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Sentenza

La Corte costituzionale, con la sentenza numero 72 depositata oggi, ha dichiarat...
La Corte costituzionale, con la sentenza numero 72 depositata oggi, ha dichiarato la non fondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell’articolo 2, comma 3, della legge della Regione siciliana numero 15 del 1991, sollevate dal Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana (CGARS).

La disposizione censurata prevede che il divieto di costruire entro 150 metri dalla battigia, di cui all’articolo 15, primo comma, lettera a), della legge della Regione siciliana numero 78 del 1976, deve intendersi direttamente e immediatamente efficace anche nei confronti dei privati.

I giudizi dinanzi al CGARS vertono su provvedimenti comunali di diniego di domande di condono edilizio (e sulle conseguenti ordinanze di demolizione) relativi a opere costruite in assenza di titolo a meno di 150 metri dalla battigia, dopo il 31 dicembre 1976 e fino al 1° ottobre 1983: data entro la quale le opere dovevano essere ultimate per beneficiare del condono edilizio di cui alla legge della Regione siciliana numero 37 del 1985.

La Corte ha ritenuto che la disposizione del 1991 abbia interpretato autenticamente la norma del 1976, chiarendo ciò che nel testo di quest’ultima poteva risultare non chiaro: ovvero che il divieto di costruire entro 150 metri dalla battigia valesse direttamente fin dal 1976 per i privati e non solo ai fini del suo inserimento nei piani urbanistici.

La Corte ha altresì affermato che la disposizione di interpretazione autentica non ha leso un legittimo affidamento sulla possibilità di sanatoria edilizia, affidamento che, secondo il CGARS, sarebbe sorto con l’entrata in vigore della citata legge regionale del 1985 sul condono (articolo 23).

La Corte ha osservato che la legge regionale del 1985 sul condono non era suscettibile di ingenerare nei privati un affidamento di questa portata, essendo determinanti in tal senso le leggi regionali sopravvenute a quella del 1976 sino alla disciplina condonistica del 1985, dalle quali poteva inferirsi la non condonabilità. Ai proprietari delle opere abusive, dunque, non poteva riconoscersi sul punto alcun meritevole affidamento.




CORTE COSTITUZIONALE
Sentenza 72/2025
Giudizio GIUDIZIO DI LEGITTIMITÀ COSTITUZIONALE IN VIA INCIDENTALE
Presidente - RedattoreAMOROSO D'ALBERTI
Udienza Pubblica del Decisione del25/03/2025 25/03/2025
Deposito del Pubblicazione in G. U.23/05/2025
Norme impugnate: Art. 2, c. 3°, della legge della Regione siciliana 30/04/1991, n. 15, nonché, in via subordinata, art. 32-33,
undicesimo comma, della legge 28/02/1985, n. 47, come introdotto, limitatamente alla Regione siciliana,
dall'art. 23 della legge della Regione siciliana 10/08/1985, n. 37.
Massime:
Atti decisi: ordd. 108, 109, 110, 111, 112, 113, 114, 115, 116, 117, 118, 119, 120, 121, 122, 123, 124 e 162/2024
SENTENZA N. 72
ANNO 2025
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta da: Presidente: Giovanni AMOROSO; Giudici : Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano
PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO, Filippo
PATRONI GRIFFI, Marco D’ALBERTI, Giovanni PITRUZZELLA, Antonella SCIARRONE
ALIBRANDI, Massimo LUCIANI, Maria Alessandra SANDULLI, Roberto Nicola CASSINELLI,
Francesco Saverio MARINI,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 2, comma 3, della legge della Regione siciliana 30 aprile
1991, n. 15 (Modifiche ed integrazioni alla legge regionale 27 dicembre 1978, n. 71, in materia urbanistica e
proroga di vincoli in materia di parchi e riserve naturali), nonché, in via subordinata, dell’art. 32-33,
undicesimo comma, della legge 28 febbraio 1985, n. 47 (Norme in materia di controllo dell’attività
urbanistico-edilizia, sanzioni, recupero e sanatoria delle opere edilizie), come introdotto, limitatamente alla
Regione siciliana, dall’art. 23 della legge della Regione siciliana 10 agosto 1985, n. 37 (Nuove norme in
materia di controllo dell’attività urbanistico-edilizia, riordino urbanistico e sanatoria delle opere abusive),
promossi con ordinanze del 13 e 14 maggio 2024, iscritte dal n. 108 al n. 124 del registro ordinanze 2024, e
dell’8 luglio 2024, iscritta al n. 162 del registro ordinanze 2024, dal Consiglio di giustizia amministrativa
per la Regione siciliana, sezione giurisdizionale, e pubblicate nella della Repubblica,Gazzetta Ufficiale
numeri 25 (dal n. 108 al n. 116), 26 (dal n. 117 al n. 124), e 38 (la n. 162), prima serie speciale, dell’anno
2024.
Visti gli atti di costituzione di A. C. e altri, A.M. M. e altri, M. P. e C. P., G. C., F. C., nonché gli atti di
intervento della Regione siciliana;
udito nell’udienza pubblica del 25 marzo 2025 il Giudice relatore Marco D’Alberti;
uditi gli avvocati Giovanni Immordino per A. C. e altri, Michele Guitta e Andrea Saccucci per A.M. M.
e altri, Salvatore Giacalone per M. P. e C. P., Andrea Scuderi per G. C. e Nicola Dumas per la Regione
siciliana;
deliberato nella camera di consiglio del 25 marzo 2025.
Ritenuto in fatto
1.– Con diciotto ordinanze di identico tenore, iscritte dal n. 108 al n. 124 e al n. 162 reg. ord. 2024, il
Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana (CGARS), sezione giurisdizionale, ha
sollevato questioni di legittimità costituzionale dell’art. 2, comma 3, della legge della Regione siciliana 30
aprile 1991, n. 15 (Modifiche ed integrazioni alla legge regionale 27 dicembre 1978, n. 71, in materia
urbanistica e proroga di vincoli in materia di parchi e riserve naturali), nonché, «in via subordinata e
condizionatamente all’esegesi che se ne dia», dell’art. 32-33, undicesimo comma, della legge 28 febbraio
1985, n. 47 (Norme in materia di controllo dell’attività urbanistico-edilizia, sanzioni, recupero e sanatoria
delle opere edilizie), come introdotto, limitatamente alla Regione siciliana, dall’art. 23 della legge della
Regione siciliana 10 agosto 1985, n. 37 (Nuove norme in materia di controllo dell’attività
urbanistico-edilizia, riordino urbanistico e sanatoria delle opere abusive).
L’art. 2, comma 3, della legge reg. siciliana n. 15 del 1991 prevede che: «[l]e disposizioni di cui
all’articolo 15, primo comma, lett. , , ed della legge regionale 12 giugno 1976, n. 78, devono intendersia d e
direttamente ed immediatamente efficaci anche nei confronti dei privati. Esse prevalgono sulle disposizioni
degli strumenti urbanistici generali e dei regolamenti edilizi».
La disposizione è censurata «quanto alle parole “devono intendersi” (anziché “sono”); e, comunque,
nella parte in cui […] estende anche al periodo anteriore alla sua entrata in vigore l’efficacia
dell’interpretazione autentica da esso dettata, ossia impone la retroazione del precetto di diretta e immediata
efficacia anche nei confronti dei privati delle “disposizioni di cui all’art. 15, primo comma, lett. , […] dellaa
legge regionale 12 giugno 1976, n. 78” sin dalla [sua] entrata in vigore […], anziché dalla data di entrata in
vigore della stessa legge [regionale] n. 15 del 1991».
Sarebbero violati gli artt. 3, 10, 25, secondo comma, 42, 44, 47, 97, secondo comma, e 117, primo
comma, della Costituzione, quest’ultimo in relazione all’art. 1 del Protocollo addizionale alla Convenzione
europea dei diritti dell’uomo.
