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Sentenza

Tutela della persona - protezione della persona - cittadinanza - acquisto - iure...
Tutela della persona - protezione della persona - cittadinanza - acquisto - iure sanguinis La concessione della cittadinanza italiana è configurabile quale potere, ampiamente discrezionale, che implica l’accertamento di un interesse pubblico da valutarsi in relazione ai fini della società nazionale, e non già il semplice riconoscimento dell’interesse privato di chi si risolve a chiedere la cittadinanza per comodità di carriera, di professione o di vita; di conseguenza il possesso dei requisiti richiesti costituisce un presupposto necessario, ma non sufficiente ai fini del rilascio del provvedimento concessorio, in quanto la determinazione finale è subordinata ad una valutazione di opportunità politico-amministrativa altamente discrezionale, rispetto alla quale la posizione soggettiva del richiedente ha consistenza di interesse legittimo, atteso che l’attribuzione del nuovo status di cittadino comporta l’inserimento dello straniero, a tutti gli effetti, nella collettività nazionale e l’acquisizione, a pieno titolo, da parte dello stesso dei diritti e dei doveri che competono ai suoi membri, tra i quali quelli connessi all’obbligo di concorrere alla realizzazione delle finalità che lo Stato persegue. T.A.R. Torino, (Piemonte) sez. II, 13/12/2012, n.1336.
LA CITTADINANZA
Con l’espressione “cittadinanza” si indica l’appartenenza giuridica di una persona a un determinato Stato. È il rapporto giuridico che lega l’individuo allo Stato, e comporta tutta una serie di diritti civili e politici. In Italia il diritto a essere cittadini è tutelato in primis dalla Carta Costituzionale secondo la quale nessuno può essere privato, per motivi politici, della capacità giuridica, della cittadinanza, del nome (art. 22).
In Italia la materia è disciplinata dalla legge 5 febbraio 1992, n. 91.
La cittadinanza può essere acquisita in vari modi:
•    iure sanguinis,
•    iure soli,
•    per matrimonio,
•    per naturalizzazione,
•    in virtù di leggi speciali.
Il principale criterio scelto dallo Stato italiano per l’acquisto della cittadinanza è quello della nascita. In particolare, ai sensi dell’art. 1 L. 91/1992, è cittadino per nascita il figlio di padre o di madre cittadini. Si tratta del cosiddetto ius sanguinis, ossia “diritto di sangue”. Chi nasce da italiani acquista la cittadinanza italiana a prescindere dal territorio di nascita.
Allo stesso modo il riconoscimento effettuato dai genitori nei confronti del figlio o, la dichiarazione giudiziale di paternità o maternità, comportano l’acquisto della cittadinanza (art. 2 L. 91/1992). 
La legge stabilisce altresì che qualora il riconoscimento o la dichiarazione avvengano nei confronti di un figlio già maggiorenne, quest’ultimo conserva il proprio stato di cittadinanza, e ha un anno di tempo per dichiarare di eleggere la cittadinanza determinata dal rapporto di filiazione.
Al rapporto di filiazione per così dire “biologico” è equiparato, il rapporto di filiazione “adottivo”. In tal senso infatti il minore straniero, adottato da cittadino italiano, acquista la cittadinanza italiana (art. 3 L. 91/1992). Si consideri peraltro che qualora l’adozione sia revocata per fatto dell’adottato, quest’ultimo perde la cittadinanza italiana, sempreché sia in possesso di altra cittadinanza o sia nelle condizioni di riacquistarla. 
La legislazione italiana elegge dunque il criterio della discendenza per l’acquisto della cittadinanza. Il criterio dello ius soli, il legame con il territorio, resta residuale e finalizzato a circoscrivere il più possibile il fenomeno degli apolidi, ossia delle persone senza cittadinanza. Pertanto acquista la cittadinanza italiana chi è nato nel territorio della Repubblica se entrambi i genitori sono ignoti o apolidi, ovvero se il figlio non segue la cittadinanza dei genitori secondo la legge dello Stato al quale questi appartengono (art. 1 L. 91/1992). È considerato inoltre cittadino per nascita il figlio di ignoti trovato nel territorio della Repubblica, se non venga provato il possesso di altra cittadinanza. 
Oltre a questi due criteri è prevista la possibilità di diventare cittadini italiani in presenza di particolari requisiti richiesti dalla legge. In particolare l’art. 4 della L. 91/1992 stabilisce che lo straniero o l’apolide, che abbia un genitore o un ascendente in linea retta di secondo grado (ad esempio un nonno) cittadino italiano acquista la cittadinanza: 
•    se presta effettivo servizio militare per lo Stato italiano e dichiara preventivamente di voler acquistare la cittadinanza italiana; 
•    se assume pubblico impiego alle dipendenze dello Stato, anche all’estero, e dichiara di voler acquistare la cittadinanza italiana; 
•    se, al raggiungimento della maggiore età, risiede legalmente da almeno due anni nel territorio della Repubblica e dichiara, entro un anno dal raggiungimento, di voler acquistare la cittadinanza italiana. 
Inoltre lo straniero nato in Italia, che vi abbia risieduto legalmente senza interruzioni fino al raggiungimento della maggiore età, diviene cittadino se dichiara di voler acquistare la cittadinanza italiana entro un anno da tale data.
La cittadinanza italiana può essere conseguita anche per matrimonio. Ai sensi dell’art. 5 L. 91/1992 il coniuge straniero o apolide che abbia sposato un cittadino italiano, può presentare richiesta per acquisire la cittadinanza italiana quando, dopo il matrimonio, risieda legalmente in Italia da almeno 2 anni, oppure dopo 3 anni qualora risieda all’estero. I termini sono ridotti della metà in presenza di figli nati o adottati dai coniugi. 
Al momento dell’emanazione del decreto non deve sussistere una condizione di separazione tra i coniugi, né devono essere intervenuti lo scioglimento, l’annullamento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio. Cause ostativa al riconoscimento del diritto di cittadinanza, è anche la morte del coniuge del richiedente, sopravvenuta in pendenza dei termini previsti per la conclusione del procedimento (C. Cost. 195/2022).
Inoltre, per acquisire la cittadinanza, l’istante non deve avere subìto una condanna per delitti contro la personalità internazionale dello Stato, la personalità interna dello Stato o contro i diritti politici del cittadino, o comunque la condanna per qualsiasi delitto non colposo per il quale la legge preveda una pena edittale non inferiore nel massimo a tre anni. Non devono sussistere, nel caso specifico, comprovati motivi inerenti alla sicurezza della Repubblica (art. 6 L. 91/1992).
Lo straniero inoltre, in presenza di determinati requisiti, può acquisire la cittadinanza italiana per naturalizzazione. In particolare, ai sensi dell’articolo 9 L. 91/1992 la cittadinanza può essere concessa con decreto del Presidente della Repubblica, sentito il Consiglio di Stato, su proposta del Ministro dell’interno:
a) allo straniero del quale il padre o la madre o uno degli ascendenti in linea retta di secondo grado sono stati cittadini per nascita, o che è nato nel territorio della Repubblica e, in entrambi i casi, vi risiede legalmente da almeno tre anni, 
b) allo straniero maggiorenne adottato da cittadino italiano che risiede legalmente nel territorio della Repubblica da almeno cinque anni successivamente alla adozione;
c) allo straniero che ha prestato servizio, anche all’estero, per almeno cinque anni alle dipendenze dello Stato;
d) al cittadino di uno Stato membro delle Comunità europee se risiede legalmente da almeno quattro anni nel territorio della Repubblica;
e) all’apolide che risiede legalmente da almeno cinque anni nel territorio della Repubblica;
f) allo straniero che risiede legalmente da almeno dieci anni nel territorio della Repubblica.
Può richiedere la cittadinanza anche lo straniero che ha reso eminenti servizi all’Italia, o quando ricorra un eccezionale interesse dello Stato (art. 9 L. 91/1992).
Si evidenzia che tra i presupposti per concedere la cittadinanza sia per matrimonio che per naturalizzazione vi è la conoscenza della lingua italiana a un livello almeno B1 (art. 9 L. 91/1992).
I figli minori di chi acquista o riacquista la cittadinanza italiana, acquistano anch’essi la cittadinanza, se convivono con il genitore alla data in cui quest'ultimo acquista o riacquista la cittadinanza. Si richiede peraltro che la convivenza sia stabile ed effettiva ed opportunamente attestata con idonea documentazione. Qualora siano in possesso di altra cittadinanza, una volta divenuti maggiorenni i figli possono rinunciare alla cittadinanza italiana ottenuta per communicatio iuris (art. 14 L. 91/1992).
Il cittadino italiano che ha più cittadinanze conserva quella italiana, ma può rinunciarvi qualora risieda o stabilisca la residenza all’estero (art. 11).
Si consideri inoltre che ogni cittadino di un Paese membro della Ue, oltre alla cittadinanza del Paese di origine, gode della cittadinanza europea. Secondo il trattato di Maastricht (TUE), è cittadino dell’Unione chiunque abbia la cittadinanza di uno Stato membro.
La cittadinanza dell’Unione europea comporta una serie di norme e diritti ben definiti, che si possono raggruppare in quattro categorie:
•    la libertà di circolazione e di soggiorno su tutto il territorio dell’Unione;
•    il diritto di votare e di essere eletto alle elezioni comunali e a quelle del Parlamento europeo nello Stato membro di residenza;
•    la tutela da parte delle autorità diplomatiche e consolari di qualsiasi Stato membro in un paese terzo nel quale lo Stato di cui la persona in causa ha la cittadinanza non è rappresentato;
•    il diritto di presentare petizioni al Parlamento europeo e ricorsi al mediatore europeo (Fonte: Min Interno).


