterizza la vicenda in esame, i cui prodomi risalgono a circa trenta anni fa di cui di seguito si indicano i momenti di maggior rilievo.

In una prima fase - 1992 - non vi è traccia dell'edificio a rustico; a quell'epoca si rinviene una istanza per l'autorizzazione alla realizzazione del muro di cinta la cui relazione tecnica attesta l'esigenza del medesimo essendo il terreno divenuto una discarica; in data 9/10/92 il dante causa dell'appellante attesta, con dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà, l'assenza di costruzioni all'interno del lotto ove realizzare il muro di recinzione.

Successivamente in data: 26/9/1994, rilascio dell'autorizzazione dell'Ispettorato sulla base dell'"accertamento" dal quale emerge che il terreno è incolto; 7/12/1994, citato verbale dei Vigili urbani che constata la realizzazione di un rustico; 28/2/1995: presentazione istanza di condono; 7/2/1996, rilascio nulla osta Regione Puglia per sanatoria per movimento terreno a scopo edificatorio; 22/10/1996: provvedimento definitivo di determinazione degli oneri concessori; 6/9/2002, rideterminazione oneri concessori, per "eventuale" sanatoria; 2/8/2006, dichiarazione sostitutiva aventi causa, nella quale si dichiara la data della realizzazione del fabbricato nei primi mesi del 1993 allo stato di rustico; 2/7/2012: preavviso diniego istanza sanatoria; 29/4/2013: diniego istanza sanatoria.

Appare quindi necessario compiere una prima valutazione sul merito della questione all'esame ed una seconda sul ruolo del fattore tempo che non può essere considerato una variabile indipendente rispetto ai comportamenti dell'amministrazione, alle aspettative del privato ed alla generale presunzione di legittimità degli atti posti in essere.

Quanto alla questione specifica va preliminarmente osservato che non può fornirsi soverchio peso ex post ad una parte della documentazione versata in atti senza una lettura complessiva della medesima; il tutto al di là delle sempre e naturalmente opinabili valutazioni sulle ricostruzioni dei fatti a distanza di anni alle quali non è dato contrappore una valutazione del Comune, qui non costituito, che non sia, nell'atto di costituzione innanzi al giudice di prime cure, il mero richiamo alla documentazione prodotta.

Infatti emerge una contraddittorietà dell'operato dell'amministrazione nella parte in cui, in data 22/10/1996 procede, d'ufficio, alla determinazione degli oneri concessori nonché, su istanza dei richiedenti, in data 6/9/2002 procede alla rideterminazione degli oneri concessori, per "eventuale" sanatoria; ed ancora in data 2/8/2006 acquisisce la dichiarazione sostitutiva degli aventi causa, nella quale si dichiara - su richiesta del Comune secondo quanto nella stessa dichiarato - la data della realizzazione del fabbricato nei primi mesi del 1993 allo stato di rustico.

Tutto ciò senza tenere conto del citato verbale dei Vigili urbani del 7/12/1994 posto, anche se in parte a fondamento del diniego di sanatoria del 2013 senza che nel frattempo fosse attivata una qualche attività istruttoria.

È pur vero che la citata rideterminazione degli oneri concessori si riferisce ad un sintetico "eventuale" rilascio della concessione; ma è altrettanto vero che la determinazione degli oneri concessori, prima, e la loro rideterminazione, dopo, a fronte della doverosità di provvedere alla demolizione in caso di fabbricato ritenuto abusivo che sussisterebbe in una tale fattispecie testimoniano una contraddittorietà dell'azione dell'amministrazione.

Va ancora rilevato che il già richiamato verbale dei Vigili urbani ha l'efficacia di certificare un dato "storico", l'esistenza di un rustico, ma non di certificarne la sua inesistenza ad una data precedente; né sul punto ciò è risultato contestato dall'Amministrazione se non alla data del preavviso di diniego del 2012.

Piuttosto dal citato verbale (1994) al detto preavviso di rigetto dell'istanza di sanatoria (2012) l'amministrazione ha posto in essere atti di tutt'altro segno quali la determinazione e la rideterminazione degli oneri concessori.

Né può acquisire valore determinante il citato accertamento dell'Ispettorato che valuta il vincolo idrogeologico per i movimenti di terreno connessi alla realizzazione del muro di cinta; in questo ambito l'ottica di approfondimento di quell'accertamento - indipendentemente dal fatto che sia avvenuto in via cartacea come invero ipotizzabile sulla base del citato nulla osta del 26/9/1994 - non necessariamente è esaustiva dello stato del terreno e di quanto in esso realizzato.

Sotto questo profilo vi è quindi una contraddittorietà dell'azione e comunque una carenza istruttoria nell'azione dell'amministrazione che, nell'imminenza del verbale dei Vigili urbani, sarebbe probabilmente stata in grado di accertare la risalenza della costruzione.

Sulla base di questa motivazione quindi si ritiene fondato il motivo.

Un aspetto comunque da rilevare riguarda il tempo e l'azione conformativa dell'amministrazione interessata a seguito dell'esito del presente gravame.

