In presenza di procedimento penale per fatti che comporterebbero l’applicazione della sanzione disciplinare del licenziamento, è possibile disporre l’applicazione della sospensione facoltativa dal servizio anche senza il rinvio a giudizio del dipendente.
Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta) sent. nr 2951
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2284 del 2022, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati Guido De Santis, Antonio Zimbardi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Guido De Santis in Roma, via Sant'Angela Merici 6;
contro
Ministero dell'Interno, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Prima) n. 00279/2022, resa tra le parti,
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero dell'Interno;
Visti tutti gli atti della causa;
Visto l'art. 87, comma 4-bis, cod.proc.amm.;
Relatore all'udienza straordinaria di smaltimento dell'arretrato del giorno 2 aprile 2025 il Cons. Davide Ponte e uditi per le parti gli avvocati Ai sensi dell’art. 87, comma 4-bis c.p.a. e dell’art. 13-quater disp. att. c.p.a. (articolo aggiunto dall’art. 17, comma 7, d.l. 9 giugno 2021, n. 80, convertito, con modificazioni, dalla l. 6 agosto 2021, n. 113.), preso atto del deposito delle note di passaggio in decisione, è data la presenza dell'avv. De Santis.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Il sig. -OMISSIS-, Capo reparto del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco, è stato sottoposto a due indagini penali, rispettivamente nel 2017 a cura della Procura di Trapani, e nel 2019 a cura della Procura di Benevento, per aver svolto attività di intermediazione illecita volta a favorire alcuni candidati in concorsi finalizzati all’assunzione presso il Corpo dei VVF e della Polizia di Stato.
2. Vista l’applicazione della misura cautelare interdittiva della sospensione dal servizio da parte del GIP presso la Procura di Benevento, con decreto n. 1966 del 23 giugno 2020 il Ministero dell’Interno ha disposto in via amministrativa la sospensione cautelare obbligatoria dal servizio, ai sensi degli artt. 14 co. 1 CCNL 26 maggio 2004 e 91 co. 1, primo periodo, d.p.r. 10 gennaio 1957, n. 3.
3. A seguito di impugnazione da parte dell’interessato della citata misura cautelare, la Corte di Cassazione, con sentenza del 2 marzo 2021, ha annullato l’ordinanza rinviando “per un nuovo giudizio che valuti la funzionalità della sospensione dal pubblico ufficio di vigile del fuoco rispetto alle esigenze cautelari da soddisfare”.
4. In esito a tale statuizione, il GIP presso il Tribunale di Benevento ha revocato la misura cautelare in ragione del ritenuto venir meno del pericolo di reiterazione del reato, considerato il tempo trascorso dall’inizio della sospensione obbligatoria.
5. Da parte sua, l’Amministrazione ha provveduto dapprima a revocare la sospensione obbligatoria e riammettere in servizio il lavoratore, giusto decreto n. 1452 del 24 maggio 2021, e in pari data ha disposto, con decreto n. 1458, la sospensione dal servizio in via facoltativa, ai sensi degli artt. 91 co. 1, primo periodo, d.p.r. 10 gennaio 1957, n. 3, e 14 co. 3, CCNL del 26 maggio 2004.
La motivazione del provvedimento si è retta:
a) sulla ritenuta “più probabile che non” responsabilità penale del ricorrente, benché questi non fosse stato ancora rinviato a giudizio per le condotte ad egli ascritte;
b) sul rilievo che il mantenimento in servizio del dipendente avrebbe leso il buon andamento e l’affidabilità dell’Amministrazione, procurando turbamento all’ordinato svolgimento dell’azione amministrativa, anche alla luce degli incarichi sindacali svolti dall’interessato.
6. L’interessato ha impugnato il sopra citato provvedimento con ricorso proposto avanti al Tar per il Veneto, deducendo i seguenti motivi:
I) Violazione dell’art. 14, comma 3, CCNL del 26/05/2004 e falsa applicazione dell’art. 91, d.p.r. 10/01/1957, n. 3.
In particolare la difesa del ricorrente ha affermato che la prima norma, speciale rispetto alla seconda, prevedrebbe la possibilità di applicare la sospensione facoltativa dal servizio solo in caso di rinvio a giudizio del dipendente;
II) Violazione dell’art. 91, d.p.r. 10/01/1957, n. 3.