Le norme
Costituzione art 22
Legge 5 febbraio 1992, n. 91. Nuove norme sulla cittadinanza
D.L. 4 ottobre 2018, n. 113, convertito con legge 1° dicembre 2018 n. 132

Sommario
Acquisto della cittadinanza iure sanguinis
Acquisto della cittadinanza per matrimonio
Acquisto della cittadinanza per residenza
Giuramento
Perdita della cittadinanza
Approfondimenti dottrinali

Acquisto della cittadinanza iure sanguinis
Come abbiamo accennato l’ordinamento italiano ha scelto, tra i criteri di acquisto della cittadinanza, quello per nascita, il c.d. iure sanguinis, in forza del quale chi nasce da cittadini italiani, a prescindere da dove si trovi, acquista la cittadinanza italiana. Diventano italiani chiaramente anche i figli riconosciuti in un secondo momento o coloro che acquistano lo status di figli in seguito a una dichiarazione giudiziale di paternità o maternità. Allo stesso modo il minore straniero che viene adottato da una coppia italiana acquista la cittadinanza italiana. 

Focus giurisprudenziale
In passato diveniva cittadino per nascita solamente il figlio del padre cittadino. Tale disposizione è stata poi dichiarata incostituzionale dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 30/1983. 
La Corte in particolare sottolineava che la disciplina allora vigente, con il prevedere l'acquisto originario soltanto della cittadinanza del padre, risultava lesiva della posizione giuridica della madre nei suoi rapporti con lo Stato e con la famiglia. Non può contestarsi, evidenziavano i giudici, l'interesse, giuridicamente rilevante, di entrambi i genitori a che i loro figli siano cittadini e cioè membri di quella stessa comunità statale di cui essi fanno parte e che possano godere della tutela collegata a tale appartenenza. La legge del 1992 ha poi recepito tali indicazioni.
Nella specie la Consulta ha altresì precisato che non sussiste un diritto dei genitori a “trasmettere ai figli” i rispettivi status civitatis: è sempre l'ordinamento statale a prevedere le fattispecie nelle quali si realizza l'acquisto della cittadinanza jure sanguinis, acquisto che, dal punto di vista giuridico, esclude ogni trasferimento o trasmissione. 
Nello stesso senso si pone la giurisprudenza successiva secondo cui la concessione della cittadinanza italiana è configurabile quale potere, ampiamente discrezionale, che implica l’accertamento di un interesse pubblico e non già il semplice riconoscimento dell’interesse privato. Di conseguenza il possesso dei requisiti richiesti costituisce un presupposto necessario, ma non sufficiente ai fini del rilascio del provvedimento concessorio, in quanto la determinazione finale è subordinata ad una valutazione di opportunità politico-amministrativa altamente discrezionale.