L’art. 23 della legge reg. siciliana n. 37 del 1985 ha sostituito, limitatamente alla Regione siciliana, gli
artt. 32 e 33 della legge 28 febbraio 1985, n. 47 (Norme in materia di controllo dell’attività
urbanistico-edilizia, sanzioni, recupero e sanatoria delle opere edilizie) con l’unico art. 32-33 (Condizioni di
applicabilità della sanatoria).
Il dubbio di legittimità costituzionale ha per oggetto l’attuale undicesimo comma di tale art. 32-33, nella
parte in cui prevede che «restano altresì escluse dalla concessione o autorizzazione in sanatoria le
costruzioni eseguite in violazione dell’art. 15, lett. , della legge regionale 12 giugno 1976, n. 78, ada
eccezione di quelle iniziate prima dell’entrata in vigore della medesima legge e le cui strutture essenziali
siano state portate a compimento entro il 31 dicembre 1976».
Sarebbe violato l’art. 3 Cost.
Entrambe le disposizioni richiamano l’art. 15, primo comma, lettera ), della legge della Regionea
siciliana 12 giugno 1976, n. 78 (Provvedimenti per lo sviluppo del turismo in Sicilia), che prevede quanto
segue: «[a]i fini della formazione degli strumenti urbanistici generali comunali debbono osservarsi, in tutte
le zone omogenee ad eccezione delle zone A e B, in aggiunta alle disposizioni vigenti, le seguenti
prescrizioni: ) le costruzioni debbono arretrarsi di metri 150 dalla battigia; entro detta fascia sonoa
consentite opere ed impianti destinati alla diretta fruizione del mare, nonché la ristrutturazione degli edifici
esistenti senza alterazione dei volumi già realizzati».
2.– Nei giudizi sono appellate sentenze di primo grado che hanno respinto ricorsi avversoa quibus
provvedimenti comunali di diniego di domande di condono edilizio (e avverso le conseguenti ordinanze di
demolizione) relative a opere costruite in assenza di titolo abilitativo e a meno di 150 metri dalla battigia,
dopo il 31 dicembre 1976 e fino al 1° ottobre 1983: data, quest’ultima, entro la quale le opere dovevano
essere ultimate per beneficiare del cosiddetto “primo condono edilizio” di cui alla citata legge reg. siciliana
n. 37 del 1985, che ha disciplinato le modalità di applicazione nel territorio regionale della legge n. 47 del
1985, apportandovi sostituzioni, modifiche e integrazioni.
In tali giudizi, il CGARS ha pronunciato sentenze non definitive di rigetto dei motivi d’appello diversi
da quello, comune a tutte le controversie, che censura le sentenze di primo grado per avere qualificato come
insanabili le opere oggetto delle istanze di condono, perché realizzate in violazione del divieto di
edificazione stabilito dall’art. 15, primo comma, lettera ), della legge reg. siciliana n. 78 del 1976.a
Il rimettente osserva che le questioni di legittimità costituzionale sono rilevanti per la definizione di tale
motivo d’appello, in quanto dal loro accoglimento deriverebbe l’inclusione delle suddette opere tra quelle
condonabili, perché tutte realizzate nel territorio di comuni che, all’epoca della costruzione, non avevano
ancora attuato negli strumenti urbanistici il vincolo di inedificabilità assoluta nella fascia costiera di 150
metri dalla battigia, di cui al citato art. 15, primo comma, lettera ).a
3.– Quest’ultima disposizione è costituita, ad avviso del rimettente, dall’integrazione del suo conincipit
la prescrizione di cui alla successiva lettera ), con la conseguenza che ne sarebbero destinatari non già ia
privati, ma esclusivamente i comuni, ai quali il legislatore regionale avrebbe imposto l’obbligo di introdurre
nei propri strumenti urbanistici generali il predetto vincolo di inedificabilità assoluta.
Il giudice osserva, altresì, che lo stesso legislatore regionale, nel recepire la disciplina sul condonoa quo
edilizio di cui alla legge n. 47 del 1985, ha escluso dal suo ambito di applicazione, ai sensi del citato art. 23
della legge reg. siciliana n. 37 del 1985, «le costruzioni eseguite in violazione dell’art. 15, lett. , della leggea
regionale 12 giugno 1976, n. 78, ad eccezione di quelle iniziate prima dell’entrata in vigore della medesima
legge e le cui strutture essenziali siano state portate a compimento entro il 31 dicembre 1976».
Questa disposizione, se interpretata in senso costituzionalmente conforme e in modo coerente con la
portata del richiamato art. 15, primo comma, lettera ), della legge reg. siciliana n. 78 del 1976,a
escluderebbe dal condono solo gli immobili realizzati «in quei comuni che [...] abbiano introdotto tale
vincolo di inedificabilità nel proprio territorio», e non invece tutti gli immobili realizzati «nella [...] fascia
costiera, [...] a prescindere dall’avvenuta introduzione del vincolo nello strumento edilizio del Comune»,
come potrebbe sostenersi seguendo una diversa interpretazione.
Il CGARS afferma di non condividere tale seconda opzione ermeneutica, che implica la diretta efficacia
del divieto di edificabilità anche per i privati, e rivendica la «competenza» ad adottare la prima opzione,
nell’esercizio della funzione nomofilattica ad esso spettante in «una vicenda normativamente e
geograficamente limitata alla sola Regione siciliana». Ove, tuttavia, si ritenesse («all’opposto di quanto il
Collegio opina») che la non condonabilità degli immobili oggetto dei giudizi derivi dallo stesso art.a quibus
23 della legge reg. siciliana n. 37 del 1985 e prescinda dall’introduzione del vincolo di inedificabilità negli
strumenti urbanistici comunali, il CGARS prospetta «in via subordinata», come si è detto, un dubbio di
legittimità costituzionale anche di tale disposizione.
4.– Secondo il giudice rimettente, inoltre, l’art. 2, comma 3, della legge reg. siciliana n. 15 del 1991, alla
cui stregua l’art. 15, primo comma, lettera ), della legge reg. siciliana n. 78 del 1976 deve intendersia
direttamente e immediatamente efficace anche nei confronti dei privati, avrebbe una natura apparentemente
interpretativa. Esso, infatti, precluderebbe retroattivamente la sanatoria di tutti gli immobili realizzati
abusivamente entro la fascia di 150 metri dalla battigia, compresi quelli realizzati dopo il 31 dicembre 1976
ed entro il 1° ottobre 1983 nei territori dei comuni privi del vincolo di inedificabilità negli strumenti
urbanistici.
4.1.– Ciò premesso, il citato art. 2, comma 3, violerebbe in primo luogo l’art. 3 Cost., per
irragionevolezza.
Nonostante il suo tenore letterale, la disposizione censurata non avrebbe natura di norma di
interpretazione autentica dell’art. 15, primo comma, lettera ), della legge reg. siciliana n. 78 del 1976,a
mancando qualsiasi incertezza «circa la formulazione della disposizione interpretata».
Quest’ultima, infatti, non presenterebbe «alcun tasso di polisemia atto a consentirne [...] una legittima
interpretazione autentica», in quanto la previsione del vincolo di inedificabilità contenuto nella lettera ) èa
preceduta dalla «precisazione secondo cui detta prescrizione è stata dettata [...] “Ai fini della formazione
degli strumenti urbanistici generali comunali”»: ciò renderebbe evidente che «il precetto è […] rivolto solo
ai comuni e [...] non ai privati».
Nell’ambito delle varianti di senso della disposizione così interpretata non potrebbe quindi rientrare –
mancando ogni riferimento letterale e teleologico in questa direzione – il significato che la disposizione
asseritamente interpretativa ha cercato di attribuirle.
L’art. 2, comma 3, della legge reg. siciliana n. 15 del 1991 si dovrebbe dunque qualificare come norma
innovativa, che ha introdotto retroattivamente, per i soggetti privati, un vincolo di inedificabilità assoluta
entro la fascia di 150 metri dalla battigia, a prescindere dalla sua previsione negli strumenti urbanistici
comunali generali.