Parte ricorrente ha sostenuto che la disposizione stabilirebbe la possibilità di applicare la sospensione facoltativa dal servizio in assenza del rinvio a giudizio solo nel caso in cui sia intervenuta una misura restrittiva della libertà personale, circostanza che nel caso di specie non si è verificata;
III) Violazione dell’art. 91 d.p.r. 10/01/1957, n. 3 ovvero dell’art. 14 CCNL del 26/05/2004. Eccesso di potere per travisamento del fatto, sviamento, illogicità e carenza di motivazione.
In sintesi, la difesa ha lamentato il vizio di motivazione del provvedimento impugnato, il quale avrebbe argomentato la scelta dell’Amministrazione in ragione del ruolo ricoperto dal ricorrente quale Segretario Nazionale di una organizzazione sindacale, sebbene tale carica fosse stata abbandonata dal dipendente in epoca antecedente all’emissione dell’atto di sospensione dal servizio.
Si è inoltre sottolineata l’intempestività dell’intervento dell’Amministrazione, la quale era a conoscenza delle indagini pendenti sul ricorrente ben prima del 2021, anno di emanazione del provvedimento impugnato.
7. Con sentenza n. 279 dell’11 febbraio 2022 il TAR per il Veneto ha respinto il ricorso.
7.1. In primo luogo, il Tribunale territoriale ha ritenuto che l’art. 14 co. 3 CCNL 26 maggio 2004 debba essere interpretato nel senso che, in presenza di procedimento penale per fatti che comporterebbero l’applicazione della sanzione disciplinare del licenziamento, sia possibile disporre l’applicazione della sospensione facoltativa dal servizio anche senza il rinvio a giudizio del dipendente.
In questa direzione deporrebbe da una parte la formulazione della norma, e dall’altra la ratio della disposizione, diretta ad evitare il possibile pregiudizio per l’Amministrazione, rappresentato in particolare dal buon andamento e dalla credibilità della stessa presso i cittadini.
7.2. In secondo luogo, il Tar ha evidenziato che - contrariamente a quanto ritenuto dal ricorrente - l’art. 91, d.p.r. n. 3/1957 non presupporrebbe l’applicazione di una misura cautelare restrittiva da parte del giudice penale, indicando la norma quale unico presupposto quello della natura particolarmente grave del reato per cui vi è indagine.
7.3. In terzo luogo, il giudice di prime cure ha rilevato che il riferimento errato alla carica sindacale del ricorrente operato nel provvedimento impugnato assumerebbe carattere incidentale e non decisivo nell’argomentazione della decisione sospensiva dell’Amministrazione. Di contro, la ragione principale della sospensione risiederebbe nell’aver ritenuto la p.a. “più probabile che non” la penale responsabilità del dipendente, alla luce degli atti del procedimento.
Si è inoltre chiarito che, ai fini della sospensione amministrativa dal servizio, non occorre evidenziare – come vorrebbe il ricorrente - un nesso logico funzionale tra i reati ascritti e la posizione lavorativa ricoperta dal destinatario dell’atto, essendo tale presupposto richiesto dalla legge solo ai fini dell’applicabilità della misura cautelare penale della sospensione.
Ancora, il Tar ha escluso la dedotta tardività dell’intervento dell’Amministrazione, scaturito dalla richiesta di rinvio a giudizio intervenuta nel secondo procedimento penale avviato a carico del dipendente.
7.4. In conclusione, il ricorso è stato dunque respinto, con integrale compensazione delle spese di lite, giustificata in ragione della carenza di giurisprudenza univoca sui punti controversi.
8. Avverso l’indicata sentenza l’interessato ha tempestivamente proposto appello ritualmente notificato il 17 marzo 2022 e depositato in pari data.
8.1. Con il primo motivo parte appellante deduce la violazione dell’art. 14 co. 3 CCNL 26 maggio 2004, ribadendo la tesi per cui la sospensione amministrativa facoltativa, specie laddove il giudice penale non abbia applicato alcuna misura cautelare restrittiva della libertà personale, sarebbe possibile solo in caso di rinvio a giudizio del dipendente.