Tutela della persona - Protezione della persona - Cittadinanza - Acquisto - Iure sanguinis - Per via materna - Questione di legittimità costituzionale - Efficacia della sentenza della Corte Costituzionale n. 30 del 1983 - Effetti
Per effetto della sentenza della Corte Costituzionale n. 30 del 1983, che ha dichiarato costituzionalmente illegittimo l’art. 1 n. 1 L. 55/1912 per violazione degli artt. 3 e 29 della Costituzione nella parte in cui non prevede che sia cittadino per nascita anche il figlio di madre cittadina, è possibile l’acquisto della cittadinanza italiana iure sanguinis per via materna da parte dei discendenti diretti da ava cittadina italiana. L’efficacia erga omnes della sentenza della Corte Costituzionale ha inciso sulla disciplina legislativa dello status civitatis di tutti coloro, cittadini potenzialmente tali, che non avevano acquistato quello status esclusivamente per effetto di legge incostituzionale e che, in quanto legittimati al riconoscimento del loro stato di cittadinanza originario illegittimamente compresso, possono farlo valere incondizionatamente in conseguenza della rimozione dell’illegittimo impedimento legislativo, in considerazione della natura permanente ed imprescrittibile del diritto al riconoscimento della cittadinanza. In conclusione, in forza degli effetti esplicati dalla sentenza n. 30/1983, dalla data di entrata in vigore della nuova Costituzione, la titolarità della cittadinanza italiana deve ritenersi riconosciuta anche ai figli e, conseguentemente, ai discendenti di donna cittadina italiana.
Corte d'Appello Roma Sezione 1 Civile Sentenza 30 novembre 2021 n. 7950

Tutela della persona - protezione della persona - cittadinanza - acquisto - iure sanguinis 
La concessione della cittadinanza italiana è configurabile quale potere, ampiamente discrezionale, che implica l’accertamento di un interesse pubblico da valutarsi in relazione ai fini della società nazionale, e non già il semplice riconoscimento dell’interesse privato di chi si risolve a chiedere la cittadinanza per comodità di carriera, di professione o di vita; di conseguenza il possesso dei requisiti richiesti costituisce un presupposto necessario, ma non sufficiente ai fini del rilascio del provvedimento concessorio, in quanto la determinazione finale è subordinata ad una valutazione di opportunità politico-amministrativa altamente discrezionale, rispetto alla quale la posizione soggettiva del richiedente ha consistenza di interesse legittimo, atteso che l’attribuzione del nuovo status di cittadino comporta l’inserimento dello straniero, a tutti gli effetti, nella collettività nazionale e l’acquisizione, a pieno titolo, da parte dello stesso dei diritti e dei doveri che competono ai suoi membri, tra i quali quelli connessi all’obbligo di concorrere alla realizzazione delle finalità che lo Stato persegue.
T.A.R. Torino, (Piemonte) sez. II, 13/12/2012, n.1336

Tutela della persona - protezione della persona - cittadinanza - acquisto - iure sanguinis 
Presupposto imprescindibile per fruire del provvedimento attributivo della cittadinanza italiana — in base alla normativa di settore — è indubbiamente quello di avere redditi sufficienti al sostentamento proprio e della propria famiglia. L’acquisizione di tale nuovo importante status, infatti, si deve tradurre non già solo in un beneficio per l’interessato, ma anche nella possibilità materiale, per il nuovo cittadino, di adempiere i doveri di solidarietà sociale (e in primis il dovere di contribuire alle spese pubbliche, mercè l’imposizione tributaria), nella misura minima determinata dal legislatore.
Consiglio di Stato sez. VI, 16/02/2011, n.974

Tutela della persona - protezione della persona - cittadinanza - acquisto - iure sanguinis 
Sussiste il difetto di giurisdizione del g.a. nel caso di impugnazione del provvedimento con il quale il Prefetto, richiamate le istruzioni impartite dal ministero dell’Interno con circolare del 6 agosto 2009, abbia dichiarato inammissibile una istanza per l’acquisizione della cittadinanza italiana per matrimonio in quanto non ancora decorso il termine biennale (in luogo di quello previgente di sei mesi) previsto dall’art. 1, comma 11, l. 15 luglio 2009 n. 94 (che ha sostituito l’art. 5, l. 5 febbraio 1992 n. 91): in tema di acquisizione della cittadinanza per matrimonio, disciplinata dall’art. 5 l. n. 91 cit., l’unica causa preclusiva che risulta essere demandata alla valutazione discrezionale della competente amministrazione, è quella di cui all’art. 6, comma 1, lett. c), l. n. 91 cit., ossia la sussistenza di “comprovati motivi inerenti alla sicurezza della Repubblica“: soltanto in tale evenienza, la situazione di diritto soggettivo risulta affievolita in interesse legittimo, con conseguente radicamento della giurisdizione in capo al giudice amministrativo, mentre le altre cause preclusive non richiedono invece valutazioni discrezionali da parte dell’amministrazione.
T.A.R. Venezia, (Veneto) sez. III, 03/11/2010, n.5906


Tutela della persona - protezione della persona - cittadinanza - acquisto - iure sanguinis - riconoscimento o dichiarazione giudiziale della filiazione - Acquisto della cittadinanza da parte del figlio minorenne - Presupposti - Posizione del figlio maggiorenne.
Ai sensi del combinato disposto degli artt. 2 e 23 l. n. 91 del 1992, il riconoscimento o la dichiarazione giudiziale della filiazione durante la minore età del figlio ne determina l’acquisto della cittadinanza, mentre se tali evenienze si verificano quando il figlio è maggiorenne questi conserva il proprio stato di cittadinanza ma può dichiarare, entro un anno dal riconoscimento o dalla dichiarazione giudiziale della filiazione, ovvero dalla dichiarazione di efficacia del provvedimento straniero, di eleggere la cittadinanza determinata dalla filiazione. Tale dichiarazione di elezione può essere resa sia in Italia presso il comune di residenza, sia all’estero presso il consolato italiano territorialmente competente.
Corte di Cassazione Sezione 1 Civile Ordinanza 31 ottobre 2018 n. 27925

