La superficie edificabile.
LA SUPERFICIE EDIFICABILE. Tratto da Avanguardia Giuridica. di Marco Antoniol.
Individuazione della superficie di riferimento.
Dagli esempi svolti nel capitolo che precede si può ricavare che gli indici di
edificabilità sono normalmente59 espressi in mc/mq60. Sulla base di questo dato, si
potrebbe essere indotti a pensare che l'indice esprima la cubatura assentibile in ogni
metro quadro di terreno. Se ad esempio il pianificatore assegnasse all'area X un
indice di 2 mc/mq, si potrebbe ritenere che su ogni metro quadro dell'area X sia
consentito realizzare un volume pari a 2 metri cubi.
La logica dimostra però che così non può essere. Ed invero, gli indici sono al
più valori di poche unità e talvolta sono addirittura espressi in valori decimali
compresi tra zero e uno. Se dunque su ogni metro quadro si potessero edificare
solo i metri cubi che l'indice riferisce ad un metro quadro, raramente si potrebbe
raggiungere l'altezza di 3 metri che, com'è noto, è all'incirca l'altezza di un locale di
edilizia residenziale.
Occorre allora prendere atto che la volumetria tende a concentrarsi su una parte
dell'area a disposizione61: chi dispone di un indice di 2 mc/mq, ad esempio, non
edificherà 2 metri cubi in ogni metro quadro a propria disposizione, ma sceglierà
un'area ottimale per l'edificazione e lì edificherà tutta la volumetria che il
pianificatore gli consente.
Se è così, occorre però domandarsi quale superficie considerare per individuare
il totale di volumetria assentibile. Evidentemente, considerare un'area più ampia
permetterà di totalizzare una volumetria superiore e quindi di edificare un'immobile
di maggiori dimensioni, esaurendo però la volumetria assentibile in una più vasta
superficie di terreno.
Ciò può forse essere chiarito con un esempio. Si pensi che Tizio sia proprietario
di un piccolo prato di 100 mq e di un'area sterrata adiacente, anch'essa di 100 mq.
Si ipotizzi che entrambe le aree siano ubicate in una zona con indice di edificabilità
pari a 2 mc/mq. Tizio decide di edificare sul prato: se considera la sola volumetria
assentibile sul prato stesso, egli può edificare un immobile di 200 mc, ma se
considera anche l'adiacente area sterrata - che è di sua proprietà, al pari del prato -
l'immobile potrà anche raggiungere i 400 mc.
59 Normalmente, ma non necessariamente: cfr infra, pag. 123.
60 Cfr. CANDIAN A., Il contratto, cit., laddove si parla di «rapporto tra superficie disponibile, espressa in mq,
e la volumetria edificabile espressa in mc».
61 Cfr. PITTER P., Limiti di volumetria e vincolo di inedificabilità sulla superficie residua non edificata (una prassi diffusa
in materia urbanistica), in Riv. dir. civ., 1973, II, pagg. 426 e ss.: «Generalmente la volumetria consentita non
viene realizzata materialmente su tutta l'area ma solo su una parte di essa».
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Occorre dunque capire, in buona sostanza, quale superficie deve essere utilizzata
nella formula fondamentale della densità edilizia, ai fini del calcolo della volumetria
assentibile. Di questo aspetto del problema della densità edilizia ci si occuperà
dunque nel presente capitolo.
2. Zone urbanizzate e zone non urbanizzate: la summa divisio tra gli indici di edificabilità
La soluzione del problema accennato - consistente nell'individuazione della
superficie da prendere in considerazione ai fini del calcolo della volumetria
assentibile - dipende in larga misura dalle caratteristiche della zona sulla quale
insiste la superficie da considerare.
Nella materia de qua è infatti fondamentale distinguere le zone già urbanizzate e
quelle ancora da urbanizzare: nell'ambito delle prime, la superficie che viene in
rilievo è quella del lotto; nell'ambito delle seconde, invece, viene in rilievo la
superficie dell'intera zona territoriale omogenea.
L'indice di edificabilità riferito al lotto è detto indice fondiario, mentre quello
riferito all'intera zona è detto indice territoriale. Si tratta di contrapposizione classica62,
che appare recepita anche dal legislatore statale63, da quello regionale64 e dalla
giurisprudenza65. In dottrina, per vero, si ritrova anche espressa con terminologia
differente, ma quasi sempre ancorata comunque alla contrapposizione tra fondo e
territorio66.
Trattandosi di concetti portanti della materia de qua, è bene chiarirne l'esatto
portato prima di procedere oltre.
3. L'indice territoriale
Si è accennato al fatto che per indice territoriale si intende l'indice di edificabilità
62 Tale terminologia è infatti autorevolmente usata, ad esempio, da MENGOLI G. C., Manuale, cit., pagg.
173 e ss.
63 Cfr. art. 7, d.m. 2 aprile 1968, n. 1444, su cui cfr. infra pag. 61.
64 Cfr. art. 4, comma primo, d.a. Sardegna 22 dicembre 1983, n. 2266/U: «La densità edilizia viene
determinata mediante gli indici di fabbricabilità territoriale e fondiario che esprimono la misura del volume
edificabile per ogni metro quadro di superficie rispettivamente territoriale e fondiaria».
65 cfr. Cons. Stato, sez. IV, 22 febbraio 1993, n. 182, per il quale il legislatore «distingue la densità edilizia
in densità territoriale e densità fondiaria».
66 Cfr. ad esempio FIALE A., FIALE E., Diritto urbanistico, XIII ed. Napoli, 2008, pag. 588, laddove si
contrappongono un «indice di fabbricabilità territoriale (o “limite di densità edilizia territoriale”)» ad un
«indice di fabbricabilità fondiario (o “limite di densità edilizia fondiaria”)». Alcuni Autori parlano poi di
«indice di fabbricabilità» intendendo l'indice fondiario: in questo senso cfr. CAVALIERI E., La computabilità
della volumetria di edifici preesistenti ai fini del rilascio del permesso di costruire, in Giorn. dir. amm., 2010, 2, pagg.
144 e ss., nota 8, nonché D'ANGELO GI., L'illegittimità dei piani regolatori generali in assenza di zonizzazione, in
Urbanistica e appalti, 2002, 4, pagg. 449 e ss., nota 29.
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riferito all'intera zona territoriale omogenea, che viene in rilievo laddove la zona
stessa non sia ancora urbanizzata67. Ciò presuppone alcuni chiarimenti anzitutto sul
concetto di zona territoriale omogenea - z.t.o. - e poi in merito al presupposto della
mancata urbanizzazione della stessa.
Le zone territoriali omogenee sono zone più o meno estese del territorio
comunale, caratterizzate dalla medesima vocazione funzionale68.
L'esigenza della zonizzazione risale all'originaria versione della legge urbanistica,
che già nel 1942 attribuiva agli strumenti urbanistici il compito di indicare, tra
l'altro, «la divisione in zone del territorio, con precisazione di quelle destinate
all'espansione»69.
Sul punto è poi intervenuta la legge ponte70, che ha introdotto gli standard71
67 In giurisprudenza cfr. anzitutto Cons. Stato, Ad. Plen., 23 aprile 2009, n. 3, laddove si conferma che la
densità territoriale «è riferita a ciascuna zona omogenea e definisce il complessivo carico di edificazione
che può gravare sulla stessa, con la conseguenza che il relativo indice è rapportato sia all'intera superficie
sottoposta alla medesima vocazione urbanistica sia alla concreta insistenza di costruzioni». Tra le pronunce
più recenti cfr. anche TRGA Trentino-Alto Adige, Bolzano, sez. I, 20 maggio 2008, n. 183 e tra le
pronunce ricordate dalla dottrina cfr. Cons. Stato, sez. IV, 16 marzo 1998, n. 443, menzionata da
D'ANGELO GI., L'illegittimità, cit., nota 29, nonché TAR Sicilia, Catania, sez. I, 9 febbraio 2005, n. 189
ricordata sia da MENGOLI G. C., Manuale, cit., che da CAVALIERI E., La computabilità della volumetria, cit.. In
dottrina cfr. ex multis FIALE A., FIALE E., Diritto urbanistico, cit., pag. 588: «L'indice di fabbricabilità
territoriale (o “limite di densità edilizia territoriale”) designa la quantità massima di volumi realizzati o
realizzabili entro un determinato ambito territoriale, come fissata dalle specifiche prescrizioni di piano,
variabili per ciascuna delle zone territoriali omogenee». Cfr. altresì MENGOLI G. C., Manuale, cit., pagg. 173
e 177, laddove si osserva rispettivamente che «l'indice territoriale si riferisce al terreno, senza distinguere
tra spazi di pertinenza privata e spazi che devono divenire pubblici in sede di pianificazione attuativa o di
realizzazione edificatoria, quali strade, parcheggi, verde e altro» e che «l'indice territoriale può essere
definito come il parametro della densità della zona omogenea considerata». Cfr. anche CAVALIERI E., La
computabilità della volumetria, cit., nota 8. Cfr. poi MANDARANO A., Vincoli di PRG soggetti a decadenza e
pianificazione di dettaglio, in Urbanistica e appalti, 2003, 10, pagg. 1190 e ss., nota 4, per il quale «la densità
edilizia [...] territoriale [...], riferita a ciascuna zona omogenea, indica il carico complessivo di edificazione
che può gravare sulla zona stessa, avendo riguardo non solo agli edifici privati, ma anche alle opere
pubbliche ed, in specie, a quelle di urbanizzazione».
68 Cfr. DE GIOIA V., Edilizia e urbanistica - regimi normativi, titoli abilitativi e strumenti di tutela, Milano, 2009,
pag. 8, il quale ricorda che con le previsioni di zonizzazione «oltre a dividere in zone omogenee il territorio
comunale, nella prassi si attua l'individuazione concreta delle singole aree su cui possono essere eseguiti gli
interventi costruttivi». Cfr. altresì MENGOLI G. C., Manuale, cit., pag. 169, che a questo proposito distingue
tra la «zonizzazione funzionale», che qui viene specificamente in rilievo, e le diverse figure della
«zonizzazione infrastrutturale» e della «zonizzazione architettonica».
69 Così l'art. 7, secondo comma, n. 2, l. 17 agosto 1942, n. 1150 (testo originario), laddove si disponeva che
«il piano regolatore generale di un Comune [...] deve indicare essenzialmente: 1) la rete delle principali vie
di comunicazione stradali, ferroviarie e, laddove occorra, navigabili, concepita per la sistemazione e lo
sviluppo dell'abitato, in modo da soddisfare alle esigenze del traffico, dell'igiene e del pubblico decoro; 2)
la divisione in zone del territorio, con precisazione di quelle destinate all'espansione dell'aggregato urbano,
ed i caratteri e vincoli di zona da osservare nell'edificazione; 3) le aree destinate a formare spazi di uso
pubblico o sottoposte a speciali servitù; 4) le aree da riservare a sede della casa comunale e della casa del
fascio, alla costruzione di scuole e di chiese e ad opere ed impianti d'interesse pubblico in generale».
70 Cfr. art. 41-quinquies, ottavo comma, l. 17 agosto 1942, n. 1150, come introdotto dall'art. 17, l. 6 agosto
1967, n. 765: «In tutti i Comuni, ai fini della formazione di nuovi strumenti urbanistici o della revisione di
quelli esistenti, debbono essere osservati limiti inderogabili di densità edilizia, di altezza, di distanza tra i
fabbricati, nonché rapporti massimi tra spazi destinati agli insediamenti residenziali e produttivi e spazi
pubblici o riservati alle attività collettive, a verde pubblico o a parcheggi».
71 In dottrina è assai frequente l'uso del termine standards, che in inglese costituisce il plurale della voce
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urbanistici e li ha riferiti alle singole zone del territorio comunale72, da tipizzare con
apposito regolamento ministeriale: un compito di classificazione che è stato
effettivamente svolto dal d.m. 2 aprile 1968, che costituisce un caposaldo
fondamentale in materia di standard urbanistici e sul quale si avrà modo di tornare
ex professo73. Per ora sia sufficiente rilevare che l'art. 2 di tale decreto ammette la
previsione, all'interno del territorio comunale, di zone appartenenti a sei tipologie,
indicate con le lettere dalla A alla F. Per ognuna di queste zone vengono individuati
- oltre ai limiti massimi di densità edilizia, che saranno oggetto di attenzione in sede
di analisi normativa74 - anche la dotazione minima di spazi pubblici75, la cui
importanza trova conferma nel fatto che spesso nella prassi vengono indicati sic et
simpliciter come standard, benché naturalmente non esauriscano la figura degli
standard in senso tecnico.
In buona sostanza, nel tracciare il perimetro di una z.t.o., il pianificatore deve
tener conto del fatto che, all'interno della stessa, una certa superficie dovrà essere
dedicata agli spazi pubblici. Ciò si riflette sull'indice di edificabilità perché, fino a
quando tali spazi non vengono concretamente posizionati, la z.t.o. unitariamente
considerata comprende degli ambiti che, al termine dell'urbanizzazione, non
potranno produrre volumetria76.
In dottrina il concetto viene espresso osservando che l'indice territoriale è «al
lordo degli spazi non edificabili»77. Il concetto di lordo implica in generale
standard. Si tratta di una scelta stilistica risalente e consolidata, ma verosimilmente scorretta, perché è
notorio che tutte le parole straniere - tranne quelle latine - devono essere usate in italiano come parole
indeclinabili. In luogo del termine standards, quindi, si ritiene opportuno utilizzare il termine standard sia al
singolare che al plurale. L'uso di standard come voce plurale, del resto, non è privo di raffronti nella
dottrina più recente: cfr. ex multis CLINI A., Il Piano casa in Emilia Romagna, in Urbanistica e appalti, 2010, 2,
pagg. 145 e ss.; BASSANI M., Il Piano casa in Lombardia, in Urbanistica e appalti, 2009, 11, pagg. 1291 e ss.;
FREGO LUPPI S. A., Il governo del territorio tra Stato, regioni ed Enti locali: aspetti problematici della legge lombarda (l.r.
n. 12 del 2005) in Riv. giur. edil. 2006, 2, pagg. 55 e ss.; MANDARANO A., Demolizione e ricostruzione di edifici
tra competenze statali e regionali, in Urbanistica e appalti, 2009, 8, pagg. 1007 e ss. e TESTA A., La disciplina delle
volumetrie edificabili nella l.r. Lombardia n. 12/2005, in Immobili e proprietà, 2006, 9, pagg. 560 e ss.. Per
l'etimologia della voce «standard» cfr. SCHINAIA M. E., Gli standards urbanistici nella legge 6 agosto 1967, n.
765, in Rass. lav. pubb., 1969, 12, pag. 1195, per il quale si tratta di «vocabolo inglese [...] derivato a sua
volta dal francese antico estendard “stendardo”». Per gli approfondimenti disciplinari degli standard cfr.
invece infra, principalmente pag. 53.
72 Cfr. art. 41-quinquies, nono comma, l. 17 agosto 1942, n. 1150, come introdotto dall'art. 17, l. 6 agosto
1967, n. 765: «I limiti e i rapporti previsti dal precedente comma sono definiti per zone territoriali
omogenee, con decreto del Ministero per i lavori pubblici di concerto con quello per l'interno, sentito il
Consiglio superiore dei lavori pubblici. In sede di prima applicazione della presente legge, tale decreto
viene emanato entro sei mesi dall'entrata in vigore della medesima».
73 Cfr. infra, pag. 61.
74 Cfr. infra, pag. 64.
75 Cfr. artt. 3-6 d.m. 2 aprile 1968, n. 1444.
76 Cfr. regolamento regionale Marche 14 settembre 1989, n. 23, art. 13, c. 1, lett a): «Gli indici e i parametri
edilizi e urbanistici sono definiti nel modo seguente: [...] Superficie territoriale (ST): È l'area complessiva
interessata da un intervento urbanistico attuativo, comprendente le aree per l'urbanizzazione primaria e
secondaria e le aree destinate all'edificazione». In dottrina cfr. MENGOLI G. C., Manuale, cit., pag. 173, il
quale appunto ricorda che «l'indice territoriale [...] si applica di norma su aree vaste non pianificate in
dettaglio».