Ciò in quanto le parti sociali, nella redazione del contratto collettivo, avrebbero inteso bilanciare il buon andamento della p.a. ex art. 97 Cost., con il principio della presunzione di innocenza ex art. 27 Cost., considerato anche che l’Amministrazione non potrebbe mai sostituire una propria autonoma valutazione sulla fondatezza o meno del reato rispetto a quella operata dal giudice penale.
Ancora, parte appellante cita la sentenza della Corte costituzionale n. 206 del 3 giugno 1999 - relativa alla diversa fattispecie della sospensione dal servizio ex art. 15 co. 4-septies, L. 19 marzo 1990, n. 55 - secondo cui solo il rinvio a giudizio del dipendente sarebbe idoneo a fornire ragionevolezza al provvedimento di sospensione, non essendo di contro sufficiente il requisito della gravità del reato per cui vi è indagine.
Da ultimo, la difesa rappresenta che, alla data di deposito dell’appello, il decreto di rinvio a giudizio non è stato ancora disposto dal giudice penale.
8.2. Con il secondo motivo parte appellante contesta la sentenza impugnata nella parte in cui avrebbe accolto una interpretazione dell’art. 91, d.p.r. n. 3/1957 contraria alla prevalente giurisprudenza amministrativa in materia, che invece affermerebbe la necessità di una misura cautelare restrittiva della libertà personale per poter disporre il provvedimento di sospensione (cfr. Consiglio di Stato, n. 5205/2021; n. 4883/2014; n. 5745/2013; n. 3165/2005; n. 5740/2003).
A tal proposito, la difesa ribadisce che sarebbe irragionevole e contrario all’art. 27 Cost. ritenere che l’Amministrazione sia legittimata a sostituire la propria autonoma valutazione sulla fondatezza dell’accusa, prescindendo sia dal rinvio a giudizio che da un provvedimento cautelare restrittivo.
Nel caso di specie – si evidenzia – l’appellante è stato destinatario unicamente di una misura cautelare reale, rappresentata dal sequestro probatorio operato dall’Autorità requirente nel primo procedimento penale, che tuttavia non sarebbe sufficiente a corroborare la consistenza accusatoria richiesta per legittimare il provvedimento di sospensione nei termini anzidetti.
Ancora, parte appellante ritiene che, in ogni caso, il decreto di riammissione in servizio del dipendente n. -OMISSIS- assorba il successivo decreto di sospensione n. -OMISSIS-, tenuto conto che già all’epoca di emanazione del primo decreto l’Amministrazione era a conoscenza dell’indagine svolta dalla Procura di Trapani.
Da ultimo, si lamenta la disparità di trattamento operata dall’Amministrazione, considerato che altri dipendenti nella medesima condizione dell’appellante non risultano sospesi dal servizio.
8.3. Con il terzo motivo parte appellante assume che il provvedimento impugnato, sotto il profilo del bilanciamento operato dalla p.a., appare testualmente motivato unicamente sulla circostanza del ruolo sindacale svolto dal dipendente.
A tal riguardo si censura la sentenza impugnata, nella parte in cui ha addotto quale ulteriore motivazione del provvedimento argomenti contenuti solo nella relazione difensiva depositata in giudizio dall’Amministrazione, così avallando una illegittima integrazione postuma della motivazione provvedimentale.
In ogni caso – continua l’atto di appello – anche a voler ritenere legittima l’integrazione dell’ordito motivazionale, il provvedimento non spiegherebbe in alcun passaggio su quali basi la p.a. abbia ritenuto “più probabile che non” la penale responsabilità del lavoratore.
Si ribadisce infine la necessità di un nesso logico-funzionale tra la posizione lavorativa rivestita e le ragioni poste alla base del provvedimento di sospensione adottato, e che nel caso di specie tale nesso non può risiedere nel mero eco mediatico della vicenda giudiziaria.
9. Il Ministero dell’interno si è costituito in giudizio con atto depositato il 17 marzo 2022, e ha insistito per la reiezione del gravame con memoria difensiva del 2 maggio 2022.
10. Con ordinanza n. 2204/2022 la Terza Sezione del Consiglio di Stato ha respinto la domanda cautelare di parte appellante, per la ritenuta insussistenza del periculum in mora.