Acquisto della cittadinanza per matrimonio
Il coniuge, straniero o apolide, di cittadino italiano può acquistare la cittadinanza italiana quando, dopo il matrimonio, risieda legalmente da almeno due anni nel territorio della Repubblica, oppure dopo tre anni dalla data del matrimonio se residente all’estero, qualora, al momento dell’adozione del decreto che dichiara la cittadinanza, non sia intervenuto lo scioglimento, l’annullamento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio e non sussista la separazione personale dei coniugi. Nel caso in cui ci siano figli nati o adottati dai coniugi i termini sono ridotti della metà. Si evidenzia come la competenza ad adottare provvedimenti in materia di concessione o diniego della cittadinanza nei confronti di cittadini stranieri che hanno contratto matrimonio con cittadini italiani residenti in Italia è attribuita ai prefetti.

Focus giurisprudenziale
La giurisprudenza in materia ha chiarito che soltanto la separazione personale dei coniugi e non anche la separazione di fatto costituisce condizione ostativa all'acquisto della cittadinanza italiana mediante matrimonio con un cittadino italiano.
Si sottolinea inoltre che il requisito per poter ottenere la cittadinanza deve consistere non solo nel dato formale della celebrazione di un matrimonio (inteso in una prospettiva di atto-rapporto) tra lo straniero ed il cittadino italiano, ma anche nella conseguente instaurazione di un vero e proprio rapporto coniugale (con le sue concrete connotazioni tipiche: fedeltà, assistenza, collaborazione e coabitazione) perdurante da almeno 3 anni e tale da dimostrare l’integrazione dello straniero nel tessuto sociale e civile nazionale. Necessario, in seguito a un intervento della Corte Costituzionale, inoltre, è che il coniuge del richiedente sia in vita al momento della conclusione del procedimento (C. Cost. 195/2022).
Competente a giudicare nei casi di diniego della concessione di cittadinanza per mancanza di requisiti soggettivi richiesti dalla legge (matrimonio, assenza di separazione, assenza di condanne) è il giudice ordinario. Rientra invece nella giurisdizione del giudice amministrativo, il diniego fondato sulla sussistenza di motivi inerenti alla sicurezza nazionale. 

Tutela della persona - protezione della persona - cittadinanza - acquisto per matrimonio con cittadino italiano - Cause ostative - Morte del coniuge in pendenza di conclusione del procedimento - Incostituzionalità
È incostituzionale l’art. 5 l. 5 febbraio 1992 n. 91, nella parte in cui non esclude, dal novero delle cause ostative al riconoscimento del diritto di cittadinanza, la morte del coniuge del richiedente, sopravvenuta in pendenza dei termini previsti per la conclusione del procedimento di cui al successivo art. 7, 1° comma
Corte Costituzionale Sentenza 26 luglio 2022, n. 195

Tutela della persona - protezione della persona - cittadinanza - acquisto per matrimonio con cittadino italiano - Matrimonio acquisto “iuris communicazione” - Provvedimento di riconoscimento della cittadinanza - Sopravvenuta dichiarazione di nullità del matrimonio - Annullamento del provvedimento amministrativo - Ammissibilità - Requisiti - Fondamento.
L’acquisto della cittadinanza italiana "iuris communicatione", che si produce per effetto del matrimonio e del provvedimento con il quale l’Amministrazione accerti l’esistenza dei requisiti previsti dalla legge, può venire meno per effetto dell’iniziativa della stessa Amministrazione che, preso atto della sentenza dichiarativa della nullità del matrimonio, provveda a rimuovere l’originario provvedimento, poiché l’effetto retroattivo della decisione passata in giudicato concernente il rapporto coniugale, determina l’inesistenza al momento del provvedimento di annullamento del requisito necessario per il riconoscimento della cittadinanza.
Corte di Cassazione Sezione 1 Civile Sentenza 11 novembre 2020 n. 25441

Tutela della persona - protezione della persona - cittadinanza - acquisto per matrimonio con cittadino italiano - Condizione ostativa - Separazione personale - Separazione di fatto - Esclusione - Ragioni.
Ai sensi dell’art. 5, comma 1, della l. n. 91 del 1992, così come modificato dall’art. 1, comma 11, della l. n. 94 del 2009, soltanto la separazione personale dei coniugi, ma non anche quella di fatto, costituisce condizione ostativa all’acquisto della cittadinanza italiana mediante matrimonio con un cittadino italiano, come si evince dal tenore testuale della norma in questione che adopera l’espressione "separazione personale", utilizzata anche negli artt. 150, 154 e 155 c.c. prima delle modifica intervenuta con il d.lgs. n. 154 del 2013, cogliendosi peraltro la differenza tra "separazione personale" e "separazione di fatto" anche nell’art. 6 della l. n. 184 del 1983 in tema di adozioni.
Corte di Cassazione Sezione 1 Civile Ordinanza 24 febbraio 2020 n. 4819

Tutela della persona - protezione della persona - cittadinanza - acquisto per matrimonio con cittadino italiano - Condizione ostativa - Separazione personale - Separazione di fatto - Esclusione - Ragioni.
Ai sensi dell’art. 5, comma 1, della l. n. 91 del 1992, così come modificato dall’art. 1, comma 11, della l. n. 94 del 2009, la separazione personale dei coniugi costituisce condizione ostativa all’acquisto della cittadinanza italiana mediante matrimonio con un cittadino italiano, ma non anche la separazione di fatto. Depone nel senso indicato il chiaro ed univoco tenore testuale della norma in questione, che adopera l’espressione «separazione personale», utilizzata dal legislatore anche nel titolo dell’art. 150 c.c., nel “corpus” dell’art. 154 c.c. relativo alla riconciliazione e nel testo dell’art. 155 c.c. prima delle modifica intervenuta con il d.lgs. n. 154 del 2013; peraltro la differenza tra “separazione personale” e “separazione di fatto” si coglie anche nel regime giuridico delle adozioni, in quanto l’art. 6 della l. n. 184 del 1983 prescrive che tra i coniugi che intendono procedere all’adozione non deve essere intervenuta negli ultimi tre anni separazione personale, neppure di fatto, a conferma della diversità delle due tipologie di allontanamento dei coniugi.
Corte di Cassazione Sezione 1 Civile Sentenza 17 gennaio 2017 n. 969


