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Sentenza

Urbanistica: permesso di costruire in deroga...
Urbanistica: permesso di costruire in deroga
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 21 febbraio 2020, n. 1341
Pubblicato il 21/02/2020
N. 01341/2020REG.PROV.COLL.
N. 00302/2019 REG.RIC.
R E P U B B L I C A I T A L I A N A
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 302 del 2019, proposto dal signor … in
proprio e quale titolare dell'omonima azienda agricola, rappresentato e difeso dagli
avvocati Angelo Di Silvio e Isabella Maria Stoppani, con domicilio digitale come da
PEC da Registri di Giustizia;
contro
i signori … con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio
eletto presso lo studio del primo, in Roma, via Conca d'Oro n. 285;
nei confronti
del Comune di Farnese, rappresentato e difeso dall'avvocato Maria Luisa Acciari,
con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso
lo studio dell'avvocato Maria Athena Lorizio in Roma, via Dora n. 1;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio n. 11521 del
2018.
Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio degli appellati e del Comune di Farnese;
Visto l'appello incidentale del Comune di Farnese;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore alla pubblica udienza del giorno 10 ottobre 2019 il consigliere Silvia
Martino;
Uditi, per le parti rispettivamente rappresentate, gli avvocati Angelo Di Silvio,
Isabella Maria Stoppani, Salvatore Menditto, David Giuseppe Apolloni e Maria
Luisa Acciari;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Gli odierni appellati, nella dichiarata qualità di proprietari di immobili e/o di
terreni limitrofi, trasponevano innanzi al TAR per il Lazio il ricorso straordinario
proposto avverso il permesso di costruire n. 1/2018 del 12 gennaio 2018 (Pratica n.
2/2017), rilasciato dal Comune di Farnese, nonché la presupposta delibera del
Consiglio Comunale n. 28 del 28 luglio 2017, con la quale era stato approvato il PUA
presentato dal signore Stefano Sebastiani e l'annesso schema di Convenzione per la
realizzazione degli interventi ivi previsti.
Con il suddetto permesso il Comune di Farnese aveva autorizzato il suddetto signor
Sebastiani ad edificare due capannoni, strumentali alla installazione di un
allevamento di tacchini, in attuazione del Piano di Utilizzazione Aziendale (PUA),
approvato con la D.C.C. n. 28 del 28 luglio 2018.
Il ricorso era fondato sui seguenti motivi di doglianza:
I) Violazione di legge: violazione del principio di gerarchia dei piani urbanistici rispetto ai titoli
edilizi di cui alla l. n. 1150/1942 e al d.P.R. n. 380/2001-Violazione del divieto di deroga ad
opera del PDC rispetto ai piani PUA Eccesso di potere: contraddittorietà tra le due autorizzazioni
rilasciate dal Comune di Farnese (PUA e PDC):
II) Violazione di Legge: erronea applicazione dell'art. 57 della legge della Regione Lazio, n.
38/1999. Eccesso di potere: erronea stima del costo complessivo e di quello unitario dei lavori di
cui al PdC, mancata considerazione del costo relativo agli impianti e delle spese generali;
contraddittorietà tra il C.M.E. e la stima allegata al progetto presentato per la richiesta di PUAM
erroneità nella determinazione dell'importo della polizza fideiussoria; illegittimità della fideiussione
e della convenzione; illegittimità (riflessa ed autonoma) del PdC- Travisamento;
III) Violazione di legge: Violazione r.d. 274/1929 e del d.P.R. n. 380/2001- Elusione
prescrizioni di cui alle N.T. 2008 ed all'OPCM n. 3274/2003 (progettazione e direzione dei
lavori in zona sismica) - Nullità assoluta del permesso di costruire con riguardo alla progettazione
ed alla direzione dei lavori in quanto affidata ad un soggetto privo delle competenze specifiche previste
dalla legge. Eccesso di potere: inadeguatezza del progetto ed assenza di valutazione ad opera della
P.A.- cattivo uso della discrezionalità tecnica- difetto di istruttoria e lacunosità complessiva;
IV) Violazione di legge: erronea applicazione dell'art. 57, comma 1, della legge della Regione
Lazio n. 38/1999 anche in combinato disposto con gli artt. 1 d.lgs. n. 99/2004 e 2135 c.c.-
mancanza dei requisiti indicati dalla legge ai fini della presentazione del PUA, nullità del PUA
e del PDC. Eccesso di potere: erroneo riconoscimento della qualifica di IAP in rapporto
all'intervento indicato nel PUA- Omessa e/o carente valutazione dell'attività svolta dal richiedente
il PUA- travisamento -Carenza di legittimazione attiva in capo al richiedente il PUA e il PDCnullità
del PUA e di riflesso anche del PDC;
V) Violazione di legge: erronea applicazione dell'art. 57 comma 1 della legge della Regione Lazio
n. 38/1999 – mancanza dei requisiti indicati dalla legge ai fini della presentazione del PUAnullità
del PUA e del PDC. Eccesso di potere: Mancata e/o erronea valutazione relativa alla
sussistenza del diritto vantato dal richiedente sui fabbricati ai fini della realizzazione dei
capannoni- travisamento e sviamento- carenza di legittimazione attiva in capo al richiedente il
PUA ed il PDC- nullità del PUA e di riflesso anche del PDC;
VI) Violazione di legge: erronea applicazione dell'art. 57 comma 1, della legge della Regione
Lazio, n. 38/1999 - Mancanza dei requisiti indicati dalla legge ai fini della presentazione del
PUA – Nullità del PUA e del PDC. Eccesso di potere: mancata e/o erronea valutazione relativa
alla proprietà e/o disponibilità di immobili ai fini dei lavori degli interventi di trasformazione
indicati dalla legge - mancata e/o erronea valutazione relativa alla sede ed all'attività dell'azienda
agricola richiedente il PUA -Travisamento e sviamento- carenza di legittimazione attiva in capo
al richiedente il PUA ed il PDC- Nullità del PUA e di riflesso anche del PDC;
VII) Violazione di legge: violazione e/o erronea applicazione degli artt. 55 e 57 della legge della
Regione Lazio, n. 38/1999 - Mancata applicazione dell'art. 36, comma 2, della legge della
Regione Lazio, n. 14 del 1999; Violazione e/o mancata applicazione dei limiti urbanistici ed
edilizi insistenti sul territorio e di cui ai PP.UU. comunali - Nullità e/o illegittimità del PDC;
VIII) Violazione di legge: erronea applicazione dell'art. 57, comma 6, della legge della Regione
Lazio, n. 38 del 1999 - Violazione dell'art. 3 della l. n. 241/1990 - Nullità del PUA e del
PDC. Eccesso di potere: mancata e/o erronea valutazione dei presupposti indicati dalla norma ai
fine dell'adozione del PUA- istruttoria assente e/o carente- mancata valutazione delle questioni
connesse all'intervento con riguardo agli impatti ed alle misure di mitigazione- Assenza e/o
insufficienza della motivazione- travisamento e sviamento- abnormità del PDC. Nullità del PUA
e di riflesso del PDC;
IX) Violazione di Legge. Violazione e/o erronea applicazione dell'art. 57 e dell'art. 55 della
legge della Regione Lazio, n. 38 del 1999; Violazione e/o mancata applicazione della normativa
generale in materia ambientale (d. lgs. n. 152/2006)- Violazione dell'art. 117, comma 2 lett, s)
Cost. - Violazione del d.P.R. n. 380/2001- Mancata applicazione e/o valutazione delle
prescrizioni di cui al d.m. 5 settembre 2014 e del T.U.L.S. Violazione e/o mancata applicazione
delle disposizioni di cui al d.m. 12 febbraio1971 (voce 35) e d.m. 23.12.1976 (voce 31) - Erroneo
inquadramento dell'attività di allevamento e conseguentemente mancata applicazione della
normativa vigente in subiecta materia- Nullità del PUA e del PDC. Eccesso di potere: istruttoria
assente e/o carente- Mancata valutazione delle questioni connesse all'intervento con riguardo agli
impatti ed alle misure di mitigazione - assenza e/o insufficienza della motivazione - erroneo
inquadramento dell'attività di allevamento e mancata valutazione del carattere intensivo
(industriale) dello stesso - travisamento e sviamento- abnormità del PDC- Nullità del PUA e di
riflesso del PDC;
X.A) Problematiche inducenti sui ricorrenti e sulla popolazione ricorrente;
X. B) Problematiche incidenti sull'ambiente e sull'intero territorio;
XI) Violazione di legge: violazione e/o erronea applicazione dell'art. 57 comma 6, della legge della
Regione Lazio n. 38 del 1999; Violazione e/o mancata applicazione dell'art. 1 della legge n.
241/1990 e delle disposizioni relative alla fase istruttoria del procedimento - Nullità del PUA e
del PDC. Eccesso di potere: totale assenza di istruttoria- istruttoria assente e/o carente - Mancata
valutazione delle questioni connesse all'intervento - assenza e/o insufficienza della motivazionetravisamento
e sviamento- abnormità del PDC- Nullità del PUA e di riflesso del PDC;
XII) Eccesso di potere: mancata applicazione del principio di precauzione- mancata richiesta e/o
imposizione di misure di mitigazione e/o di prevenzione- totale assenza di istruttoria. Abnormità
del PDC- nullità del PUA e di riflesso del PDC.
