Le plusvalenze della Juventus F.C.
TAR Lazio, sez. I-ter, ord., 6 giugno 2024, n. 11559
Presidente Arzillo – Estensore Vergine
Procedimento Principale - Oggetto Della Controversia–
1.- Esposizione sintetica del procedimento. Col ricorso introduttivo del giudizio il sig. -OMISSIS-, -OMISSIS- del Consiglio di Amministrazione della società FC Juventus Spa dal 25 ottobre 2018, impugna le decisioni giustiziali sportive, in epigrafe descritte, nelle parti in cui gli irrogano la sanzione della «inibizione temporanea di mesi 24 a svolgere attività in ambito FIGC, con richiesta di estensione in ambito UEFA e FIFA». L'impugnazione ha ad oggetto la domanda di annullamento: - della decisione della giustizia sportiva n. 40 del 2023 (prot. n. 411/2023) del Collegio di Garanzia dello Sport, Sezioni Unite, presso il Comitato Olimpico Nazionale Italiano; -per quanto occorrer possa, della successiva decisione n. 110 del 30 maggio 2023 della Corte Federale di Appello della Federazione Italiana Giuoco Calcio, conseguente al rinvio operato nella suddetta decisione del Collegio di Garanzia dello Sport; -della decisione n. 0063/CFA-2022-2023 del 20 gennaio 2023, in data 30 gennaio 2023 della Corte Federale di Appello presso la Federazione Italiana Giuoco Calcio, FIGC, Sezioni Unite, nell'ambito del procedimento Prot. 15097/233pf21-22/GC/GR/blp e n. 0077/CFA/2022-2023, nei confronti del -OMISSIS-e altri, all'esito del procedimento di revocazione ai sensi art. 63 Codice della giustizia sportiva – CGS- della FIGC; -di ogni atto antecedente e/o connesso e/o conseguente e/o presupposto, nonché la condanna al risarcimento e/o all'indennizzo del danno. Si sono costituite le Amministrazioni intimate, Federazione Italiana Gioco Calcio –FIGC- e Comitato Olimpico Nazionale Italiano-CONI- svolgendo ampie difese con memorie e chiedendo il rigetto del ricorso. CONI e FIGC, soggetti giuridici cui fanno capo gli organi della giustizia sportiva italiana del calcio in ambito nazionale, resistono con le motivazioni esposte in prosieguo. Il ricorrente ha depositato documenti, tra cui anche l'archiviazione disposta in data 25 maggio 2023, su richiesta della Procura della Repubblica, dal Giudice delle indagini preliminari di Torino in relazione alle imputazioni elevate in sede penale conseguenti ai fatti in esame. In data 2 agosto 2023 la difesa del ricorrente ha depositato atto, segnalando che l'istanza cautelare allegata al ricorso è stata vanificata dal sopraggiungere di ulteriore decisione del Giudice sportivo, essa stessa peraltro impugnata alla Corte Federale di Appello, riguardante ulteriore inibitoria di sedici mesi in relazione a fatti diversi da quelli di cui qui si discute. Il ricorrente ha quindi rinunciato alla domanda cautelare. L'ulteriore inibitoria per sedici mesi, ridotta a dieci mesi in appello, afferma la difesa, aggrava l'urgenza per il ricorrente di vedere chiarita la sua posizione di dirigente, sia in riferimento al proprio passato, sia in riferimento al proprio ruolo futuro all'interno della società F.C. Juventus S.p.A. Il sig. -OMISSIS-, a -OMISSIS- della società FC Juventus spa, società di capitali quotata in borsa, come espressione degli azionisti di maggioranza ed azionista egli stesso, ha inoltre comunicato di essersi dimesso dalla carica societaria per escludere in radice qualsiasi dubbio di condizionamento nella gestione da parte della società dei procedimenti contenziosi in essere legati al ruolo da lui ricoperto nella Società e che vedevano coinvolto anche il club. Egli lamenta, a causa di tali vicende, di essere esposto “….ad un danno enorme tanto economico e professionale quanto di immagine e reputazione”. Dopo ampia discussione, all'esito dell'udienza pubblica del 12 marzo 2024 la causa è stata trattenuta in decisione.