Tutela della persona - protezione della persona - cittadinanza - acquisto per matrimonio con cittadino italiano - Situazione giuridica soggettiva - Consistenza del diritto soggettivo - Giurisdizione ordinaria - Sussistenza di comprovati motivi inerenti alla sicurezza della repubblica - Unica causa preclusiva alla concessione rimessa all’amministrazione - Giurisdizione amministrativa
La situazione giuridica soggettiva della parte richiedente la concessione della cittadinanza per matrimonio, disciplinata dall’art. 5, L. 91 del 1992, ha la consistenza del diritto soggettivo, poiché l’unica causa preclusiva alla concessione, demandata alla valutazione discrezionale della competente Amministrazione, è quella di cui all’art. 6, comma 1, lett. c), della L. n. 91 citata, ossia la sussistenza di comprovati motivi inerenti alla sicurezza della Repubblica. Ne consegue che solo in tale evenienza (che non ricorre nel caso di specie) la citata situazione di diritto soggettivo risulta affievolita in interesse legittimo, con conseguente radicamento della giurisdizione in capo al giudice amministrativo, mentre le altre cause preclusive alla concessione della cittadinanza (ivi compresa quella oggetto della controversia, e cioè la condanna per un delitto non colposo per il quale la legge prevede una pena edittale non inferiore nel massimo a tre anni di reclusione) non richiedendo alcuna valutazione discrezionale da parte dell’Amministrazione, determinando il mantenimento della giurisdizione in capo al giudice ordinario. 
Tribunale Amministrativo Regionale Puglia - Bari Sezione 2 Sentenza 19 marzo 2015 n. 446

Tutela della persona - protezione della persona - cittadinanza - acquisto per matrimonio con cittadino italiano - Matrimonio omosessuale contratto all’estero - Trascrizione - Annullamento.
Nessuna cittadinanza in Italia per il matrimonio omosessuale contratto all’estero. Nel nostro ordinamento, infatti, è assente una qualunque disciplina e tutela delle unioni tra soggetti dello stesso sesso. Al contrario, sia la Costituzione che il codice civile stabiliscono che i coniugi debbano essere necessariamente persone di sesso diverso.
Tribunale Pesaro Civile Decreto 21 ottobre 2014 n. 1428

Tutela della persona - Protezione della persona - Cittadinanza - Acquisto per matrimonio con cittadino italiano 
Il requisito per poter ottenere la cittadinanza deve consistere non solo nel dato formale della celebrazione di un matrimonio (inteso in una prospettiva di atto-rapporto) tra lo straniero ed il cittadino italiano, ma anche nella conseguente instaurazione di un vero e proprio rapporto coniugale (con le sue concrete connotazioni tipiche: fedeltà, assistenza, collaborazione e coabitazione) perdurante da almeno 3 anni e tale da dimostrare l’integrazione dello straniero nel tessuto sociale e civile nazionale» 
TAR Veneto, sez. III, 10 aprile 2008, n. 1958

Tutela della persona - Protezione della persona - Cittadinanza - Acquisto per matrimonio con cittadino italiano - Domanda per l’ottenimento - Valutazione discrezionale della Pa - Esclusione - Diritto soggettivo - Giurisdizione del giudice ordinario - Valutazione discrezionale della p.a. per motivi di sicurezza - Affievolimento ad interesse legittimo - Giurisdizione del giudice amministrativo
La concessione della cittadinanza italiana per matrimonio ai sensi dell’art. 5 della Legge del 5 febbraio 1992 n. 51 non implica alcuna valutazione discrezionale sicché il diritto ad ottenerla si appalesa quale vero e proprio diritto soggettivo per la cui tutela la giurisdizione spetta la giudice ordinario. Tuttavia, in alcuni casi eccezionali, ovvero in presenza del potere discrezionale di valutare l’esistenza di motivi inerenti alla sicurezza della Repubblica che ostino a detto acquisto, tale diritto affievolisce ad interesse legittimo con conseguente radicamento della giurisdizione in capo al giudice amministrativo e sempre che la potestà di diniego venga esercitata entro il termine perentorio previsto dalla legge dei due anni dalla presentazione dell’istanza.
Tribunale Amministrativo Regionale Friuli Venezia Giulia - Trieste Sezione 1 Sentenza 16 luglio 2014 n. 376 (Nello stesso senso Cons. Stato sez V. 22 marzo 2007, n. 1355).

Acquisto della cittadinanza per residenza
L’ordinamento italiano fonda l’acquisto della cittadinanza sul criterio dello jure sanguinis, per cui l’acquisto automatico della cittadinanza iure soli, ossia per residenza sul territorio italiano, è limitato ai figli di ignoti, di apolidi, o ai figli che non seguono la cittadinanza dei genitori.
Si evidenzia inoltre, come ai sensi delle disposizioni vigenti, la cittadinanza italiana può essere concessa con decreto del Presidente della Repubblica, sentito il Consiglio di Stato, su proposta del Ministro dell’interno in determinati casi regolati dall’art. 9 L. 91/1992. 
Come già evidenziato in precedenza si tratta di:
•    lo straniero del quale il padre o la madre o uno degli ascendenti in linea retta di secondo grado sono stati cittadini per nascita, o che è nato nel territorio della Repubblica e, in entrambi i casi, vi risiede legalmente da almeno tre anni, 
•    lo straniero maggiorenne adottato da cittadino italiano che risiede legalmente nel territorio della Repubblica da almeno cinque anni successivamente alla adozione,
•    lo straniero che ha prestato servizio, anche all’estero, per almeno cinque anni alle dipendenze dello Stato,
•    il cittadino di uno Stato membro delle Comunità europee se risiede legalmente da almeno quattro anni nel territorio della Repubblica
•    l’apolide che risiede legalmente da almeno cinque anni nel territorio della Repubblica 
•    lo straniero che risiede legalmente da almeno dieci anni nel territorio della Repubblica.
Inoltre la cittadinanza può essere concessa allo straniero che ha reso eminenti servizi all'Italia o quando vi sia un'eccezionale interesse dello Stato.