2. Il TAR, dopo avere respinto le eccezioni preliminari, accoglieva il motivo relativo
al difetto di motivazione del parere reso dalla Commissione agraria nel
procedimento di formazione del PUA, ed annullava gli atti impugnati.
3. La sentenza è stata appellata dal signor Sebastiani, rimasto soccombente, il quale
ha articolato i seguenti mezzi di gravame.
1) Sull'eccezione preliminare di tardività dell'impugnazione.
L'assunto da cui muove la pronuncia impugnata è quello secondo cui il PUA è atto
preparatorio, impugnabile unitamente al permesso di costruire.
L'appellante evidenzia al contrario che tale Piano, e la relativa convenzione,
confluiscono non già nel permesso di costruire ma nella delibera di approvazione
del Consiglio Comunale, il quale non è vincolato al parere reso dalla Commissione
agraria.
Il Comune di Farnese, in ottemperanza a quanto prescritto, con delibera n. 28 del
28 luglio 2017, pubblicata sull'Albo pretorio del Comune di Farnese dal 18 agosto
2017 per 15 giorni consecutivi, ha approvato il PUA ed il relativo schema di
convenzione per la realizzazione degli interventi previsti nel Piano di utilizzazione
aziendale presentato.
Nella ridetta delibera, espressamente annullata dal provvedimento di primo grado,
confluisce il PUA.
Se pertanto, come sottolineato dal Tribunale amministrativo, il PUA può essere
impugnato unitamente al provvedimento finale, tale provvedimento è tuttavia la
delibera che lo ha recepito ed approvato, non certamente il permesso di costruire.
Diversamente, qualunque atto, collegato, anche indirettamente al PUA, potrebbe
riaprire i termini per l'impugnazione del Piano di utilizzazione aziendale senza alcun
limite temporale, con ciò violando il principio fondamentale della certezza dei
rapporti giuridici.
La tempestività, nella fattispecie in esame è, anzi, particolarmente rilevante in
quanto, proprio a fronte dell'approvazione del PUA, l'odierno appellante ha fatto
investimenti ed assunto oneri sulla base del principio del legittimo affidamento nei
confronti dell'azione amministrativa.
Parte ricorrente ha impugnato la delibera di approvazione del PUA con ricorso
notificato solamente il 9 luglio 2018 ossia dopo quasi un anno dalla sua
pubblicazione.
Nel caso in esame, la pubblicazione all'Albo pretorio, quale pubblicità nelle forme
di legge, ha natura di conoscenza legale.
I termini per poter impugnare la delibera che ha approvato il PUA, la convenzione
e la annessa fideiussione, decorrevano quindi dalla pubblicazione sull'Albo pretorio
on line, avvenuta in data 18 luglio 2017, con conseguente inammissibilità del ricorso
proposto;
2) Ancora sull'eccezione preliminare di tardività dell'impugnazione.
Il fatto che i ricorrenti, sin dal mese di febbraio 2018, si siano attivati per ostacolare
la realizzazione dell'allevamento, costituirebbe prova evidente del fatto che gli stessi
fossero perfettamente a conoscenza del rilascio del permesso di costruire.
Secondo consolidata giurisprudenza, l'inizio dei lavori segna il dies a quo della
tempestiva proposizione del ricorso laddove si contesti l'an della edificazione (cioè
laddove si sostenga che nessun manufatto poteva essere edificato sull'area), mentre
laddove si contesti il quomodo (distanze, consistenza ecc.) il dies a quo va fatto
coincidere con il completamento dei lavori ovvero con il grado di sviluppo degli
stessi, ferma restando la possibilità, da parte di chi solleva l'eccezione di tardività, di
provare, anche in via presuntiva, la concreta anteriore conoscenza del
provvedimento lesivo in capo al ricorrente;
3. Sulla eccezione relativa al difetto di legittimazione.
Il permesso di costruire prevede la realizzazione di due capannoni in una zona di
campagna, lontana dal centro del paese e da abitazioni, ad una distanza di circa 2,00
Km dal centro abitato e circa 1,200 Km da aree protette.
Nessuno dei ricorrenti confina però con il terreno dove il capannone dovrebbe
sorgere.
I signori Di Cesare e Corinaldi non risiedono neppure a Farnese ma rispettivamente
a Fregene e Milano.
I signori Margottini e Biselli legittimano il loro intervento dichiarando di essere
proprietari di beni che si trovano nel centro storico di Farnese e pertanto distanti
oltre 2 Km dai luoghi in questione.
Nessuno dei ricorrenti avrebbe dimostrato uno stabile collegamento materiale fra il
proprio immobile e quello interessato dai lavori.
Ad ogni buon conto, il singolo che intenda insorgere in sede giurisdizionale contro
un provvedimento amministrativo esplicante i suoi effetti nell'ambiente in cui vive
ha l'obbligo di identificare, innanzitutto, il bene della vita che dalla iniziativa dei
pubblici poteri potrebbe essere pregiudicato (il paesaggio, l'acqua, l'aria, il suolo, il
proprio terreno).
Nella fattispecie, non solo i rischi paventati sono meramente ipotetici e privi di
riscontro ma nessuno dei ricorrenti avrebbe dimostrato di avere una posizione
differenziata che lo legittimi ad agire;
4. Relativamente al parere reso dalla Commissione agraria.
L'appellante sottolinea che il parere reso dalla suddetta Commissione non è
vincolante, in quanto l'approvazione del PUA spetta al Consiglio Comunale che ha,
in merito, la più ampia discrezionalità e competenza.
Sarebbe quindi sufficiente che esso evidenzi il mancato contrasto con la normativa
della Regione Lazio sui PUA.
In ottemperanza al disposto legislativo, nel parere di cui si verte viene peraltro dato
atto che la Commissione ha valutato i progetti, le relazioni e tutto ciò che è
costituisce parte integrante del PUA, ritenendo che non vi sia stata alcuna violazione
di legge, con riferimento ai criteri dalla stessa predeterminati.
L'obbligo di motivare il provvedimento amministrativo non può ritenersi violato
qualora, anche a prescindere dal tenore letterale dell'atto finale, i documenti
dell'istruttoria offrano comunque elementi sufficienti e univoci dai quali possa
ricavarsi l'iter motivazionale a sostegno della determinazione assunta.
L'appellante ha poi articolato le proprie difese anche in ordine ai motivi assorbiti dal
TAR:
5) Relativamente ai motivi assorbiti.
L'appellante ha riproposto le eccezioni, deduzioni ed opposizioni contenute nella
memoria di costituzione in primo grado.
Relativamente al I) motivo di ricorso “contraddittorietà tra due autorizzazioni rilasciate dal
Comune di Farnese (PUA e PDC)”, l'appellante fatto rilevare che il PUA è stato
predisposto per la realizzazione di due capannoni e solo per mero errore, alla pagina
16 dell'elaborato è stato scritto “nella planimetria compare il capannone B che sarà realizzato
con un successivo permesso di costruzione” anziché “con successiva richiesta di contributo”.
In concreto, tutti i conteggi del PUA fanno riferimento a due capannoni,
prevedendo una consistenza media annuale di tacchini pari a 19.000 capi.
Le stime contenute nel PUA sono tarate sulla base delle indicazioni della normativa
sul benessere degli animali che prevede una densità di allevamento pari a 5,00
tacchini/mq (2,7 maschi/mq e 2,3 femmine/mq).
Questo conteggio porta ad un carico complessivo pari a 2 capannoni x 1890,00
mq/capannone x 5 tacchini/mq = 19.000, ossia la quantità di tacchini conteggiati
nel PUA.
Relativamente al II) motivo di ricorso “stima del costo complessivo dei lavori di cui al pdc”,
l'appellante sottolinea di avere ottenuto, in data 23 ottobre 2017, una polizza
fideiussoria per un importo pari ad € 32.547,68, ritenuto congruo dal Comune.
Tale polizza serve a garantire all'amministrazione, in caso di elusione degli impegni
presi con il PUA, il regolare ripristino dello stato dei luoghi.
La legge della Regione Lazio n. 38 del 199, non stabilisce quale deve essere la misura
della polizza sicché l'amministrazione, nella sua discrezionalità, può commisurarla
ad una percentuale del costo di costruzione e al costo di demolizione del manufatto
realizzato.
Nel caso in esame, il Comune di Farnese, con un atteggiamento di particolare
prudenza, ha scelto di determinare l'importo attraverso una percentuale del costo di
costruzione, riferito alla realizzazione di due capannoni.
L'importo di € 32.547,68, molto più elevato dell'effettivo costo di ripristino, è stato
ritenuto congruo dal Comune;
Relativamente al motivo III) “nullità assoluta del PDC con riguardo alla progettazione ed
alla direzione dei lavori in quanto affidata a soggetto privo delle competenze specifiche”
l'appellante ha fatto osservare che, come si evince dagli atti, il geometra De Carli si
è occupato esclusivamente del progetto architettonico e della direzione dei lavori,
che comprendono opere in cemento armato di esigua entità. L'attività svolta rientra
nelle competenze rimesse alla figura professionale del geometra così come elencate
dal r.d. n.274/1929. Inoltre, le fondazioni e le strutture metalliche sono state
progettate dall'Ing Fabio Sabatini, figura all'uopo qualificata.