2. – Illustrazione dei fatti di causa. I fatti contestati al dott. -OMISSIS- - ricorrente - dalla Procura federale della Federazione italiana gioco calcio - FIGC- organo inquirente della giustizia sportiva per il calcio. La vicenda, che ha coinvolto la società di calcio Juventus F.C. S.p.A. e i suoi vertici, origina dal deferimento del ricorrente -OMISSIS- ed altri al Tribunale federale nazionale, sezione disciplinare, da parte della Procura Federale della Federazione italiana gioco calcio - FIGC- del 1° aprile 2022. La Procura Federale, organo inquirente dell'ordinamento sportivo italiano, ha contestato alla Juventus F.C. S.p.A. - insieme ad altri club- ed ai relativi esponenti e amministratori -tra i quali l'odierno ricorrente-, rispettivamente, la violazione degli artt. 6 e 31, comma 1, Codice di giustizia sportiva -CGS - e degli artt. 4 e 31, comma 1, CGS, per aver indicato in 15 (delle 17 complessivamente contestate) operazioni c.d. “a specchio” un valore dei diritti alle prestazioni sportive dei calciatori sovrastimato intenzionalmente (“indicando un corrispettivo superiore al reale”) e, quindi, fraudolentemente alterato al solo fine di determinare “maggiori plusvalenze fittizie”. In particolare, al signor -OMISSIS-, -OMISSIS- Consiglio di Amministrazione della società FC Juventus Spa dal 25 ottobre 2018, ricorrente, è stata contestata: la «violazione dell'obbligo di osservanza delle norme federali nonché dei doveri di lealtà, correttezza e probità di cui all'art. 4, comma 1 e dell'art. 31 comma 1 del Codice di Giustizia Sportiva, anche in relazione all'art. 19 dello statuto federale per aver redatto, sottoscritto ed approvato, in concorso con gli altri amministratori, le situazioni trimestrali al 31.03.2019, 31.03.2020, 31.03.2021, le situazioni semestrali al 31.12.2019 e 31.12.2020 ed i Bilanci al 30.06.2019 e 30.06.2020 della società ove sono contabilizzate plusvalenze fittizie per complessivi € 60.376.449 e immobilizzazioni immateriali di valore superiore al massimo consentito dalle norme che regolano i Bilanci delle società di capitali per complessivi € 59.398.800, condotte finalizzate a far apparire risultati economici superiori al reale (maggiori utili o minori perdite) e un Patrimonio netto superiore a quello realmente esistente alla fine di ciascun esercizio, di ciascun trimestre e di ciascun semestre». Con la decisione n. 0128/TFNSD-2021-2022 del 22 aprile 2022, il Tribunale Federale Nazionale ha prosciolto tutti i deferiti osservando, tra l'altro, che non esisterebbe o sarebbe concretamente irrealizzabile «“il metodo di valutazione del valore del corrispettivo di cessione/acquisizione delle prestazioni sportive di un calciatore. Tale valore è dato e nasce in un libero mercato, peraltro caratterizzato dalla necessità della contemporanea concorde volontà delle due società e del calciatore interessato», sicché «una volta ritenuto non utilizzabile il metodo di valutazione posto dalla Procura Federale a fondamento del deferimento e in assenza di una disposizione generale regolatrice, consegue che le cessioni oggetto del deferimento stesso non possono costituire illecito disciplinare». 2.1.- La Procura Federale della Federazione italiana del calcio - FIGC - ha presentato reclamo alle Sezioni Unite della Corte Federale di Appello avverso il proscioglimento. Il giudice di appello ha respinto il reclamo con la decisione n. 0089/CFA-2021- 2022 del 27 maggio 2022. Secondo la Corte Federale d'Appello sarebbe «erronea la statuizione del Tribunale federale secondo cui l'inesistenza de “il” metodo di valutazione del valore del corrispettivo di cessione/acquisizione delle prestazioni sportive di un calciatore possa legittimare l'iscrizione in bilancio di diritti per qualsiasi importo, svincolati da considerazioni inerenti all'utilità futura del diritto nonché elementi di coerenza della transazione. [...] Tuttavia ritiene che le considerazioni del Tribunale federale, secondo cui non esisterebbe “un criterio valutativo, hanno un fondamento di verità allorché, con tale affermazione, si intenda prendere atto dell'inesistenza, a livello di ordinamento federale, di criteri normativamente sanciti. […] proprio l'assenza di parametri normativamente sanciti – come sopra detto – ha reso particolarmente complessa e delicata l'operazione del Collegio di sceverare, all'interno dell'ampia platea di operazioni, quelle che, con ragionevole certezza giudiziale, potessero essere considerate rilevanti sotto il profilo disciplinare. Con il conseguente inevitabile rigetto del reclamo della Procura federale». 2.2.- Avverso la citata decisione la Procura Federale della FIGC ha proposto, in data 22.12.2022, ricorso per revocazione parziale, ai sensi dell'art. 63 del Codice di Giustizia Sportiva (C.G.S.) allegando: «(i) di avere ricevuto, in data 24 novembre 2022, dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Torino, copia degli atti contenuti nel fascicolo del procedimento penale n. -OMISSIS-.», contenente elementi istruttori che avrebbero confermato l'esistenza di un intero sistema, messo in piedi dalla FC Juventus S.p.A., di scambi incrociati di calciatori con altre società sportive, finalizzati alla realizzazione di plusvalenze fittizie. 2.3.- In merito alla rilevanza penale dei fatti contestati anche in sede sportiva, il ricorrente ha successivamente depositato il decreto di archiviazione adottato in data 25 maggio 2023 dal Giudice delle indagini preliminari di Torino, in relazione alle imputazioni elevate dalla Procura della Repubblica e conseguenti ai fatti in esame. Il ricorrente è stato pertanto prosciolto dai reati contestati.
I MOTIVI DI RICORSO NEL PROCEDIMENTO PRINCIPALE.