Ne deriverebbe la lesione dell’affidamento del cittadino nella sicurezza giuridica, tenuto conto del lungo
tempo trascorso dall’entrata in vigore della legge regionale n. 78 del 1976, dell’imprevedibilità della sua
modifica retroattiva e della sproporzione dell’intervento legislativo rispetto alle facoltà edificatorie dei
privati.
Il giudice rimettente osserva, inoltre, che anche se al legislatore non è preclusa l’adozione di norme
retroattive extrapenali, esse andrebbero sottoposte, secondo la giurisprudenza costituzionale, a un sindacato
stretto di legittimità, che richiede un grado di ragionevolezza complessiva ben più elevato di quello che, di
norma, è affidato alla mancanza di arbitrarietà. La disposizione censurata non resisterebbe a tale scrutinio, in
difetto di adeguate giustificazioni della scelta legislativa.
Pur non potendo ravvisarsi in capo a chi realizza un’opera alcun legittimo affidamento, talesine titulo
condizione sorgerebbe quando viene introdotta una legislazione condonistica, poiché il soggetto che
presenta una domanda di condono deve essere in grado di comprendere se questa è suscettibile di
accoglimento, con un giudizio di prognosi postuma, sulla base della normativa vigente al momento
dell’entrata in vigore di tale legislazione o, al più, sulla base della normativa vigente al momento di
presentazione della domanda.
4.2.– La disposizione censurata violerebbe anche l’art. 42 Cost., in quanto l’introduzione retroattiva di
un vincolo di inedificabilità assoluta sembra «lesiv[o] del contenuto minimo essenziale del diritto di
proprietà privata».
4.3.– Violerebbe, altresì, l’art. 25, secondo comma, Cost., per inosservanza della riserva assoluta di
legge statale in materia penale, in quanto l’introduzione retroattiva di una causa che osta al condono edilizio
sembra escludere l’estinzione del reato già verificatasi in forza della legge statale n. 47 dela posteriori
1985. La disposizione censurata riespanderebbe, così, la sussistenza di un reato già estinto, mediante un
intervento normativo successivo alla commissione del fatto.
4.4.– Il rimettente evoca inoltre gli artt. 10 e 117, primo comma, Cost., quest’ultimo in relazione all’art.
1 Prot. addiz. CEDU, in quanto i principi di civiltà giuridica non consentirebbero al legislatore regionale di
escludere dal condono “eccezionale” di cui alla legge n. 47 del 1985 beni che inizialmente vi rientravano,
dopo il decorso di un termine irragionevolmente lungo (cinque anni dal 1985 al 1991 – ossia ben più del
termine di ventiquattro mesi per la formazione del silenzio-assenso sulla domanda di condono, ex art. 35,
diciottesimo comma, della legge n. 47 del 1985 – e quindici anni dal 1976 al 1991).
Gli stessi principi non consentirebbero neppure l’esclusione da tale condono “eccezionale” di beni
suscettibili di sanatoria “ordinaria” ai sensi dell’art. 13 della stessa legge n. 47 del 1985, disposizione
successivamente abrogata dall’art. 136, comma 2, lettera ), del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, recante «Testof
unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia. (Testo A)», e contestualmente
recepita nell’art. 36 dello stesso decreto, che disciplina il cosiddetto accertamento di “doppia conformità”.
Infatti, se non fosse stata disposta nel 1991 l’efficacia retroattiva del vincolo di inedificabilità assoluta anche
nei confronti dei privati, gli immobili in questione avrebbero potuto beneficiare di tale accertamento,
risultando conformi alla disciplina urbanistica ed edilizia sia al momento della loro realizzazione, sia al
momento della presentazione della domanda, atteso il mancato inserimento del vincolo negli strumenti
urbanistici comunali.
4.5.– Un’ulteriore violazione degli artt. 3 e 42 Cost. deriverebbe dalla «compressione irragionevolmente
differenziata […] del diritto di proprietà privata», in contrasto con il principio generale dell’ordinamento
nazionale di cui alla legge n. 47 del 1985, di grande riforma economico-sociale, secondo cui il condono
edilizio non è precluso dai vincoli di inedificabilità assoluta apposti in data successiva all’ultimazione della
costruzione abusiva e, , in data successiva alla presentazione della domanda di condono. Da ciò,a fortiori
infine, il travalicamento dei «limiti di un ragionevole affidamento […] al rispetto e alla tutela della proprietà
privata immobiliare e della ricchezza in essa profusa», con lesione, oltre che degli appena menzionati
parametri, anche degli artt. 44 e 47 Cost.
5.– Come si è visto, il rimettente dubita anche della legittimità costituzionale dell’art. 23 della legge reg.
siciliana n. 37 del 1985, che ha sostituito, per la Regione siciliana, gli artt. 32 e 33 della legge n. 47 del 1985
con l’unico art. 32-33, il quale, all’undicesimo comma, prevede che «restano altresì escluse dalla
concessione o autorizzazione in sanatoria le costruzioni eseguite in violazione dell’art. 15, lett. , della leggea
regionale 12 giugno 1976, n. 78, ad eccezione di quelle iniziate prima dell’entrata in vigore della medesima
legge e le cui strutture essenziali siano state portate a compimento entro il 31 dicembre 1976».
La questione è dichiaratamente sollevata «in via subordinata», qualora tale disposizione regionale fosse
interpretata, al contrario di quanto ritiene il giudice , nel senso che l’esclusione dal condono edilizioa quo
comprenda anche le costruzioni realizzate nei territori di comuni che non avevano introdotto il vincolo di
inedificabilità nei propri strumenti urbanistici generali.
Ove si accogliesse una simile interpretazione, sarebbe violato l’art. 3 Cost., per «eccesso di potere
legislativo», in quanto la scelta operata dal legislatore regionale sarebbe irragionevole, potendo le stesse
costruzioni essere sanate in via “ordinaria” sulla base dell’accertamento di doppia conformità ex art. 13 della
legge n. 47 del 1985, successivamente recepito nell’art. 36 t.u. edilizia, cui si è accennato sopra.
6.– Si sono costituite in giudizio talune parti, nella loro qualità di appellanti nei relativi giudizi .a quibus
6.1.– Nel giudizio promosso con l’ordinanza iscritta al n. 109 reg. ord. 2024 si sono costituiti A. C. e
F.M. S., che nel processo principale hanno impugnato il diniego all’istanza di condono da loro presentata al
Comune di Bagheria e relativa a un immobile realizzato in assenza di concessione edilizia.
Osservano che le disposizioni censurate dal rimettente comportano la non sanabilità, ai sensi della legge
reg. siciliana n. 37 del 1985, del loro immobile, abusivo ma realizzato «quando ancora nessun vincolo
d’inedificabilità assoluto era stato imposto all’area in questione (giacché non recepito nel P.R.G.) – e con
manifesta irragionevolezza, considerato che […] la stessa costruzione sarebbe rimasta invece sanabile fino
al 1991 (o fino alla data di recepimento del vincolo nel P.R.G.) con l’ordinario “accertamento di conformità”
ex art. 13, L. n. 47/1985 (oggi, art. 36, D.P.R. n. 380/2001)».
Quanto al merito delle questioni, le parti ritengono che l’art. 15, primo comma, lettera ), della leggea
reg. siciliana n. 78 del 1976 sarebbe finalizzato a dettare un precetto da inserire all’interno degli strumenti
urbanistici da redigere e non esplicherebbe efficacia diretta nei confronti dei soggetti privati. Aggiungono
che l’art. 2, comma 3, della legge reg. siciliana n. 15 del 1991, oggetto di censura, si porrebbe in contrasto
con la Costituzione, ledendo il legittimo affidamento nella possibilità di sanatoria delle opere e introducendo
una interpretazione autentica in violazione dei principi volti alla tutela della certezza del diritto, di
eguaglianza e di ragionevolezza. Molteplici indici testuali presenti nella disposizione della legge regionale
del 1976, tra i quali il riferimento alla circostanza che le costruzioni «debbono arretrarsi» dalla battigia,
porterebbero a ritenere che essa contenga prescrizioni per la futura pianificazione. Le parti richiamano, poi,
la giurisprudenza costituzionale e della Corte europea dei diritti dell’uomo sui limiti all’adozione di leggi
con efficacia retroattiva, che confermerebbe l’asserita violazione dell’art. 117, primo comma Cost., in
relazione all’art. 6 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo e all’art. 1 Prot. addiz. CEDU.