Al motivo IV “Mancanza dei requisiti indicati dalla legge ai fini della presentazione del PUA”
per “erroneo riconoscimento della qualifica di IAP in rapporto all'intervento indicato nel PUA”,
l'appellante ha opposto che l'attività di allevamento rientra tra le attività agricole
principali e non tra quelle “connesse”. Inoltre, egli è iscritto all'INPS come IAP e
dispone delle iscrizioni fiscali per esercitare l'attività agricola (P.IVA e CCIAA),
potendo, alla luce del d.lgs. n. 99 del 2004, godere di tutte le agevolazioni fiscali e/o
di altro genere previste per la figura in questione.
Lo strumento volto a dimostrare la necessità del miglioramento fondiario
(l'introduzione di una attività agricola nuova e maggiormente performante) è proprio
il PUA così come messo a disposizione dell'imprenditore agricolo principale dalla
legge regionale n. 38 del 1999 e così come è stato fatto nella fattispecie in esame.
L'allevamento, per espressa disposizione del codice civile è una attività agricola
principale e in quanto tale, necessariamente vincolata al fondo;
Quanto al motivo V “Mancanza dei requisiti indicati dalla legge ai fini della presentazione del
PUA” per “erronea valutazione relativa alla sussistenza del diritto vantato dal richiedente sui
fabbricati ai fini della realizzazione dei capannoni”, l'appellante ha ricordato di essere IAP
dal 2016. Al momento della presentazione del PUA egli era inoltre titolare di
contratti di affitto (stipulati in data 11.01.2017) che lo autorizzavano ad effettuare
ogni miglioria, così come correttamente accertato dal Comune. Sempre a gennaio
2017, precedentemente al rilascio del permesso di costruire, l'appellante ha poi
sottoscritto il compromesso per l'acquisto dei terreni e formalizzato la
compravendita con atto notarile (in data 31.07.2017).
Egli era quindi pienamente legittimato alla presentazione del PUA; ciò senza
considerare che la l. n. 203/82, che disciplina il contratto agrario espressamente
prevede che ciascuna delle parti possa eseguire “opere di miglioramento fondiario,
addizioni e trasformazioni degli ordinamenti produttivi e dei fabbricati rurali, purché le medesime
non modifichino la destinazione agricola del fondo e siano eseguite nel rispetto dei programmi
regionali di sviluppo oppure, ove tali programmi non esistano, delle vocazioni colturali delle zone in
cui e ubicato il fondo”.
L'azienda agricola è un unicum, svincolato dalla localizzazione dei corpi fondiari di
cui l'appellante dispone e che gestisce attraverso una unica Partita IVA.
Relativamente al motivo VI “Mancanza dei requisiti indicati dalla legge ai fini della
presentazione del PUA” per “erroneo valutazione relativa alla proprietà e/o disponibilità di
immobili ai fini degli interventi di trasformazione indicati dalla legge” l'appellante ha
richiamato il testo della legge regionale n. 38 del 1999, la quale non autorizza
esclusivamente il recupero ma anche nuove edificazioni, se necessarie per l'esercizio
dell'attività (art. 55, comma 1).
Il PUA redatto nell'interesse del sig. Sebastiani richiede e consente le deroghe di cui
al punto 2.d) dell'art. 57, comma 2.
Inoltre, per miglioramento fondiario si intende qualsiasi investimento stabile e
duraturo di capitali e lavoro fatto in agricoltura sul terreno, con lo scopo di
aumentarne il valore.
E' pertanto irrilevante che, nel caso di specie, l'azienda dell'appellante operasse
prevalentemente nel settore ortofrutticolo in quanto l'obiettivo che la norma intende
realizzare attraverso il PUA è proprio il miglioramento e lo sviluppo fondiario.
Al motivo VII “Violazione e/o mancata applicazione dei limiti urbanistici ed edilizi insistenti
sul territorio”, l'appellante contrappone che le NTA vigenti nel Comune di Farnese
confermano che sia l'Unità Aziendale Minima (Lotto minimo) che l'indice fondiario
per annessi agricoli sono derogabili con l'approvazione del PUA. Tale Piano è lo
strumento specifico pensato dal legislatore regionale per procedere ad edificazioni
ex novo e se il PUA viene approvato, non vi sono limitazioni dimensionali.
Nel caso di specie, il PUA si è reso necessario per ottenere le deroghe previste dalla
legislazione regionale relativamente agli annessi agricoli di nuova edificazione di cui
all'articolo 55, comma 6 e comunque nel rispetto delle dimensioni del lotto minimo,
sulla base di valide e motivate esigenze di sviluppo delle attività agricole.
La necessità di ricorrere allo strumento della deroga è stato ampliamente
documentato dal PUA e regolarmente accertato e verificato dal Comune in fase di
approvazione;
Relativamente al motivo VIII “Mancata e/o erronea valutazione dei presupposti indicati dalla
norma ai fini dell'adozione del PUA, istruttoria carente e/o assente, mancata valutazione delle
questioni connesse all'intervento con riguardo agli impatti ed alle misure di mitigazione”,
l'appellante ha poi ribadito che il PRG di Farnese ha recepito nella NTA le previsioni
della legge regionale n. 38 del 1999. Inoltre, i ricorrenti non hanno addotto alcun
elemento da cui possa evincersi che la Commissiona agraria, prima di rendere il
prescritto parere, non abbia effettuato i dovuti controlli ovvero che il Comune non
abbia valutato gli aspetti ambientali, idrogeologici, logistici, connessi all'attività
agricola di allevamento.
Nel PUA, nella relazione tecnico costruttiva e nell'elaborato grafico è presente
un'ampia e dettagliata indagine della caratterizzazione ambientale, paesaggistica,
idrogeologica del contesto territoriale ospite dell'allevamento, da cui la
Commissione e l'Ufficio tecnico hanno derivato la più ampia fattibilità dell'opera.
Il motivo IX verteva sulla “Violazione e/o mancata applicazione della normativa generale in
materia ambientale”. L'attività in esame non ha natura industriale, essendo a
quest'ultima accomunata solamente dal punto di vista igienico sanitario. Ed infatti
l'art 216 del TULS ed il d.m. 6 settembre 1994 classificano come attività “industriale”
l'allevamento di animali (Punto C.1) senza dimensionare l'impianto. In ogni caso,
l'art. 55 della legge regionale n. 38 del 1999 consente esplicitamente la realizzazione,
in zona agricola, di stalle e ricoveri per animali.
In fase istruttoria, il Comune e la Commissione agraria hanno catalogato
correttamente il progetto come edificazione in zona agricola analizzandone gli
impatti così come previsto dalla normativa vigente in materia.
In ordine alla rilevanza degli allevamenti, dal punto vista ambientale, il d.lgs. n. 152
del 2006 prevede tre soglie.
L'autorizzazione integrata ambientale è richiesta esclusivamente per gli allevamenti
di pollame con carico superiore a 40.000 capi ma inferiore a 60.000 (All. VIII alla
Parte seconda), mentre per quelli superiori ad 85.000 polli è prevista la VIA.
Il carico relativo all'allevamento proposto dall'appellante è pari a 19.000 capi ed è
quindi ampiamente al di sotto delle soglie previste.
Le Norme tecniche di attuazione del PRG di Farnese stabiliscono poi che nella
“sottozona” di cui trattasi è applicabile quanto previsto al comma 8 dell'art. 55 della
legge regionale n. 38/199; in questo caso la distanza dai confini degli annessi agricoli
è ridotta a 5,00 ml e deve essere comunque tale da garantire una distanza minima
assoluta di 10 ml dagli edifici esistenti di altra proprietà.
Nel caso in esame, gli annessi agricoli progettati si collocano ad un distanza minima
di 15,00 ml, risultando quindi conformi alle suddette prescrizioni.
In ordine al motivo X.A “Problematiche indicenti sui ricorrenti e sulla popolazione residente”
l'appellante sottolinea che, secondo le indicazioni dell'art. 57 della l.r. n. 38 del 1999,
è necessario prevedere “misure di mitigazione” solamente se necessarie. Nel caso in
esame la limitata dimensione dell'allevamento consente di escludere la necessità di
misure specifiche come invece previsto per gli allevamenti industriali come definiti
dal d.lgs. n. 152 del 2006.
Quanto alle “Problematiche relative all'organizzazione ed al controllo” è poi arbitrario
considerare l'allevamento “intensivo”. Ad ogni buon conto, le doglianze sollevate al
riguardo attengono non alla realizzazione dell'annesso agricolo ma alla gestione
dell'insediamento zootecnico realizzato.
Lo stesso è a dirsi per le “Problematiche relative alla salute umana” e per quelle relative
alla salubrità dell'ambiente. La materia è regolamentata dal d.m. 26 febbraio 2016
recante, “Criteri e norme tecniche generali per la disciplina regionale dell'utilizzazione agronomica
degli effluenti zootecnici di allevamento” e dal Regolamento Regionale n.1/2015.
La progettazione delle strutture ha tenuto conto di tutto quanto fosse possibile per
mitigare ogni eventuale effetto negativo derivante dall' attività di allevamento.