3. – Motivi. Il dott. -OMISSIS-propone i seguenti tre motivi di ricorso avverso le decisioni degli organi di giustizia sportiva che gli hanno irrogato l'inibizione per 24 mesi dall'ambito FIGC : -a- violazione e falsa applicazione del decreto-legge n. 220 del 2003, convertito in legge 280/2003, con particolare riferimento all'art. 2, co. 1, lett. b), nonché dell'art. 133 c.p.a.(codice del processo amministrativo) con particolare riferimento alla lett. z). Eccesso di potere e straripamento di potere. - b - violazione e falsa applicazione di legge e di principi e regole costituzionali e convenzionali con riferimento, sotto un primo profilo di censura, agli artt. 25 e 117 Costituzione in relazione agli artt. 6 e 7 C.E.D.U., all'art. 1 legge 689/1981, all'art. 1 legge 241/1990 e, sotto un secondo profilo di censura, agli artt. 3,24,111,117 Costituzione in relazione all'art. 6 C.E.D.U., all'art. 1 legge 241/1990, agli artt. 44 e 50 codice giustizia sportiva -CGS- FIGC e all'art. 2 CGS CONI. Eccesso di potere e straripamento di potere. - c - difetto di istruttoria ed eccesso di potere per sviamento. Difetto di motivazione.
LE PRONUNCE DEL GIUDICE SPORTIVO OGGETTO DI IMPUGNAZIONE.
4.- La sanzione interdittiva irrogata al ricorrente -OMISSIS-. Con la decisione - qui impugnata -, 0063/CFA2022-2023, emessa in data 20 gennaio 2023 e depositata in data 30 gennaio 2023, la Corte Federale d'Appello, Sezioni Unite – giudice sportivo del calcio - ha così deciso: «Dichiara ammissibile il ricorso per revocazione e pertanto revoca la pronunzia n. 0089/CFA/2021-2022 del 27.05.2022 di questa Corte federale d'appello e, per l'effetto, dispone quanto segue: 1 - Respinge i reclami incidentali. 2 - Accoglie in parte il reclamo della Procura federale avverso la decisione n. 0128/TFN/2021- 2022 - sezione disciplinare del 22.04.2022». In particolare, a carico dell'odierno ricorrente -OMISSIS- la Corte ha irrogato «l'inibizione temporanea di mesi 24 a svolgere attività in ambito FIGC, con richiesta di estensione in ambito UEFA e FIFA». La decisione in esame ha ritenuto accertata la responsabilità dei deferiti e della Società in ordine alla «violazione quanto meno dell'art. 4, comma 1, CGS» per «essersi volutamente sottratti alla potenziale applicazione dello IAS 38 (paragrafo 45), quale che ne fosse l'esito» mediante una «preordinata strutturazione e trattamento delle operazioni come apparentemente indipendenti e in modo tale da impedire in partenza la relativa qualificazione come permute». Secondo la Corte Federale d'Appello i deferiti hanno posto in essere operazioni c.d. incrociate come apparentemente indipendenti, così da sfuggire ad una qualificazione in termini di permuta, da cui sarebbe discesa l'applicazione, in relazione a dette operazioni, della regola contabile dello IAS 38 §45, preclusiva dell'iscrizione della plusvalenza derivante da una operazione di permuta di attività immateriali. La condotta, secondo la Corte Federale d'Appello, integra una violazione del principio di lealtà sportiva di cui all'art. 4, comma 1, Codice della giustizia sportiva - CGS FIGC (la Corte ha disposto inoltre, a carico della F.C. Juventus S.p.A., «la penalizzazione di 15 punti in classifica da scontarsi nella corrente Stagione Sportiva» ). 4.1.- A seguito di impugnazione, il Collegio di Garanzia dello Sport, Sezioni Unite, supremo giudice dell'ordinamento sportivo, con successiva pronuncia - anch'essa qui impugnata ( n. 40 del 2023,prot. n. 411/2023) - così ha deciso: I - ha rigettato il ricorso presentato dal signor -OMISSIS-; II - ha confermato a suo carico «l'inibizione temporanea di mesi 24 a svolgere attività in ambito FIGC, con richiesta di estensione in ambito UEFA e FIFA».
LA PARALLELA VICENDA DELLA SOCIETA' SPORTIVA.