77 Così MENGOLI G. C., Manuale, cit., pag. 177.
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l'inclusione di quella parte dell'oggetto che non è destinata a produrre utilità78. Con
riferimento alla densità edilizia, dire che l'indice territoriale è al lordo degli spazi
non edificabili significa rilevare che esso considera l'intera superficie della z.t.o., a
prescindere dal fatto che una parte della zona non sarà edificabile e quindi non avrà
utilità dal punto di vista edilizio.
Tutto ciò significa che alla pianificazione di dettaglio è permesso di calcolare
sulla base dell'intera superficie di zona una volumetria che poi, di fatto, sarà
concentrata su alcune porzioni soltanto. Si ipotizzi ad esempio che una certa z.t.o.,
non ancora urbanizzata, abbia una superficie di 500.000 mq e un indice di
edificabilità pari a 0,2 mc/mq. Teoricamente, l'area potrebbe sviluppare una
volumetria pari a 100.000 mc. Con l'urbanizzazione, tuttavia, una certa quota di
quei 500.000 mq saranno destinati a spazi pubblici: ipotizzando, ad esempio, che
agli standard siano concretamente destinati 100.000 mq, la volumetria assentibile,
calcolata sulla base di una superficie di 500.000 mq, sarà concretamente edificata su
una superficie di 400.000 mq.
Con la pianificazione di dettaglio, insomma, gli spazi pubblici verranno
concretamente posizionati e sarà possibile determinare la volumetria assentibile
sulla singola area edificabile: ciò segna il passaggio dall'indice territoriale, riferito alla
z.t.o. ed al lordo degli spazi non edificabili, all'indice fondiario, riferito al fondo ed
al netto degli spazi stessi.
4. L'indice fondiario
Come detto, l'indice fondiario è l'indice di edificabilità riferito al singolo lotto: il
legislatore regionale con più marcata vocazione definitoria lo descrive come «il
volume massimo lordo di costruzione (V, espresso in mc) realizzabile per ogni
metro quadrato di Superficie fondiaria (Sf)»79, esplicitando in tal modo una
definizione coerente il panorama normativo nazionale e per questo suscettibile di
essere esportata al di fuori degli angusti confini regionali.
Questo indice viene in rilievo nell'ambito delle zone urbanizzate80: una volta
78 Si pensi ad esempio al peso lordo, all'incasso lordo e al reddito lordo, che includono rispettivamente la
tara, le spese da detrarre e le eventuali imposte: cfr. ISTITUTO G. TRECCANI, Dizionario, cit., vol. VII, pag.
122, voce Lordo.
79 Così l'art. 2, l.r. Abruzzo 13 luglio 1989, n. 52, voce If (Indice di Fabbricabilità fondiaria).
80 In giurisprudenza cfr. anzitutto Cons. Stato, Ad. Plen, 23 aprile 2009, n. 3, secondo la quale la densità
fondiaria - contrapposta alla densità edilizia di cui supra, pag. 64 - «è riferita alla singola area e definisce il
volume massimo consentito sulla stessa, l'indice della quale (c.d. indice di fabbricabilità) va applicato
sull'effettiva superficie suscettibile di edificazione». Cfr. poi Cons. Stato, sez. IV, 16 marzo 1998, n. 443,
ricordata da D'ANGELO GI., L'illegittimità, cit., nota 29, nonché TAR Sicilia, Catania, sez. I, 9 febbraio
2005, n. 189 ricordata sia da MENGOLI G. C., Manuale, cit., che da CAVALIERI E., La computabilità della
volumetria, cit.. Tra le pronunce più recenti cfr. TRGA Trentino-Alto Adige, Bolzano, sez. I, 20 maggio
2008, n. 183. In dottrina cfr. ex multis FIALE A., FIALE E., Diritto urbanistico, cit., pag. 588: «L'indice di
fabbricabilità fondiario (o “limite di densità edilizia fondiaria”) è riferito, invece, alla singola area e
definisce il volume massimo di edificazione (cubatura) ad essa relativa. Trattasi di valore percentuale con
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operata la pianificazione di dettaglio81, infatti, è possibile individuare quali aree sono
destinate a spazi pubblici, per cui non producono volumetria, e quali invece sono
edificabili, secondo appunto l'indice di edificabilità fondiario.
In dottrina si afferma che l'indice fondiario, diversamente da quello territoriale,
ha finalità principalmente architettoniche82, con ciò intendendosi che la densità
fondiaria si ripercuote sulla tipologia di costruzioni. Si dice infatti che ad un'elevata
densità corrisponde un'edilizia intensiva, mentre man mano che la densità
diminuisce, diminuiscono le dimensioni dei fabbricati ed aumentano gli spazi
liberi83.
Simili considerazioni non possono essere svolte in relazione all'indice
territoriale. Ed invero, si è già rilevato che quest'ultimo indice di edificabilità
descrive una volumetria che con la pianificazione attuativa si andrà a concentrare in
una limitata porzione della zona: uno stesso indice territoriale può dunque dar
luogo a tipologie edilizie assai differenti, a seconda di quanto ridotta sarà questa
porzione concretamente edificabile.
5. L'equivoco concetto di lotto edificabile
Per comprendere esattamente il valore dell'indice fondiario occorre soffermarsi
sul concetto di lotto, la cui superficie deve essere messa in relazione con l'indice
fondiario per risolvere il problema fondamentale della densità edilizia.
Orbene, in via di prima approssimazione, per lotto si può intendere una
porzione di area edificabile. In relazione a questo concetto si sono però posti alcuni
dubbi ermeneutici, a cominciare dall'eventualità che il lotto non sia interamente
edificabile, in particolare perché parzialmente soggetto a vincoli urbanistici. Si
faccia l'esempio di un lotto edificabile di 1.000 mq, che per 100 mq è però soggetto
ad un vincolo di inedificabilità: svilupperà volumetria per 1.000 mq o soltanto per
900 mq?
Sul punto, però, la giurisprudenza amministrativa è unanime: la superficie da
prendere in considerazione è tutta quella del lotto, indipendentemente dall'esistenza
di vincoli urbanistici84.
cui si esprime il rapporto massimo consentito tra metri cubi edificabiloi e metri quadrati dell'area o lotto
su cui va ad insistere la costruzione». Cfr. poi MANDARANO A., Vincoli di PRG, cit., nota 4: «La densità
fondiaria è riferita [...] alla singola area - cd. lotto edificabile - e definisce il volume massimo realizzabile su
di essa con esclusione delle opere di urbanizzazione».
81 Fermo restando, peraltro, che l'indice fondiario può essere stabilito direttamente nello strumento
urbanistico generale ed è quanto normalmente accade in relazione a microzone ed unità territoriali
minime.
82 Cfr. MENGOLI G. C., Manuale, cit., pag. 177: «L'indice fondiario è [...] concetto che riflette finalità più
specificamente di tipo architettonico, in quanto disciplina la densità di edificazione, quindi le dimensioni
esterne dei fabbricati, nelle sole aree edificabili, senza tener conto delle aree destinate a fini di viabilità, di
verde e di altro genere a fini pubblici».
83 Cfr. MENGOLI G. C., Manuale, cit., pagg. 177-178.
84 Cfr. Cons. Stato, sez. IV, 31 gennaio 2005, n. 253, riportata da FIALE A., FIALE E., Diritto urbanistico, cit.:
MARCO ANTONIOL – GLI INDICI DI EDIFICABILITÀ - Cap. II – Analisi areale: la superficie edificabile
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Ancora, nella prassi si è dato il problema del computo delle strade di accesso alle
abitazioni, ai fini della determinazione della volumetria assentibile. Sul punto il
Consiglio di Stato ha condivisibilmente chiarito che la superficie di tali strade deve
essere inclusa nella base di computo85. In questo modo si è dunque riaffermata la
distinzione tra opere di urbanizzazione e strade private: le prime costituiscono
standard urbanistici e per questo non sviluppano volumetria, mentre le seconde,
che sono edificabili anche se non edificate, generano una specifica volumetria, che
si presta ad essere concentrata in altro punto del medesimo lotto.
Chiarito quanto precede si può tentare di definire il concetto di lotto, pur
dovendosi avvertire che lo stesso, benché fondamentale nella materia di cui ci si
occupa86, è stato oggetto di ben tre diverse definizioni giurisprudenziali.
Sulla scorta di un primo orientamento, infatti, il lotto può essere inteso come
«porzione continua di suolo appartenente allo stesso proprietario»87, con il risultato
che anche beni distinti, ad esempio sul piano morfologico o catastale, possono
rientrare nel medesimo lotto.
Secondo un'altra definizione, invece il lotto può essere semplicemente ridotto al
singolo bene immobile edificabile, con la conseguenza che il proprietario di più
particelle limitrofe sarebbe proprietario di altrettanti lotti. Anche questa definizione
ha matrice giurisprudenziale e si ritiene migliore della precedente, non solo perché
più recente88 e relativamente consolidata89, ma anche perché in questo senso appare
«Il vincolo di rispetto stradale, se impone l'inedificabilità nella fascia individuata come vincolata, non
impedisce che la medesima area possa essere considerata utile ai fini del computo della superficie minima
richiesta per l'edificabilità». Cfr. poi TAR Sicilia, Catania, sez. I, 16 gennaio 2009, n. 87: «La superficie di
un lotto edificabile soggetta ad una fascia di rispetto stradale, sebbene non edificabile, concorre per intero
alla determinazione della superficie utile ai fini del calcolo della cubatura assentibile e della superficie che
può essere coperta». Sempre nell'ambito della giurisdizione amministrativa si vedano anche TAR Sicilia,
Catania, sez. I, 15 ottobre 2007, n 1663 e TAR Toscana, Firenze, 22 settembre 2000, n. 1982. Ad ogni
modo, la questione si complica nel momento in cui la volumetria viene in rilievo ai fini della
determinazione dell'indennità di esproprio: su questo profilo si veda infatti LORO P., Aree in fasce di rispetto
stradale: va riconosciuta la perdita di cubatura?, in www.esproprionline.it.
85 Cfr. Cons. Stato, sez. V, 7 novembre 1990, in Cons. Stato, 1990, I, 1372, riportata in FIALE A., FIALE
E., Diritto urbanistico, cit., pag. 590: «In sede di considerazione dell'area in base alla quale si determina il
volume della costruzione per la quale è chiesta la concessione edilizia, legittimamente si tiene conto
dell'area delle strade interne al terreno (di accesso alle abitazioni) in quanto le strade da escludere sono
solo quelle esterne (di collegamento con sistema viario pubblico, costituenti opera di urbanizzazione».
86 Emblematico a questo proposito è D'ANGELO GI., Il calcolo della volumetria in un lotto già oggetto di interventi
edilizi, in Urbanistica e appalti, 2009, 10, pagg. 1239 e ss., che invita a focalizzare l'attenzione «sulla
nozione di lotto (o di area o di zona), a questi fini priva di definizione legislativa, in quanto
fondamentalmente relativa a situazioni materiali o di fatto».
87 Così TAR Lazio, Roma, sez. II, 1 giugno 1985, n. 1560, in Foro amm., 1985, riportata da CANDIAN A.,
Il contratto, cit., pag. 17, nota 23. L'autrice ricorda altresì la definizione offerta da Cons. Stato, sez. V, 7
novembre 1969, n. 112, in Foro amm., 1969, I, 2, 1246, che parla di «area di edificazione considerata nella
sua superficie e nei suoi confini», nonché quella tratta da Cons. Stato, sez. IV, 20 aprile 1971, n. 364, in
Cons. Stato, 1971, I, pag. 765, laddove si parla di «unità minima di area edificabile necessaria per realizzare
il tipo edilizio consentito nella zona».
88 Cfr. TAR Lazio, Roma, sez. II-bis, 10 ottobre 2001, n. 8424: «La nozione di lotto edificabile [...] è
riconducibile esclusivamente alle dimensioni dell'area priva di costruzioni che, secondo le prescrizioni
urbanistiche vigenti, può essere interessata da una nuova edificazione, indipendentemente dal fatto che
tale area faccia parte di un comprensorio più ampio, appartenente ai medesimi soggetti». Il passo è ripreso,
tra l'altro, da TAR Sicilia, Palermo, sez. II, 24 aprile 2009, n. 2009, che rinvia anche a Cons. Stato, sez. V,
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orientato, talvolta, anche il legislatore regionale90. Essa però ha il difetto di
sopravvalutare le risultanze catastali, che invece non appaiono decisive né alla
dottrina91, né alla giurisprudenza92. Ed invero, il dato catastale sconta due gravi
incertezze, a cominciare dal fatto che esso trascura gli effetti dello strumento
urbanistico attuativo: come detto, infatti, solo con la pianificazione di dettaglio
vengono individuati gli spazi concretamente destinati a fini pubblici, evidenziando a
contrario i singoli lotti edificabili93, con la conseguenza che il lotto potrebbe dunque
non coincidere con il fondo privato laddove una parte di questo fosse destinata a
spazi pubblici nella pianificazione di dettaglio. Inoltre, se il lotto rispecchia il
frazionamento catastale, va da sé che la divisione dell'immobile comporta la
creazione di nuovi lotti: questo però farebbe sfumare l'intima connessione esistente
tra le aree originariamente interessate da interventi unitari, che è già foriera di gravi
incertezze94 e non abbisogna certo di ulteriori complicazioni.
La migliore definizione appare pertanto la terza, per la quale il lotto
comprenderebbe, oltre alla particella catastale sulla quale insiste l'immobile, anche
tutte le altre superfici interessate dall'intervento, indipendentemente dalla titolarità
delle stesse. Questa definizione appare abbastanza diffusa in dottrina95 e talvolta è
26 settembre 1995, n. 1351, nonché a Cons. Stato, sez. IV, 10 settembre 1996, n. 1028 e a Cons. Stato, sez.
V, 5 giugno 1997, n. 612.
89 Cfr. TAR Liguria, Genova, sez. I, 13 febbraio 2009, n. 213, ove si legge che il calcolo del limite massimo
di densità fondiaria «ha come base soltanto le aree di proprietà potendosi conteggiare anche quelle
contigue, purchè appartenenti al proprietario del lotto dove si ergerà la costruzione ed aventi la medesima
destinazione urbanistica»: come si vede, il giudice sembra intendere che il lotto sia soltanto quello sul quale
insisterà la costruzione, ritenendo che gli appezzamenti limitrofi, benché appartenenti al medesimo
proprietario, costituiscano lotti differenti.
90 Cfr. art. 2, l.r. Abruzzo 13 luglio 1989, n. 52, voce Sf (Superficie fondiaria), laddove l'equivalente del lotto
viene definito in termini di «superficie circoscritta dalle opere di recinzione o dai confini di proprietà e
corrispondente al lotto da asservire alla costruzione che non può essere inferiore al minimo se stabilito nel
piano urbanistico». Cfr. altresì art. 12, c. 7, lett. a), l.r. Abruzzo 12 aprile 1983, n. 18, laddove si impone
all'eventuale «Piano regolatore esecutivo» adottato dai Comuni regionali di individuare, tra l'altro, «la
suddivisione in lotti con relativa individuazione catastale».
91 Cfr. CANDIAN A., Il contratto, cit., pag. 17, per la quale la nozione di lotto è «espressione del gergo
urbanistico che trascende la situazione proprietaria». Cfr. altresì D'ANGELO GI., Il calcolo della volumetria,
cit., dopo aver osservato che «a volte si attribuisce rilievo al dato catastale e l'unità di riferimento per la
verifica delle capacità edificatorie diviene così il mappale su cui insiste (o su cui dovrà insistere) l'edificio» e
che «anche nella giurisprudenza il dato catastale è preso in considerazione ma solo come un mero indice»,
l'Autore conclude condivisibilmente nel senso che il dato catastale «non è affatto decisivo».
92 Si veda l'ampia giurisprudenza riportata in D'ANGELO GI., Il calcolo della volumetria, cit., note 37 e ss.,
laddove spiccano, tra le più recenti, TAR Lombardia, Brescia, sez. I, 24 dicembre 1996, n. 1408, in TAR,
1997, I, 509 e TRGA, Bolzano, sez. I, 23 marzo 1993, n. 61, in TAR, 1993, I, 1843.