Relativamente all'utilizzo delle risorse idriche e alla possibilità di inquinamento delle
acque di falda, l'appellante sottolinea che l'allevamento è esercitato su una platea in
cemento che non consente sversamenti di liquido all'esterno. Inoltre, l'attività si
svolge in ambiente confinato e con ventilazione controllata che non permette
l'instaurarsi di fermentazioni tali da compromettere la qualità dell'aria, né all'interno
del capannone di allevamento, né a maggior ragione all'esterno.
Un allevamento di questo genere ha poi un impatto sul traffico assai modesto,
dovuto principalmente agli approvvigionamenti.
Pure indimostrata è la sussistenza di effetti negativi sulle culture biologiche
preesistenti.
L'area interessata dall'allevamento è lontana da siti di pregio ambientale.
Quello più vicino è la Selva del Lamone, che dista dal sito interessato quasi 1,00 Km
mentre il Fiume Olpeta si colloca a quasi 3 Km.
Ad ogni buon conto, l'appellante sottolinea che anche laddove l'insediamento
zootecnico fosse stato progettato all'interno di una qualunque delle zone SIC
segnalate, lo strumento di tutela del sito non escluderebbe la possibilità di poterlo
realizzare anche al suo interno.
Né è immaginabile che un modesto allevamento di tacchini possa avere impatto
negativo sull'Oasi del WWF posta ad oltre 13 chilometri.
L'area non è sottoposta a vincolo idrogeologico, non è vincolata paesaggisticamente
e non vi sono emergenze archeologiche meritevoli di tutela.
L'XI) motivo di ricorso concerne “violazione e/o mancata applicazione delle disposizioni
relative alla fase istruttoria del procedimento”. Al riguardo, l'appellante ha sottolineato che
le considerazioni svolte dai ricorrenti sono generiche, bibliografiche, strumentali e
prive di ogni riscontro oggettivo come ampiamente documentato.
Infine, il principio di precauzione, invocato con l'ultimo motivo di ricorso, non
appare ragionevolmente applicabile ad un piccolo allevamento di tacchini in zona
agricola.
4. Si sono costituiti, per resistere, gli appellati, originari ricorrenti.
5. Il Comune di Farnese ha depositato a sua volta appello avverso la sentenza del
TAR, all'uopo deducendo:
I. Error in procedendo. Violazione dell'art. 41 c.p.a. in relazione all'art. 124, d. lgs. n.
267/2000. Circa la tardiva ed inammissibile impugnazione della D.C.C. di Farnese n.
28/2017, con la quale e stato approvato il PUA presentato dal sig. Sebastiani. Violazione
dell'obbligo di interpretazione conforme a Costituzione, in relazione all'art. 117 Cost. ed al regime
statale del permesso di costruire in deroga (art. 14, d.P.R. n.380/2001).
Anche il Comune ha ricordato che, nella Regione Lazio, l'edificazione delle zone
agricole è disciplinata dalla l. r. n. 38 del 1999 la quale consente agli imprenditori
agricoli di presentare un piano che, in relazione ai risultati aziendali da conseguire
(art. 57, comma 5) evidenzi e dimostri la necessità di derogare alla previsione del
lotto minimo o alle dimensioni degli annessi agricoli, così garantendo una sintesi
armonica tra la libertà di iniziativa economica privata (art. 41 Cost.), l'interesse
generale al razionale sfruttamento del suolo e all'equità dei rapporti sociali (art. 44
Cost.), nonché a realizzare, secondo principi promananti dall'ordinamento
eurounitario, lo “sviluppo razionale dell'impresa agricola” tendente ad assicurare “un tenore
di vita equo alla popolazione agricola” (art. 39 TFUE).
L'art. 57, comma 8, disciplina poi i contenuti della convenzione, nella quale vengono
stabiliti gli obblighi dell'imprenditore e la quantificazione dei volumi edificatori
funzionali alla realizzazione del piano di sviluppo agricolo proposto.
Il Comune ha richiamato un precedente di questo Consiglio che ha applicato, al
riguardo, i principi in tema di “pianificazione urbanistica di attuazione” (sentenza n.
4 del 2017).
Anche la Corte di cassazione ha esaminato “la natura del Piano Aziendale di Sviluppo, il
quale può essere qualificato come strumento urbanistico con finalità esecutive e, più precisamente,
un piano attuativo convenzionato, alla stregua del piano di lottizzazione” (Cass. pen., sent. n.
36106/2011)
Relativamente alle prescrizioni che, in via immediata, stabiliscono le potenzialità
edificatorie della porzione di territorio interessata e all'immediato effetto
conformativo dello ius aedicandi, la giurisprudenza amministrativa ha ritenuto
sussistente un onere di immediata impugnativa in osservanza del termine
decadenziale a partire dalla pubblicazione dello strumento pianificatorio.
Oltre a richiamare quanto già dedotto dall'appellante signor Sebastiani, in ordine alla
pubblicazione del PUA e ai relativi effetti, il Comune ha confutato l'assunto del TAR
secondo cui l'approvazione del PUA da parte del Consiglio comunale e la
sottoscrizione della convenzione si pongono, nel contesto procedimentale, quali
meri atti preparatori, funzionali al solo effetto di derogare agli indici urbanistici di
zona e, in definitiva, a consentire il rilascio del permesso di costruire.
Il PUA è assimilabile ad uno strumento urbanistico attuativo, e, ove così non fosse,
si dovrebbe concludere che la disciplina regionale di riferimento abbia previsto una
nuova tipologia di titolo edilizio, contrastante sotto più profili con la disciplina
statale del permesso di costruire in deroga (art. 14 del d.P.R. n. 380/2001), violando
il riparto di competenza in materia di “governo del territorio”.
Le difformità riguarderebbero:
– il procedimento, poiché la disciplina statale non prevede il parere preventivo della
Commissione agraria (art. 57, co. 6, l.r. Lazio n. 38/1999), né la stipula della
convenzione urbanistica (art. 57, co. 8, l.r. Lazio n. 38/1999);
– i presupposti, in quanto la disciplina statale non prevede che il permesso in deroga
possa essere chiesto dai soli coltivatori diretti o dagli imprenditori agricoli
professionali, ovvero – dal punto di vista oggettivo – che il PUA possa riguardare
“l'attuazione dei programmi di sviluppo delle aziende agricole” (art. 57, co. 1, d.P.R. n.
380/2001), ovvero ancora che la deroga agli indici per gli annessi agricoli di nuova
edificazione possa essere autorizzata “per valide e motivate esigenze di sviluppo delle attività
agricole”, mentre il permesso di costruire in deroga può riguardare esclusivamente
edifici ed impianti pubblici o di interesse pubblico (art. 14, co. 1, d.P.R. n. 380/2001);
– le finalità, in quanto il permesso in deroga è volto a soddisfare esigenze costruttive
stabili ed oggettive, mentre, secondo la disciplina regionale, “la perdita delle qualifiche
[soggettive] previste dall'art. 57, comma 1, all'atto del fine lavori e alla conclusione del
procedimento di presentazione della SCIA amministrativa per l'inizio attività ... comporta che le
opere realizzate a seguito del PUA sono da considerarsi difformi rispetto al titolo abilitativo
edilizio” (art. 57, co. 10, l.r. Lazio n. 38/1999);
– gli effetti, in quanto il permesso di cui all'art. 14, d.P.R. n. 380/2001 consente di
derogare (in via definitiva) ai soli limiti di densità edilizia, di altezza e di distanza tra
i fabbricati, mentre la norma regionale, oltre che autorizzare la deroga alla disciplina
del lotto minimo, è il presupposto essenziale per “la realizzazione delle strutture a scopo
abitativo” (art. 57, co. 2, lett. e, l.r. Lazio n. 38/1999);
II. Error in procedendo. Sulla legittimazione ed interesse ad agire dei ricorrenti.
Invero, né i ricorrenti né il giudice di primo grado hanno fornito alcuna prova
concreta a sostegno dell'affermazione per cui il potenziale impatto dell'allevamento
andrebbe ben oltre l'ambito dei fondi finitimi, interessando l'intero territorio di
Farnese.
Al riguardo, i documenti depositati dalle controparti sono solo estratti da pagine web
contenenti articoli di carattere generale, senza nessuna attinenza con il modesto
allevamento avicolo progettato dal signor Sebastiani.
I ricorrenti - non confinanti con l'area oggetto della costruzione e nemmeno
residenti nel territorio comunale (ove dispongono solo di seconde case usate per
villeggiatura) - contestano l'edificazione e la modesta iniziativa in esame, senza però
addurre concretamente, al di là di mere petizioni di principio, alcun pregiudizio ai
loro interessi;
III. Error in procedendo. Inammissibilita' dell'ottavo motivo di ricorso in relazione
all'impugnazione del permesso di costruire n. 01/2018 del Comune di Farnese.
L'impugnativa proposta dai ricorrenti si dirige nei confronti dell'attività di
allevamento; mai essi contestano direttamente l'edificazione dei capannoni,
strumentali all'esercizio dell'attività.
Invero, impugnando il permesso a costruire, le contestazioni hanno riguardato in
radice la stessa possibilità di edificare l'area (l'an dell'edificazione).