Focus giurisprudenziale
In materia la giurisprudenza ha specificato che la concessione della cittadinanza, ai sensi dell’art. 9, L. 91/1992, costituisce esplicazione del potere sovrano dello Stato di ampliare il numero dei propri cittadini, e si qualifica pertanto quale atto squisitamente discrezionale di alta amministrazione, condizionato all’esistenza di un interesse pubblico che con lo stesso atto si intende raggiungere e da uno status illesae dignitatis, morale e civile, dello straniero richiedente, cui non corrisponde un diritto soggettivo all’acquisto della cittadinanza.


Tutela della persona - protezione della persona - cittadinanza - acquisto per residenza - Provvedimento di concessione - Natura - Individuazione - Art. 9, comma 1, lett. f), l. n. 91 del 1992 - Applicazione
Il provvedimento di concessione della cittadinanza, ai sensi dell’art. 9, comma 1, lett. f), l. n. 91 del 1992, costituisce esplicazione del potere sovrano dello Stato di ampliare il numero dei propri cittadini, e si qualifica pertanto quale atto squisitamente discrezionale di alta amministrazione, condizionato all’esistenza di un interesse pubblico che con lo stesso atto si intende raggiungere e da uno status illesae dignitatis, morale e civile, dello straniero richiedente, cui non corrisponde un diritto soggettivo all’acquisto della cittadinanza.
Consiglio di Stato Sezione 3 Sentenza 2 maggio 2022 n. 3409

Tutela della persona - protezione della persona - cittadinanza - acquisto per residenza - In genere conferimento della cittadinanza ex art. 9 l. n. 91 del 1992 - Attività dell’ufficiale dello stato civile - Verifica della residenza in italia al momento del giuramento - Necessità - Conseguenze.
Nelle ipotesi di acquisto della cittadinanza previsto dall’art. 9 della l. n. 91 del 1992, ai sensi dell’art. 4, c. 7, del d.p.r. n. 572 del 1993, l’Ufficiale dello Stato civile è tenuto ad esercitare attività di controllo, vincolata e specifica, circa la perdurante sussistenza, in capo al naturalizzando, del requisito della residenza legale nel territorio italiano fino al momento della prestazione del giuramento di cui all’art.10 della l. n. 91 del 1992. Qualora a quel momento, il requisito sia venuto meno, l’Ufficiale dello Stato civile è tenuto a rifiutare, ai sensi dell’art. 7 del d.p.r. n. 396 del 2000, di ricevere la prestazione del giuramento del naturalizzando, in quanto adempimento in contrasto con l’ordinamento.
Corte di Cassazione Sezione 1 Civile Sentenza 7 settembre 2020 n. 18610

Tutela della persona - protezione della persona - cittadinanza - acquisto per residenza - Richiesta presentata da figlio di stranieri, al raggiungimento della maggiore età - Residenza ininterrotta dalla nascita in italia - Accertamento della residenza effettiva e non formale - Necessità.
La verifica del possesso dei requisiti per il riconoscimento della cittadinanza italiana, domandato da figlio di stranieri al compimento della maggiore età, comporta che debba essere accertata la residenza ininterrotta in Italia del richiedente fin dalla nascita, applicandosi il criterio della residenza effettiva, che può essere dimostrata con ogni idonea documentazione, dovendo tale criterio ritenersi prevalente sulla residenza anagrafica.
Corte di Cassazione Sezione 1 Civile Sentenza 17 maggio 2017 n. 12380


Tutela della persona - protezione della persona - cittadinanza - acquisto per residenza - Presupposti - Residenza legale continuativa nel territorio della Repubblica - È quella attestata dai registri anagrafici - Fattispecie.
Non può ritenersi sussistente il presupposto del possesso della “residenza legale” continuativa di almeno 10 anni nell’ipotesi di una residenza di mero fatto, atteso che il richiedente la cittadinanza non può dimostrare la residenza attuale e ininterrotta attraverso prove diverse dalla certificazione anagrafica (nel caso di specie, risultava agli atti un’interruzione della residenza legale dell’interessata in Italia di 13 mesi, durante i quali non era stata registrata presso alcuna anagrafe nazionale).
Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa TRENTINO ALTO ADIGE - Bolzano Sezione 1 Sentenza 29 luglio 2015 n. 250


Tutela della persona - protezione della persona - cittadinanza - acquisto per residenza - Riacquisto - Perdita della cittadinanza italiana derivata da acquisto di cittadinanza straniera - Successiva residenza in italia per due anni - Riacquisto della cittadinanza italiana ex art. 9 primo comma n. 3 della legge n. 555 del 1912
 Il riacquisto della cittadinanza italiana, dopo due anni di residenza in Italia, previsto dall’art. 9 primo comma n. 3 della legge 13 giugno 1912 n. 555 per il caso in cui la perdita della cittadinanza italiana sia derivata da acquisto della cittadinanza straniera, si verifica a prescindere dal fatto che tale perdita sia stata o meno accompagnata da rinuncia. Detto riacquisto, peraltro, non puo` essere considerato indipendente dalla volonta` del soggetto (con la conseguenziale non configurabilita` di un contrasto con gli artt. 2, 3, 10 e 22 della Costituzione, nemmeno sotto il profilo della lesione di diritti inviolabili o della ingiustificata disparita` di trattamento), dato che l’assunzione della residenza in Italia ed il protrarsi della medesima per un biennio esprimono presuntivamente un intento favorevole al recupero della cittadinanza italiana, senza che occorra una volonta` espressa, salva restando la possibilita` di dedurre e dimostrare (con ogni mezzo di prova, secondo le regole generali), la manifestazione di una volonta` contraria. 
Corte di Cassazione Sezione 1 Civile Sentenza 7 marzo 1991 n. 2425


Giuramento
Focus giurisprudenziale
Si evidenzia come la giurisprudenza consideri il giuramento di fedeltà, previsto dall’art. 10 L. 91/1992, requisito integrativo della fattispecie procedimentale attributiva allo straniero dello "status" di cittadino italiano.