6.2.– Nel giudizio promosso con l’ordinanza iscritta al n. 110 reg. ord. 2024 si sono costituiti L. M., G.
M. e A.M. M., chiedendo l’accoglimento delle questioni di legittimità costituzionale.
6.3.– Nel giudizio promosso con l’ordinanza iscritta al n. 111 reg. ord. 2024 si sono costituiti M. P. e C.
P., che hanno impugnato innanzi al giudice rimettente il diniego di concessione edilizia in sanatoria e la
conseguente ordinanza di demolizione del fabbricato di loro proprietà sito nel Comune di Bagheria,
insistendo per la declaratoria di illegittimità costituzionale delle disposizioni censurate. Affermano, tra
l’altro, che il legislatore regionale del 1991 avrebbe travalicato i limiti costituzionali di una legittima
retroazione delle disposizioni legislative, così violando il legittimo affidamento dei destinatari della
disciplina originaria.
6.4.– Nel giudizio promosso con l’ordinanza iscritta al n. 123 reg. ord. 2024 si è costituito G. C., che
espone di essere proprietario di un immobile, realizzato anteriormente al 1980, sito nel Comune di Siracusa
e oggetto di diniego di condono poiché sito a distanza inferiore ai 150 metri dalla battigia, insistendo
nell’accoglimento delle questioni sollevate, in ragione delle considerazioni espresse dal rimettente.
6.5.– Nel giudizio promosso con l’ordinanza iscritta al n. 162 reg. ord. 2024 si è costituito F. C., che
innanzi al CGARS ha contestato il diniego di condono di alcuni beni sui quali vanta un diritto di nuda
proprietà, siti nel Comune di Lipari. Anch’egli richiama e condivide i dubbi di costituzionalità formulati dal
rimettente.
7.– In tutti i giudizi è intervenuta la Regione siciliana, la quale ha osservato che l’art. 15, primo comma,
lettera ), della legge reg. siciliana n. 78 del 1976 ha introdotto un vincolo di inedificabilità assoluta entro ia
150 metri dalla battigia con il «chiaro intento […] di approntare una maggior tutela delle coste della regione,
che erano state oggetto di intensa ed incontrollata attività edilizia comportante un grave alla integritàvulnus
delle bellezze ambientali e alla salvaguardia del paesaggio». Aggiunge la Regione che, a fronte delle prime
applicazioni giurisprudenziali della disposizione, secondo le quali i destinatari del precetto non erano gli
amministrati, bensì i comuni siciliani, il legislatore regionale è intervenuto con l’art. 23 della legge reg.
siciliana n. 37 del 1985, per affermare che la disciplina di cui all’art. 15, primo comma, lettera ), dellaa
legge reg. siciliana n. 78 del 1976 doveva intendersi avente efficacia .erga omnes
Ciò premesso, la disciplina in esame non sarebbe lesiva dell’art. 3 Cost. sotto il profilo della
irragionevolezza e dell’eccesso di potere legislativo, tenuto conto della natura degli interessi tutelati e della
circostanza che nessun legittimo affidamento potrebbe insorgere in capo a coloro che hanno posto in essere
un’attività edilizia abusiva.
8.– Sono state depositate opinioni scritte di , ai sensi dell’art. 6 delle Norme integrative per iamici curiae
giudizi davanti alla Corte costituzionale, da parte dell’associazione Gruppo d’intervento giuridico (nei
giudizi promossi con le ordinanze iscritte dal n. 108 al n. 116 reg. ord. 2024), di Legambiente Sicilia,
associazione di promozione sociale ed ente del terzo settore, e dell’associazione àKasa (entrambe nei giudizi
promossi con le ordinanze iscritte dal n. 108 al n. 124 reg. ord. 2024), nonché del Comune di Carini (nel
giudizio promosso con l’ordinanza iscritta al n. 115 reg. ord. 2024).
Tutte le opinioni sono state ammesse con decreto presidenziale del 5 novembre 2024, a esclusione di
quella presentata dal Comune di Carini, in quanto non conforme ai criteri previsti all’art. 6, comma 1, delle
Norme integrative.
8.1.– Il Gruppo d’intervento giuridico e Legambiente Sicilia hanno riportato documentazione e
giurisprudenza amministrativa afferente alla normativa in esame e sostengono che le disposizioni della legge
reg. siciliana n. 78 del 1976 sulla inedificabilità assoluta delle costruzioni all’interno dei 150 metri dalla
battigia dovrebbero intendersi direttamente e immediatamente applicabili ai privati fin dal 1976.
8.2.– L’associazione àKasa si è soffermata sull’art. 8 CEDU e sull’art. 1 Prot. addiz. CEDU e ha
riportato la giurisprudenza, nazionale e sovranazionale, dalla quale si evincerebbe il contrasto delle
disposizioni censurate con il diritto al rispetto della vita privata e familiare e del domicilio, nonché con il
diritto al rispetto dei beni dei privati.
9.– La Regione siciliana, il 7 gennaio 2025, ha depositato memorie in tutti i giudizi, osservando che
l’art. 15, primo comma, lettera ), della legge reg. siciliana n. 78 del 1976 presentava effettivi margini dia
incertezza interpretativa, ancor più accentuati dalla successiva previsione della legge reg. siciliana n. 37 del
1985, che avrebbe, in linea generale, precluso la possibilità di sanare immobili realizzati dopo il 1976 nella
fascia dei 150 metri dal mare.
Non sarebbe pertanto irragionevole il disposto dell’art. 2, comma 3, della legge reg. siciliana n. 15 del
1991, che, al fine di fare chiarezza in materia, avrebbe interpretato autenticamente il citato art. 15, primo
comma, lettera ), chiarendo che i vincoli ivi disposti dovevano ritenersi direttamente operanti nei confrontia
dei privati.
La norma regionale interpretata mirerebbe a tutelare l’interesse pubblico primario alla conservazione dei
valori ambientali insiti nel perimetro costiero siciliano e sarebbe «in grado di resistere, sotto il profilo della
gerarchia delle fonti, ad eventuali tentativi di incisione realizzati dagli enti locali attraverso varianti della
zonizzazione, introdotte nei propri strumenti pianificatori». Non sarebbe seriamente contestabile, per un
verso, che la Regione siciliana, titolare in materia di competenza legislativa esclusiva, potesse imporre dei
vincoli legislativi al libero dispiegarsi della pianificazione comunale; per altro verso, il “costo” collettivo
rappresentato dalle conseguenze, poste a carico dei cittadini, del mancato esercizio del potere di
pianificazione comunale sarebbe stato già valutato dal legislatore regionale nel 1976 (e, poi, confermato con
i successivi provvedimenti legislativi), risultando accettabile a fronte del beneficio derivante dalla più
incisiva salvaguardia del litorale assicurato dalla normativa vincolistica. Sussisterebbero, pertanto, motivi
imperativi di interesse generale che bilanciano gli effetti retroattivi della norma, anche in pregiudizio dei
diritti acquisiti dai soggetti interessati.
L’art. 15, primo comma, lettera ), della legge reg. siciliana n. 78 del 1976, come autenticamentea
interpretato, si presenterebbe dunque proporzionato e del tutto coerente con la sua ragionevole finalità, da
identificarsi con «la conservazione dell’esistente in vista e per i fini della tutela del territorio costiero».
10.– G. C. ha depositato il 4 marzo 2025 una memoria illustrativa, con la quale aderisce alle censure
dedotte dal rimettente e osserva che dall’accoglimento delle questioni non potrebbe derivare alcun rischio
per la tutela del paesaggio, considerata sia la limitata portata applicativa di tale accoglimento, sia la
necessità di ottenere comunque, ai fini del condono, il nulla osta paesaggistico della soprintendenza.