5.- La sanzione irrogata per la medesima vicenda alla F.C. JUVENTUS S.P.A. Si riepiloga la connessa vicenda della Juventus spa solo per completezza della ricostruzione in fatto; attiene alla società di cui -OMISSIS- -OMISSIS-, fino alle sue dimissioni. Col ricorso n. 14/2023, presentato in data 28 febbraio 2023, -OMISSIS-, ha impugnato dinanzi al Collegio di garanzia dello sport la decisione della Corte Federale di Appello presso la FIGC, Sezioni Unite, n. 0063/CFA-2022- 2023, del 20 gennaio 2023 nei confronti -OMISSIS- e altri, che ha irrogato, in parte qua, nei confronti della F.C. Juventus S.p.A. la sanzione della penalizzazione di 15 punti in classifica da scontarsi nella corrente stagione sportiva. 5.1.- Il Collegio di Garanzia dello Sport, Sezioni Unite, con la citata decisione – qui impugnata – n. 40 del 2023 (prot. n. 411/2023), così ha deciso: - ha rigettato il ricorso presentato dal-OMISSIS- confermando quindi «l'inibizione temporanea di mesi 24 a svolgere attività in ambito FIGC, con richiesta di estensione in ambito UEFA e FIFA»; - ha disposto l'annullamento della decisione impugnata con riferimento alla posizione dei consiglieri privi di delega, rinviando alla Corte Federale di Appello, in diversa composizione, affinché rinnovasse la valutazione anche della posizione della società Juventus F.C. S.p.A. 5.2.- La sanzione finale –Penalizzazione di 10 punti a carico della F.C. JUVENTUS S.P.A.. Con la decisione n. 110 del 30 maggio 2023 la Corte Federale d'Appello della FIGC, a Sezioni Unite, decidendo nel conseguente giudizio di rinvio, ha così giudicato: «a) proscioglie dalle incolpazioni ascritte -OMISSIS-; b) irroga alla società F.C. Juventus spa la sanzione della penalizzazione di punti 10 (dieci) in classifica, da scontare nella corrente stagione sportiva».
ARGOMENTI ESSENZIALI DELLE PARTI – LA POSIZIONE DEL RICORRENTE -
6.- Le disposizioni eurounitarie a sostegno del ricorso. Il ricorrente rileva con ampia motivazione il contrasto della legge nazionale e delle citate deliberazioni del giudice sportivo con i principi e le disposizioni unionali. ARTT. 19 TUE – 47 CDFUE – 6CEDU - Egli afferma che la legge nazionale n. 280/2003, in materia di ordinamento sportivo, poiché esclude il potere caducatorio del giudice amministrativo in ordine alle sanzioni disciplinari sportive, come meglio illustrato oltre, si pone in contrasto anzitutto col principio europeo di effettività della tutela giurisdizionale e con il diritto a un ricorso effettivo. « Per quanto riguarda il principio di effettività, occorre ricordare che il diritto dell'Unione non produce l'effetto di obbligare gli Stati membri a istituire mezzi di ricorso diversi da quelli già contemplati dal diritto interno, a meno che, tuttavia, dalla struttura dell'ordinamento giuridico nazionale in questione risulti che non esiste alcun rimedio giurisdizionale che permetta, anche solo in via incidentale, di garantire il rispetto dei diritti spettanti ai singoli in forza del diritto dell'Unione » (Randstad, C-497/20, 21 dicembre 2021, §62). Nel caso di sanzioni amministrative interdittive quali quella del presente procedimento, il cui effetto consiste nell'impedire lo svolgimento di specifiche condotte per un periodo significativo, il mero rimedio risarcitorio pecuniario non può essere considerato equivalente all'annullamento - rimozione della sanzione, in forma di tutela reale. ART. 6 TUE –- ART. 49 CDFUE - ART. 7 CEDU – Il ricorrente rammenta che la giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo, a partire dalla nota sentenza Engel and others v. the Netherlands del 1976, ha stabilito il principio per il quale le sanzioni che presentano carattere afflittivo-deterrente, pur se non qualificate formalmente come penali negli ordinamenti degli Stati Parte della CEDU, devono ricadere nell'ambito delle garanzie convenzionali previsto per le sanzioni penali. Tale principio, poi consolidato nella giurisprudenza sovranazionale con successive sentenze quali Öztürk v. Germany del 1984, Grande Stevens v. Italy del 2014 e A. and B. v. Norway del 2016, permette di definire il concetto di “accusa penale” di cui all'art. 6 CEDU in senso sostanziale, avendo quindi riguardo alla natura dell'illecito ovvero alla severità della sanzione connessa alla sua violazione, piuttosto che al solo dato della qualificazione formale del fatto come reato da parte del diritto nazionale. Il principio affermato nella sentenza “Engel” fa parte del diritto UE come principio generale e comporta che, affermata la natura sostanzialmente penale di una sanzione amministrativa avente carattere punitivo, le garanzie proprie del diritto penale dovranno essere estese a tale specie di illecito formalmente non penale. Il ricorrente in proposito richiama la sentenza n. 63 del 2019 della Corte costituzionale italiana, in cui si afferma: «rispetto a singole sanzioni amministrative che abbiano natura e finalità punitiva, il complesso dei principi enucleati dalla Corte di Strasburgo a proposito della materia penale […] non potrà che estendersi anche a tali sanzioni». Alla luce di quanto precede, è indubbio che anche alle sanzioni amministrative afflittive siano applicabili i principi di tassatività e determinatezza. ”. Art. 102 TFUE – Il ricorrente sostiene che il conferimento di poteri sul mercato a un'impresa deve essere soggetto a limiti, obblighi e revisione in modo da eliminare il rischio di abuso di posizione dominante; il potere conferito deve essere collocato in un quadro di criteri sostanziali che sia trasparente, determinato e preciso, in modo che non possa essere esercitato in maniera arbitraria. Tali criteri devono essere organizzati per