93 Cfr. TAR Sardegna, Cagliari, sez. II, 24 ottobre 2008, n. 1827: «Ai fini del calcolo della volumetria e
della superficie assentibili, occorre fare riferimento ai lotti come individuati dal Piano Particolareggiato».
94 Cfr. infra, pag. 46.
95 Cfr. anzitutto D'ANGELO GI., Il calcolo della volumetria, cit., passim e principalmente nella parte in cui
allude al «carattere “unitario” dell'originario lotto» e nella parte in cui parla «lotto complessivamente
considerato», anche se non dove ammette un «accorpamento urbanistico di più aree o lotti». Cfr. poi
MANDARANO A., Il calcolo della potenzialità edificatoria del lotto in seguito ad un nuovo piano regolatore, in
Urbanistica e appalti, 2009, 3, pagg. 341 e ss., per il quale «il vincolo sul fondo asservito [...] impone di
considerare i lotti urbanistici asserviti e quelli edificati in virtù di tale asservimento come un tutt'uno ai fini
del calcolo della densità edilizia». Cfr. altresì CIMMINO N. A., La cessione di cubatura nel diritto civile, in Riv.
MARCO ANTONIOL – GLI INDICI DI EDIFICABILITÀ - Cap. II – Analisi areale: la superficie edificabile
28
stata recepita anche dalla giurisprudenza96 e perfino dal legislatore regionale97. In
ogni caso, appare la più rispondente al principio di irrilevanza dei frazionamenti
catastali98 e per questo sarà adoperata nel prosieguo.
A ben vedere, d'altra parte, si tratta di una questione puramente terminologica,
dal momento che le tre definizioni portano ad identici risultati applicativi. Ed
invero, se nel lotto si fanno rientrare tutti i fondi contigui appartenenti allo stesso
proprietario - come vuole la prima definizione - o tutti quelli interessati un unico
intervento edilizio - come vuole la terza - è chiaro che ai fini del calcolo della
volumetria si dovrà considerare la sommatoria di tutti i suddetti fondi. Tuttavia,
anche laddove si riduca il lotto al singolo appezzamento di terreno, la volumetria
può raggiungere gli stessi valori determinati in precedenza, ricorrendo all'istituto
dell'asservimento, nelle sue due forme fondamentali, sulle quali adesso è opportuno
soffermarsi.
6. L'asservimento unilaterale
Per asservimento - o meglio asservimento unilaterale99 - si intende la facoltà
concessa al privato di considerare unitariamente tutti i propri appezzamenti di
terreno, purché contigui e ubicati in un'unica z.t.o., ai fini del calcolo della
volumetria assentibile su uno di essi100.
notariato 2003, 5, pagg. 1113 e ss., laddove in occasione dell'asservimento si parla di «terreni [...] collegati
fra di loro sì da formare un unico lotto sia in senso fisico che funzionale».
96 Cfr. Cons. Stato 10 marzo 2003, n. 1278. Il supremo consesso, per vero, corregge incidentalmente
l'assunto del TAR L'Aquila: «I primi giudici giudicavano la costituzione di un unico lotto urbanistico
(rectius: il reciproco asservimento delle particelle confinanti)». Ciò nondimeno, nella stessa pronuncia del
Consiglio di Stato si legge poi della «costituzione di un unico lotto» in seguito ad un atto di asservimento.
Per un'analisi di altri profili di questo importante arresto cfr. infra, pag. 45.
97 Cfr. 33, c. 1, l.r. Friuli-Venezia Giulia 11 novembre 2009, n. 19: «L'area di pertinenza urbanistica di una
costruzione è l'area che viene vincolata per il rispetto dell'indice di fabbricabilità fondiaria». In precedenza,
la norma era già contenuta nell'art. 46, c. 1, l.r. Friuli-Venezia Giulia 23 febbraio 2007, n. 5. Cfr. inoltre, in
certa misura, art. 2, l.r. Abruzzo 13 luglio 1989, n. 52, voce Us (Indice di Utilizzazione del suolo): come detto il
legislatore abruzzese sembra preferire la seconda definizione proposta ma poi, in sede di definizione di
uno degli indici urbanistici, fa espresso riferimento alla «Superficie fondiaria di pertinenza (Sf), o,
comunque, impegnata a fini plano-volumetrici per la costruzione stessa», sottendendo la possibilità di
considerare anche aree estranee alla superficie fondiaria di pertinenza.
98 Principio affermato da costante giurisprudenza: cfr. Cons. Stato, Ad. Plen., 23 aprile 2009, n. 3, e cfr.
amplius infra, pag. 46.
99 In dottrina la fattispecie è spesso denominata «asservimento» senza ulteriori specificazioni. La formula
«asservimento unilaterale», però, si presta meglio ad evidenziare il rapporto di continuità con il
trasferimento di volumetria, che sarà appunto chiamato «asservimento intersoggettivo»: cfr. infra, pag. 33.
Altra dottrina ancora parla peraltro, in relazione all'«asservimento unilaterale», di «concentrazione
volumetrica»: Cfr. GIURISPRUDENZA ITALIANA, Nota redazionale - Cessione di cubatura, in Giur. it., 2010, 3,
pagg. 549 e ss..
100 Cfr. GIURISPRUDENZA ITALIANA, Nota redazionale, cit., laddove si legge che la fattispecie si realizza
«quando un unico proprietario di più aree contigue intenda realizzare una costruzione su una soltanto di
queste aree sfruttando anche la cubatura di pertinenza delle altre particelle». Si noti per inciso che non c'è
alcun bisogno di ricorrere all'asservimento se si ritiene che tutti i fondi contigui rientrino in un unico lotto.
MARCO ANTONIOL – GLI INDICI DI EDIFICABILITÀ - Cap. II – Analisi areale: la superficie edificabile
29
Si tratta di una facoltà pacificamente riconosciuta dalla giurisprudenza, a
prescindere da qualsiasi previsione di legge e nonostante solo alcuni pianificatori la
contemplino espressamente101: essa trova infatti fondamento nell'irrilevanza per il
diritto amministrativo della suddivisione civilistica della proprietà fondiaria102. Ed
invero, il fatto che la proprietà di un operatore privato risulti suddivisa in più
mappali - ad esempio perché i singoli appezzamenti sono stati acquisiti a titolo
diverso - ha senz'altro rilievo dal punto di vista formale, ma non può risolversi in
una sostanziale limitazione dello ius aedificandi103. Il Comune sarà dunque tenuto a
considerare unitariamente i singoli appezzamenti ai fini della volumetria assentibile,
tant'è che - come già si è sottolineato - tutti questi appezzamenti di terreno
comporranno un unico lotto in senso urbanistico, almeno laddove si accolga la
definizione che sembra preferibile.
Si faccia dunque l'esempio di Mevio, proprietario del mappale 15 e del mappale
16, intendendosi per tali due terreni edificabili, contigui ed ubicati nella medesima
zona territoriale omogenea. Si ipotizzi poi che Filano, vicino di Mevio, sia
proprietario del solo mappale 17, di dimensioni esattamente pari alla somma del
mappale 15 e del mappale 16. Orbene, è d'intuitiva evidenza che, dal punto di vista
sostanziale, il proprietario Mevio dovrà necessariamente poter disporre di una
volumetria pari a quella del vicino Filano. Dal punto di vista formale, per vero, la
suddivisione in lotti potrebbe costringere Mevio a svolgere degli incombenti ai quali
non è tenuto Filano: questo però non si può ripercuotere in un'indebita
compressione della sua capacità edificatoria.
In definitiva, quindi, la suddivisione catastale dell'area edificabile deve essere
tenuta in considerazione tanto dagli operatori privati quanto da quelli pubblici -
101 Cfr. CANGELLI F., Cessione di cubatura nel contesto dell'amministrazione c.d. concordata, in Urbanistica e appalti,
2000, 11, pagg. 1165 e ss.. Premesso che «in alcuni casi specifiche previsioni urbanistiche generali hanno
consentito espressamente di ricorrere ai trasferimenti di volumetria», l'Autrice ricorda in nota «la
disposizione dell'art. 6 del P.R.G. di Torino, approvato con D.P.R. 6 ottobre 1959, il quale, nelle zone in
cui è prevista una densità edilizia media complessiva, prevede che la cubatura spettante ad un'area possa
essere utilizzata su un altro suolo, a seguito di accordo delle parti e col consenso del Comune»: tale
disposizione è ritenuta «punto di riferimento costante per la dottrina», come confermato dai riferimenti
bibliografici riportati nella medesima nota, laddove si osserva altresì che «in altri P.R.G. (La Spezia,
Firenze, Lucca) sono state successivamente introdotte norme che riproducono lo schema dell'art. 6 del
P.R.G. di Torino».
102 Cfr. Cons. Stato, sez. IV, 4 maggio 2006, n. 2488: «Il presupposto logico dell'asservimento dev'essere
rinvenuto nella indifferenza, ai fini del corretto sviluppo della densità edilizia (per come configurato negli
atti pianificatori), della materiale collocazione dei fabbricati, atteso, infatti, che, per il rispetto dell'indice di
fabbricabilità fondiaria, assume esclusiva rilevanza il fatto che il rapporto tra area edificabile e volumetria
realizzabile nella zona di riferimento resti nei limiti fissati dal piano, risultando del tutto neutra l'ubicazione
degli edifici all'interno del comparto (fatti salvi, ovviamente, il rispetto delle distanze e di eventuali
prescrizioni sulla superficie minima dei lotti)». Il principio è ripreso anche da Cons. Stato, Ad. Plen., 23
aprile 2009, n. 3.
103 Cfr. CANGELLI F., Cessione di cubatura, cit.: «Il frazionamento della proprietà fondiaria può rendere
piuttosto esigua la capacità edificatoria delle singole aree, con la conseguenza che le previsioni di piano
vengono ad essere di difficile attuazione, a cagione della ridotta capacità edificatoria delle singole aree; in
tale circostanza vi può essere un incentivo economico a concentrare l'edificazione su una delle aree,
sempre nel rispetto dell'indice di edificabilità previsto per quella zona, attraverso la cessione da un
proprietario all'altro della volumetria disponibile per presentare domanda di concessione edilizia».
MARCO ANTONIOL – GLI INDICI DI EDIFICABILITÀ - Cap. II – Analisi areale: la superficie edificabile
30
rispettivamente al momento di chiedere o di rilasciare il titolo edilizio - ma solo
affinché il frazionamento non pregiudichi l'esercizio dello ius aedificandi. Di
conseguenza, l'ipotizzata suddivisione può imporre al più oneri formali, consistenti
nel rappresentare l'esistenza dei presupposti sostanziali dell'asservimento.
Tra questi presupposti sostanziali dell'asservimento viene anzitutto in rilievo la
necessità che i due terreni - quello asservito e quello beneficiato - appartengano al
medesimo proprietario: in caso contrario, infatti, non si tratterà di asservimento
unilaterale, bensì intersoggettivo, sul quale ci si soffermerà tra breve104. Per fugare
eventuali dubbi è peraltro opportuno sottolineare che può trattarsi di appezzamenti
giuridicamente distinti - come negli esempi svolti in precedenza - ma può anche
trattarsi di terreni identificati catastalmente con un unico mappale: in questo caso
l'asservimento spiegherà effetti soltanto interni al mappale stesso. Si ipotizzi ad
esempio che Tizio, proprietario del solo fondo A, di 1000 mq, identificato al
catasto come foglio 1, mappale 1, presenti il progetto di un immobile avente come
superficie 100 mq: in questo caso, si afferma correntemente che l'area di 900 mq,
non coperta dall'erigendo immobile, è asservita all'area di 100 mq, che costituirà la
base del fabbricato, a nulla rilevando il fatto che le due aree appartengano al
medesimo mappale 1 del foglio 1.
I due fondi devono poi essere contigui105 ed avere la medesima destinazione
urbanistica, cioè rientrare nella stessa zona territoriale omogenea106. Infine, occorre
che la pianificazione urbanistica non vieti il ricorso a questo strumento: è pacifico
che la previsione espressa può anche mancare107 - trattandosi di fattispecie coerente
con i principi generali del diritto urbanistico - ma è altrettanto pacifico che il
pianificatore può discrezionalmente vietarne l'applicazione - almeno tra particelle
catastali distinte108 - e in caso di divieto l'asservimento sarà inammissibile109.
104 Cfr. infra, pag. 33.
105 Cfr. CANDIAN A., Il contratto, cit., pag. 18: analizzando il requisito di continuità in tema di cessione di
cubatura - sul quale cfr. infra, pag. 33 - l'Autrice osserva incidentalmente che «è forse superfluo aggiungere
che i requisiti di continuità [...] sono richiesti a fortiori anche per l'asservimento di aree appartenenti al
medesimo proprietario».
106 Per un quadro riassuntivo giurisprudenziale di questi e degli altri limiti cfr. Cons. Stato, sez. IV, 4
maggio 2006, n. 2488: «I caratteri e gli effetti dell'asservimento, la cui funzione è stata appena chiarita,
sono stati ulteriormente precisati dalla giurisprudenza nel senso che i fondi non debbano necessariamente
essere adiacenti, potendo anche essere significativamente vicini (Cons. St., sez.V, 30 ottobre 2003, n.6734),
che gli stessi devono avere la medesima destinazione urbanistica (Cons. St., sez.V, 3 marzo 2003, n.1172),
che il vincolo in questione deve ritenersi invalido ed inefficace quando risulta apposto in violazione, o in
elusione, della prescrizione urbanistica che impone, in una determinata zona, una superficie minima dei
lotti, ai fini della loro edificazione (Cons. St., sez.V, 10 marzo 2003, n.1278) e, da ultimo, che il fondo
asservito resta, per effetto del relativo atto negoziale, inedificabile (Cons. St., sez. V, 28 giugno 2000,
n.3637)». In dottrina cfr. CANGELLI F., Cessione di cubatura, cit.: «Il giudice amministrativo ha ritenuto
ammissibili siffatti trasferimenti - sulla base del predetto principio dell'indifferenza delle disciplina
urbanistica rispetto al profilo soggettivo della situazione proprietaria - in presenza di due presupposti: la
contiguità dei fondi e la loro omogeneità urbanistica».
107 Cfr. CANGELLI F., Cessione di cubatura, cit.: «Non sembra rilevante - in giurisprudenza come da parte
della dottrina prevalente - la circostanza della espressa previsione in seno agli strumenti urbanistici
potendosi giustificare l'ammissibilità dell'istituto alla stregua dei principi generali».
108 Solo con una notevole difficoltà si può infatti immaginare che il pianificatore giunga a vietare
l'asservimento anche all'interno della stessa unità catastale, per cui l'eventuale divieto riguarderà
MARCO ANTONIOL – GLI INDICI DI EDIFICABILITÀ - Cap. II – Analisi areale: la superficie edificabile
31
Sul piano dei presupposti formali si può discutere - e in effetti si è discusso - se
l'asservimento richieda una dichiarazione espressa. Secondo un orientamento
minoritario e ormai superato, infatti, l'asservimento presuppone un atto formale110 -
denominato atto unilaterale d'obbligo - anche laddove le due aree appartengano al
medesimo proprietario111. Alla base di questa presa di posizione, però, si possono
intravedere i retaggi di un'esigenza di trascrivibilità del vincolo112 che la
giurisprudenza del supremo consesso di giustizia amministrativa ha censurato già
negli anni '70 del secolo scorso113.
Appare allora più corretta la tesi largamente maggioritaria114, la quale - sulla
scorta del risalente orientamento da ultimo citato115 - ritiene che l'asservimento si
formi automaticamente: in altre parole, il fondo inedificato sarebbe asservito a
quello edificato per il solo fatto che, ai fini del calcolo della volumetria assentibile,
viene presa in considerazione la superficie di entrambi. Si tratta di un'impostazione
che deve essere condivisa ogniqualvolta la legislazione regionale o gli strumenti
urbanistici non prescrivano formalità ulteriori116. Ed invero, non appare dimostrata
necessariamente i fondi catastalmente diversi o addirittura di diversa appartenenza, sconfinandosi in
quest'ultimo caso nell'ipotesi dell'asservimento intersoggettivo, sul quale cfr. infra, pag. 33.