11.– Anche L. M. e G. M. hanno depositato il 4 marzo 2025 una memoria illustrativa, in cui espongono
argomenti a sostegno delle questioni sollevate dal rimettente, contestando che l’art. 2, comma 3, della legge
reg. siciliana n. 15 del 1991 abbia natura interpretativa e osservando che il risultato di tale intervento
legislativo sarebbe comunque trasmodato in una regolazione arbitrariamente retroattiva di situazioni
soggettive già sorte nella vigenza di un quadro normativo (ossia quello ininterrottamente in essere dal 1976
al 1991) che non imponeva al privato un divieto assoluto di inedificabilità e non gli precludeva la possibilità
di accedere alle concessioni in sanatoria, cosi violando il canone di ragionevolezza imposto dall’art. 3 Cost.
Nella specie, infatti, dovrebbe ritenersi che i privati fossero titolari di una posizione tutelata di legittimo
affidamento, sorta per effetto della normativa condonistica statale introdotta nel 1985; il legislatore
regionale, pertanto, ha imposto la propria volontà di modificare retroattivamente e imprevedibilmente il
quadro regolatorio urbanistico delle coste siciliane, ponendo i privati nell’impossibilità di rendersi conto del
comportamento doveroso cui attenersi per evitare di soggiacere alle conseguenze della sua inosservanza.
Le parti illustrano, altresì, le ragioni che avrebbero determinato, nella specie, il travalicamento dei limiti
dettati dai principi di legalità, proporzionalità e ragionevolezza alla luce della giurisprudenza della Corte
EDU.
Considerato in diritto
1.– Con le diciotto ordinanze indicate in epigrafe, di identico tenore, il CGARS, sezione giurisdizionale,
dubita della legittimità costituzionale dell’art. 2, comma 3, della legge reg. siciliana n. 15 del 1991, nonché,
«in via subordinata e condizionatamente all’esegesi che se ne dia», dell’art. 23 della legge reg. siciliana n.
37 del 1985.
Le questioni sono sorte nel corso di giudizi d’appello avverso sentenze che hanno respinto impugnazioni
di provvedimenti comunali di diniego di domande di condono edilizio (e delle conseguenti ordinanze di
demolizione), relative a opere costruite in assenza di titolo abilitativo a meno di 150 metri dalla battigia,
dopo il 31 dicembre 1976 e sino al 1° ottobre 1983: data, quest’ultima, entro la quale le opere dovevano
essere ultimate per beneficiare del cosiddetto “primo condono edilizio” di cui alla citata legge reg. siciliana
n. 37 del 1985, che ha disciplinato le modalità di applicazione nel territorio regionale della legge n. 47 del
1985, apportandovi sostituzioni, modifiche e integrazioni.
1.1.– L’art. 2, comma 3, della legge reg. siciliana n. 15 del 1991, oggetto delle questioni sollevate in via
principale, stabilisce che «[l]e disposizioni di cui all’articolo 15, primo comma, lett. , , ed della leggea d e
regionale 12 giugno 1976, n. 78, devono intendersi direttamente ed immediatamente efficaci anche nei
confronti dei privati», e che «[e]sse prevalgono sulle disposizioni degli strumenti urbanistici generali e dei
regolamenti edilizi».
La disposizione è censurata «quanto alle parole “devono intendersi” (anziché “sono”); e, comunque,
nella parte in cui […] estende anche al periodo anteriore alla sua entrata in vigore l’efficacia
dell’interpretazione autentica da esso dettata, ossia impone la retroazione del precetto di diretta e immediata
efficacia anche nei confronti dei privati delle “disposizioni di cui all’art. 15, primo comma, lett. , […] dellaa
legge regionale 12 giugno 1976, n. 78” sin dalla [sua] entrata in vigore […], anziché dalla data di entrata in
vigore della stessa legge [regionale] n. 15 del 1991».
Sarebbero violati gli artt. 3, 10, 25, secondo comma, 42, 44, 47, 97, secondo comma, e 117, primo
comma, Cost., quest’ultimo in relazione all’art. 1 Prot. addiz. CEDU.
1.2.– L’art. 23 della legge reg. siciliana n. 37 del 1985, oggetto delle questioni sollevate in via
subordinata, ha sostituito gli artt. 32 e 33 della legge n. 47 del 1985, limitatamente alla Regione siciliana,
con l’unico art. 32-33, che disciplina le condizioni di applicabilità della sanatoria edilizia.
Il dubbio di legittimità costituzionale ha per oggetto l’attuale undicesimo comma dell’art. 32-33, nella
parte in cui prevede che «restano altresì escluse dalla concessione o autorizzazione in sanatoria le
costruzioni eseguite in violazione dell’art. 15, lett. , della legge regionale 12 giugno 1976, n. 78, ada
eccezione di quelle iniziate prima dell’entrata in vigore della medesima legge e le cui strutture essenziali
siano state portate a compimento entro il 31 dicembre 1976».
Sarebbe, a tal proposito, violato l’art. 3 Cost.
2.– In via preliminare, deve essere disposta la riunione dei giudizi perché siano decisi con unica
sentenza, avendo essi per oggetto le medesime disposizioni ed essendo fondati su censure e parametri
coincidenti (tra le tante, sentenze n. 171 del 2024 e n. 220 del 2023).
3.– Ancora in via preliminare, va dichiarata l’inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale
dell’art. 2, comma 3, della legge reg. siciliana n. 15 del 1991 sollevate in riferimento all’art. 97, secondo
comma, Cost., per difetto assoluto di motivazione sulla non manifesta infondatezza. Tale parametro, infatti,
è solo menzionato nel dispositivo delle ordinanze di rimessione, in totale assenza di argomenti a sostegno
delle relative censure.
4.– Passando al merito delle questioni sollevate in via principale, relative all’art. 2, comma 3, della legge
reg. siciliana n. 15 del 1991, si osserva che le prime, evocando il principio di ragionevolezza di cui all’art. 3
Cost., muovono dal presupposto che la disposizione censurata non abbia natura interpretativa dell’art. 15,
primo comma, lettera ), della legge reg. siciliana n. 78 del 1976, ma sia una norma innovativa, che haa
introdotto retroattivamente il vincolo di inedificabilità assoluta nella fascia di 150 metri dalla battigia,
ledendo in tal modo l’affidamento dei consociati.
Il rimettente sostiene che la norma asseritamente interpretata era efficace solo nei confrontiab origine
dei comuni, ai quali il legislatore regionale aveva imposto di recepire il vincolo nei propri strumenti
urbanistici. Di qui la natura innovativa dell’art. 2, comma 3, della legge reg. siciliana n. 15 del 1991, che
avrebbe esteso retroattivamente l’efficacia del vincolo anche ai privati.
Con distinte questioni, il rimettente evoca gli artt. 3, 42, 44 e 47 Cost., in quanto la disposizione
censurata avrebbe «travalicato i limiti di un ragionevole affidamento […] al rispetto e alla tutela della
proprietà privata immobiliare e della ricchezza in essa profusa».
4.1.– Attesa la loro connessione, le questioni vengono esaminate congiuntamente.
Esse non sono fondate.
È necessario prendere le mosse dal testo dell’art. 15, primo comma, lettera ), della legge reg. sicilianaa
n. 78 del 1976, ai sensi del quale «[a]i fini della formazione degli strumenti urbanistici generali comunali
debbono osservarsi, in tutte le zone omogenee ad eccezione delle zone A e B, in aggiunta alle disposizioni
vigenti, le seguenti prescrizioni: ) le costruzioni debbono arretrarsi di metri 150 dalla battigia; entro dettaa
fascia sono consentite opere ed impianti destinati alla diretta fruizione del mare, nonché la ristrutturazione
degli edifici esistenti senza alterazione dei volumi già realizzati».
Secondo il giudice rimettente e le difese delle parti costituite in giudizio, la norma si applicherebbe
chiaramente solo ai comuni e non ai privati, atteso che il suo collega la prescrizione di cui alla letteraincipit
) «[a]i fini della formazione degli strumenti urbanistici generali comunali». Il divieto di costruire entro ia
150 metri dalla battigia, dunque, non opererebbe direttamente nei confronti dei privati, ma solo delle
amministrazioni comunali, che dovrebbero conformare i loro piani urbanistici nel rispetto del divieto.