far sì che il potere in discorso sia utilizzato in maniera non discriminatoria e con la possibilità di un'effettiva revisione e verifica circa il suo utilizzo (cfr. CGUE, 21.12.23, C-333/21, “European Superleague Company SL”, par. 134-5; C-124/21, “International Skating Union”, par. 131). La situazione configurata dalla legge italiana n. 280 del 2003 - di seguito illustrata – secondo -OMISSIS-è in contrasto con l'art. 102 TFUE in quanto il potere disciplinare conferito alla FIGC non è «collocato in un quadro di criteri sostanziali che sia trasparente, determinato e preciso». Il dirigente sportivo ricorrente afferma che manca nella legge 280/2003, di conversione del decreto-legge n. 220 del 2003, qualsiasi riferimento ai criteri sostanziali sulla base dei quali la giustizia sportiva sia ammessa all'esercizio del potere disciplinare, laddove esso abbia l'effetto di limitare la concorrenza ai sensi dell'art. 102 TFUE. Il ricorrente afferma che il potere di cui si trova investita la giustizia sportiva, e quindi anche la FIGC, è un potere di fatto privo di alcuna limitazione quanto al suo oggetto e ai suoi criteri di applicazione. L'art. 2 della legge 280/2003 si è limitato a stabilire che «è riservata all'ordinamento sportivo la disciplina delle questioni aventi ad oggetto…. i comportamenti rilevanti sul piano disciplinare e l'irrogazione ed applicazione delle relative sanzioni disciplinari sportive», senza stabilire alcun limite alla discrezionalità della giustizia sportiva, quindi nel nostro caso della FIGC, riguardo alle condotte rilevanti, ai criteri di giudizio e alle sanzioni da applicare. Aggiunge il ricorrente: “ la Corte di Giustizia ha evidenziato che «il fatto che un soggetto possa chiedere il risarcimento per il danno cagionato da una condotta che è responsabile di aver prevenuto, limitato o distorto la concorrenza non può compensare la mancanza di un rimedio che permetta al medesimo soggetto di promuovere un'azione avanti alla corte nazionale competente chiedendo, se appropriato dopo la concessione di una misura interinale, che quella condotta sia interrotta, oppure, ove la condotta consista in un provvedimento, la revisione e l'annullamento di quel provvedimento», precisando altresì che tale principio si applica anche nell'ambito sportivo, ove ad esempio le carriere degli atleti possono essere particolarmente brevi, in particolare se praticano lo sport a un alto livello (C-124/21, “International Skating Union”, par. 201). Pertanto, le condizioni previste sulla base dell'art. 102 TFUE, come interpretato dalla giurisprudenza dell'Unione, affinché uno Stato Membro possa conferire poteri quali quelli conferiti alla FIGC dal decreto-legge n. 220 del 2003, non sono state rispettate…” ART. 101 TFUE - Con riguardo al divieto di intese anticoncorrenziali, il ricorrente sostiene che secondo la Corte di Giustizia le decisioni assunte dalle associazioni di diritto privato organizzatrici delle competizioni calcistiche, quali la FIGC, possono essere qualificate quali “decisioni di associazioni di imprese” ai sensi dell'art. 101 TFUE e quindi sono soggette alle previsioni di tale disposizione (cfr. CGUE, 21.12.23, C-333/21, “European Superleague Company SL”, par. 87). Egli afferma che la legge italiana 280/2003 non è conforme all'art. 101 TFUE, in quanto non vi sono criteri e regole procedimentali dettagliate, adeguate ad assicurare che le decisioni in materia disciplinare della giustizia sportiva siano trasparenti, oggettive, determinate, non discriminatorie e proporzionate (cfr. CGUE, 21.12.23, C-333/21, “European Superleague Company SL”, par. 178).
7.- Le conclusioni del ricorrente. In conclusione -OMISSIS- afferma che gli sono state contestate condotte poste in essere in asserita violazione di regole puramente contabili e di bilancio, senza che venga in rilievo alcuna inerenza con l'attività sportiva. Le decisioni dei giudici sportivi sono secondo il dirigente sostanzialmente illegittime. La decisione di irrogare la sanzione disciplinare, in relazione a pretese violazioni di natura puramente contabile o di bilancio - assunta dalla Corte d'Appello FIGC e confermata dal Collegio di Garanzia del CONI, con le decisioni qui impugnate - è secondo il ricorrente una decisione estranea all'attività sportiva, che il giudice sportivo non aveva il potere di assumere. Pertanto va affermato il potere del giudice amministrativo di annullamento della sanzione disciplinare irrogata in quanto illegittima: “Tale annullamento andrà pronunciato sulla base dei medesimi presupposti che fondano la giurisdizione del giudice amministrativo, ossia appunto per il fatto che la sanzione impugnata è stata applicata per fatti estranei all'attività sportiva e quindi in violazione della regola posta dall'art. 2, co. 1°, lett. b), d.l. 220/2003, la quale …. esclude che sussista una potestà dell'ordinamento sportivo a stabilire la «disciplina» con riferimento a situazioni diverse e ulteriori, ossia che, come nel caso nostro, non sono «rilevanti sul piano disciplinare»”. “ I limiti alla giurisdizione statale nei confronti dei provvedimenti della giustizia sportiva operano solo finché tali provvedimenti hanno ad oggetto l'attività sportiva medesima, mentre al di fuori di tale perimetro gli atti del CONI e delle Federazioni sportive sono soggetti alla giurisdizione del giudice amministrativo che ha pienezza di poteri e quindi, ricorrendone i presupposti, può anche disporne l'annullamento e/o la sospensione. Nel caso in esame manca proprio la connessione con l'ordinamento sportivo dei presunti illeciti contestati, in quanto manca il presupposto dell'inerenza degli stessi con l'attività sportiva. …..».