109 Cfr. CANGELLI F., Cessione di cubatura, cit.: «Va da sé che la fondatezza di queste affermazioni può
essere tenuta ferma soltanto laddove le concrete prescrizioni di piano non siano di ostacolo all'assetto
risultante dalla cessione di cubatura». Cfr. altresì D'ANGELO GI., Il calcolo della volumetria, cit., nota 9,
laddove si richiede la «assenza di un esplicito divieto di un simile acquisto di cubatura da parte dello
strumento urbanistico».
110 Cfr. PITTER P., Limiti, cit., pag. 427, nota 1, laddove l'Autore riporta alcuni schemi di atti che risultano
adottati nella prassi comunale.
111 Cfr. GIURISPRUDENZA ITALIANA, Nota redazionale, cit., laddove si rinvia a Tribunale Vallo della
Lucania, 16 novembre 1982, n. 354, in Riv. giur. edil., 1983, I, 261 e a TAR Umbria, Perugia, sez. I, 24
gennaio 1990, n. 7, in Foro amm. TAR, 1990, I, pag. 2100, osservando che questo orientamento «richiede
che il vincolo di inedificabilità risulti da un atto d'obbligo unilaterale».
112 Cfr. PITTER P., Limiti, cit., pag. 429: «Ai Comuni interessa soprattutto poter arrivare alla trascrizione».
113 Cfr. Cons. Stato, sez. V, 20 novembre 1970, n. 925 e Cons. Stato, sez. V, 28 giugno 1971, n. 632,
entrambe in Riv. dir. civ., 1973, II, pag. 427, con nota di PITTER P., Limiti, cit..
114 Cfr. PITTER P., Limiti, cit., pag. 428: «Il vincolo di inedificabilità sulla parte rimasta inedificata discende
direttamente dall'utilizzazione della volumetria, senza che ci sia alcun bisogno di negozi giuridici di diritto
privato». Cfr. altresì GIURISPRUDENZA ITALIANA, Nota redazionale, cit., laddove si osserva che «quando un
unico proprietario di più aree contigue intenda realizzare una costruzione su una soltanto di queste aree
sfruttando anche la cubatura di pertinenza delle altre particelle [...] non si realizza alcun accordo e
l'inedificabilità dei terreni spogliati della cubatura discende ipso facto senza che sia necessario un apposito
atto». Cfr. altresì CANDIAN A., Il contratto, cit., pagg. 16-17, nota 22: con riferimento alle «aree interessate
all'operazione di concentrazione di volumetria [che] appartengano al medesimo proprietario», infatti,
l'Autrice riporta un consistente orientamento giurisprudenziale secondo il quale «il vincolo di
inedificabilità sull'area accorpata sorge ope legis per il solo fatto che la volumetria è già stata trasformata in
edificato non occorrendo alcun atto negoziale privatistico». Cfr. inoltre D'ANGELO GI., Il calcolo della
volumetria, cit., per il quale «la giurisprudenza ritiene che il vincolo dell'asservimento [...] sia determinato
dall'utilizzazione dell'area come individuata dal provvedimento amministrativo (permesso di costruire o
concessione edilizia)».
115 Cfr. Cons. Stato, sez. V, 20 novembre 1970, n. 925 e Cons. Stato, sez. V, 28 giugno 1971, n. 632.
116 Cfr. CANGELLI F., Cessione di cubatura, cit., laddove si osserva che «vi sono tuttavia alcune leggi regionali
e alcuni strumenti urbanistici che prescrivono la necessità di atti negoziali anche nell'ipotesi di
trasferimento di cubatura tra fondi dello stesso proprietario, ma questo soprattutto ai fini della pubblicità
immobiliare». Per una normativa regionale che impone la trascrizione si veda in particolare art. 33, c. 2, l.r.
Friuli-Venezia Giulia 11 novembre 2009, n. 19. Sulla questione di legittimità delle disposizioni regionali
MARCO ANTONIOL – GLI INDICI DI EDIFICABILITÀ - Cap. II – Analisi areale: la superficie edificabile
32
alcuna plausibile spiegazione di un eventuale aggravio formale delle incombenze del
privato. In particolare, nel caso di specie non v'è alcuna esigenza di procedere ad
ulteriori accertamenti del consenso di colui che può validamente disporre dell'area
asservita: i due lotti appartengono allo stesso proprietario, per cui richiedere due
volte la manifestazione dello stesso consenso appare un'inutile superfetazione.
Questo assunto trova del resto ulteriore conferma nella recente decisione 23
aprile 2009, n. 3, resa dal Consiglio di Stato in Adunanza Plenaria. Si tratta di una
pronuncia particolarmente interessante, che risolve una fattispecie complessa117 ed
offre spunti di riflessione numerosi ed articolati, come dimostrano le suggestive
riflessioni dottrinali della quali è stata oggetto118. Rinviando al prosieguo di
quest'opera le ulteriori implicazioni che si possono trarre da questa fondamentale
decisione119, ciò che deve essere messo ora in rilievo è che l'Adunanza Plenaria non
solo conferma che l'asservimento può avvenire in via di fatto, ma addirittura
ammette che questo asservimento fattuale può risalire a periodi storicamente
antecedenti alla legge ponte e quindi ad epoche nelle quali, in mancanza di
regolamentazione della densità edilizia, l'asservimento non era neppure concepibile.
che introducono oneri di trascrizione cfr. invece Corte Costituzionale, 4 dicembre 2009, n. 318.
117 In estrema sintesi, nel caso di specie si controverteva sulla superficie da assumere a base di computo a
fini volumetrici: il proprietario, il Comune di Varenna ed in certa misura anche la IV sezione del Consiglio
di Stato ritenevano che si dovesse considerare la sola superficie del proprietario stesso; il vicino
controinteressato, la II sezione del TAR Milano e l'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato invece
propendono per l'inclusione del mappale 655. La questione si riverbera sulla legittimità del permesso di
costruire rilasciato al proprietario, perché il mappale 655 è interamente edificato: includerlo nella superficie
interessata dall'intervento, quindi, significa collocare quest'ultimo intervento su di una superficie già
interessata da un'attività edilizia particolarmente impattante, tale da svuotare la superficie stessa da
qualunque potenzialità edificatoria, con conseguente illegittimità del titolo edilizio rilasciato. Le
considerazioni svolte dall'Adunanza Plenaria sono estremamente articolate e solo con una certa difficoltà
si lasciano costringere all'interno di un percorso argomentativo unidirezionale, come spesso accade con
pronunce di questo risalto. Per intendere la reale portata costruttiva della decisione sembra necessario
focalizzare l'attenzione sul duplice dato fattuale che ha originato tutta la controversia: da un lato, il
mappale 655 non è mai stato asservito all'area direttamente oggetto dell'intervento del proprietario;
dall'altro, l'area è stata edificata in un'epoca in cui l'asservimento non era neppure concepibile. Il problema
nasce allora da questa singolare - ma tutt'altro che rara - situazione di fatto: ci si trova in presenza di due
aree connesse dal punto di vista geografico, morfologico e forse anche storico, ma separate sul piano
catastale e giammai interessate da un formale asservimento. Il dispositivo della pronuncia, che conferma
l'annullamento del permesso di costruire, non consente di cogliere la fondamentale distinzione presente
nella parte motiva, laddove si distinguono due ipotesi profondamente diverse: un conto è infatti se il
pianificatore ha contemplato le fattispecie di questo tipo, ma tutt'altra cosa è se si riscontra una lacuna
regolamentare. Nel caso di specie si versa nella prima ipotesi: le n.t.a. del Comune di Varenna
contemplano una fattispecie del tipo di quella esaminata ed il fatto di aver poi operato un computo
differente giustifica la conferma dell'annullamento disposto dal TAR Milano. Si tratta di un risultato del
tutto coerente con i principi regolatori della densità edilizia: il pianificatore è libero di dettare regole di
computo puntuali ed il Comune è tenuto a rispettarle. I passaggi più interessanti della decisione, però,
sono quelli in cui si affronta l'ipotesi dell'eventuale lacuna regolamentare. Sul punto la Plenaria prende le
mosse dall'ordinario concetto di asservimento ma giunge ad affermare una regola del tutto innovativa,
secondo la quale è ben possibile che l'asservimento si verifichi a prescindere dalla formale manifestazione
di una volontà in tal senso da parte del proprietario, «in ragione della obiettiva destinazione e
configurazione dei fondi effettuata da chi ne aveva titolo e disponibilità».
118 Cfr. CAVALIERI E., La computabilità della volumetria, cit. nonché CICCHESE R., Volumetrie preesistenti e
rilascio di nuovi titoli edilizi, in Corr. merito, 2009, 7, pagg. 813 e ss..
119 Cfr. infra, pag. 134.
MARCO ANTONIOL – GLI INDICI DI EDIFICABILITÀ - Cap. II – Analisi areale: la superficie edificabile
33
Tutto ciò avvalora dunque il principio per il quale ciò che conta non è la formale
manifestazione del consenso bensì, sul piano sostanziale, il fatto storico
dell'avvenuto asservimento, secondo un principio di prevalenza della sostanza sulla
forma che tornerà utile anche in sede di asservimento intersoggettivo120.
Benché non necessaria, comunque, l'espressa dichiarazione di asservimento può
apparire talvolta opportuna, specie laddove i terreni abbiano identificativi catastali
differenti. Ed invero, un atto di questo tipo non comporta alcun costo per il
proprietario, che per converso ne potrebbe trarre il beneficio di accelerare il
positivo riscontro da parte dell'amministrazione, anche in una logica di
collaborazione tra pubblico e privato. D'altra parte, principi di rango
costituzionale121 impongono di non addossare al Comune l'onere di verificare se il
proprietario sia proprietario di uno o più dei lotti confinanti. Di conseguenza, se
l'asservimento non si può ricavare implicitamente dagli allegati dell'istanza - ad
esempio dalla rappresentazione grafica del progetto - la soluzione più equilibrata
consiste nell'espressa richiesta di chiarimenti al proprietario: laddove neppure in
questo modo si possa giustificare l'uso di una superficie superiore al lotto, la pratica
sembra legittimamente riscontrabile in modo negativo.
Accertata la ricorrenza di tutti i presupposti - sostanziali ed eventualmente
formali, nei termini chiariti - il proprietario può asservire un terreno all'altro e il
Comune, dal canto suo, non può rifiutarsi di considerare in modo unitario la
superficie interessata dall'intervento. In altre parole, l'amministrazione non può
riscontrare negativamente la pratica nella quale risulti che il privato ha considerato,
ai fini del calcolo della superficie di riferimento, sia la superficie edificata che i fondi
asserviti, laddove ricorrano tutti i presupposti dell'asservimento sui quali ci si è
soffermati in precedenza.
In presenza di un asservimento unilaterale, l'equazione fondamentale della
densità edilizia subisce dunque una parziale variazione, dovendosi distinguere tra
superficie dell'area edificata (Se) e superficie dell'area asservita (Sa).
V = ((Sୣ+ Sୟ) x Iୣ) − V୧୮
Tutto questo mostra anche a livello algebrico i vantaggi che il proprietario può
trarre da un asservimento: in definitiva, infatti, egli aumenta il valore che deve
essere moltiplicato per l'indice di edificabilità, aumentando per l'effetto anche la
volumetria assentibile sul proprio fondo.
7. Il c.d. «trasferimento di volumetria» o asservimento intersoggettivo
Da quanto detto in precedenza si può agevolmente comprendere che l'esigenza
120 Cfr. infra, pag. 39.
121 Cfr. art. 97, primo comma, Cost., sia nella parte in cui fa riferimento al «buon andamento», sia nel
richiamo dell'«imparzialità» della pubblica amministrazione.
MARCO ANTONIOL – GLI INDICI DI EDIFICABILITÀ - Cap. II – Analisi areale: la superficie edificabile
34
sottesa all'asservimento è quella di permettere al proprietario di concentrare in un
unico progetto tutta la volumetria a sua disposizione, o comunque una volumetria
superiore a quella che, in condizioni normali, potrebbe essere sviluppata da un
unico appezzamento di terreno122.
Peraltro, nella prassi accade di frequente che il proprietario abbia interesse a
concentrare nel fondo da edificare non solo la volumetria generata dai propri
terreni, ma anche quella dei terreni altrui. Ciò può accadere ad esempio quando il
vicino, che pure dispone di una certa volumetria, non ha intenzione di edificare: in
tal caso nulla esclude che il proprietario si accordi con lui per sfruttare la volumetria
di questi, in modo da aggiungere al proprio immobile la cubatura di cui dispone il
vicino123.
Così tratteggiato, il fenomeno in parola è assai vicino all'asservimento
unilaterale, del quale si è discusso in precedenza. In questa seconda ipotesi, però,
normalmente non si parla di asservimento, bensì di cessione di cubatura o - con
espressione ritenuta più appropriata124 - trasferimento di volumetria125. Da quanto detto
consegue che si tratta di un istituto che ricorre allorché il vicino trasferisce al
proprietario, in tutto o in parte, la volumetria assentibile sul proprio fondo, «così
che quest'ultimo possa sommare i propri diritti di edificazione a quelli acquisiti, in
ogni caso nel rispetto dei limiti posti dalle norme urbanistiche e regolamentari
edilizie vigenti»126.
Il fenomeno non è previsto dalla legislazione statale e normalmente è ignorato
anche da quella regionale - con le dovute eccezioni127 - eppure è frequentemente
122 Cfr. Cons. Stato, sez. IV, 4 maggio 2006, n. 2488: «L'istituto dell'asservimento, consistente nella
volontaria rinuncia alle possibilità edificatorie di un lotto in favore del loro sfruttamento in un'altra
particella, serve proprio ad accrescere la potenzialità edilizia di un'area per mezzo dell'utilizzo, ivi, della
cubatura realizzabile in una particella contigua e del conseguente computo anche della superficie di
quest'ultima, ai fini della verifica del rispetto dell'indice di fabbricabilità fondiaria».
123 Cfr. CANDIAN A., Il contratto, cit., pag. 13: «Si supponga ora che, in una certa zona, le prescrizioni
urbanistiche fissino uno standard planovolumetrico di due mc ogni mq e che, in tale zona, si trovino le
aree del proprietario A che è di x mq e del proprietario B che è di y mq. Si supponga ancora che A e B si
accordino affinché il primo trasferisca al secondo la volumetria disponibile in modo che costui possa
presentare domanda di concessione edilizia per un edificio di 2 x + 2 y mc». L'estratto è in parte riportato
anche da CECCHERINI G., Trasferimento di cubatura e adempimento del cedente tramite presentazione alla p.a. di atto
unilaterale di asservimento, in Nuova giur. civ., 2010, 4, pagg. 322 e ss.. Per un altro esempio cfr.
GIURISPRUDENZA ITALIANA, Nota redazionale, cit., laddove si osserva che il fenomeno si verifica «quando
il proprietario di un'area trasferisce al proprietario di un'area finitima la potenzialità edificatoria del proprio
terreno, ovvero sia la propria cubatura, al fine di permettere, al secondo dei due, di ottenere dal Comune
competente una concessione (definita “maggiorata”) per costruire un edificio dal volume maggiore
rispetto a quello che ab origine sarebbe spettato a costui».
124 In questo senso cfr. LUNARDI S., RICCI S., Gli aspetti fiscali del trasferimento di cubatura, in Fisco, 2006, 39,
pagg. 6074 e ss..
125 Cfr. CANGELLI F., Cessione di cubatura, cit.: «Diverse le locuzioni utilizzate in dottrina e giurisprudenza
per indicare il fenomeno in esame. Si utilizzano espressioni tra loro fungibili, quali cessione di cubatura o
trasferimento di volumetria, ovvero si parla, avuto riguardo all'effetto che detta cessione produce, di
asservimento».