11. Con memoria difensiva del 24 maggio 2025 parte appellante ha precisato che, essendo il periodo di sospensione facoltativa di 12 mesi già trascorso, l’interesse all’annullamento del provvedimento sussiste ai fini risarcitori ex art. 34 co. 3 c.p.a.
12. All’udienza di smaltimento del 2 aprile 2025 la causa è passata in decisione.
13. L’interesse alla decisione dell’appello permane, nella prospettazione precisata da ultimo da parte appellante, a fini risarcitori.
14. L’appello è infondato.
15. Assume rilievo preliminare ed assorbente l’orientamento, fatto proprio dal Collegio, a mente del quale ai fini dell'adozione dell'istituto della sospensione cautelare dal servizio dell'impiegato sottoposto a procedimento penale, non è necessario che sia intervenuto un formale atto di rinvio a giudizio da parte dell'organo giurisdizionale competente ad irrogare la pena ovvero l'applicazione di una misura cautelare personale, essendo invero sufficiente che vi sia stata, nella fase istruttoria preliminare, la contestazione del fatto (cfr. ad es. Consiglio di Stato , sez. IV , 27/03/2018 , n. 1907).
16. Nel caso di specie, la motivazione del provvedimento di sospensione si fonda su una articolata ricostruzione dei gravi comportamenti contestati nonché sulla considerazione che il mantenimento in servizio del ricorrente avrebbe potuto ledere il buon andamento e l’affidabilità dell’Amministrazione e avrebbe rischiato di procurare turbamento all’ordinato andamento dell’azione amministrativa all’interno delle strutture in cui opera il ricorrente. L’Amministrazione in proposito dà espressamente atto che nel momento in cui la misura cautelare è stata adottata, non è ancora intervenuto il rinvio a giudizio, nel frattempo chiesto dalla Procura della Repubblica di Benevento, ma che comunque in base agli atti forniti dall’Autorità giudiziaria ritiene “più probabile che non” la responsabilità penale del ricorrente.
17. La motivazione del provvedimento impugnato appare adeguata ed articolata, mentre il riferimento alla carica sindacale appare secondario ed incidentale; il nucleo motivazionale e di valutazione si muove intorno alla pendenza di due distinti procedimenti penali che denotano una reiterazione della medesima grave fattispecie di reato, sull’esigenza di tutelare il prestigio e l’immagine dell’Amministrazione, da cui scaturisce un giudizio, formulato in base agli elementi acquisiti dalle indagini penali, né manifestamente illogico né basato su travisamento di fatti, circa la sussistenza di elementi che denotano secondo il criterio del “più probabile che non” la responsabilità penale del ricorrente.
18. Né sussiste alcuna disparità di trattamento. In generale, il vizio di eccesso di potere per disparità di trattamento si può configurare solo sul presupposto, di cui l'interessato deve dare la prova rigorosa, dell'identità assoluta della situazione considerata (cfr. ad es. Cons. Stato, Sez. VII, 14/03/2024, n. 2493), assente nel caso di specie. Né analoga contestazione può mutarsi in difetto di motivazione; motivazione che nel caso de quo, come sopra rilevato, appare adeguata.
19. In ragione di quanto esposto il ricorso in appello – procedibile in relazione all’interesse risarcitorio precisato - deve essere respinto. Le questioni esaminate esauriscono la disamina dei motivi, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell’art. 112 c.p.c., in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato (come chiarito dalla giurisprudenza costante; cfr., ex plurimis, Consiglio di Stato, Sez. VI, 2 settembre 2021, n. 6209; Id., 13 settembre 2022, n. 7949), con la conseguenza che gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.
20. Le spese del presente grado di giudizio, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna parte appellante al pagamento delle spese del presente grado di giudizio in favore di parte appellata, liquidate in complessivi euro 4.000,00 (quattromila/00), oltre accessori dovuti per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell’articolo 10 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare parte appellante.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 2 aprile 2025 con l'intervento dei magistrati:
Davide Ponte, Presidente FF, Estensore
Sergio Zeuli, Consigliere
Carmelina Addesso, Consigliere
Annamaria Fasano, Consigliere
Massimo Santini, Consigliere
IL PRESIDENTE, ESTENSORE
Davide Ponte
IL SEGRETARIO
20-04-2025 12:00
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