Nuova disapplicazione del recente Dl “Paesi sicuri” da parte di un giudice della Sezione immigrazione.
Nuova disapplicazione del recente Dl “Paesi sicuri” da parte di un giudice della Sezione immigrazione. Il Tribunale di Catania (decisione del 4/11/2024) non ha infatti convalidato il provvedimento di trattenimento di un cittadino egiziano disposto dal questore della Provincia di Ragusa. Intanto, in un crescente clima di tensione tra toghe e Governo, la nave Libra ha raccolto un altro gruppo di migranti da trasferire in Albania.
Il Dl 158 approvato nell’ottobre scorso, ed ora in via di conversione, ha inserito l’Egitto tra i “paesi di origine sicura” permettendo così di incanalare le domande di protezione internazionale nella “procedura accelerata” che, si legge nella decisione, comporta “effetti limitativi dei diritti del richiedente”. Si tratta infatti di un “regime di deroga” che prevede, in caso di rigetto del ricorso, che il richiedente possa “non essere autorizzato a rimanere nel territorio dello Stato membro in cui è stata presentata tale domanda in attesa dell’esito del suo ricorso”, come chiarito dalla Corte di giustizia il 4 ottobre scorso. A ciò va aggiunto, scrive il Tribunale, che nel sistema italiano il tempo per preparare le difese è ridotto e “nel caso di procedure di frontiera accompagnate da trattenimento, addirittura la privazione della libertà personale”.
E allora, prosegue il provvedimento, proprio questo particolare regime di deroga “giustifica il controllo da parte del giudice della correttezza della designazione” come paese sicuro. Così, nel caso in esame, la verifica “non può che essere negativa” guardando anche semplicemente alle COI (Country of Origin Information). Vale a dire le schede paese del Ministero degli Esteri che evidenziano una serie di “criticità connesse al rispetto dei diritti umani”. E cioè: la diffusa condanna alla pena di morte per impiccagione; le restrizioni alla libertà di stampa e di parola, con numerose detenzioni e arresti arbitrari; la mancanza di un equo processo; le limitazioni alla libertà di religione; le violenze su donne e minori; la persecuzione dei diritti LGBTI; la presenza di forme di tortura e pene inumane. Inoltre, il paese viene esplicitamente qualificato non sicuro per gli oppositori politici; i dissidenti; gli attivisti; i difensori dei diritti umani.
Tutto ciò, prosegue la decisione, evidenzia “l’esistenza in Egitto di gravi violazioni dei diritti umani, che - in contrasto con il diritto europeo - persistono in maniera generale e costante ed investono non solo ampie e indefinite categorie di persone (come dimostra l’inserimento tra le eccezioni della categoria dei “difensori dei diritti umani”), ma anche il nucleo stesso delle libertà fondamentali che connotano un ordinamento democratico e che dovrebbero costituire la cornice di riferimento in cui si inserisce la nozione di Paese di Sicuro secondo Allegato I alla direttiva 2013/32/UE”.
Siamo davanti dunque a “rischi di insicurezza” che riguardano “in maniera stabile ed ordinaria, intere ed indeterminate categorie di persone”, una condizione che porta “de plano il decidente a negare che l’Egitto possa ritenersi paese sicuro alla luce del diritto dell’Unione Europea”. A tracciare la linea infatti è ancora la sentenza della Corte Ue del 4 ottobre scorso, laddove in motivazione richiede che il Paese (per dirsi sicuro) sia caratterizzato da una situazione “generale e costante ” di sicurezza.
Ragion per cui, conclude, “non resta che disapplicare … il decreto-legge 23.10.2024, posto che, come è noto, le sentenze interpretative della Corte di giustizia dell’Unione europea vincolano il giudice nazionale anche se appartenente ad altro Stato membro rispetto a quello che ha proposto il rinvio pregiudiziale”.
05-11-2024 19:32
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