Tutela della persona - protezione della persona - cittadinanza - acquisto - giuramento di fedeltà - Requisito integrativo della fattispecie - Prestazione - Efficacia ex nunc.
Il giuramento di fedeltà, previsto dall’art. 10 della l. n. 91 del 1992, è requisito integrativo della fattispecie procedimentale attributiva allo straniero dello "status" di cittadino italiano. Ne consegue che la prestazione del giuramento ne costituisce l’atto conclusivo, solo dal quale si produce ex nunc l’efficacia costitutiva del d.p.r. di conferimento della cittadinanza italiana.
Corte di Cassazione Sezione 1 Civile Sentenza 7 settembre 2020 n. 18610

Perdita della cittadinanza
Varie sono le cause che comportano la perdita della cittadinanza.
Il cittadino che possiede, acquista o riacquista una cittadinanza straniera conserva quella italiana, ma può rinunciare ad essa qualora risieda o stabilisca la residenza all’estero.
Inoltre perde la cittadinanza italiana colui che, avendo accettato un impiego pubblico od una carica pubblica da uno Stato o ente pubblico estero o da un ente internazionale cui non partecipi l’Italia, ovvero prestando servizio militare per uno Stato estero, non ottempera, nel termine fissato, all’intimazione che il Governo italiano può rivolgergli di abbandonare l’impiego, la carica o il servizio militare (art. 12). Allo stesso modo perde la cittadinanza italiana colui che, durante lo stato di guerra, con uno Stato estero, abbia accettato o non abbia abbandonato un impiego pubblico od una carica pubblica, od abbia prestato servizio militare per tale Stato senza esservi obbligato, ovvero ne abbia acquistato volontariamente la cittadinanza. 
La legge stabilisce inoltre che la cittadinanza italiana acquisita ai sensi degli artt. 4, 5 e 9 è revocata in caso di condanna per una serie di reati.

Focus giurisprudenziale
Singolare è stato il caso della c.d. grande naturalizzazione avvenuta sul territorio brasiliano tra il 1889 e il 1891. In particolare nel passaggio dall'Impero alla Repubblica si stabilì che tutti gli stranieri di qualsiasi parte del mondo, e, quindi, anche gli italiani, presenti sul territorio brasiliano alla data del 15 novembre 1889, giorno di proclamazione della Repubblica, avrebbero ottenuto la «naturalizzazione» automatica brasiliana a meno che non avessero manifestato entro sei mesi, dinanzi ai propri consolati, la volontà di permanere cittadini della nazione di origine.
Ciò comportava, persino in assenza di un atto consapevole e volontario da parte dell'interessato, la rinuncia allo status di cittadino italiano. I discendenti in linea retta degli immigrati in Brasile so trovavano così a non poter ottenere la cittadinanza italiana. Ne è nata pertanto una rilevante questione risolta dalle sezioni unite della Cassazione.
La Corte in particolare con due sentenze “gemelle” ha stabilito che la rinuncia allo status di cittadino italiano diritto soggettivo è imprescrittibile, non può essere tacita, né risultare da fatti concludenti quali ad esempio una naturalizzazione di massa, ma deve essere il frutto di una manifestazione esplicita di volontà sostanziale e inequivoca da cui potersi desumere con certezza l’intenzione di rinunciare alla cittadinanza italiana.

Tutela della persona - protezione della persona - cittadinanza - perdita 
L’articolo 20 TFUE, letto alla luce dell’articolo 7 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, deve essere interpretato nel senso che esso non osta alla normativa di uno Stato membro secondo la quale i suoi cittadini, nati al di fuori del suo territorio, che non vi abbiano mai risieduto e che non vi abbiano soggiornato in condizioni che dimostrino un collegamento effettivo con tale Stato membro, perdono ipso iure la cittadinanza di quest’ultimo all’età di 22 anni, circostanza che comporta, per le persone che non sono anche cittadini di un altro Stato membro, la perdita del loro status di cittadino dell’Unione europea e dei diritti ad esso connessi, purché alle persone interessate sia offerta la possibilità di presentare, entro un termine ragionevole, una domanda di mantenimento o di riacquisto della cittadinanza, che consenta alle autorità competenti di esaminare la proporzionalità delle conseguenze della perdita di tale cittadinanza sotto il profilo del diritto dell’Unione e, se del caso, di concedere il mantenimento o il riacquisto ex tunc di detta cittadinanza. Un termine siffatto deve protrarsi, per un periodo ragionevole, oltre la data in cui la persona interessata compie tale età e può iniziare a decorrere solo a condizione che tali autorità abbiano debitamente informato detta persona della perdita della sua cittadinanza o dell’imminenza di tale perdita, nonché del suo diritto di domandare, entro detto termine, il mantenimento o il riacquisto di tale cittadinanza. In mancanza, dette autorità devono essere in grado di effettuare un siffatto esame, incidentalmente, in occasione di una richiesta, da parte della persona interessata, di un documento di viaggio o di qualsiasi altro documento che ne attesti la cittadinanza.
Corte di giustizia dell’Unione europea - Grande Sezione - Sentenza 5 settembre 2023 - Causa C-689/21


Tutela della persona - protezione della persona - cittadinanza - perdita 
Il figlio minore di cittadino italiano, che abbia acquistato la cittadinanza straniera per nascita nel paese straniero, perde la cittadinanza italiana in conseguenza della perdita della stessa da parte del padre, salva la possibilità di riacquistarla nei casi previsti dalla legge, non rilevando l’esistenza di una valida consapevolezza in capo al minore di voler rinunciare alla pregressa cittadinanza, potendo il predetto minore riacquistare la cittadinanza italiana mediante dichiarazione di volerla scegliere al compimento della maggiore età, a condizione di risiedere nel Regno.
Indicativa a livello sistematico del trattamento riconosciuto dall’ordinamento alla doppia cittadinanza è la più recente previsione secondo cui "nel caso di doppia cittadinanza, il figlio dovrà optare per una sola cittadinanza entro un anno dal raggiungimento della maggiore età".
Cass., Sez. I, 15 giugno 2023, n. 17161