126 Così LUNARDI S., RICCI S., Gli aspetti fiscali, cit..
127 Cfr. art. 33, c. 2, primo periodo, l.r. Friuli-Venezia Giulia 11 novembre 2009, n. 19: «Può essere
vincolata un'area adiacente all'area interessata dalla costruzione, avente la medesima classificazione quale
MARCO ANTONIOL – GLI INDICI DI EDIFICABILITÀ - Cap. II – Analisi areale: la superficie edificabile
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ammesso dai pianificatori e pacificamente avvallato dalla giurisprudenza anche
laddove le norme tecniche comunali non ne facciano menzione128. Ciò perché,
ancora una volta, l'interesse pubblico sotteso dalla pianificazione urbanistica si
riduce al rispetto della densità edilizia prestabilita, rimanendo invece irrilevante la
concreta posizione in cui vengono edificati gli immobili assentibili in una certa
zona129.
Alcuni fattori130 - tra i quali spicca l'assenza di una previsione di legge131 - hanno
determinato un certo imbarazzo nella copiosa dottrina che si è occupata
dell'argomento132, che ha lungo a faticato e fatica tuttora per giungere ad un
inquadramento del fenomeno unitario e convincente133.
In effetti non si può negare che l'istituto sia fonte di gravi perplessità. Tuttavia,
si può subito osservare che le difficoltà si annidano principalmente nel rapporto tra
proprietario e vicino, al quale il Comune rimane tendenzialmente estraneo. Ed
zona omogenea o comunque urbanisticamente compatibile, anche in proprietà di soggetto diverso dal
proprietario dell'area interessata dalla costruzione».
128 Cfr. CECCHERINI G., Trasferimento di cubatura, cit.: «Le norme di attuazione degli strumenti urbanistici
hanno previsto esplicitamente il trasferimento di volumetria, sempreché sia rispettata la cubatura media di
zona. Ma anche nel caso in cui le norme di attuazione del piano o il regolamento edilizio non prevedano
tale prassi, la giurisprudenza amministrativa si è orientata nel senso della validità delle pattuizioni private
dirette a cedere la cubatura».
129 Cfr. Cons. Stato, sez. IV, 4 maggio 2006, n. 2488. Cfr. altresì CANGELLI F., Cessione di cubatura, cit.: «Il
fatto [...] che gli indici di densità edilizia siano previsti per zone e non per singole aree comporta che il
rapporto volume/superficie relativo all'intera zona non varia se le costruzioni vengono concentrate su una
singola area, restando le altre inedificate». Negli stessi termini cfr. anche GIURISPRUDENZA ITALIANA,
Nota redazionale, cit..
130 Cfr. LUNARDI S., RICCI S., Gli aspetti fiscali, cit., laddove si individuano i principali fattori della difficoltà
di inquadramento del fenomeno ovvero: «L'assoluta lacuna legislativa in merito; l'intrecciarsi di norme
privatistiche con norme amministrative; il fatto che la disciplina, pur avallata dall'autorità amministrativa
per il perseguimento di fini di razionalizzazione e riqualificazione urbanistica, sia nata sostanzialmente in
modo pionieristico “negli studi dei notai”; la prassi amministrativa delle varie regioni e persino singoli
comuni costringe ad adattare continuamente la normativa contrattuale civilistica».
131 Cfr. LUNARDI S., RICCI S., Gli aspetti fiscali, cit., che come detto individua il primo fattore di
complicazione nella «assoluta lacuna legislativa in merito». Sul punto cfr. LAVERMICOCCA D., La cessione di
cubatura, cit., per il quale l'istituto «non è previsto nell'ordinamento italiano, diversamente da alcune
esperienze straniere».
132 Cfr. in primis CANDIAN A., Il contratto, cit.. In aggiunta CECCHERINI G., Trasferimento di cubatura, cit.;
LUNARDI S., RICCI S., Gli aspetti fiscali, cit.; LAVERMICOCCA D., La cessione di cubatura, cit.; CANGELLI F.,
Cessione di cubatura, cit.; PAGANO A., In tema di c.d. trasferimento di cubatura, in Corr. giur., 1996, 11, pagg.
1284 e ss.; VANGHETTI V., Profili civilistici della c.d. “cessione di cubatura”, in Notariato, 1996, 5, pagg. 417 e
ss.; CIMMINO N. A., La cessione di cubatura, cit.; SCARLATELLI S., La c.d. cessione di cubatura. Problemi e
prospettive, in Giust. civ. 1995, 06, pagg. 287 e ss.; FARNELLI A., Nota in materia di “cessione di cubatura”, in
Giur. it., 1997, pagg. 6 e ss.; GRASSANO P., La cessione di cubatura nel processo conformativo della proprietà edilizia
privata, in Giur. it., 1990; nonché GIURISPRUDENZA ITALIANA, Nota redazionale, cit.. Ulteriore bibliografia
è riportata in CANDIAN A., Il contratto, cit., pag. 6, nota 11, nonché in FIALE A., FIALE E., Diritto urbanistico,
cit., pagg. 632 e ss..
133 Cfr. GIURISPRUDENZA ITALIANA, Nota redazionale, cit., laddove, dopo aver esposto una possibile
ricostruzione dell'istituto, si ammette che «non tutta la dottrina concorda unanimemente sulla
ricostruzione del contratto di cessione di cubatura di cui sopra, difatti dottrina e giurisprudenza hanno
avanzato altre tesi a riguardo». Cfr. altresì CANGELLI F., Cessione di cubatura, cit.: «Non pochi dubbi in
dottrina e in giurisprudenza ha sollevato il problema ulteriore della natura giuridica della cessione di
cubatura, per la quale sono state offerte ricostruzioni tra loro assai diverse».
MARCO ANTONIOL – GLI INDICI DI EDIFICABILITÀ - Cap. II – Analisi areale: la superficie edificabile
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invero, la copiosa letteratura che si è occupata di questo delicato istituto tradisce
spesso fin dal titolo134 l'intenzione di confrontarsi con i rapporti di diritto civile che
intercorrono tra i due privati, il cui inquadramento sembra in effetti tutt'altro che
agevole. Non di rado, inoltre, l'intenzione di trascurare i profili pubblicistici è
espressa a chiare lettere, proprio per far posto alle questioni privatistiche, ritenute
più problematiche135 e per questo più meritevoli d'attenzione.
Ai fini della nostra analisi, viceversa, i profili che vengono in rilievo sono
essenzialmente pubblicistici e richiedono di essere affrontati con il taglio operativo
del quale si è dato conto in apertura136. Da questo punto di vista è opportuno
sottolineare ancora una volta la stretta analogia che intercorre tra il normale
asservimento unilaterale ed il fenomeno in discorso, che potremmo chiamare
asservimento intersoggettivo137. A ben guardare, infatti, le due fattispecie non si
distinguono sul piano qualitativo, bensì su quello quantitativo, potendosi affermare
che l'asservimento intersoggettivo costituisce un quid pluris rispetto all' asservimento
unilaterale.
Ed invero, laddove il proprietario intenda asservire un fondo di sua proprietà
sarà solamente tenuto a dimostrare di esserne proprietario. Alla luce della pacifica
ammissibilità dell'asservimento unilaterale, infatti, rientra tra le facoltà dominicali
anche quella di concentrare la volumetria assentibile su uno soltanto dei propri
fondi, come già si è dimostrato in precedenza.
Analogamente, laddove intenda asservire il fondo altrui, il proprietario dovrà
provare il consenso di colui che può validamente disporre dello ius aedificandi
sull'area asservita. In merito alle forme di manifestazione del consenso altrui, però,
dottrina e giurisprudenza hanno mostrato qualche incertezza, dando luogo ad una
questione tuttora discussa, ma che onestamente sembra sopravvalutata.
Ad avviso di chi scrive, alle origini della problematica si intravede un
orientamento della giurisprudenza amministrativa che, richiamandosi in modo
acritico a pronunce ormai risalenti138, seguita tuttora a imporre all'amministrazione
di verificare che sia intervenuto un atto negoziale privatistico tra proprietario e
vicino139. Si tratta di arresti interessanti perché sembrano introdurre un insanabile
134 Cfr., esemplarmente, VANGHETTI V., Profili civilistici, cit., nonché CIMMINO N. A., La cessione di cubatura,
cit..
135 Cfr. CECCHERINI G., Trasferimento di cubatura, cit., laddove si osserva che «dal punto di vista privatistico
i problemi forse sono stati maggiori». Cfr. altresì CANDIAN A., Il contratto, cit., pagg. 18-19: «Se il versante
relativo alla condotta dell'ente pubblico pare assottigliare la problematicità del fenomeno, la stessa
tranquillizzante conclusione non può essere raggiunta sul versante dei rapporti tra privati».
136 Cfr. supra, pag. 7. Diversa impostazione si ritrova ad esempio in CANDIAN A., Il contratto, cit., pag. 5,
che dichiaratamente «non si prefigge scopi pratici immediati».
137 L'espressione non sembra adottata né in dottrina né in giurisprudenza, ma appare funzionale alla
dimostrazione della simmetria intercorrente tra asservimento stricto sensu e trasferimento di cubatura.
138 Cfr. Cons. Stato 28 giugno 1971, n. 632, in Foro amm., 1971, I, 2, pag. 691, Cons. Stato, 23 febbraio
1973, n. 178, in Foro amm., 1971, I, 2, pag. 140 e TAR Piemonte, Torino, sez. I, 28 gennaio 1976, n. 26, in
TAR, 1976, 1, pag. 849, tutte menzionate da CANDIAN A., Il contratto, cit., pagg. 16-17.
139 Cfr. Cons. Stato, sez. IV, 29 luglio 2008, n. 3766, in Foro amm. Cons. Stato, 2008, 7-8, pag. 2061,
riportata anche da MANDARANO A., Il calcolo della potenzialità edificatoria, cit., nota 3: «alla luce del costante
orientamento di questo Consiglio di Stato, ribadito anche di recente (sez. IV, 19 gennaio 2008, n. 255; 19
ottobre 2006, n. 6229; 31 gennaio 2005, n. 217), quando la normativa urbanistica impone limiti di
MARCO ANTONIOL – GLI INDICI DI EDIFICABILITÀ - Cap. II – Analisi areale: la superficie edificabile
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frattura tra asservimento unilaterale ed intersoggettivo, come rilevato dagli studi più
approfonditi svolti su questo argomento140. Ed invero, dall'uso del termine negozio -
di altissimo contenuto tecnico-giuridico141 - si potrebbe dedurre che per
l'amministrazione non è sufficiente accertare che il proprietario abbia ottenuto il
consenso del vicino, dovendosi spingere fino a pretendere l'allegazione di un
contratto in senso tecnico142. Proseguendo in questa direzione ci si potrebbe
chiedere perché occorre il contratto laddove sarebbe sufficiente il consenso di
entrambi i soggetti privati. Ebbene, la soluzione appare obbligata: posto che il
contratto non può essere la fonte dell'asservimento, che si verifica solo con il
provvedimento amministrativo143, evidentemente il contratto costituisce un
presupposto di quest'ultimo. Se è così, allora, l'amministrazione sembra costretta ad
addentrarsi nel settore del diritto privato per accertare che il contratto esista e
quindi non sia nullo.
In tutta franchezza, si tratta di conseguenze inaccettabili. Le difficoltà si
pongono non tanto sul piano formale - laddove viene in soccorso la Suprema
Corte, che non ritiene necessaria la forma scritta per il contratto in parola144 -
quanto piuttosto sul piano funzionale. Ed invero, costringendo il Comune ad
accertare che il contratto non sia affetto da vizi causali, gli si addosserebbe
quell'onere di qualificazione giuridica del negozio di diritto privato dal quale non
riesce a districarsi neppure la dottrina civilistica più avveduta.
In generale, l'accertamento dell'esistenza di un contratto complicherebbe a
volumetria, il vincolo dell'area discende ope legis dalla sua utilizzazione, sulla base della concessione edilizia,
senza la necessità di strumenti negoziali privatistici (atto d'obbligo, trascrizione, ecc.), i quali ultimi, invece,
devono sussistere quando il proprietario di un terreno intenda asservirlo a favore di un altro proprietario
limitrofo, per ottenere una volumetria maggiore di quella che il suo solo terreno gli consentirebbe, oppure,
ancora, quando siffatto asservimento sia, per così dire, reciproco, nel senso che i proprietari di più terreni
li asservano unitariamente alla realizzazione di un unico progetto, ai fini della quale i rispettivi lotti
perdono, dal punto di vista urbanistico-edilizio, la loro “individualità”».
140 Cfr. CANDIAN A., Il contratto, cit., pagg. 16-17, nota 22: «Al riguardo va precisato che il Consiglio di
Stato ha introdotto un interessante distinguo per il caso in cui le aree interessate all'operazione di
concentrazione di volumetria appartengano al medesimo proprietario o a proprietari diversi. [...] Secondo
il prevalente orientamento dei giudici amministrativi, nel primo caso il vincolo di inedificabilità sull'area
accorpata sorge ope legis per il solo fatto che la volumetria è già stata trasformata in edificato non
occorrendo alcun atto negoziale privatistico. [...] Nella seconda ipotesi meglio nota come “trasferimento di
volumetria” il giudice amministrativo richiede invece costantemente l'intervento dell'atto negoziale
privatistico».
141 Cfr. ex multis, nell'ambito della dottrina più autorevole, BIANCA C. M., Il contratto, in Diritto civile, III, II
ed., Milano, 2000, pag. 10: in sede di discussione del «problema del negozio giuridico», infatti, l'Autore
parla del negozio in termini di «categoria di diritto positivo, punto di riferimento per l'applicazione di
norme giuridiche comuni».
142 Cfr. ancora BIANCA C. M., Il contratto, cit., pag. 8, il quale ricorda che nel negozio giuridico «rientra
anche il contratto, che è la principale [...] figura di negozio».
143 Cfr. Cass. civ., sez. II, 24 settembre 2009, n. 20623: «A determinare il trasferimento di cubatura, tra le
parti e nei confronti dei terzi, è esclusivamente il provvedimento concessorio, discrezionale e non
vincolato, che, a seguito della rinuncia del cedente, può essere emanato dall'ente pubblico a favore del
cessionario, non essendo configurabile tra le parti l'esistenza di un contratto traslativo».
144 Cfr. ancora Cass. civ., sez. II, 24 settembre 2009, n. 20623: «L'accordo preliminare diretto alla cessione
di cubatura [...] non richiede la forma scritta ad substantiam, perché se ne deve escludere la natura di
contratto traslativo di un diritto reale».
MARCO ANTONIOL – GLI INDICI DI EDIFICABILITÀ - Cap. II – Analisi areale: la superficie edificabile
38
dismisura l'istruttoria comunale ed è questo il primo argomento che impone di
espungere l'atto negoziale dai presupposti dell'asservimento intersoggettivo. Ed
invero, dal confronto con la corrispondente figura dell'asservimento semplice si
ricava in particolare che la necessaria allegazione del contratto subordinerebbe
l'asservimento intersoggettivo a prove del tutto estranee alla logica dell'istituto. Se
infatti si tiene a mente che in sede di asservimento unilaterale la giurisprudenza non
richiede nessun atto formale - ritenendo pacificamente che l'asservimento si formi
da sé145 - diventa davvero difficile sostenere che invece, a fronte di un asservimento
intersoggettivo, ricorrono esigenze talmente straordinarie da imporre addirittura la
produzione di un contratto in senso giuridico.
Per razionalizzare l'istituto sembra allora opportuno rifarsi ai principi che
governano il procedimento di rilascio del permesso di costruire. Sul punto, la
giurisprudenza è pacificamente orientata nel senso che l'amministrazione non è
tenuta ad accertare l'esistenza di un diritto reale in capo al richiedente, essendo
sufficiente la mera disponibilità del bene146. Da ciò si ricava qual è il vero oggetto
dell'istruttoria comunale, che deve accertare che il titolo abilitativo non sia adottato
invito domino, cioè contro la volontà di colui che può disporre del bene. Orbene, ad
avviso di chi scrive non v'è ragione per non estendere questo principio anche al
delicato istituto del quale ci si occupa e concludere quindi nel senso che il Comune
è tenuto ad accertare non tanto l'esistenza di un contratto, quanto piuttosto del
consenso del vicino.