Ove il TAR Lazio avesse correttamente ricostruito la natura e gli effetti del PUA
approvato – conseguentemente dichiarandone l'irricevibilità in parte qua per tardiva
impugnazione rispetto alla pubblicazione – allora avrebbe anche dovuto dichiarare
l'inammissibilità della restante parte di ricorso (segnatamente, del motivo di censura
poi accolto nel merito), in quanto l'annullamento del permesso di costruire avrebbe
costituito, in ogni caso, esito processuale inidoneo a garantire l'interesse sostanziale
dedotto in giudizio dai ricorrenti.
L'annullamento del solo permesso di costruire, infatti, non avrebbe intaccato il nesso
di funzionalità, favorevolmente apprezzato dal Comune di Farnese, tra l'impianto
dell'allevamento di tacchini ed il volume edificatorio all'uopo riconosciuto al sig.
Sebastiani per la costruzione degli annessi agricoli.
Né tale annullamento del permesso di costruire avrebbe potuto discendere – come
invece è accaduto – per asserita invalidità derivata del procedimento di approvazione
del PUA;
IV. Error in iudicando. Sulla motivazione del parere espresso dalla Commissione agraria.
La Commissione ha esaminato e valutato la relazione ed il progetto di PUA
presentato dal signor Sebastiani, eseguendo anche un sopralluogo sul posto.
Essendo analiticamente e normativamente predeterminati i parametri sui quali la
Commissione avrebbe dovuto rendere il proprio parere, il giudizio favorevole
espresso rende evincibile senza incertezze il collegamento con l'istruttoria condotta,
così da non consentire dubbi sul contenuto dell'atto e sul suo fondamento.
5. Con memorie del 9 febbraio 2019 e 5 marzo 2019, gli appellati hanno
controdedotto alle impugnative testé sintetizzate nonché riproposto i motivi di
ricorso assorbiti dal TAR
In primo luogo hanno evidenziato che, anche a volere considerare “tardiva”
l'impugnazione del PUA, tanto ridonderebbe non già nell'inammissibilità dell'intero
ricorso, ma – al più – solo di alcuni dei motivi ivi prospettati, rimanendo invece
ammissibili quelli che riguardano il titolo edilizio.
Gli originari ricorrenti hanno sostenuto, peraltro, che il PUA vada inquadrato
nell'ambito di un procedimento unitario che prende avvio dalla proposizione del
progetto e si conclude con il rilascio del titolo edilizio.
In sostanza, in difetto del rilascio del permesso di costruire, il PUA rimarrebbe privo
di effetti e quindi inutiliter datum.
In ogni caso, poiché il PUA incide anche sugli interessi degli odierni esponenti, essi
ritengono che avrebbero dovuto essere coinvolti nel procedimento di approvazione,
ai sensi e per gli effetti dell'art. 7 della l. n. 241/1990.
Gli appellati hanno ribadito, altresì, che solo attraverso l'istanza di accesso hanno
potuto acquisire piena conoscenza dei lavori che il Comune di Farnese aveva
autorizzato.
Peraltro, anche a volere ipotizzare una conoscenza pregressa in capo alla richiedente
l'accesso (la signora Schenk) o ad alcuni dei ricorrenti (sulla scorta degli elementi
“indiziari” dedotti ex adverso) ciò non escluderebbe che gli altri la abbiamo acquisita
successivamente.
Gli appellati hanno evidenziato, altresì, che non risulta che il cartello di cantiere sia
stato mai affisso, o, comunque, ciò non è avvenuto contestualmente alla – ignota –
data avvio dei lavori (che il Comune indica nel 23.02.2018).
Quanto alla legittimazione, il danno che verrebbe loro inferto a seguito della
contestata edificazione inerisce alla proprietà (ovvero incide in negativo sul valore
dell'immobile), e, comunque, pregiudicherebbe anche un uso non continuativo, id
est “non residenziale”, di esso (es.: estivo e/o stagionale).
Relativamente alle critiche svolte avverso le argomentazioni articolate dal TAR in
ordine all'unico motivo esaminato, gli appellati hanno ribadito che la Commissione
agraria non ha espresso, a loro dire, alcuna valutazione, limitandosi a riportare
l'inciso “parere favorevole” e quindi obliterando l'obbligo motivazionale imposto
dall'art. 3 della l. n. 241/1990 e dagli stessi art. 57 e 59, comma 6 della legge della
Regione Lazio, n. 38/1999.
Gli appellati non contestano che la scelta finale spetti al Comune ma mettono in
luce che la legge prevede come indispensabile l'apporto tecnico della Commissione.
In altri termini, il fatto che la Commissione si sia limitata ad esprimere “parere
favorevole”, senza nemmeno dare conto di avere analizzato il progetto,
comproverebbe che la stessa non ha svolto alcuna istruttoria.
Gli appellati hanno poi stigmatizzato il fatto che nell'appello del sig. Sebastiani siano
state spiegate anche le difese relative ai motivi assorbiti dal TAR, prima ancora della
loro formale riproposizione.
Essi hanno comunque riproposto i motivi assorbiti, sia attraverso il richiamo al
contenuto del ricorso di primo grado (che hanno allegato) sia attraverso la specifica
riproposizione delle seguenti doglianze.
I. Violazione del principio di gerarchia Piani Urbanistici/Titoli edilizi – Contraddittorietà tra le
due autorizzazioni [All. C, MOTIVO I, pagg. 16-17]
Il PUA avrebbe autorizzato la costruzione di un solo capannone. Più precisamente,
nel § 2.2.1 del Piano presentato (“Dettaglio degli investimenti – Realizzazione fabbricato”)
si prevede, testualmente, che “Il progetto prevede…la realizzazione di un capannone (il
Fabbricato A); nella planimetria compare il Capannone B che sarà realizzato con un successivo
permesso di costruire”.
La Relazione Tecnica allegata alla richiesta di PdC, sia alla pag. 1 (intestazione) che
alla successiva pag. 4 (nel § titolato “Previsioni di Progetto”), prevede la
“realizzazione di due capannoni avicoli”. Analoghe conclusioni possono trarsi dagli
ulteriori allegati, nonché dal Computo Metrico Estimativo;
II. Violazione e/o erronea applicazione dell'art. 57 l.r. n. 38 del 1999 – Erronea stima dei costi
e conseguente illegittimità della convenzione e della polizza fideiussoria. [All. C, MOTIVO II,
pagg. 17-19].
La convenzione e la polizza afferenti al PUA sarebbero illegittime in quanto i costi
ivi indicati sarebbero stati erroneamente conteggiati sulla base dei documenti di
spesa relativi al progetto, in particolare il computo metrico estimativo e, comunque,
sarebbero sottostimati;
III. Violazione e/o elusione del r.d. n. 274 del 1929 e del d.P.R. n. 380 del 2001 oltre che della
N.T. 2008 e dell' OPCM n. 3274/2003 – Difetto e lacunosità dell'istruttoria [All. C,
MOTIVO III, pagg. 19-23].
Il Direttore dei Lavori nominato è un geometra, e, come tale, non in possesso delle
qualifiche necessaria ex lege per tale incarico;
IV. Violazione e/o erronea applicazione dell'art. 57, comma 1, l.r. n. 38 del 1999, anche in
combinato disposto con gli articoli 1, l.n. 99/2004 e 2135 c.c. – Travisamento e/o omessa e/o
carente valutazione dei requisiti del richiedente il PUA e il PDC [All. C, MOTIVO IV, pagg.
23-26].
Il signor Sebastiani non poteva ritenersi qualificato alla stregua di un imprenditore
agricolo, in conformità a quanto previsto dall'art. 57, comma 1, della legge della
Regione Lazio n. 38/1999;
V. Violazione e/o erronea applicazione dell'art. 57, comma 1, l.r. n. 38 del 1999 sotto altro
profilo – Travisamento e/o erronea valutazione – Sviamento [All. C, MOTIVO V, pagg. 26-
28]
Il signor Sebastiani non aveva la proprietà delle aree interessate dall'intervento, al
momento della presentazione della domanda, e queste, in ogni caso, non sarebbero
state pertinenti all'azienda agricola, che sorge in altra località;
VI. Sotto altro profilo – Travisamento e/o erronea valutazione - Sviamento [All. C, MOTIVO
VI, pagg. 28-32]
L'art. 57 consentirebbe di effettuare interventi edilizi in deroga soltanto su immobili
che siano già esistenti. Nel caso di specie, l'appellante non disponeva di nessun
immobile all'interno dell'area, come confermato dalla stessa Relazione tecnica
allegata alla domanda di PUA, né possono essere considerati tali il “fabbricato
rurale”, sia perché acquistato dopo la presentazione della domanda, sia perché
semplice “annesso agricolo”. Inoltre, l'azienda agricola dello stesso non ha mai
svolto attività di allevamento, e quindi non rientrerebbe nell'ambito di applicazione
della succitata norma di legge regionale, che ha come finalità quella di favorire il
miglioramento delle attività (già) svolte;
VII. Violazione e/o erronea applicazione degli articoli 57 e 59 della l. r. n. 38 del 1999. Mancata
applicazione dell'art. 36, comma 2, l.r. n. 14 del 1999 – lacunosità e/o insufficienza
dell'istruttoria [All. C, MOTIVO VII, pagg. 32-33].