Nel caso che ci occupa non si tratta di emanare un ordine di demolizione a seguito dell'accertamento di abusività di un manufatto; trattasi piuttosto di definire una istanza di condono a seguito della quale può risultare acclarata l'abusività dell'opera e conseguentemente essere adottata l'ordinanza di demolizione.

Secondo giurisprudenza consolidata, in relazione alla mancata adozione dell'ordine di demolizione ex art. 31 D.P.R. n. 380 del 2001, l'inerzia della pubblica amministrazione protratta nel tempo non ingenera un legittimo affidamento in capo al privato che abbia costruito senza titolo.

Pertanto è legittima l'ingiunzione di demolizione intervenuta a distanza di tempo dalla realizzazione dell'abuso, anche se il titolare attuale dell'immobile non sia responsabile dell'abuso e il trasferimento non denoti intenti elusivi dell'onere di ripristino (cfr. Cons. Stato, Ad. Plen., 17/10/2017, n. 9).

Nel sistema della demolizione si rinviene un elemento di chiusura nell'articolo 41 D.P.R. n. 380 del 2001 in base al quale, in caso di mancato avvio delle procedure di demolizione entro il termine di centottanta giorni dall'accertamento dell'abuso, la competenza è trasferita all'ufficio del Prefetto che provvede alla demolizione avvalendosi degli uffici del Comune nel cui territorio ricade l'abuso edilizio da demolire.

Si tratta di una disposizione che, in una sua precedente formulazione, la Corte costituzionale, con sentenza 24-28 giugno 2004, n. 196, aveva dichiarato illegittima e che è stata nuovamente introdotta, di recente, con l'art. 10-bis, comma 1, D.L. 16 luglio 2020, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 settembre 2020, n. 120; testimonianza della volontà del legislatore di dare certezza ai tempi delle demolizioni che però non si può disgiungere dalla esigenza delle definizioni delle istanze di condono.

Va infatti rilevato che la variabile tempo - sempre in materia di demolizioni - è considerata dalla legge nel caso in cui l'Amministrazione non sia puntuale negli adempimenti in quanto, ex art. 31, comma 4 bis, D.P.R. n. 380 del 2001, la mancata o tardiva emanazione del provvedimento sanzionatorio, costituisce elemento di valutazione della performance individuale nonché di responsabilità disciplinare e amministrativo contabile del dirigente e del funzionario inadempiente in ritardo, fatta salva l'eventuale responsabilità penale.

Nel caso specifico, va ancora detto, parte appellante è stata destinataria di una serie di atti che ragionevolmente potevano essere interpretati come il preludio ad una definizione favorevole della domanda di condono; ciò è avvenuto, principalmente, con la determinazione degli oneri concessori e con la loro rideterminazione.

Nella fattispecie che ci occupa peraltro si trattava di definire l'istanza di condono, ipotesi ampiamente differente rispetto all'ordine di demolizione; nel caso in esame il ritardo nella definizione sull'istanza di condono incide sulla repressione dell'abuso se - e quando - risulti acclarata l'edificazione abusiva.

Ma detto ritardo comporta il mancato assolvimento delle funzioni dell'ente e, anche se in via indiretta, determina il mantenimento di una situazione di incertezza sulla natura abusiva o meno del manufatto.

Sotto questo aspetto quindi oltre che all'esigenza di un controllo del territorio, che è compito primario del Comune ex art. 27 D.P.R. n. 380 del 2001, emerge il rispetto dei criteri di buona amministrazione come anche quello di una idonea "durata" del procedimento proprio al fine di consentire un altrettanto idoneo contraddittorio (è evidente che il dilatarsi dei tempi può rendere meno agevole l'acquisizione e la dimostrazione dei fatti, a cominciare dalla data di ultimazione delle opere) e la certezza dei procedimenti; tutti elementi che non paiono ravvisarsi nella fattispecie che ci occupa.

Compete pertanto all'Amministrazione, nella propria azione conformativa a seguito del presente giudizio, l'onere di verificare le tempistiche adottate e di adottare tempestivamente le azioni correttive nonché quelle a tutela dell'ente, comprese quelle disciplinari.

Restano assorbiti tutti gli argomenti di doglianza, motivi o eccezioni non espressamente esaminati che il Collegio ha ritenuto non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.

Le spese del doppio grado seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, accoglie l 'appello e, per l'effetto, in riforma della sentenza impugnata, accoglie il ricorso di primo grado ed annulla il provvedimento con esso impugnato.

Condanna il comune appellato al pagamento, in favore dell'appellante, delle spese del doppio grado di giudizio, che liquida in complessivi € 5000,00, oltre accessori come per legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 9 giugno 2022 con l'intervento dei magistrati:

Hadrian Simonetti, Presidente FF

Giordano Lamberti, Consigliere

Francesco De Luca, Consigliere

Marco Poppi, Consigliere

Riccardo Carpino, Consigliere, Estensore
Avv. Antonino Sugamele

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