La differenza tra contratto e consenso non è trascurabile. Pretendere
l'allegazione del contratto significa infatti far gravare sui privati e
sull'amministrazione una serie inaccettabile di oneri formali e sostanziali, come già
si è sottolineato. Il consenso, al contrario, può essere provato in molti modi, ad
esempio attraverso un atto unilaterale proveniente dal vicino, con il quale
quest'ultimo si limiti appunto a manifestare il proprio consenso all'asservimento del
proprio fondo: un atto di questo tipo non è certo un contratto, ma ciò nondimeno
appare sufficiente per dimostrare il consenso del vicino e quindi per dar luogo
all'effetto di asservimento, come del resto ritenuto dalla giurisprudenza della
Suprema Corte147. Analogamente, non sembra vi sia ragione di dubitare del
consenso del vicino laddove questi sottoscriva l'istanza di permesso di costruire: in
questo caso, in effetti, un vero e proprio contratto può anche mancare, ma la prova
del consenso può dirsi raggiunta e per questo si produce anche qui l'effetto di
145 Cfr. supra, pag. 31.
146 Si tratta di un assunto assolutamente pacifico in giurisprudenza: tra le più recenti si vedano TAR
Campania, Napoli, sez. II, 5 novembre 2010, n. 23271; TAR Sicilia, Catania, sez. III, 22 aprile 2010, n.
1189 e Cass. civ., sez. I, 3 febbraio 2010, n. 2515.
147 Cfr. Cass. civ., S.U., 29 giugno 1981, n. 4245, in Giur. it., 1982, I, 1, pag. 685, menzionata ex multis da
CECCHERINI G., Trasferimento di cubatura, cit., laddove si condivide che «al fine di trasferire la cubatura
assume decisiva ed unica rilevanza non l'impegno del cedente nei confronti del cessionario, ma l'atto di
asservimento su di un fondo a favore dell'altro che dà ragione del provvedimento favorevole della p.a»,
secondo un orientamento che l'Autore ritiene oramai prevalente. Più di recente si veda Cass. civ., sez. II,
24 settembre 2009, n. 20623, che risolve una questione nella quale il vicino aveva presentato un «atto
unilaterale di asservimento e di vincolo».
MARCO ANTONIOL – GLI INDICI DI EDIFICABILITÀ - Cap. II – Analisi areale: la superficie edificabile
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asservimento.
Il contratto, in definitiva, rimane nell'alveo dei rapporti tra privati, che possono
anche essere celati agli occhi dell'amministrazione perché non rilevano a fini
pubblicistici, tant'è che si esclude pacificamente che il Comune sia vincolato dagli
eventuali negozi di cessione della cubatura intervenuti tra i privati148: ciò che conta è
il consenso, che può ben essere provato senza l'allegazione del contratto. Qualora
quest'ultimo sia viziato, poi, i privati potranno reagire nella sede deputata alla
risoluzione dei rapporti interprivatistici, cioè in sede civile, ma la sorte del contratto
non spiegherà alcun effetto sul titolo abilitativo dell'attività edilizia. Il Comune,
infatti, avrà agito correttamente ogniqualvolta avrà verificato il consenso di colui
che può disporre dell'area, non rilevando a fini pubblici gli eventuali successivi
accertamenti del giudice civile, se non nei limiti in cui possono giustificare un atto
di autotutela.
Del resto, autorevole dottrina interpreta l'orientamento tradizionale della
giurisprudenza amministrativa focalizzando l'attenzione non tanto sul contratto
quanto piuttosto sul consenso149. Ad avviso di chi scrive, si tratta di un'opinione un
po' forzata ma tutto sommato condivisibile, essendo verosimile che la persistente
menzione dell'atto negoziale sia ormai poco più che un retaggio linguistico.
Può essere utile osservare, inoltre, che quei legislatori regionali che riconoscono
l'istituto evitano accuratamente la qualificazione contrattuale o negoziale dell'atto
d'obbligo, pur soffermandosi sull'istituto fino al punto di imporne la trascrizione150.
Infine - e per concludere su questo punto - si è detto che nel 2009 l'Adunanza
Plenaria del Consiglio di Stato ha convincentemente affermato il principio di
prevalenza della realtà sostanziale sulle formali manifestazioni del consenso da
parte dei privati. Nel caso di specie si trattava per vero di un'ipotesi di asservimento
unilaterale, ma non sembra tecnicamente corretto comprimere indebitamente la
portata della decisione, anche alla luce dell'autorevolezza del giudice da cui
promana. La verità è che l'Adunanza Plenaria ha fatto tesoro del moderno principio
per il quale le regole dettate da esigenze puramente formali devono cedere il passo
alla realtà sostanziale dei fatti151. Applicando questo principio alla disciplina
dell'asservimento, allora, non si vede più alcuna ragione per giustificare il rigetto
148 In questi termini cfr. TAR Puglia, Bari, sez. III, 3 dicembre 2010, n. 4081.
149 Cfr. CANDIAN A., Il contratto, cit., pag. 17: «La giurisprudenza amministrativa al fine di considerare
legittima una concessione edilizia maggiorata rilasciata a favore dell'accipiens, esige che [...]
l'amministrazione abbia acquisito il consenso del tradens».
150 Cfr. art. 33, c. 2, l.r. Friuli-Venezia Giulia 11 novembre 2009, n. 19: «Al fine di cui al comma 1 può
essere vincolata un'area adiacente all'area interessata dalla costruzione, avente la medesima classificazione
quale zona omogenea o comunque urbanisticamente compatibile, anche in proprietà di soggetto diverso
dal proprietario dell'area interessata dalla costruzione. In quest'ultimo caso il vincolo è oggetto di atto
d'obbligo da trascriversi nei registri immobiliari e al tavolare a cura del richiedente».
151 Cfr. emblematicamente art. 21-octies, c. 2, l. 7 agosto 1990, n. 241: «Non è annullabile il provvedimento
adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti qualora, per la natura vincolata
del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da
quello in concreto adottato. Il provvedimento amministrativo non è comunque annullabile per mancata
comunicazione dell'avvio del procedimento qualora l'amministrazione dimostri in giudizio che il
contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato».
MARCO ANTONIOL – GLI INDICI DI EDIFICABILITÀ - Cap. II – Analisi areale: la superficie edificabile
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dell'istanza edilizia sorretta dal consenso di tutti i titolari dello ius aedificandi, anche
se manifestato al di fuori di un contesto negoziale.
Chiarito tutto questo in relazione al consenso, si può osservare che anche con
riguardo agli altri requisiti dell'asservimento intersoggettivo si riscontra una certa
similitudine tra questa figura e l'asservimento unilaterale. Analoga, anzitutto, è la
regola per la quale occorre che le aree siano vicine152, anche se sul punto si
registrano molteplici aperture153. Inoltre, occorre che le aree abbiano la stessa
destinazione urbanistica, cioè appartengano alla medesima zona territoriale
omogenea154.
Ottenute queste prove, il moltiplicando dell'equazione fondamentale della
densità edilizia non sarà più la superficie del solo lotto edificato, bensì la somma tra
quest'ultima (Se) e la superficie del fondo asservito dal vicino (Sa).
V = ((Sୣ+ Sୟ) x Iୣ) − V୧୮
Come si vede, l'equazione fondamentale della densità edilizia in caso di
asservimento intersoggettivo è in tutto e per tutto indistinguibile da quella già
esposta in occasione dell'asservimento unilaterale. Ciò esprime in termini
matematici l'idea per cui, tra asservimento in senso stretto e cessione di cubatura
non vi è alcuna differenza sostanziale155.
152 Cfr. CANDIAN A., Il contratto, cit., pag. 18: «Si richiede che le due aree, quella del tradens e quella
dell'accipiens, siano contigue». L'Autrice riporta in nota, peraltro, una copiosa giurisprudenza in questo
senso.
153 Cfr. GIURISPRUDENZA ITALIANA, Nota redazionale, cit., laddove si rileva che la giurisprudenza
amministrativa «ha fornito un'interpretazione alquanto elastica in tema di vicinanza dei terreni giungendo
ad affermare anche come non sia necessariamente richiesta la continuità ed unicità del lotto ma
semplicemente la contiguità», rinviandosi sul punto a Cons. Stato, sez. V, 1° ottobre 1986, n. 477, in Riv.
giur. edil., 1986, I, pag. 1014. Nel medesimo senso cfr. LAVERMICOCCA D., La cessione di cubatura, cit.: «La
contiguità dei terreni da asservire che non deve essere tale da intendersi nel senso della adiacenza, ossia
della continuità fisica tra tutte le particelle catastali interessate, bensì come effettiva e significativa
vicinanza tra i fondi asserviti per raggiungere la cubatura desiderata». La legislazione regionale, del resto, si
mostra talvolta decisamente incline a superare questo presupposto: cfr. art. 33, c. 4, l.r. Friuli-Venezia
Giulia 11 novembre 2009, n. 19: «Può essere vincolata un'area non adiacente all'area di insistenza della
costruzione, o comunque urbanisticamente compatibile e non soggetta a pianificazione attuativa. Ai sensi
del presente comma può altresì essere vincolata un'area sita nel territorio di un Comune diverso da quello
in cui è ubicato l'intervento, solo nei casi di interventi in zona agricola connessi con la conduzione dei
fondi».
154 Cfr. LAVERMICOCCA D., La cessione di cubatura, cit.: «Occorre inoltre che sussista la medesima
destinazione urbanistica dei fondi, altrimenti si verificherebbe una violazione delle norme che mirano a
garantire la realizzazione di specifiche caratteristiche tipologiche in quella determinata zona». Più prudente
la posizione di LUNARDI S., RICCI S., Gli aspetti fiscali, cit., dal momento che gli Autori ritengono che il
fondo del proprietario sia «normalmente situato nella stessa zona urbanistica» del fondo del vicino,
apparentemente legittimando uno spostamento di volumetria anche al di fuori della zona territoriale
omogenea.
155 Cfr. CANGELLI F., Cessione di cubatura, cit.: secondo l'Autrice «il fenomeno, a stretto rigore, riguarda sia
il caso che i fondi appartengano al medesimo proprietario, sia il caso che appartengano a proprietari
diversi». In senso apparentemente contrario cfr. PITTER P., Limiti, cit., pag. 434, laddove si riscontrano
«aspetti notevolmente diversi» tra le due fattispecie: in realtà, però, l'Autore si sofferma sul piano formale,
sul quale anche nel testo sono state riscontrate le principali differenze tra asservimento unilaterale ed
MARCO ANTONIOL – GLI INDICI DI EDIFICABILITÀ - Cap. II – Analisi areale: la superficie edificabile
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8. Le conseguenze dell'asservimento: effetti positivi ed effetti negativi
All'asservimento, sia esso unilaterale o intersoggettivo, seguono due effetti
inscindibili, ma contrapposti. A ben guardare, anzi, può dirsi senz'altro che i due
effetti hanno segno opposto, atteso che ad un effetto positivo per il privato si
collega un innegabile effetto negativo a carico dello stesso soggetto.
L'effetto positivo per il privato è l'aumento della volumetria assentibile sul
proprio fondo. Ed invero, l'asservimento permette normalmente di edificare un
immobile di volumetria superiore rispetto a quella che potrebbe sviluppare un
terreno isolatamente considerato.
L'effetto negativo per il privato è invece la sterilizzazione della superficie
asservita, che dà luogo a tematiche delicatissime e particolarmente frequenti nella
prassi.
Alla luce della rilevantissima incidenza dell'asservimento nella materia che ci
occupa, appare opportuno trattare separatamente l'effetto positivo e quello
negativo, cogliendo peraltro l'occasione per affrontare le principali questioni
applicative che si pongono in relazione all'uno ed all'altro.
9. Effetti positivi dell'asservimento e questione del lotto minimo
Si è detto che l'effetto positivo dell'asservimento - unilaterale o intersoggettivo -
è dato dall'aumento della volumetria assentibile.
Dal punto di vista del proprietario, tale effetto costituisce il motivo soggettivo
sotteso allo stesso atto di asservimento: ciò che induce il proprietario ad asservire
un'area di sua proprietà, o a chiedere al vicino di asservire l'area di quest'ultimo, è
evidentemente l'intenzione di maggiorare la volumetria assentibile nell'ambito
edificabile, anche a costo di farne risultare l'effetto negativo di cui si dirà.
Dal punto di vista del Comune, invece, l'asservimento si riflette in una
complicazione delle pratiche edilizie. A fronte di un fenomeno di questo tipo,
infatti, l'amministrazione deve adottare, quale base di calcolo, l'intera superficie
asservita, utilizzandola come moltiplicando nell'equazione fondamentale della
densità: laddove in tal modo si ottenga un totale volumetrico pari o superiore a
quello richiesto dall'intervento, quest'ultimo deve essere acconsentito.
Per vero, la dottrina riscontra normalmente - anche se spesso in modo acritico -
una certa discrezionalità in capo all'amministrazione156. In generale, tuttavia,
intersoggettivo.
156 Cfr. CANDIAN A., Il contratto, cit., pag. 16, secondo la quale «la disciplina in questione consente
all'amministrazione margini di discrezionalità piuttosto elevati». Analogamente cfr. CECCHERINI G.,
Trasferimento di cubatura, cit., per la quale «nel contratto di cessione di cubatura la realizzazione del risultato
MARCO ANTONIOL – GLI INDICI DI EDIFICABILITÀ - Cap. II – Analisi areale: la superficie edificabile
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pacifica giurisprudenza qualifica in termini di provvedimento vincolato il rilascio
del titolo edilizio157. Poiché nel caso di specie non sussistono apprezzabili
peculiarità da questo punto di vista, sembra più corretto ritenere che il Comune,
riscontrati i presupposti dell'asservimento ed esclusa ogni altra possibile condizione
ostativa, sia tenuto a consentire l'attività edilizia. I profili di discrezionalità -
senz'altro sussistenti - sono infatti riferibili al pianificatore158 e non al Comune
come tale.
Da quanto precede si può ricavare, ad avviso di chi scrive, la correttezza del
ragionamento che si muove esclusivamente sul piano areale. In altre parole, il modus
operandi più corretto sembra quello che vede nell'asservimento un fenomeno che
riguarda non tanto la volumetria, bensì le superfici. Di conseguenza, se Tizio
produce un atto di asservimento del fondo Corneliano al fondo Flaviano, ciò
significa che la superficie dei due fondi deve essere considerata unitariamente ai fini
della densità edilizia. Ciò che conta - si ripete - è la superficie complessiva dei due
fondi, sulla base della quale sarà calcolata una volumetria unitaria.
Ad onor del vero, però, si deve avvertire che nella prassi è assai diffusa la logica
opposta, secondo la quale l'asservimento non riguarda la superficie asservita, bensì
la volumetria generata da tale superficie. Si tratta di un'impostazione che appare
adombrata già dalla terminologia corrente, che proprio per questa ragione si è
tentato di evitare. Si ricorderà, infatti, che il fenomeno dell'asservimento -
soprattutto intersoggettivo - è usualmente indicato con espressioni come cessione di
cubatura159, trasferimento di volumetria160 o simili161: terminologie di questo tipo,
evidentemente, lasciano supporre che il fenomeno riguardi non tanto la superficie,
bensì la volumetria generata dalla superficie asservita. Aderendo a questa tesi,
finale non è subordinata ad una attività delle parti private, ma dipende esclusivamente dal provvedimento
della p.a. che è discrezionale. Infatti è solo il provvedimento del Comune che può decidere della
modificazione del piano regolatore richiesta dalle parti private».
157 Cfr. ex multis, tra le più recenti, TAR Toscana, Firenze, sez. III, 12 luglio 2010, n. 2447: «Il rilascio di
permessi di costruire è subordinato al riscontro della conformità dei progetti edilizi alla normativa
urbanistica; trattasi di attività vincolata la quale, come tale, non contempla valutazioni in ordine al
bilanciamento degli interessi che potrebbero trovarsi in gioco». Negli stessi termini cfr. TAR Toscana,
Firenze, sez. III, 30 aprile 2010, n. 1173; TRGA Trentino-Alto Adice, Bolzano, sez. I, 22 febbraio 2010, n.