Il Comune avrebbe autorizzato delle deroghe edilizie ulteriori rispetto a quelle
consentite dalla disciplina regionale. Inoltre, non sarebbe stato chiesto il parere del
competente organo provinciale, in violazione del disposto dell'art. 36, co. 2, lett. a),
della l.r. n. 14/1999;
IX. Violazione e/o erronea applicazione dei commi 2 e 8 dell'art. 57 e dell'art. 55 della l.r. n.
38 del 1999 – Mancata applicazione della normativa ambientale (d.lgs. n. 152 del 2006) –
Violazione dell'art. 117, comma 2, lett. s) Cost. e del d.P.R. n. 380 del 2001 – Mancata
applicazione d.m. 5 settembre 1994 e del T.U.L.S. – Difetto di istruttoria – Erroneo
inquadramento dell'attività di allevamento – Travisamento e sviamento [All. C, MOTIVO IX,
pagg. 37-43]
Il PdC è stato rilasciato senza alcuna verifica sull'applicabilità delle disposizioni di
legge in materia ambientale, ovvero senza applicazione di esse, e, soprattutto, senza
la previsione di alcuna misura di mitigazione e/o di prevenzione dei fattori di rischio
legati alla tutela della salute, quale materia a presidio costituzionale e di competenza
esclusiva della legislazione statale ex art. 117 Cost..
In ogni caso, andavano applicate le disposizioni di cui al D.M. 5 settembre 994 e
quelle del T.U.L.S., che impongono specifiche prescrizioni e misure di prevenzione,
considerando che gli allevamenti di animali sono sempre considerati alla stregua di
“industrie insalubri”, specie se collocati in zone residenziali e/o comunque abitate.
L'attività edilizia assentita dal Comune andrebbe quindi a realizzare una vera e
propria “attività industriale” in zona agricola, in spregio al divieto posto dall'art. 55
della succitata Legge. Il PdC non è stato sottoposto alla procedura di Autorizzazione
Integrata Ambientale (AIA) prevista dall'art. 3 del d.lgs. n. 152 del 2006 né alla
procedura di VIA, in relazione agli indubbi riflessi ed impatti sull'ambiente che
l'impianto arrecherà sul territorio. In ogni caso, gli allevamenti degli animali,
qualunque sia la loro consistenza, sono inclusi tra le lavorazioni insalubri di prima
classe in considerazione dei cattivi odori, rumori, rifiuti liquidi o solidi che essi
comportano (ex plurimis, Cons. Stato, Sez. III, 12 giugno 2015, n. 2900; id., Sez. V, 4
settembre 2013, n. 4409).
Né sarebbero state rispettate le prescrizioni in materia di distanze tra i “capannoni”
ovvero l'allevamento ed i fabbricati e/o i terreni degli odierni istanti, siccome
anch'esse fissate ex lege, nonché in virtù del vigente Regolamento comunale e/o di
Igiene, ove approvato dal Comune di Farnese;
X. Violazione e/o mancata applicazione della generale normativa ambientale – Mancata
considerazione dei vincoli paesaggistici, naturalistici ed ambientali – Violazione delle norme
igieniche e sanitarie – Mancanza di istruttoria su tali profili – Omessa considerazione delle
conseguenze dell'insediamento produttivo sul territorio [All. C, MOTIVO X, X.AX. B - pagg.
43-55]
Il Comune di Farnese, nell'autorizzare il PUA, prima, ed il PdC, poi, non avrebbe
minimamente tenuto in considerazione le rilevantissime “criticità” e gli “impatti”
che l'insediamento dell'allevamento avrebbe portato sul territorio. Relativamente a
tali problematica, gli appellati hanno rinviato ai punti X.A e X.B del ricorso
introduttivo e relativi allegati documentali;
XI. Violazione e/o erronea applicazione dell'art. 87, comma 6, della legge della Regione Lazio
n. 38 del 1988, sotto ulteriore profilo – Violazione art. 1, legge n. 241/90 – Totale assenza di
istruttoria e mancata valutazione delle questioni connesse all'intervento [All. C, MOTIVO XI,
pag. 55-57].
Il Comune di Farnese non avrebbe dato corso ad alcuna istruttoria, né in ordine
all'adozione del PUA né con riferimento al rilascio del PdC,;
XII. Mancata applicazione del principio di precauzione – Mancata imposizione di misure di
mitigazione e/o prevenzione – Totale assenza di istruttoria – Abnormità del PDC [All. C,
MOTIVO XII, pag. 57-60]
Non sarebbero state prescritte le dovute misure di mitigazione e/o di prevenzione
dei rischi per la salute e per l'ambiente, e ciò renderebbe illegittimo non solo il PUA,
ma anche lo stesso PdC.
6. Le parti hanno depositato ulteriori memorie
Il Comune di Farnese ha evidenziato:
- relativamente al primo motivo di appello che nella planimetria allegata al PUA
figura anche il capannone B (del quale era stata pianificata la realizzazione); l'importo
indicato a pag. 16 del PUA è in tutto coincidente con quello esposto nel CME a
fondamento del permesso di costruire, dal quale si evince la previsione di due
capannoni avicoli; vi è perfetta corrispondenza tra le localizzazioni e gli indici
edificatori approvati con il PUA con quanto autorizzato nel permesso di costruire;
- ai geometri è riconosciuta specifica competenza relativamente a “progetto, direzione,
sorveglianza e liquidazione di costruzioni rurali e di edifici per uso di industrie agricole, di limitata
importanza, di struttura ordinaria, comprese piccole costruzioni accessorie in cemento armato, che
non richiedano particolari operazioni di calcolo e per la loro destinazione non possono comunque
implicare pericolo per la incolumità delle persone”. A tale disposizione si aggiunge l'art. 57
della legge 2 marzo 1949, n. 11, relativa alla tariffa degli onorari per le prestazioni
professionali dei geometri, che nella categoria “Costruzioni rurali, modeste costruzioni
civili, edifici pubblici per comuni fino a 10.000 abitanti, cui si applicano le tabelle H ed I”,
prevede le “costruzioni per aziende rurali con annessi edifici per la conservazione dei prodotti o
per industria agraria, le case di abitazione popolari nei centri urbani, gli edifici pubblici, magazzini,
capannoni . . .”.
- l'art. 6, comma 13, d.lgs. n. 152/2006, prevede che l'autorizzazione integrata
ambientale è necessaria per gli allevamenti di pollame con più di 40.000 capi; l'art. 7
bis, d.lgs. n. 152/2006, dispone che «Sono sottoposti a VIA in sede regionale, i progetti di
cui all'allegato III alla parte seconda del presente decreto» e, a sua volta, l'allegato III alla parte
seconda, include nella categoria gli «Impianti per l'allevamento intensivo di pollame o di suini
con più di: - 85.000 posti per polli da ingrasso, 60.000 per galline»; l'allevamento autorizzato
al sig. Sebastiani, pari a 19.000 posti, è ben al di sotto degli esposti limiti
dimensionali;
- l'area di insistenza dell'allevamento è lontana diversi chilometri dal centro abitato
di Farnese, è priva di abitazioni civili nell'intorno e non è interessata da vincoli
paesaggistici, archeologici, idrogeologici o da fasce di rispetto. I documenti
depositati dalle controparti e asseritamente destinati a dimostrare il contrario sono,
in realtà, solo estratti da pagine web contenenti articoli di carattere generale, senza
nessuna attinenza con il territorio comunale di Farnese o con il modesto allevamento
avicolo progettato dal sig. Sebastiani.
Gli appellati, dal canto loro, hanno ribadito che l'intero procedimento che ha portato
all'approvazione del PUA, pur involgendo anche le posizioni e gli interessi dei
soggetti residenti, se non dell'intera collettività comunale, quanto meno in funzione
dei riflessi sui “beni diffusi” (ambiente, salute, etc.), non li ha coinvolti in alcun
modo, ragion per cui l'effettiva conoscenza di tale “strumento” non poteva che farsi
decorrere da quella del titolo edilizio, rispetto al quale il ricorso dovrebbe ritenersi
senz'altro tempestivo.
In replica, il sig. Sebastiani ha infine osservato che l'approvazione del PUA rientra
nella discrezionalità del Consiglio comunale essendo in gioco, come chiarito anche
dalla Regione Lazio, discrezionalità non solo tecnica, bensì estesa a scelte e
valutazioni in ordine all'assetto urbanistico di una porzione del territorio rurale, in
deroga ai criteri configurati in via generale dalla legge regionale.
7. Gli appelli sono stato trattenuti in decisione alla pubblica udienza del 10 ottobre
2019.
8. La legge della Regione Lazio, n. 38 del 22 dicembre 1999 (“Norme sul governo
del territorio”), disciplina l'edificazione in zona agricola agli articoli 54 e seguenti
(Capo II del Titolo IV).
In particolare, l'art. 54, comma 1, dispone che “Fatto salvo quanto previsto dalla legge
regionale 6 ottobre 1997, n. 29, dalla legge regionale 6 luglio 1998, n. 24 e dalla legge regionale
2 novembre 2006, n. 14, e successive modifiche, nelle zone agricole è vietata:
a) ogni attività comportante trasformazioni del suolo per finalità diverse da quelle legate allo
svolgimento delle attività di cui al comma 2;
b) ogni lottizzazione a scopo edilizio;
c) l'apertura di strade interpoderali che non siano strettamente necessarie e funzionali allo
svolgimento delle attività di cui al comma 2”.