8.- Le domande rivolte al giudice amministrativo. Tanto premesso e per tali essenziali ragioni -OMISSIS- chiede al giudice amministrativo italiano (Tribunale amministrativo regionale del Lazio – Roma) quanto segue: “… di accogliere il ricorso e, per l'effetto, previa idonea cautela e previa ove occorra la proposizione di questione di legittimità alla Corte costituzionale e/o quesito interpretativo alla Corte di Giustizia UE, …di dichiarare nulli ovvero annullare gli atti impugnati e condannare la FIGC e il CONI al risarcimento e/o all'indennizzo del danno subito e subendo dal ricorrente”.
9.- La posizione del ricorrente in ordine al rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia. Il ricorrente -OMISSIS-, per le motivazioni illustrate, chiede di proporre rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia in quanto: - la sanzione irrogatagli dal giudice sportivo italiano - inibizione per 24 mesi da attività in ambito Federazione italiana gioco calcio - FIGC - è estranea all'ordinamento sportivo ed ai poteri che la legge riconosce agli organi della giustizia sportiva italiana; - le violazioni contestate, come assunte dalla decisione della Corte FIGC e confermate dalla decisione del Collegio di garanzia del CONI, hanno natura puramente contabile o di bilancio; - la sanzione inibitoria si pone in contrasto con le libertà fondate sui Trattati, con la libera concorrenza, con le libertà di circolazione e con la giurisprudenza della Corte di Giustizia; - la sanzione è estranea totalmente all'ordinamento sportivo ed alle regole cui può essere assoggettato un manager dirigente apicale di una società sportiva di livello internazionale; - la sanzione si fonda sulla presunta violazione di clausole generali dell'ordinamento sportivo, “il cui contenuto è suscettibile di essere stabilito caso per caso tramite le regole morali e di costume generalmente accettate”; - il rimedio del giudice amministrativo italiano non può essere limitato alla tutela risarcitoria per equivalente, pena la violazione del principio di effettività della tutela giurisdizionale; - pertanto il giudice amministrativo italiano deve avere il potere di annullare e sospendere la sanzione disciplinare irrogata dal giudice sportivo che si riveli illegittima.
GLI ARGOMENTI DIFENSIVI DELLA FEDERAZIONE ITALIANA GIOCO CALCIO.
10.- La difesa della FIGC deposita memorie e replica, dopo avere riepilogato la vicenda, rilevando che il ricorso è inammissibile e comunque infondato. La FIGC sostiene l'inammissibilità del ricorso in virtù del difetto di giurisdizione del giudice amministrativo nella materia de qua, atteso il chiaro disposto di legge (legge 280/2003; art. 133 comma 1, lett. z), codice del processo amministrativo - cpa). Afferma che è impugnato un provvedimento disciplinare adottato da organi di giustizia sportiva, a fronte del quale è ammessa solo la tutela risarcitoria per equivalente. Rigetta la tesi attorea della mancanza di connessione tra i fatti contestati e l'ordinamento sportivo, secondo cui la sanzione irrogata non è attinente all'attività sportiva. Rammenta che l'art. 133 d. lgs. 104/2010 - codice del processo amministrativo - riserva le controversie relative agli atti di CONI e Federazioni sportive al giudice amministrativo, una volta che siano esauriti i gradi del giudizio sportivo (cd “pregiudiziale sportiva”). Ribadisce il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo e riepiloga i contenuti salienti della sentenza della Corte Costituzionale n. 49/2011, che delinea un triplice ordine di tutela giustiziale nella materia sportiva. 10.1.- La difesa della Federazione italiana gioco calcio FIGC afferma, da un lato, l'inammissibilità del ricorso sulla base della disciplina dell'autonomia dell'ordinamento sportivo recata dalla legge 280/2003 e, dall'altro lato, richiama, quale elemento di «connessione con l'ordinamento sportivo dei presunti illeciti contestati», le disposizioni di cui all'art. 12, l. 23.3.81, n. 91 e all'art. 36, d.l. n. 75 del 22.6.2023, le quali riguardano le verifiche che la FIGC conduce circa il rispetto dell'«equilibrio finanziario» delle società sportive (cfr. memoria FIGC 7.7.23, p. 17-19). Il ricorrente obietta che le sanzioni contestate non sono state irrogate in relazione alla violazione di tali successive norme e che il decreto-legge 75/2023 è di emanazione successiva alle condotte oggetto di sanzione ed alla stessa notifica del ricorso introduttivo del presente giudizio. La FIGC, in memoria di replica, contesta le questioni