43 e 5 giugno 2009, n. 217; TAR Lombardia, Brescia, sez. II, 22 giugno 2009, n. 1245; TAR Campania,
Salerno, sez. I, 3 giugno 2009, n. 2826; TAR Piemonte, Torino, sez. I, 22 maggio 2009, n. 1471; TAR Valle
d'Aosta, Aosta, sez. I, 15 febbraio 2008, n. 4756 e TAR Marche, Ancona, sez. I, 14 giugno 2006, n. 417.
Cfr. inoltre, tra i precedenti del giudice d'appello, Cons. Stato, sez. V, 2 ottobre 2008, n. 4756: «La
concessione edilizia consiste in un provvedimento vincolato al riscontro della conformità del progetto del
proposto intervento costruttivo alla normativa urbanistica ed edilizia in atto vigente, senza che residui in
capo all'amministrazione comunale alcun margine di discrezionalità amministrativa».
158 Cfr. infra, pag. 102.
159 L'espressione ricorre sovente nella stessa intitolazione dei contributi dottrinali che si occupano
dell'argomento: cfr. LAVERMICOCCA D., La cessione di cubatura, cit.; CANGELLI F., Cessione di cubatura, cit.,
VANGHETTI V., Profili civilistici, cit.; CIMMINO N. A., La cessione di cubatura, cit.; SCARLATELLI S., La c.d.
cessione di cubatura, cit.; FARNELLI A., Nota, cit. e GRASSANO P., La cessione di cubatura, cit..
160 L'espressione è adottata, tra gli altri, da CANDIAN A., Il contratto, cit., LAVERMICOCCA D., La cessione di
cubatura, cit., CECCHERINI G., Trasferimento di cubatura, cit. e CANGELLI F., Cessione di cubatura, cit..
161 Piuttosto frequente è ad esempio l'espressione «trasferimento di cubatura»: cfr. CECCHERINI G.,
Trasferimento di cubatura, cit. nonché LUNARDI S., RICCI S., Gli aspetti fiscali, cit. e PAGANO A., In tema, cit..
MARCO ANTONIOL – GLI INDICI DI EDIFICABILITÀ - Cap. II – Analisi areale: la superficie edificabile
43
dunque, se Tizio produce un atto di asservimento del fondo Corneliano al fondo
Flaviano, ciò significa che egli intende calcolare separatamente la volumetria
assentibile sul fondo Corneliano e quella assentibile sul fondo Flaviano, sommando
successivamente la prima alla seconda, per edificare un unico immobile.
Sul piano concettuale, la differenza tra le due impostazioni è evidente: nel primo
caso si asservisce una superficie, nella seconda si trasferisce una volumetria. Si
potrebbe però obiettare che, nel concreto, tale differenza scompare del tutto. In
effetti, se si hanno a mente casi semplicissimi come quello abbozzato in relazione ai
fondi Flaviano e Corneliano, il calcolo separato delle volumetrie assentibili può
risultare indifferente o addirittura preferibile, ad esempio laddove una delle due aree
sia già parzialmente edificata o sia comunque già stata oggetto del calcolo della
volumetria assentibile. Se però si passa a casi più articolati - che nella prassi
ricorrono sovente, stante la composita realtà urbanistica italiana - l'uso
dell'impostazione che qui si avversa può obbligare a percorrere sentieri difficili per
raggiungere traguardi semplici e talvolta può addirittura impedire il conseguimento
di risultati accettabili.
Il concetto può essere chiarito ricorrendo alla delicata questione del lotto
minimo. Si tratta di un tema che merita di essere affrontato solo incidentalmente,
dal momento che la legislazione statale162 non sembra farne menzione. Nella prassi,
tuttavia, è assai frequente che il pianificatore subordini l'edificabilità del lotto alla
ricorrenza di una superficie minima, con una scelta di merito che la giurisprudenza
amministrativa ritiene legittima ed in linea di massima sottratta al sindacato di
legittimità163, al pari delle altre valutazioni urbanistiche164.
Orbene, in dottrina è piuttosto ricorrente l'idea che il requisito del lotto minimo
non si possa integrare mediante l'asservimento165. Alla base di quest'affermazione
non si fatica a riconoscere, appunto, la concezione dell'asservimento come cessione
di volumetria: è fin troppo evidente che, se si ritiene che l'asservimento di un'area
comporti il trasferimento della volumetria generata ma non l'ampliamento della
162 Alcuni legislatori regionali hanno invece elevato l'istituto al rango di norma di legge: cfr. art. Cfr. art. 56,
c. 3, lett. b), l.r. Lazio 22 dicembre 1999, n. 38, e art. 7, c. 13, l.r. Lazio 6 luglio 1998, n. 24. Cfr. altresì l.r.
Abruzzo 13 luglio 1989, n. 52, voce Sf (Superficie fondiaria).
163 Cfr. Cons. Stato, sez. IV, 14 luglio 2004, n. 5103: «Le scelte urbanistiche, tra le quali deve essere
annoverata anche quella di introdurre il lotto minimo edificabile, costituiscono apprezzamenti di merito,
sottratti al sindacato di legittimità, salvo che non siano inficiate da errore di fatto o abnormi illogicità, e
non necessitano di apposita motivazione, salvo quella che si può evincere dai criteri generali di ordine
tecnico – discrezionale, seguiti nell'impostazione del piano stesso».
164 Cfr. ex multis, tra le pronunce più recenti ed autorevoli, Cons. Stato, sez. IV, 15 settembre 2010, n. 6882:
«Le scelte urbanistiche possono formare oggetto di sindacato giurisdizionale nei soli casi di arbitrarietà,
irrazionalità o irragionevolezza ovvero di palese travisamento dei fatti che costituiscono i limiti della
discrezionalità amministrativa».
165 Cfr. CANGELLI F., Cessione di cubatura, cit.: «Qualora sia utilizzato uno standard che non preveda
semplicemente un rapporto medio area/volume per una determinata zona, ma preveda, ad esempio, un
dato indice di fabbricabilità rispetto ad un lotto minimo, la cessione di cubatura non potrebbe considerarsi
ammissibile perché in contrasto con la normativa urbanistica». Cfr. altresì LAVERMICOCCA D., La cessione
di cubatura, cit.: «L'applicazione dell'istituto non è ammissibile nel caso in cui per i singoli lotti sia prescritto
il rispetto di una superficie minima». Cfr. inoltre D'ANGELO GI., Il calcolo della volumetria, cit., nota 9, che
richiede il «rispetto delle prescrizioni sulla superficie minima dei lotti edificabili».
MARCO ANTONIOL – GLI INDICI DI EDIFICABILITÀ - Cap. II – Analisi areale: la superficie edificabile
44
superficie di riferimento, il requisito del lotto minimo non ha nulla a che vedere
con l'istituto in parola. Se Tizio asservisce il fondo Corneliano al fondo Flaviano,
secondo questa impostazione egli può calcolare la volumetria assentibile sul fondo
Corneliano e sommarla a quella che ha diritto di erigere sul fondo Flaviano, ma la
superficie di quest'ultimo rimane immutata: di conseguenza, se il pianificatore ha
richiesto una data superficie minima e il fondo Flaviano non la raggiunge,
l'asservimento del fondo Corneliano si rivela giuridicamente inutile per il
proprietario Tizio.
Tutto questo può dar luogo a risultati aberranti. Se infatti i privati non avessero
alcuna possibilità di raggiungere la superficie minima mediante atti di asservimento,
è chiaro che il pianificatore potrebbe imporre vincoli di inedificabilità giuridica - e
non soltanto di fatto - in spregio ai limiti ai quali normalmente sottostanno le scelte
di questo tipo.
Ma v'è di più: oltre al pianificatore, perfino il proprietario potrebbe imporre
unilateralmente dei vincoli di inedificabilità, con indebita e paradossale ingerenza
del privato nella funzione gestione del territorio. Si ipotizzi ad esempio che Filano,
proprietario del fondo X, che può essere edificato perché ha superficie esattamente
pari al lotto minimo, ritenga opportuno che esso non sia edificato, perché ad
esempio ritiene troppo generose e per questo irragionevoli le scelte edificatorie
operate dal pianificatore. Orbene, per assicurarsi che il lotto non possa essere
edificato neppure dopo la propria morte, Filano potrebbe semplicemente
suddividere il fondo tra i propri figli: in tal modo, i due nuovi lotti originati dallo
smembramento del fondo X non potrebbero giammai essere edificati, neppure se i
figli di Tizio si accordassero per l'asservimento dell'uno all'altro. In questo modo,
evidentemente, Tizio avrebbe agito come pianificatore di fatto, con un'ingerenza
nella cosa pubblica che l'ordinamento non può certamente tollerare.
Da quanto detto consegue giocoforza l'opportunità di respingere la
ricostruzione che vede nell'asservimento un trasferimento di cubatura. Tale
impostazione, del resto, incontra insuperabili ostacoli anche sul piano giuridico.
In primo luogo, la pedissequa interpretazione della cessione di volumetria in
quanto tale urta con la granitica impostazione della giurisprudenza costituzionale,
che con una storica e celeberrima pronuncia ha vietato senza mezzi termini lo
scorporo dello ius aedificandi dal diritto di proprietà166. In dottrina non sono mancati
i tentativi di impostare in questi termini l'istituto de quo167, con imbarazzanti
problemi di liceità e con tutte le difficoltà che ne derivano. A ben guardare, però, la
questione di liceità non si pone neppure se si ritiene che l'asservimento non
comporti alcuno scomputo della cubatura generata dal suolo ma, al contrario,
mantenga uno stretto legame tra superfici e volumi, trasferendo i secondi solo nella
misura in cui sono trasferite le prime.
166 Cfr. Corte Costituzionale, 25 gennaio 1980, n. 5.
167 Per un quadro delle opinioni dottrinali su questo punto cfr. CANGELLI F., Cessione di cubatura, cit.,
specialmente note 24 e ss.. Cfr. altresì GRASSANO P., La cessione di cubatura, cit., nonché CIMMINO N. A.,
La cessione di cubatura, cit., SCARLATELLI S., La c.d. cessione di cubatura, cit. e LAVERMICOCCA D., La cessione di
cubatura, cit..
MARCO ANTONIOL – GLI INDICI DI EDIFICABILITÀ - Cap. II – Analisi areale: la superficie edificabile
45
Inoltre, si è detto che la giurisprudenza tradizionale tende ad imporre che le aree
asservite siano contigue a quelle edificate, ma la giustificazione di un simile
requisito appare quantomeno sfuggente se si ritiene che l'asservimento permetta
una vera e propria circolazione della volumetria. Viceversa, se l'effetto
dell'asservimento è l'allargamento della superficie di riferimento, la logica di questo
limite è nella natura delle cose, dal momento che un'area non può essere allargata se
non per il tramite delle aree adiacenti168.
Del resto, a sostegno della tesi che si avversa viene talvolta addotto un arresto
del Consiglio di Stato169, la cui opinione si presta però ad essere equivocata se
avulsa dal contesto in cui si colloca. Nel caso di specie, due proprietari risultavano
titolari di aree inferiori al lotto minimo previsto dal piano di fabbricazione: consci
che, allo stato, nessuno dei due avrebbe potuto edificare, si erano dunque accordati
per presentare un unico progetto, accorpando fittiziamente i due fondi per
raggiungere la superficie minima edificabile richiesta dal pianificatore. Il Comune
acconsentiva all'intervento, ma il titolo edilizio veniva impugnato ed annullato dal
TAR L'Aquila170, con sentenza confermata in appello dalla decisione che ci
riguarda.
Sennonché, nel caso di specie l'annullamento risulta giustificato più che altro
dall'artificiosità dell'accorpamento, che in effetti emerge da dati inequivocabili: da
un lato, il progetto unitario prevedeva due distinti corpi di fabbrica, l'uno da
realizzare sul fondo del proprietario istante, l'altro da realizzare su quello del vicino
cointeressato; dall'altro, la logica scindibilità dei due interventi veniva
implicitamente confermata dal Comune resistente, che per la realizzazione del
progetto rilasciava due distinte concessioni edilizie. Di conseguenza non sembra
corretto concludere nel senso dell'automatica illegittimità dell'asservimento
finalizzato a superare il requisito del lotto minimo171: ciò potrebbe risultare coerente
con la tesi che qui si contrasta, ma che non corrisponde affatto al dictum del
Consiglio di Stato.
La stessa giurisprudenza successiva, d'altra parte, nel far riferimento a questo
arresto mette l'accento sul divieto di apporre vincoli in elusione del lotto minimo172,
e per altro verso conferma nei fatti la possibilità di integrare il requisito del lotto
168 Salva naturalmente l'estensione alle aree vicine, ma non confinanti, intervenuta in via interpretativa: cfr.
supra, pag. 30 e pag. 40.
169 Cfr. Cons. Stato 10 marzo 2003, n. 1278 in Foro amm. Cons. Stato, 2003, 997 (s.m.) e in Riv. giur. edil.,
2003, I, 1525, riportata da LAVERMICOCCA D., La cessione di cubatura, cit., nota 7.
170 Cfr. TAR Abruzzo, L'Aquila, sez. I, 27 settembre 1996, n. 533.
171 Appare questo il senso della massima riportata da LAVERMICOCCA D., La cessione di cubatura, cit., nota 7:
«Ove le norme di NTA al PdF prescrivano che in una zona, una superficie minima dei terreni per gli
interventi edificatori, risulta in evasione di tale prescrizione, la costituzione di un unico lotto, a fini
esclusivamente urbanistici, senza trasferimento di proprietà da parte di due titolari, per mezzo di reciproco
asservimento dei terreni finitimi, da soli privi del requisito della superficie minima ed il successivo
conseguimento di due distinti assensi per la realizzazione di due corpi di fabbrica tra loro separati e
destinati a diversa utilizzazione».
172 Cfr. Cons. Stato, sez. IV, 4 maggio 2006, n. 2488: «Il vincolo in questione deve ritenersi invalido ed
inefficace quando risulta apposto in violazione, o in elusione, della prescrizione urbanistica che impone, in
una determinata zona, una superficie minima dei lotti, ai fini della loro edificazione».
MARCO ANTONIOL – GLI INDICI DI EDIFICABILITÀ - Cap. II – Analisi areale: la superficie edificabile
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minimo mediante atti di asservimento173.
Apertamente in questo senso, infine, si può leggere un chiarimento offerto, in
sede di assistenza tecnica agli enti locali, da un'autorità amministrativa
sovraordinata a quella comunale174: benché non risolutivo, si tratta di un ennesimo
argomento che si può addurre per giustificare l'assunto secondo il quale
l'asservimento intersoggettivo, lungi dal trasferire una certa volumetria come
vorrebbe la tesi dominante, consiste nell'asservimento di un area all'intervento da
realizzare sul fondo limitrofo.
10. Effetti negativi dell'asservimento ed analisi della prassi
L'effetto negativo conseguente all'asservimento - che fa da contraltare
all'aumento delle possibilità edificatorie del lotto - consiste nel fatto che l'area
asservita si sterilizza, cioè consuma in tutto o in parte la propria volumetria: a meno
di eventuali sopravvenienze normative - delle quali si dirà a suo tempo175 - un
intervento edilizio che assuma come base di calcolo anche la superficie già sfruttata
nell'edificazione precedente dovrà essere riscontrato negativamente dal Comune.
Laddove quest'ultimo non si avveda della duplicazione della superficie, poi,
l'intervento dovrà ritenersi abusivo e per questo soggetto alle sanzioni previste dal
d.P.R. 380/2001.
Ciò detto, possono essere svolte alcune considerazioni sulle fattispecie più
ricorrenti nella prassi.