Tutela della persona - protezione della persona - cittadinanza - perdita - Disciplina del codice civile del 1985 - Presupposti - Atto spontaneo e volontario finalizzato all’acquisto della cittadinanza straniera - Necessità - Conseguenze - Fattispecie.
L’art. 11 n. 2 del codice civile del 1865, nello stabilire che la cittadinanza italiana è persa da colui che abbia "ottenuto la cittadinanza in paese estero", sottintende, per gli effetti sulla linea di trasmissione "iure sanguinis" ai discendenti, che si accerti il compimento, da parte della persona all’epoca emigrata, di un atto spontaneo e volontario finalizzato all’acquisto della cittadinanza straniera, senza che l’aver stabilito all’estero la residenza o anche l’avervi stabilizzato la propria condizione di vita o l’aver omesso di reagire ad un provvedimento generalizzato di naturalizzazione sia sufficiente a integrare la fattispecie estintiva dello "status" per accettazione tacita degli effetti di quel provvedimento. (Nella specie, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza della corte di appello che aveva respinto la domanda di riconoscimento della cittadinanza italiana proposta da una discendente di un cittadino italiano, emigrato in Brasile nella seconda metà del 1800, solo perché la nonna paterna, all’atto di contrarre matrimonio, dichiarò di essere cittadina brasiliana).
Corte di Cassazione Sezione 1 Civile Ordinanza 11 maggio 2023 n. 12894

Tutela della persona - protezione della persona - cittadinanza - perdita 
La rinuncia allo status di cittadino italiano diritto soggettivo è imprescrittibile non può essere tacita né risultare da fatti concludenti quali ad esempio naturalizzazione di massa ma deve essere il frutto di una manifestazione esplicita di volontà sostanziale di inequivoca da cui potersi desumere con certezza l’intenzione di rinunciare alla cittadinanza italiana.
La rinuncia deve essere provata da chi contesta lo status civitatis secondo le regole ordinarie dell’onere della prova, non potendo essere automaticamente addossata a colui che possiede lo status l’onere di provarne l’effettività e la vigenza.
La rinuncia a tale status per la sua rilevanza giuridica, non può essere desunta mediante l’utilizzazione di presunzioni semplici, ma è necessaria una prova piena dalla quale emerga la volontà inequivocabile di rinunciare allo stato di cittadino italiano.
Cass. Civ., Sez. Unite, 24 agosto 2022 n. 25317 e n. 25318

Tutela della persona - protezione della persona - cittadinanza - perdita 
La perdita della cittadinanza italiana può avvenire non con l’effetto automatico dell’applicazione di una norma straniera, ma solo con una dichiarazione formale di rinunzia. 
Corte d'Appello L’Aquila Civile Sentenza 6 luglio 2022 n. 1028

Tutela della persona - protezione della persona - cittadinanza - perdita - Giurisdizione ordinaria e amministrativa - In genere domanda di concessione di cittadinanza italiana per naturalizzazione ex art. 9, comma 1, lett. f), della l. n. 91 del 1992 - Giurisdizione del giudice amministrativo - Sussistenza - Fondamento.
E' devoluta alla giurisdizione del giudice amministrativo la controversia (promossa, nella specie, avverso il decreto del Prefetto di inammissibilità della domanda di concessione per ragioni procedurali) avente ad oggetto l’accertamento dei requisiti per l’acquisto della cittadinanza italiana per naturalizzazione da parte dello straniero legalmente residente da almeno dieci anni nel territorio della Repubblica ex art. 9, comma 1, lett. f), della l. n. 91 del 1992, in quanto, in tal caso, il provvedimento sulla concessione della cittadinanza costituisce l’esito di un apprezzamento discrezionale della P.A. circa l’effettiva integrazione dello straniero nella comunità nazionale, a fronte del quale la situazione giuridica del richiedente ha natura di interesse legittimo.
Corte di Cassazione Sezione U Civile Ordinanza 21 ottobre 2021 n. 29297


Tutela della persona - protezione della persona - cittadinanza - perdita 
Tutela della persona - protezione della persona - cittadinanza - perdita - Figli di donna italiana coniugata con cittadino straniero residente all’estero - Perdita della cittadinanza - Condizioni - Rinuncia spontanea e volontaria alla cittadinanza da parte della madre - Necessità - Fondamento - Fattispecie.
Alla luce della natura permanente ed imprescrittibile del diritto al riconoscimento della cittadinanza italiana, i figli minori di una cittadina italiana, che abbia sposato uno straniero e stabilito la propria residenza all’estero, perdono la cittadinanza italiana, ai sensi dell’art. 12, terzo comma, della legge 13 giugno 1912, n. 555, esclusivamente nel caso in cui la madre, a seguito del matrimonio, abbia, ai sensi dell’art. 11 della legge 5 febbraio 1992, n. 91, rinunciato spontaneamente e volontariamente alla cittadinanza italiana, senza che tale rinunzia - alla luce delle sentenze della Corte costituzionale n. 87 del 1975 e n. 30 del 1983 - possa costituire la mera conseguenza dell’acquisto della cittadinanza del coniuge straniero (art. 10 della legge n. 555 del 1912) ovvero di una "volontà" abdicativa non liberamente determinata (art. 8 della legge n. 555 cit.). (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza di merito assumendo che il rigetto della domanda di riconoscimento della cittadinanza italiana non era stato giustificato dall’accertamento rigoroso in ordine alla effettiva volontarietà della perdita della cittadinanza da parte della madre dei ricorrenti al momento in cui quest'ultima, già cittadina italiana, nella vigenza del pregresso quadro normativo, aveva perso la cittadinanza in favore di quella libanese a causa del proprio matrimonio).
Corte di Cassazione Sezione 6 Civile Sentenza 18 marzo 2014 n. 6205
Avv. Antonino Sugamele

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