Secondo il comma 2 della medesima disposizione, “Nel rispetto degli articoli 55, 57 e
57-bis e dei regolamenti ivi previsti, nelle zone agricole sono consentite le seguenti attività:
a) le attività agricole tradizionali quali la coltivazione del fondo, la zootecnia, l'itticoltura e la silvicoltura,
nonché le ulteriori attività connesse con l'attività agricola nel rispetto della vigente normativa
di settore;
b) le seguenti attività integrate e complementari all'attività agricola e compatibili con la destinazione
di zona agricola:
1) ricettività e turismo rurale;
2) trasformazione e vendita diretta dei prodotti derivanti dall'esercizio delle attività agricole;
3) ristorazione e degustazione dei prodotti tipici derivanti dall'esercizio delle attività agricole;
4) attività culturali, didattiche, sociali, ricreative e terapeutico riabilitative;
5) accoglienza ed assistenza degli animali. [...]”.
L'art. 55, comma 1, prevede poi che “Fermo restando l'obbligo di procedere prioritariamente
al recupero delle strutture esistenti, la nuova edificazione in zona agricola è consentita soltanto se
necessaria per l'esercizio delle attività di cui all'articolo 54, comma 2, nel rispetto di quanto previsto
dal presente articolo e dagli articoli 57 e 57-bis”.
Secondo l'art. 57, “I CD, così come definiti dagli articoli 1 e 2 della L. 1047/1957 e gli IAP,
singoli o associati, così come definiti all'articolo 1 del D.Lgs. 99/2004, possono presentare al
comune un PUA per l'attuazione dei programmi di sviluppo delle aziende agricole” (comma 1).
Inoltre “Il PUA deve indicare i risultati aziendali che si intendono conseguire ed è richiesto per:
a) la demolizione e ricostruzione con sagoma diversa ed eventuale delocalizzazione all'interno della
stessa azienda agricola degli edifici legittimi esistenti con l'obbligo di non superare le superfici lorde
utili e di non modificare le destinazioni d'uso esistenti;
b) la deroga all'altezza degli annessi agricoli di cui all'articolo 55, comma 6, esclusivamente per
comprovate esigenze tecniche;
c) la deroga alle dimensioni del lotto minimo per gli annessi agricoli di cui all'articolo 55, comma 6
e comunque nel rispetto dell'unità minima aziendale;
d) la deroga agli indici per gli annessi agricoli di nuova edificazione di cui all'articolo 55, comma 6
e comunque nel rispetto delle dimensioni del lotto minimo, esclusivamente per valide e motivate
esigenze di sviluppo delle attività agricole di cui all'articolo 54, comma 2, lettera a;
e) la realizzazione delle strutture a scopo abitativo” (comma 2).
Il PUA contiene:
“a) la descrizione dello stato attuale dell'azienda agricola nelle sue componenti produttive, edilizie
e infrastrutturali;
b) la descrizione degli eventuali interventi programmati per lo svolgimento delle attività agricole con
particolare riferimento alle linee di sviluppo dell'azienda;
c) la descrizione dei fabbricati esistenti e l'individuazione dei fabbricati presenti nell'azienda ritenuti
non più rispondenti alle finalità economiche e strutturali descritte dal programma di sviluppo
aziendale;
d) la descrizione dettagliata degli interventi edilizi e di quelli infrastrutturali previsti nonché di
quelli finalizzati alla tutela e alla valorizzazione ambientale” (comma 5).
Il Piano è sottoposto “al preventivo parere di una commissione, denominata "Commissione
agraria", nominata dal comune, di cui fanno parte un rappresentante della struttura comunale
competente e due esperti esterni dottori agronomi forestali o periti agrari, ovvero agrotecnici o
agrotecnici laureati ovvero da geometri indicati dalle organizzazioni professionali del settore agricolo,
dagli ordini e dai collegi professionali del settore agricolo. La Commissione agraria dura in carica
cinque anni e i suoi membri possono essere confermati una sola volta. Gli oneri per il funzionamento
della Commissione sono a carico del comune che l'ha istituita, il quale può, con apposita
deliberazione, determinare le relative spese di istruttoria. La Commissione agraria si esprime in
merito:
a) alla verifica dei presupposti agronomici e/o forestali ed economico-produttivi;
b) alla verifica degli aspetti paesistico-ambientali ed idrogeologici;
c) alla verifica di coerenza e di compatibilità con i piani sovraordinati generali e di settore;
d) alla verifica dei requisiti soggettivi del proponente;
e) alla verifica delle caratteristiche dell'azienda agricola;
f) in relazione agli impianti destinati alla produzione di calore e di elettricità alimentati da
biomasse, alla verifica della rispondenza degli stessi alle reali esigenze dell'azienda agricola e della
proporzionalità rispetto alla tipologia ed alle dimensioni dell'azienda stessa;
g) alla verifica della effettiva necessità di realizzazione delle opere infrastrutturali proposte nonché
la possibilità di soluzioni alternative di minor impatto e della mitigazione degli effetti” (comma
6).
Il Piano, oltre a quanto previsto dall'articolo 76, stabilisce in particolare l'obbligo per
il richiedente di:
“a) effettuare gli interventi previsti dal programma, in relazione ai quali è richiesta la realizzazione
di nuove costruzioni rurali;
b) non modificare la destinazione d'uso rurale delle costruzioni esistenti o recuperate necessarie allo
svolgimento delle attività di cui all'articolo 54, comma 2;
c) non modificare la destinazione d'uso rurale delle nuove costruzioni;
d) non alienare separatamente dalle costruzioni il fondo” (art. 57, comma 8, della l.r. n. 38
del 1999).
8.1. Il Piano di utilizzazione aziendale, di cui si è testé sintetizzata la disciplina,
costituisce uno strumento urbanistico di dettaglio (Cons. Stato, sez. IV, sentenza n.
4 del 3 gennaio 2017), funzionale alla concreta realizzazione delle scelte urbanistiche
delineate dal P.R.G. (Cass. penale sez. III, 5 ottobre 2011, n.36106).
Nella fattispecie, gli appelli risultano manifestamente fondati nella parte in cui si
dolgono della reiezione da parte del TAR dell'eccezione di irricevibilità
dell'impugnativa del Piano presentato dal signor Sebastiani, in quanto interposta
dagli originari ricorrenti quasi un anno dopo l'approvazione da parte del Consiglio
Comunale e la pubblicazione all'Albo Pretorio.
Al riguardo, il primo giudice ha osservato che “Il PUA [...] non è integralmente e
generalmente assoggettabile alla stessa disciplina degli strumenti di pianificazione urbanistica
attuativa (ivi inclusa la disciplina attinente al relativo regime di impugnabilità), in quanto
costituisce più semplicemente l'esplicazione di una potestà derogatoria circoscritta nei limiti e per gli
effetti di cui all'art. 57, comma 1 e dell'art. 55, comma 10 della L.R. n. 38/1999”.
Tale statuizione non trova supporto nella disciplina vigente nella Regione Lazio.
Al riguardo, giova evidenziare che il permesso di costruire in deroga – secondo il
modello regolato in sede statale – è un istituto di carattere eccezionale “giustificato
dalla necessità di soddisfare esigenze straordinarie rispetto agli interessi primati garantiti dalla
disciplina urbanistica generale e, in quanto tale, applicabile esclusivamente entro i limiti
tassativamente previsti dall'art. 14 d.P.R. n. 380 del 2001” (Cassazione penale sez. III, 31
marzo 2011, n.16591), e comunque esclusivamente in ordine ad “edifici ed impianti
pubblici o di interesse pubblico”.
La legislazione urbanistica della Regione Lazio, al contrario, configura il PUA come
uno strumento obbligatorio per l'edificazione in zona agricola nelle ipotesi indicate
dall'art. 55, comma 2, della l.r. n. 38 del 1999.
Si tratta pertanto di una modalità, non eccezionale bensì ordinaria, di attuazione
degli strumenti urbanistici in zona agricola, il cui elemento qualificante non è
rappresentato dalle eventuali deroghe necessarie per realizzare gli annessi agricoli di
nuova edificazione bensì dagli obiettivi di sviluppo aziendale, così come descritti
dallo stesso PUA.
In tale prospettiva, il rilascio del permesso di costruire in deroga (ove lo richiedano
“comprovate esigenze tecniche” ovvero le “esigenze di sviluppo delle attività agricola”), non è
l'atto conclusivo del procedimento di approvazione ma una modalità di attuazione
del Piano, come peraltro reso evidente dalla stipula della convenzione, con la quale
il richiedente assume, tra gli altri, l' obbligo di “a) effettuare gli interventi previsti dal
programma, in relazione ai quali è richiesta la realizzazione di nuove costruzioni rurali” (art. 57,
comma 8, della l.r. n. 38 del 1999).
8.2. La manifesta irricevibilità dell'impugnativa del Piano di utilizzazione aziendale,
esime il Collegio dall'esaminare i motivi del ricorso di primo grado che ad esso
specificamente si riferiscono.
Per quanto occorrer possa osserva però che si appalesa infondata, al riguardo, l'unica
censura esaminata e accolta dal TAR, relativa al difetto di motivazione del parere
della Commissione agraria, disciplinato dall'art. 57, comma 6, della l.r. n. 38 del 1999.