Conseguentemente, l’art. 2, comma 3, della legge reg. siciliana n. 15 del 1991 non conterrebbe una
norma di interpretazione autentica, in quanto il significato della disposizione oggetto di assunta
interpretazione era chiaro. Si tratterebbe, infatti, di una norma innovativa che illegittimamente retroagisce,
ledendo l’affidamento dei privati sorto con l’entrata in vigore della legge sul condono edilizio (la legge reg.
siciliana n. 37 del 1985), tenuto conto del lungo tempo trascorso dall’entrata in vigore della legge reg.
siciliana n. 78 del 1976, dell’imprevedibilità della sua modifica retroattiva e della sproporzione
dell’intervento legislativo rispetto alle facoltà edificatorie dei privati.
4.2.– È opportuno ricordare che, secondo la costante giurisprudenza costituzionale, requisito essenziale
affinché una disposizione possa essere considerata di interpretazione autentica è che essa esprima uno dei
significati già desumibili dalla previsione interpretata (da ultimo, sentenze n. 44 del 2025, n. 70 e n. 4 del
2024, n. 18 del 2023; in precedenza, sentenze n. 73 del 2017, n. 132 del 2016 e n. 314 del 2013), anche in
mancanza di contrasti giurisprudenziali (sentenza n. 133 del 2020). In particolare, a questa Corte compete
«verificare che la disposizione abbia natura interpretativa sul piano sostanziale, accertando che il suo fine sia
quello “di chiarire il senso di norme preesistenti ovvero di escludere o di enucleare uno dei sensi fra quelli
ritenuti ragionevolmente riconducibili alla norma interpretata, allo scopo di imporre a chi è tenuto ad
applicare la disposizione considerata un determinato significato normativo” (sentenze n. 77 del 2024, n. 70
del 2020, n. 15 del 2018, n. 73 del 2017 e n. 132 del 2016; nello stesso senso, sentenze n. 4 del 2024, n. 108
del 2019 e n. 127 del 2015)» (sentenza n. 184 del 2024). In sostanza, «ciò che rileva, a tal fine, è che la
scelta imposta dalla legge con la disposizione interpretativa rientri nell'ambito delle possibili varianti di
senso del testo originario, ossia che venga reso vincolante un significato che, secondo gli ordinari canoni
dell’interpretazione della legge, sarebbe stato riconducibile alla disposizione precedente (sentenze n. 61 del
2022, n. 133 del 2020, n. 167 e n. 15 del 2018, n. 73 del 2017 e n. 525 del 2000)» (sentenza n. 18 del 2023).
Ciò premesso, va innanzitutto interpretata la disposizione espressa dalla legge reg. siciliana n. 78 del
1976.
La sua formulazione non è chiara.
Invero, essa può leggersi, come propone il giudice , nel senso che sia efficace solo per i comuni, ina quo
ragione del suo . Ma il testo prosegue e la disposizione può anche leggersi come direttamente eincipit
immediatamente operante nei confronti dei privati. Infatti, essa stabilisce in modo perentorio che «le
costruzioni debbono arretrarsi di metri 150 dalla battigia» e che «entro detta fascia sono consentite» solo
«opere e impianti destinati alla diretta fruizione del mare, nonché la ristrutturazione degli edifici esistenti
senza alterazione dei volumi già realizzati». E, quindi, là dove la disposizione in esame prevede che il
divieto di costruire deve osservarsi «[a]i fini della formazione degli strumenti urbanistici generali
comunali», essa ben potrebbe significare che i futuri piani urbanistici avrebbero dovuto conformarsi al
divieto già operante per i privati ai sensi della norma regionale. Ciò al fine di evitare compromissioni
irreparabili dell’ambiente, in armonia con la finalità di tutela delle coste siciliane, che è stata riconosciuta
dal CGARS in precedenti occasioni (sezione giurisdizionale, sentenza 26 maggio 2021, n. 476, secondo cui,
«sebbene un provvedimento di legge che concerne l’uso del suolo poteva più opportunamente trovare posto
nella legge urbanistica e non in quella più generale dal titolo di “Provvedimenti per lo sviluppo del turismo
in Sicilia”, è indubbio che la dell’art. 15 della l.r. 78/1976 si fondi sulla tutela dell’interesse pubblicoratio
primario alla conservazione dei valori ambientali insiti nel perimetro costiero dell’intera Regione Siciliana»;
in senso analogo, sezione giurisdizionale, sentenza 22 febbraio 2021, n. 134).
Per di più, l’art. 19 della stessa legge regionale n. 78 del 1976 stabilisce che: «[t]utte le iniziative in via
d’istruttoria alla data di entrata in vigore della presente legge e corredate dai prescritti nulla osta edilizi –
previo accertamento della conformità dei nulla osta stessi agli strumenti urbanistici ed alla legislazione
vigente – possono beneficiare delle provvidenze regionali in deroga alle disposizioni di cui al precedente art.
15». Anche da tale previsione si può ricavare che le disposizioni contenute nell’art. 15 sono immediatamente
efficaci per i soggetti privati (e, quindi, non soltanto per i comuni), pur ammettendo deroga nel caso
contemplato dal menzionato art. 19.
Se ne può concludere che la disposizione del 1991 ha interpretato autenticamente quella del 1976,
chiarendo ciò che, rientrando comunque tra le sue possibili varianti di senso, poteva risultare non chiaro nel
testo originario dell’art. 15, primo comma, lettera ), ovvero che il divieto di costruire entro i 150 metri dallaa
battigia vale anche per i privati fin dal 1976.
Nella scelta del legislatore regionale del 1991 ha prevalso l’intento di sottrarre il bene protetto dal
rischio che, sulla base di una diversa interpretazione della norma, l’inerzia delle amministrazioni comunali
comportasse una tutela ridotta, irrazionalmente limitata al territorio costiero dei comuni che si fossero
attivati, ingenerando in tal modo anche disparità di trattamento fra i consociati.
4.3.– Verificata la natura genuinamente interpretativa dell’art. 2, comma 3, della legge reg. siciliana n.
15 del 1991, occorre comunque considerare il profilo dell’affidamento dei privati.
In generale, una volta verificata tale natura, si ha che la norma interpretativa e quella interpretata si
saldano e fanno corpo, così esprimendo un precetto normativo unitario fin dall’origine (tra le tante, sentenze
n. 169 del 2024, n. 104 del 2022 e n. 133 del 2020). Di conseguenza, l’avere in precedenza confidato in un
significato diverso da quello espresso dalla disposizione di interpretazione autentica «non radica di per sé
solo un vero e proprio affidamento, ma si iscrive nell’ordinario relativismo delle interpretazioni possibili»
(sentenza n. 104 del 2022).
Nondimeno, «l’intervento interpretativo del legislatore – che vincola il giudice – potrebbe frustrare
interessi meritevoli di tutela, specie ove il legislatore accogliesse un’interpretazione della disposizione non
sostenuta dalla maggioranza della giurisprudenza (in tal senso, , sentenze n. 55 del 2024, n. 104ex plurimis
del 2022 e n. 127 del 2015)» (sentenza n. 184 del 2024). In questi casi, l’esercizio della funzione legislativa
con disposizioni di interpretazione autentica può richiedere che si debba comunque tener conto di un
affidamento meritevole, in precedenza riposto nell’interpretazione diversa da quella successivamente fissata
dal legislatore, avendo l’affidamento assunto «una connotazione più pregnante, raggiungendo un livello di
maggiore significatività» (ancora, sentenza n. 104 del 2022, con riferimento a una diversa interpretazione
normativa che trovava l’avallo della giurisprudenza di legittimità).
4.4.– Alla luce di tali principi, questa Corte ritiene che la disposizione regionale censurata non abbia
leso alcun affidamento legittimo.