pregiudiziali richieste dal ricorrente, affermandone la parziale tardività, nonché l'infondatezza nel merito. In ordine al contrasto con gli artt. 45,49, 56 TFUE deduce che dalla semplice lettura delle decisioni emerge evidente come la sanzione adottata dalla Corte Federale abbia valore “in ambito FIGC”. Tale inibizione rimane circoscritta alla sola attività svolta in ambito federale e al contesto nazionale italiano, non limitando in alcun modo la “libera circolazione” dell'odierno ricorrente in ambito sportivo. Circa la “estensione in ambito UEFA e FIFA” formulata dalla Corte Federale nella decisione qui impugnata, essa è un provvedimento di competenza UEFA e FIFA ed, in ogni caso, tale provvedimento - si afferma - non è oggetto del presente giudizio. Con riguardo alla violazione di norme e principi in materia di libera concorrenza, la Federazione esclude che la FIGC eserciti una posizione dominante sul mercato delle prestazioni dei dirigenti di società sportive in quanto unica organizzatrice di competizioni tra società sportive di rilievo internazionale in Italia. Sul piano probatorio la FIGC rammenta infine che il Collegio di Garanzia, con la decisione n.40/2023 impugnata, ha affermato che “gli atti trasmessi dalla Procura della Repubblica di Torino e acquisiti dalla Procura Federale hanno solo consentito di dare piena contezza del sistema che era stato posto in essere dai deferiti per alterare le operazioni di trasferimento dei calciatori con plusvalenze sostanzialmente sganciate dai valori di mercato e con alterazione delle evidenze contabili”.”
GLI ARGOMENTI DIFENSIVI DEL COMITATO OLIMPICO NAZIONALE ITALIANO – CONI.
11.- La difesa del CONI ha in primo luogo sostenuto che le violazioni contestate sono relative all'attività sportiva in quanto «l'attività contabile posta in essere nell'amministrare una società di calcio rileva proprio in quanto indissolubilmente connessa alla partecipazione del sodalizio all'attività sportiva, tanto più se gli aspetti contabili attengano ad operazioni di vendita, acquisto e scambio dei diritti di prestazione dei calciatori perché in tal caso l'attinenza all'attività sportiva emerge in tutta la sua evidenza» (cfr. memoria CONI 6.7.23, p. 12). Il CONI afferma che le condotte oggetto della sanzione rilevano sportivamente «sia ai fini dell'ammissione alle relative competizioni (che presuppone il possesso di rigidi requisiti economico- finanziari), sia per quanto riguarda il rispetto delle regole del cd. fair play finanziario e, di conseguenza, la possibilità o meno di operare sul mercato acquisendo i diritti delle prestazioni dei calciatori (noti sono, infatti, i rigidi meccanismi adottati dall'UEFA ai fini della possibilità di acquisire i diritti di prestazione dei calciatori in ragione del rispetto dei criteri finanziari e contabili imposti a livello internazionale)» (cfr. memoria CONI 6.7.23, p. 12). Il CONI afferma inoltre: -le questioni proposte dal ricorrente sottopongono al Giudicante censure nuove mai prima proposte, né in ambito domestico dinanzi agli organi di Giustizia Sportiva, né con il ricorso all'esame del TAR Lazio e che, per tali ragioni sono inammissibili anche per quanto concerne il richiesto rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia UE ai sensi dell'art. 267 TFUE; - il sistema processuale nazionale che stabilisce, per le parti e per il giudice, preclusioni tali da rendere non pertinente la questione pregiudiziale delineata dalle parti, non è affatto incompatibile con l'art. 267 TFUE, purché siano superati i test di equivalenza e di effettività della tutela giurisdizionale; - in ordine alla violazione del diritto dell'Unione Europea concernente la libera circolazione delle persone, dei servizi e dei capitali, non vi è alcuna limitazione della sua libertà di circolazione e di prestazione della sua attività lavorativa e dei suoi servizi in quanto la sanzione di cui si tratta consiste “nell'inibizione temporanea di mesi 24 a svolgere attività in ambito FIGC”: dunque, un ambito circoscritto alla sola attività federale, e quindi, di natura squisitamente sportiva, ma inerente esclusivamente l'ambito nazionale; - il ricorrente ben può svolgere la propria attività in qualsiasi altro ambito, sportivo o non, diverso da quello disciplinato in Italia dalla FIGC; - la richiesta di estensione della sanzione in ambito UEFA e FIFA è di competenza dell'UEFA e della FIFA, che la dispongono con apposito provvedimento impugnabile dal ricorrente dinanzi alle competenti autorità internazionali.