Secondo il primo giudice, poiché il testo della disposizione, sopra riportata, adopera
la dizione “La Commissione agraria si esprime in merito”, esso postulerebbe non solo che
i singoli profili indicati vengano valutati, ma anche che dette valutazioni debbano
essere “distintamente rese manifeste nel testo del parere”.
Il Collegio ricorda che il difetto di motivazione sussiste solo quando non sia possibile
ricostruire il percorso logico-giuridico seguito dall'autorità emanante e siano
incomprensibili le ragioni sottese alla determinazione assunta; né l'obbligo per
l'autorità di motivare il provvedimento può ritenersi violato qualora, anche a
prescindere dal tenore letterale dell'atto finale, i documenti dell'istruttoria abbiano
una propria autosufficienza e, in quanto richiamati “per relationem”, offrano
comunque elementi sufficienti e univoci dai quali possano ricostruirsi le concrete
ragioni poste a sostegno della determinazione assunta (Cons. Stato, sez. V, sentenza
n. 2011 del 21 aprile 2015).
Nel caso in esame, la formulazione della disposizione regionale, interpretata alla luce
del canone esegetico testé evidenziato, non esclude affatto che, in caso di esito
positivo, il giudizio della Commissione possa raccordarsi, per relationem, agli stessi
contenuti del Piano i quali, ai sensi della prefata disposizione, costituiscono oggetto
di valutazione.
In tale ipotesi, spetta quindi ai ricorrenti che intendano contestare la valutazione
della Commissione di individuarne profili di manifesta irragionevolezza, erroneità
e/o travisamento dei fatti.
Nel caso in esame, al contrario, se può convenirsi con il primo giudice che il PUA
presenti aspetti che richiedono l'esercizio di un certo grado di discrezionalità tecnica
e/o amministrativa (quali, ad esempio, quelli relativi alla “verifica della effettiva necessità
di realizzazione delle opere infrastrutturali proposte nonché la possibilità di soluzioni alternative
di minor impatto e della mitigazione degli effetti” – art. 57, comma 6, lett. g) della l.r. n. 38
del 1999), tuttavia gli originari ricorrenti non hanno né allegato né comprovato
l'esistenza di specifici vincoli ambientali e/o paesaggistici tali da rendere
inattendibile il parere favorevole reso dalla Commissione e recepito dal Consiglio
Comunale.
Essi, del resto, più in generale, non sono stati in grado di allegare (né tantomeno
comprovare) quali concreti aspetti del progetto presentato dal signor Sebastiani si
pongano in contrasto con le vigenti norme igienico – sanitarie e/o ambientali, solo
genericamente invocate.
9. Ciò posto, relativamente all'impugnativa del permesso di costruire, si può
prescindere dalle eccezioni preliminari, di irricevibilità e di difetto di legittimazione
riproposte dagli appellanti, in quanto il ricorso di primo grado era, in tale parte,
infondato.
9.1. E' anzitutto infondata la censura che ravvisa una difformità del permesso di
costruire rispetto al PUA sol perché, nella Relazione allegata al Piano, la costruzione
del capannone B (pur esso riportato nella planimetria relativa alla “localizzazione
complessiva dell'intervento su base catastale”), era stata originariamente rinviata nel tempo
(“sarà realizzato con un successivo permesso di costruzione”).
E' infatti evidente che la realizzazione del secondo capannone (con relativa
localizzazione e dimensionamento) era stata comunque già approvata dal Comune
di Farnese, sicché il fatto che il signor Sebastiani, a differenza di quanto
originariamente programmato, abbia poi richiesto di realizzare gli interventi
contestualmente, non rende per ciò solo siffatta iniziativa difforme dal PUA, che
comunque contemplava l'intervento nel suo complesso.
9.2. Anche il motivo con cui si contesta la competenza professionale del geometra,
direttore dei lavori, è infondato.
Le opere in contestazione consistono nella “realizzazione di una fondazione in cls armato
per la successiva posa in opera dei capannoni da allevamento a tunnel prefabbricati. Le
sovrastrutture saranno realizzate in acciaio, con tamponature e copertura in pannelli ‘sandwich'”.
Al riguardo, sono stati gli stessi originari ricorrenti ad evidenziare, nel corpo del
ricorso introduttivo che “il progetto c.d. strutturale è stato – correttamente – redatto da un
Ingegnere, che ha proceduto al deposito ai fini dell'ottenimento dell'autorizzazione sismica” (pag.
16).
Essi hanno contestato, invece, che il geometra De Carli sia stato designato
“Direttore dei Lavori” e abbia firmato il “progetto architettonico”.
9.2.1. Secondo l'art. 16 del r.d. 11 febbraio 1929 n. 274 la competenza professionale
dei geometri riguarda “progetto, direzione, sorveglianza e liquidazione di costruzioni rurali e di
edifici per uso d'industrie agricole, di limitata importanza, di struttura ordinaria, comprese piccole
costruzioni accessorie in cemento armato, che non richiedono particolari operazioni di calcolo e per
la loro destinazione non possono comunque implicare pericolo per la incolumità delle persone” (lett.
l), nonché “progetto, direzione e vigilanza di modeste costruzioni civili” (lett. m).
Il criterio per accertare se una costruzione sia da considerare modesta e, quindi, se
la sua progettazione rientri nella competenza professionale dei geometri, consiste
nel valutare le difficoltà tecniche che la progettazione e l'esecuzione dell'opera
comportano e le capacità occorrenti per superarle; a questo fine, mentre non è
decisivo il mancato uso del cemento armato (ben potendo anche una costruzione
“non modesta” essere realizzata senza di esso), assume significativa rilevanza il fatto
che la costruzione sorga in zona sismica, con conseguente assoggettamento di ogni
intervento edilizio alla normativa di cui alla l. 2 febbraio 1974 n. 64, la quale impone
calcoli complessi che esulano dalle competenze professionali dei geometri (cfr.
Cons. Stato, sez. V, 23 febbraio 2015, n.883).
Peraltro, in caso di complessiva modestia dell'opera, la circostanza che comunque i
calcoli relativi alle opere in cemento armato siano stati curati da un professionista
abilitato consente di considerare legittimo il titolo abilitativo rilasciato su progetto
redatto da un geometra (Cons. Stato, sez. IV, 28 novembre 2012, n. 6036).
Giova altresì richiamare quanto argomentato nel parere della Sezione II^ di questo
Consiglio, n. 2359 del 4 settembre 2015.
In base al principio generale della collaborazione tra titolari di diverse competenze
professionali, nulla impedisce che la progettazione e direzione dei lavori relativi alle
opere in cemento armato sia affidata al tecnico in grado di eseguire i calcoli necessari
e di valutare i pericoli per la pubblica incolumità, e che l'attività di progettazione e
direzione dei lavori, incentrata sugli aspetti architettonici della “modesta”
costruzione civile, sia affidata, invece, al geometra.
Non si tratta, quindi, di assicurare la mera presenza di un ingegnere progettista delle
opere in cemento armato, che controfirmi o si limiti ad eseguire i calcoli (Cass. civ.,
Sez. II, 2 settembre 2011, n. 18038). Il professionista, che svolge la progettazione
con l'uso del cemento armato, deve pertanto essere competente a progettare e ad
assumersi la responsabilità del segmento del progetto complessivo riferito alle opere
in cemento armato (TAR Lombardia, Brescia, Sez. II, 18 aprile 2013, n. 361, ed
implicitamente TAR Marche, Ancona, 11 luglio 2013, n. 559), nel senso appunto
che l'incarico non può essere affidato al geometra, che si avvarrà della collaborazione
dell'ingegnere, ma deve essere sin dall'inizio affidato anche a quest'ultimo per la
parte di sua competenza e sotto la sua responsabilità (Cass. Civ. Sez. II, 30 agosto
2013, n. 19989).
Nel caso di specie risulta, per come ammesso dagli stessi ricorrenti, che il “progetto
c.d. strutturale è stato – correttamente – redatto da un Ingegnere, che ha proceduto al deposito ai
fini dell'ottenimento dell'autorizzazione sismica”.
Si deve pertanto ritenere che lo stesso abbia redatto anche il segmento del progetto
complessivo riferito alle opere in cemento armato, assumendosene la responsabilità.
10. Per quanto testé argomentato, gli appelli, principale ed incidentale, debbono
essere accolti, con la conseguente riforma della sentenza impugnata.
Ne consegue che il ricorso di primo grado, deve essere dichiarato in parte irricevibile
e respinto per il resto.
Le spese del doppio grado di giudizio, in relazione alla novità della questione,
possono essere compensate.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente
pronunciando sull'appello n. 302 del 2019, nonché sull'appello incidentale, di cui in
premessa, li accoglie e, per l'effetto, in riforma della sentenza impugnata, dichiara il
ricorso di primo grado, in parte, irricevibile, e lo respinge per il resto.
Compensa tra le parti le spese del doppio grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 10 ottobre 2019 con
l'intervento dei magistrati:
Paolo Troiano, Presidente
Leonardo Spagnoletti, Consigliere
Giuseppe Castiglia, Consigliere
Nicola D'Angelo, Consigliere
Silvia Martino, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Silvia Martino Paolo Troiano
IL SEGRETARIO
Avv. Antonino Sugamele

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