L’affidamento non può certo riguardare la edificabilità delle costruzioni di cui si discute – realizzate in
difetto di titolo abilitativo –, stante la «generale impossibilità di riconoscere, di per sé, un legittimo
affidamento in capo a chi versi, non incolpevolmente, in una situazione antigiuridica, qual è quella della
realizzazione di un’opera edilizia abusiva» (sentenza n. 181 del 2021).
L’affidamento – a voler seguire la tesi del giudice rimettente – potrebbe semmai avere a oggetto la
possibilità di sanatoria edilizia e sarebbe sorto con l’introduzione della legge reg. siciliana n. 37 del 1985 sul
condono (ai sensi dell’art. 23 di tale legge). Ciò sul presupposto che la disposizione regionale del 1976, non
comportando l’efficacia immediata e diretta del vincolo di inedificabilità nei confronti dei privati, avrebbe
consentito il condono delle costruzioni abusive realizzate entro i 150 metri dalla battigia nei comuni rimasti
privi di strumenti urbanistici impositivi del predetto vincolo.
Tuttavia, la legge regionale del 1985 sul condono non era suscettibile di ingenerare nei privati un
affidamento di questa portata.
In tal senso, sono determinanti le leggi regionali sopravvenute a quella del 1976 sino alla disciplina
condonistica del 1985.
La legge della Regione siciliana 27 dicembre 1978, n. 71 (Norme integrative e modificative della
legislazione vigente nel territorio della Regione siciliana in materia urbanistica), infatti, disponeva, nella
versione originaria, all’art. 57, primo comma, che potesse derogarsi a quanto previsto dalla lettera ) dela
primo comma dell’art. 15 della legge reg. siciliana n. 78 del 1976 «limitatamente: ) alle opere connesse aa
servizi pubblici; ) alle opere di urbanizzazione primaria e secondaria connesse a complessi produttivi eb
alberghieri esistenti; ) agli ammodernamenti e agli ampliamenti dei complessi di cui alla precedente letterac
); ) alle opere relative ai porti ed alle opere connesse per servizi ed infrastrutture».b d
Lo stesso CGARS, nella citata sentenza n. 476 del 2021, ha ritenuto che il legislatore, con l’uso
dell’avverbio «limitatamente», aveva voluto circoscrivere la deroga al divieto assoluto di edificazione entro i
150 metri dalla battigia «ad alcune tipologie di opere tutte caratterizzate dal preminente interesse pubblico»,
con la conseguenza che nei casi di interventi edilizi di esclusivo interesse privato si doveva «escludere la
possibilità di deroga», trovando così conferma la tesi dell’immediata e diretta efficacia del vincolo anche nei
confronti dei privati.
La successiva legge della Regione siciliana 29 febbraio 1980, n. 7 (Norme sul riordino urbanistico
edilizio), che è stata abrogata dall’art. 39, primo comma, della legge reg. siciliana n. 37 del 1985, nella sua
originaria formulazione aveva previsto:
– all’art. 1, primo comma, l’obbligo dei comuni di provvedere alla «perimetrazione delle zone
interessate da insediamenti residenziali, produttivi o di servizio che presentino particolare disordine
urbanistico-edilizio, delimitando gli agglomerati sorti entro il 30 settembre 1978 senza o in contrasto con gli
strumenti urbanistici generali o esecutivi [...], o comunque senza licenza o concessione o in difformità della
stessa»;
– all’art. 2, la possibilità, per «[i] proprietari delle costruzioni ricadenti all’interno della perimetrazione
prevista dal primo comma del precedente articolo», di presentare «al comune, entro novanta giorni dalla
delibera di delimitazione, domanda per il rilascio della concessione in sanatoria»;
– all’art. 3, una serie di casi di «[i]nammissibilità della sanatoria» di cui all’art. 2, tra i quali, al primo
comma, lettera ), erano comprese «le costruzioni eseguite in violazione dell’art. 15 della legge regionale 12e
giugno 1976, n. 78, con esclusione delle costruzioni iniziate prima dell’entrata in vigore della medesima
legge e le cui strutture essenziali siano state portate a compimento entro il 31 dicembre 1976».
Inoltre, l’art. 10 della legge della Regione siciliana 18 aprile 1981, n. 70 (Integrazioni e modifiche alla
legge regionale 29 febbraio 1980, n. 7, recante norme sul riordino urbanistico edilizio), anch’esso abrogato
dall’art. 39, primo comma, della legge reg. siciliana n. 37 del 1985, con norma di interpretazione autentica,
aveva stabilito che «[a]lla lett. dell’art. 3 della legge regionale 29 febbraio 1980, n. 7, l’inciso: “lee
costruzioni eseguite in violazione dell’art. 15” deve intendersi: “le costruzioni eseguite in violazione dell’art.
15, lett. ”».a
Dunque, in epoca anteriore all’introduzione della legge reg. siciliana n. 37 del 1985, il legislatore
regionale era già intervenuto per determinare i limiti della sanabilità di opere edilizie irregolari, comprese
quelle realizzate in agglomerati sorti non solo «senza licenza o concessione o in difformità» da esse, ma
anche «senza [...] gli strumenti urbanistici generali o esecutivi».
Di conseguenza, l’inammissibilità della sanatoria prevista dal citato art. 3, primo comma, lettera ),e
colpiva anche le costruzioni realizzate entro i 150 metri dalla battigia nei comuni che, essendo privi di
strumenti urbanistici, ovviamente non avevano ancora recepito il vincolo di inedificabilità assoluta.
La legge reg. siciliana n. 37 del 1985 ha ripreso l’identica formulazione usata, al fine di escludere la
sanatoria, dalla legge regionale n. 7 del 1980. Pertanto, poteva ritenersi che l’ambito applicativo del condono
disciplinato dalla legge regionale del 1985 incontrasse i medesimi limiti. La stessa giurisprudenza
amministrativa, in epoca di poco anteriore all’intervento legislativo del 1991, era giunta a conclusioni
analoghe, osservando che le costruzioni in questione erano comunque escluse dal condono, anche se
realizzate in comuni che non avevano inserito la prescrizione negli strumenti urbanistici (CGARS, sezione
giurisdizionale, sentenza 26 marzo 1991, n. 99).
In una situazione simile, cui si aggiungeva l’assenza di una consolidata interpretazione giurisprudenziale
della disposizione del 1976 diversa da quella successivamente fissata dal legislatore regionale, ai proprietari
delle opere abusive non poteva riconoscersi alcun meritevole affidamento nella sanatoria.
5.– Si passa, ora, all’esame delle altre questioni sollevate in via principale.
Secondo il rimettente, l’art. 2, comma 3, della legge reg. siciliana n. 15 del 1991, introducendo
retroattivamente un vincolo di inedificabilità assoluta, avrebbe anche violato il «contenuto minimo
essenziale del diritto di proprietà privata», tutelato dall’art. 42 Cost., nonché gli artt. 10 e 117, primo
comma, Cost., quest’ultimo in relazione all’art. 1 Prot. addiz. CEDU, in quanto i principi di civiltà giuridica
non consentirebbero al legislatore regionale di escludere dal condono “eccezionale” di cui alla legge n. 47
del 1985 beni che inizialmente vi rientravano, dopo il decorso di un termine irragionevolmente lungo, né di
escludere da esso beni suscettibili di sanatoria “ordinaria”, in applicazione del principio della cosiddetta
“doppia conformità”, ex art. 13 della citata legge n. 47 del 1985, poi riprodotto nell’art. 36 t.u. edilizia.
Inoltre, il rimettente prospetta un’ulteriore violazione degli artt. 3 e 42 Cost., per la «compressione
irragionevolmente differenziata […] del diritto di proprietà privata». Ad avviso dello stesso, l’introduzione
retroattiva del divieto di edificazione entro i 150 metri dalla battigia equivarrebbe all’apposizione di un
vincolo di inedificabilità assoluta successivo alla realizzazione delle costruzioni abusive. Di conseguenza, la
disposizione censurata si porrebbe in contrasto con il principio generale dell’ordinamento di cui all’art. 31
della legge n. 47 del 1985, secondo cui le opere abusive non sono suscettibili di sanatoria quando siano in
contrasto con vincoli di inedificabilità assoluta apposti prima dell’esecuzione delle opere stesse. Viene così
lamentata, sostanzialmente, un’irragionevole disparità di trattamento rispetto ai proprietari di immobili
abusivi residenti nel restante territorio nazionale, ai quali non sarebbe impedito in modo assoluto di accedere
al condono di cui alla legge n. 47 del 1985 sulla base di un vincolo apposto successivamente alla
realizzazione degli immobili.