Sul caso che si può porre laddove il vicino asservito si limiti semplicemente ad
alienare il proprio fondo, per vero, sembra opportuno spendere appena qualche
parola. L'irrilevanza sostanziale dei rapporti interprivatistici - della quale si è dato
brevemente contro - rende infatti tendenzialmente irrilevanti tutte le ulteriori
vicende che possono interessare tali rapporti176. In simili ipotesi, dunque, per il
173 Cfr. ad esempio TAR Liguria, Genova, sez. I, 1° giugno 2005, n. 789, laddove si legittima il
raggiungimento del lotto minimo asservendo nove distinti mappali.
174 Cfr. Provincia di Lecce, Agenzia di assistenza tecnica agli enti locali, parere riportato in
www.entilocali.provincia.le: «Al fine di raggiungere il lotto minimo necessario per l'edificazione, è possibile
computare l'area di cui il richiedente abbia disponibilità pur non essendone proprietario».
175 Cfr. infra, pag. 109.
176 Cfr. TRGA Trentino-Alto Adige, Bolzano, sez. I, 20 maggio 2008, n. 183: «Nessuna incidenza hanno
sul computo della densità territoriale le vicende giuridiche che possono interessare il fondo, in quanto al
fine del rispetto della volumetria assentita nella zona omogenea di completamento, non rilevano le vicende
private connesse alla disponibilità dell'area interessata». Cfr. altresì TAR Sardegna, Cagliari, sez. II, 24
ottobre 2008, n. 1827: «Ove un lotto urbanisticamente unitario sia stato già oggetto di uno o più interventi
edilizi, la volumetria residua (o la superficie coperta residua) va calcolata previo decurtamento della
volumetria realizzata, con irrilevanza di eventuali successivi frazionamenti catastali e/o alienazioni parziali,
onde evitare che il computo dell'indice venga alterato con l'iper saturazione di alcune superfici al fine di
creare artificiosamente disponibilità nel residuo». Cfr. poi TAR Valle d'Aosta, Aosta, sez. I, 15 febbraio
2008, n. 16: «Ai fini del computo della volumetria ammessa dalle normative edilizie in una determinata
zona è rilevante soltanto il fatto oggettivo dell'utilizzazione dell'area che ha l'effetto di impedirne
l'ulteriore edificazione oltre i limiti consentiti. È invece irrilevante che la proprietà dell'area sia stata
MARCO ANTONIOL – GLI INDICI DI EDIFICABILITÀ - Cap. II – Analisi areale: la superficie edificabile
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Comune non si porrà alcuna questione di tutela del terzo subacquirente: se l'area
ceduta è asservita, infatti, essa rimane asservita a prescindere dalle relative vicende
circolatorie. Il terzo subacquirente che si ritenesse leso nel proprio ius aedificandi
potrebbe senz'altro rivolgersi al vicino alienante, ma nessuna pretesa edificatoria
potrebbe avanzare nei confronti del Comune. Peraltro nulla esclude che il terzo,
nelle more dell'acquisto, richieda all'amministrazione il certificato di destinazione
urbanistica e, secondo un orientamento giurisprudenziale assolutamente
condivisibile177, quest'ultimo deve dare conto dell'avvenuto asservimento: ciò
naturalmente non implica che nel privato si possa ingenerare un affidamento
vincolante per l'amministrazione178, ma offre al terzo la possibilità di tutelarsi da
eventuali alienazioni fraudolente di immobili asserviti e per questo sterili.
La stessa irrilevanza dei rapporti privatistici sul piano pubblicistico si manifesta
anche in caso di risoluzione del contratto privatistico per mutuo dissenso179 o in
caso di mancato rilascio del titolo abilitativo180: anche su queste ipotesi, quindi, non
vale la pena di dilungarsi.
Senz'altro più complessa e meritevole di attenzione è invece la questione della
trasferita ad altri, o che ad altri sia ascrivibile la pregressa costruzione, o manchino specifici negozi giuridici
diretti all'asservimento o, ancora, l'edificio insista su una parte del lotto catastalmente diviso». Tra i
precedenti più autorevoli, ma risalenti, cfr. infine Cons. Stato , sez. V, 15 ottobre 1986, n. 542 e Cons.
Stato, sez. V, 25 novembre 1988 , n. 744.
177 Cfr. Cons. Stato, sez. V, 28 giugno 2000, n. 3637: «Nel certificato di destinazione urbanistica il Comune
è tenuto ad inserire - a tutela dell'affidamento dei terzi - l'eventuale trasferimento di volumetria da un'area
ad altra area contigua, perché tale trasferimento influisce sulla disciplina urbanistica ed edilizia della stessa».
Più di recente si veda, negli stessi termini, TAR Valle d'Aosta, Aosta, sez. I, 15 febbraio 2008, n. 16.
178 Cfr. TAR Valle d'Aosta, Aosta, sez. I, 15 febbraio 2008, n. 16: «L'erronea certificazione in punto di
capacità edificatoria di un lotto e il conseguente affidamento ingenerato, non incidono sulla legittimità del
diniego, quando [...] non vi siano i presupposti urbanistico-edilizi per il rilascio del titolo». L'assunto è del
resto coerente con l'opinione espressa dal supremo consesso di giustizia amministrativa: cfr. Cons. Stato,
sez. IV, 12 luglio 2010, n. 4492, laddove infatti, dopo aver chiarito che «il certificato di destinazione
urbanistica [...] è un documento volto a far conoscere la destinazione urbanistica dei terreni e, quindi a
certificare, ma solo in via generale, l'edificabilità o l'inedificabilità dei suoli», si precisa che «ciò non
significa che al contenuto di detto atto si possa collegare un effetto precettivo, tale cioè da imporre il
rilascio del titolo edilizio, atteso che, naturalmente, all'Amministrazione spetta effettuare ogni indagine in
ordine alla sussistenza o meno di tutte le condizioni richieste dalle normative di vario rango e provenienza
vigenti in subjecta materia [...] per farsi luogo al rilascio del titolo edilizio».
179 Cfr. GIURISPRUDENZA ITALIANA, Nota redazionale, cit.: «Alcuni ritengono che, dato il preminente
interesse pubblicistico che connota la fattispecie, questo non può essere garantito attraverso due atti tra di
loro collegati, di cui uno potrebbe essere, senza troppe difficoltà, risolto per mutuo dissenso,
determinando così un grave pregiudizio dell'interesse del Comune a porre il fondo cedente in uno stato di
totale, o parziale, inedificabilità; da ciò ne dovrebbe derivare che, al fine di tutelare a pieno l'interesse della
pubblica amministrazione, dovrebbe essere stipulato un unico accordo trilaterale. Si obietta a questa tesi
che, sebbene sia vero che le parti possano sciogliere il contratto di natura privatistica per mutuo dissenso,
ciò non configura la lesione di un interesse pubblicistico dato che, qualora la costruzione non sia stata
ancora realizzata, il Comune potrà negare o annullare il rilascio della concessione edilizia, qualora invece la
costruzione sia completata pur eliminando il vincolo contrattuale la parte cedente non potrà riespandere la
capacità edificatoria del proprio fondo ormai spogliato della cubatura prevalendo l'interesse pubblicistico
su quello privatistico, salvo che la costruzione non venga abbattuta in tutto o in parte così da renderla
conforme alla capacità edificatoria propria del terreno sul quale viene ad esistenza».
180 Cfr. GIURISPRUDENZA ITALIANA, Nota redazionale, cit.: «Il negozio di diritto privato, pur essendo
strettamente legato al provvedimento amministrativo è, rispetto a questo autonomo, ciò implica che
mantiene tra le parti la sua validità ed efficacia a prescindere dal rilascio o meno della concessione edilizia».
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sopravvenuta modifica degli indici di edificabilità, che attiene però all'analisi
normativa e dovrà pertanto essere esaminata nell'ambito di quest'ultima181.
Nella sede presente, piuttosto, appare opportuno affrontare il problema del
frazionamento del lotto, che risulta particolarmente frequente sia nella prassi
amministrativa che in quella giudiziaria. Si tratta dell'eventualità che ricorre allorché
il lotto asservito, e per questo esaurito in tutto o in parte, sia successivamente
oggetto di vicende interprivatistiche implicanti lo scorporo di una certa
superficie182. L'ipotesi merita attenzione perché qui i suddetti principi, pur senza
essere sconfessati, possono dar luogo ad alcune difficoltà operative.
Per vero, nessun problema si pone laddove il fondo asservito e poi frazionato
abbia totalmente consumato la propria volumetria. È infatti d'intuitiva evidenza che
il frazionamento di un fondo esaurito non può che dar luogo a fondi esauriti a loro
volta183.
Si è detto però che può accadere che il fondo limitrofo sia asservito solo in
parte: è in questo caso che si possono porre dei problemi, come chiarito dal
seguente esempio. Tizio, proprietario di un fondo di 1.000 mq in una z.t.o. con
indice di edificabilità pari a 0,2 mc/mq, intende costruire un immobile di 300 mc.
Poiché il suo fondo gli permette una volumetria massima di 200 mc, dovrà
necessariamente richiedere l'asservimento di un fondo altrui. Si ipotizzi che Tizio si
rivolga a Caio il quale, esattamente come Tizio, è titolare di un fondo di 1.000 mq,
con conseguenti diritti edificatori pari a 200 mc. Orbene, per realizzare le
aspirazioni di Tizio non è necessario che Caio trasferisca l'intera volumetria
consentita dal suo fondo: è infatti sufficiente che ne trasferisca la metà, cioè che
asservisca a Tizio il 50% della capacità edificatoria del proprio fondo. Realizzato
l'accordo tra Tizio e Caio ed eretto l'immobile di 300 mc sul fondo del primo, Caio
cede a Mevio il 50% del proprio fondo. Ebbene: Mevio avrà diritto di edificare?
Il fatto che l'area prima asservita e poi ceduta debba scontare il pregresso
asservimento appare innegabile. Infatti, se si opinasse in senso contrario - come per
vero tendeva a fare una parte della dottrina all'indomani dell'entrata in vigore della
181 Cfr. infra, pag. 109.
182 Cfr. MANDARANO A., Il calcolo della potenzialità edificatoria, cit., per il quale in forza del frazionamento «la
porzione non edificata di un unico terreno viene separata, sul piano civile e catastale, dalla porzione dello
stesso terreno sulla quale sono state concentrate le edificazioni che hanno attinto all'indice volumetrico
attribuito [...] all'intero lotto».
183 Cfr. Cons. Stato, sez. V, 10 maggio 2005, n. 2328, in FIALE A., FIALE E., Diritto urbanistico, cit., pag. 589:
«Qualora una porzione di suolo sia stata in concreto utilizzata ai fini del computo della cubatura
occorrente per l'edificazione d'un manufatto edilizio, essa non può essere adoperata al medesimo scopo in
futuro, neppure in caso d'ulteriore frazionamento ed alienazione dell'area libera residua». Cfr. altresì Cons.
Stato, sez. V, 21 maggio 1999, n. 582, in Foro amm., 1999, pag. 1002, nonché in FIALE A., FIALE E.,
Diritto urbanistico, cit., pag. 589: «L'accertamento della volumetria disponibile ai fini edificatori dev'essere
condotto con riferimento a ciascun lotto di terreno oggetto dell'intervento costruttivo, per cui, se una
parte del lotto è stata già edificata, la volumetria già utilizzata va detratta da quella in astratto disponibile,
anche nel caso in cui l'originaria unica area, dopo un piano intervento edilizio, sia suddivisa in due o più
porzioni e indipendentemente dall'alienazione di queste ultime a soggetti terzi rispetto all'originario
concessionario».
MARCO ANTONIOL – GLI INDICI DI EDIFICABILITÀ - Cap. II – Analisi areale: la superficie edificabile
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legge ponte184 - si permetterebbe al proprietario di sfruttare la propria autonomia
privata per eludere l'indice di edificabilità, vanificando ogni sforzo dell'ordinamento
per contenere il carico urbanistico nelle singole zone185.
Per evitare questo risultato abnorme, tuttavia, si possono adottare regole
tecniche profondamente diverse. Si può anzitutto supporre che Caio possa cedere
solo la superficie non asservita: di conseguenza Mevio potrebbe sviluppare tutta la
volumetria consentita dal proprio nuovo appezzamento, senza alcun
condizionamento. Al contrario, si può ipotizzare che Caio abbia ceduto solo la
superficie asservita: in questo caso, Mevio non potrà edificare alcunché, mentre
Caio potrà beneficiare dell'intera volumetria che residua sul fondo originario.
La soluzione più ragionevole, tuttavia, è quella che presume fino a prova
contraria che la superficie asservita sia stata ripartita tra i nuovi lotti, in proporzione
all'estensione degli stessi. Ciò perché, quantomeno ad avviso di chi scrive, si tratta
dell'unica soluzione che può realmente contribuire a rendere irrilevanti sul piano
pubblicistico le vicende di diritto privato, come richiesto da unanime
giurisprudenza186. In questo senso, del resto, depone senz'altro il legame fra diritto
di proprietà e ripartizione volumetrica: se ogni parte del fondo beneficia
proporzionalmente dell'indice che è ad esso attribuito dalla disciplina urbanistica,
infatti, è giocoforza ritenere che la vendita di una di queste parti comporti la
cessione di una proporzionale quota di volumetria.
Nel caso di specie, dunque, si deve ritenere che la superficie asservita sia stata
ripartita tra Caio e Mevio in proporzione del 50% per ciascuno. Se dunque il lotto
originario era composto da 500 mq di superficie assentita e da 500 mq di superficie
tuttora edificabile, si deve ritenere che Caio abbia ricevuto 250 mq asserviti e 250
mq edificabili e che identici appezzamenti siano rimasti in proprietà di Mevio.
184 Cfr. D'ANGELO GU., Indici di edificabilità, costruzioni preesistenti e successivo frazionamento dell'area, in Riv. giur.
edil., 1973, I, pagg. 380 e ss., laddove l'Autore, nell'annotare una decisione del Consiglio di Stato che
impone di dare considerazione unitaria alla superficie antecedente al frazionamento, osserva che «il
Consiglio di Stato ha deciso, per la prima volta e in modo non convincente, una questione di notevole
importanza».
185 Cfr. D'ANGELO GI., Il calcolo della volumetria, cit.: dopo aver condiviso la logica che impone di decurtare
la volumetria realizzata prima del frazionamento, l'Autore individua la ratio della regola nel fine di «evitare
che il computo dell'indice venga alterato con l'iper saturazione di alcune superfici al fine di creare
artificiosamente disponibilità nel residuo» nonché di «scongiurare che l'originario proprietario possa
alienare la porzione di terreno sulla quale non insiste la costruzione al fine di consentirne un ulteriore
sfruttamento edificatorio da parte del terzo acquirente», rimandando in nota a Cons. Stato, sez. III, 28
aprile 2009, n. 965, a TAR Sardegna, Cagliari, sez. I, 24 ottobre 2008, n. 1827, a Cons. Stato, sez. V, 28
febbraio 2001, n. 1074, in Riv. giur. edil., 2001, I, pag. 636, a Cons. Stato, sez. V, 10 maggio 2005, n. 2328,
in Rep. Foro it., 2005, a Cons. Stato, sez. V, 7 novembre 2002, n. 6128, in Riv. giur. edil., 2003, I, pag. 400
e a Cons. Stato, sez. V, 26 settembre 2000, n. 5091, in Foro amm., 2000, pag. 3119. In senso contrario cfr.
D'ANGELO GU., Indici di edificabilità, cit., il quale, nel criticare una decisione del Consiglio di Stato che si
ascrive a questo indirizzo, obietta che essa «non precisa se sia determinante o meno [...] che il
frazionamento dell'area già edificata avvenga dopo l'entrata in vigore del limite volumetrico di edificabilità,
pur sembrando orientata nel senso affermativo», osservando comunque che «la soluzione adottata lascia
perplessi anche qualora s'intenda non tener conto soltanto dei frazionamenti verificatisi dopo l'entrata in
vigore dell'indice di edificabilità».
186 Cfr. TRGA Trentino-Alto Adige, Bolzano, sez. I, 20 maggio 2008, n. 183, nonché TAR Sardegna,
Cagliari, sez. II, 24 ottobre 2008, n. 1827 e TAR Valle d'Aosta, Aosta, sez. I, 15 febbraio 2008, n. 16.
19-10-2012 16:20
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