Infine, secondo il giudice , l’introduzione retroattiva di un vincolo che osta al condono edilizio,a quo
«escludendo l’operatività di una causa di estinzione del reato di abusivismo edilizio giàa posteriori
verificatasi», da un lato «ri-estende la punibilità» a fatti che ne erano esclusi dalla legge n. 47 del 1985, così
violando la riserva assoluta di legge statale in materia penale ex art. 25, secondo comma, Cost., e, d’altro
lato, «ri-espande la sussistenza di un reato estinto» mediante un intervento normativo successivo alla
commissione del fatto, in violazione ulteriore dello stesso parametro costituzionale.
5.1.– Anche tali questioni, che si possono esaminare congiuntamente, non sono fondate.
Esse muovono dal comune presupposto che la disposizione censurata, avendo natura innovativa, abbia
introdotto retroattivamente un vincolo sopravvenuto di inedificabilità assoluta, tale da precludere il condono
di costruzioni abusive che inizialmente vi potevano accedere e che avrebbero potuto persino beneficiare
della sanatoria “ordinaria”. L’introduzione retroattiva del vincolo avrebbe inoltre escluso una causaex post
di estinzione dei reati edilizi «già verificatasi».
Questo comune presupposto, tuttavia, non sussiste, essendo stata verificata da questa Corte la natura
genuinamente interpretativa dell’art. 2, comma 3, della legge reg. siciliana n. 15 del 1991. Ciò, come si è
osservato, comporta la saldatura delle due disposizioni, che così esprimono fin dall’origine (e, quindi, fin
dall’entrata in vigore della legge reg. siciliana n. 78 del 1976) il precetto normativo unitario consistente nel
divieto, anche per i privati, di costruire entro i 150 metri dalla battigia.
6.– Come si è visto, il giudice , «in via subordinata e condizionatamente all’esegesi che se ne dia»,a quo
dubita anche della legittimità costituzionale dell’art. 32-33, undicesimo comma, della legge n. 47 del 1985,
come introdotto, limitatamente alla Regione siciliana, dall’art. 23 della legge reg. siciliana n. 37 del 1985,
nella parte in cui ha previsto che «restano altresì escluse dalla concessione o autorizzazione in sanatoria le
costruzioni eseguite in violazione dell’art. 15, lett. , della legge regionale 12 giugno 1976, n. 78, ada
eccezione di quelle iniziate prima dell’entrata in vigore della medesima legge e le cui strutture essenziali
siano state portate a compimento entro il 31 dicembre 1976».
Secondo il rimettente, ove la menzionata disposizione si interpretasse nel senso «di aver escluso in
Sicilia dalla condonabilità straordinaria di cui alla legge statale n. 47 del 1985 le costruzioni realizzate nella
fascia costiera di 150 metri dalla battigia, pur in assenza […] di alcun vincolo di P.R.G. […] introdotto […]
dal [c]omune di ubicazione del singolo immobile», violerebbe l’art. 3 Cost., per irragionevolezza.
Le stesse costruzioni – sempre secondo il rimettente – potrebbero infatti ottenere la sanatoria
“ordinaria”, sulla base di un accertamento di doppia conformità, con conseguente irragionevolezza della
scelta legislativa di escluderle dal condono.
6.1.– Le questioni sono inammissibili per difetto di rilevanza.
Ad avviso del giudice , invero, è possibile, ma non condivisibile, una interpretazione del citato art.a quo
32-33, undicesimo comma, nel senso che proprio questa disposizione escluderebbe dal condono, senza
eccezioni, tutte le costruzioni abusive realizzate nella fascia protetta, trattandosi comunque di costruzioni
«eseguite in violazione dell’art. 15, lett. , della legge regionale 12 giugno 1976, n. 78», e ciò anche se laa
disposizione del 1991 fosse privata della retroattività, a seguito di una pronuncia di accoglimento delle
questioni sollevate in via principale.
Da questo angolo visuale, dunque, l’auspicato accoglimento delle questioni aventi per oggetto l’art. 2,
comma 3, della legge reg. siciliana n. 15 del 1991, benché necessario, sarebbe insufficiente al fine di
consentire la sanatoria.
Di qui l’esigenza, ad avviso del rimettente, di proporre le questioni in via subordinata, che tuttavia, a
fronte del rigetto di quelle sollevate in via principale, qui pronunciato, non sono rilevanti.
La pronuncia di rigetto, infatti, comporta che la sanabilità degli immobili di cui si discute nei giudizi a
sia irrimediabilmente esclusa, ex art. 23 della legge reg. siciliana n. 37 del 1985 per violazione delquibus ,
vincolo di inedificabilità assoluta nella fascia di 150 metri dalla battigia, in quanto vincolo immediatamente
e direttamente efficace anche nei confronti dei privati sin dall’entrata in vigore dell’art. 15, primo comma,
lettera ), della legge reg. siciliana n. 78 del 1976.a
Di conseguenza, la decisione delle questioni subordinate non eserciterebbe alcuna influenza nella
definizione delle controversie sottoposte all’esame del rimettente.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi,
1) inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 2, comma 3, della leggedichiara
della Regione siciliana 30 aprile 1991, n. 15 (Modifiche ed integrazioni alla legge regionale 27 dicembre
1978, n. 71, in materia urbanistica e proroga di vincoli in materia di parchi e riserve naturali), sollevata, in
riferimento all’art. 97, secondo comma, della Costituzione, dal Consiglio di giustizia amministrativa per la
Regione siciliana, sezione giurisdizionale, con le ordinanze indicate in epigrafe;
2) non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 2, comma 3, della legge reg.dichiara
siciliana n. 15 del 1991, sollevate, in riferimento agli artt. 3, 10, 25, secondo comma, 42, 44, 47 e 117, primo
comma, Cost., quest’ultimo in relazione all’art. 1 del Protocollo addizionale alla Convenzione europea dei
diritti dell’uomo, dal Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana, sezione giurisdizionale,
con le ordinanze indicate in epigrafe;
3) inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 32-33, undicesimo comma,dichiara
della legge 28 febbraio 1985, n. 47 (Norme in materia di controllo dell’attività urbanistico-edilizia, sanzioni,
recupero e sanatoria delle opere edilizie), come introdotto, limitatamente alla Regione siciliana, dall’art. 23
della legge della Regione siciliana 10 agosto 1985, n. 37 (Nuove norme in materia di controllo dell’attività
urbanistico-edilizia, riordino urbanistico e sanatoria delle opere abusive), sollevate, in riferimento all’art. 3
Cost., dal Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana, sezione giurisdizionale, con le
ordinanze indicate in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 25 marzo 2025.
F.to:
Giovanni AMOROSO, Presidente
Marco D'ALBERTI, Redattore
Igor DI BERNARDINI, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 23 maggio 2025
Il Cancelliere
F.to: Igor DI BERNARDINI
Le sentenze e le ordinanze della Corte costituzionale sono pubblicate nella prima serie speciale della Gazzetta Ufficiale della
Repubblica Italiana (a norma degli artt. 3 della legge 11 dicembre 1984, n. 839 e 21 del decreto del Presidente della Repubblica 28
dicembre 1985, n. 1092) e nella Raccolta Ufficiale delle sentenze e ordinanze della Corte costituzionale (a norma dell'art. 29 delle
Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale, approvate dalla Corte costituzionale il 16 marzo 1956).
Il testo pubblicato nella Gazzetta Ufficiale fa interamente fede e prevale in caso di divergenza
Avv. Antonino Sugamele

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