12.- Deduce ancora la difesa del CONI che nessun rapporto sussiste tra l'irrogazione di una sanzione disciplinare sportiva e l'ambito della libertà di concorrenza. Il potere disciplinare della FIGC non è affatto privo di regole e di criteri e tanto meno svincolato da limiti e controlli, operando, al contrario, gli organi federali nell'ambito di specifiche norme di legge e regolamentari. Richiama il D. Lgs. n. 242/1999, che nel dettare le norme di riordino del CONI, ha delineato il preciso ambito delle competenze dell'Ente pubblico, individuando i poteri attribuiti ai relativi organi e ha stabilito i principi di riferimento per le attività delle Federazioni Sportive Nazionali. In particolare, l'art. 5 attribuisce al Consiglio Nazionale del CONI tra l'altro i seguenti poteri e compiti: - al comma 1 di coordinare l'attività sportiva nazionale, armonizzando a tal fine l'azione delle federazioni sportive nazionali e delle discipline sportive nazionali; - al comma 2, lett. b) di stabilire i principi fondamentali ai quali devono uniformarsi, allo scopo del riconoscimento ai fini sportivi, gli statuti delle federazioni sportive nazionali; - al comma 2, lett. c), di deliberare in ordine ai provvedimenti di riconoscimento, ai fini sportivi, delle federazioni sportive nazionali, sulla base dei requisiti fissati dallo statuto; - al comma 2, lett. e), di stabilire i criteri e le modalità per l'esercizio dei controlli sulle federazioni sportive nazionali e sulle società sportive di cui all'art. 12 legge n. 91/81.
LE RAGIONI DEL RINVIO PREGIUDIZIALE –LA RILEVANZA DELLE QUESTIONI NEL PROCEDIMENTO PRINCIPALE.
13. - Premessa. Il diritto vivente nazionale. Lo scrutinio dei motivi di ricorso richiede di verificare la compatibilità o meno con il diritto unionale dell'ipotesi interpretativa sottesa agli stessi, in quanto si sostiene che esista un aperto conflitto delle norme nazionali, come interpretate dalla giurisprudenza, con il diritto unionale. Non vi sono peraltro ragioni per investire di nuovo la Corte Costituzionale, che ha definito le questioni in esame compiutamente (cfr. Corte Cost. 49/2011 e 160/2019, infra). Pertanto il Collegio ritiene necessario attivare il rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia UE ai sensi dell'art. 267 TFUE, per le ragioni che seguono.
14.- La rilevanza delle questioni pregiudiziali. Le questioni poste dal ricorrente assumono rilevanza nel procedimento principale in quanto il diritto europeo, come interpretato dalla Corte di Giustizia, ha ingresso nell'ordinamento nazionale degli Stati Membri, come noto. Sul piano legislativo il bilanciamento operato dalla legge italiana tra autonomia dell'ordinamento sportivo e tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi operato dalla legge italiana, intesa secondo le coordinate poste dalla Corte Costituzionale, sembra entrare in conflitto coi principi dell'Unione europea. L'art. 117 Costituzione comma 1 infatti stabilisce: ”La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione , nonché dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali”. I principi unionali che il ricorrente ritiene violati (effettività della tutela giurisdizionale, legalità e tassatività in materia di sanzioni amministrative, libera circolazione delle persone e dei servizi, libertà di concorrenza) sono applicabili nella fattispecie in esame. Sul piano del procedimento amministrativo italiano i i principi del diritto unionale sono richiamati dall'art. 1 legge 7 agosto 1990 n. 241: “art. 1 (Principi generali dell'attività amministrativa) 1. L'attività amministrativa persegue i fini determinati dalla legge ed è retta da criteri di economicità, di efficacia, di imparzialità, di pubblicità e di trasparenza secondo le modalità previste dalla presente legge e dalle altre disposizioni che disciplinano singoli procedimenti , nonché dai principi dell'ordinamento comunitario”. Sul piano della tutela giurisdizionale il diritto vivente italiano impedisce di dare ingresso nel processo amministrativo alla domanda del ricorrente di annullare o sospendere la sanzione inibitoria irrogata dal giudice sportivo nazionale. Ritiene pertanto il Collegio che le questioni pregiudiziali che seguono sono rilevanti nel presente procedimento principale in quanto: - la Corte Costituzionale ha limitato la tutela giurisdizionale nella materia afferente l'ordinamento sportivo al solo risarcimento del danno per equivalente, ammettendo a tal fine la sola cognizione in via incidentale della legittimità della misura interdittiva impugnata (Corte Cost. n. 49/2011 e n. 160/2019); -il diritto vivente nazionale non consente quindi al giudice amministrativo di annullare la sanzione disciplinare sportiva, mediante la tutela reale, come richiesto dal ricorrente ovvero di sospenderla in sede cautelare; - esso consente solo al giudice sportivo e quindi all'amministrazione dello sport nazionale di annullare la sanzione irrogata in primo grado; -il sistema nazionale di tutela giurisdizionale delle posizioni giuridiche soggettive degli operatori economici dello sport, rilevanti nell'ordinamento dello Stato, sembra porsi in contrasto con il diritto dell'Unione, come interpretato ed applicato dalla Corte di Giustizia; - nella misura in cui costituisce un'attività economica, la Corte di Giustizia afferma che la pratica dello sport è pienamente soggetta alle disposizioni del diritto dell'Unione europea applicabili a tale attività, quali quelle in materia di tutela della concorrenza (v., in tal senso, sentenze del 12 dicembre 1974, Walrave e Koch, 36/74, UE:C:1974:140, punto 4, e del 16 marzo 2010, Olympique Lyonnais, C325/08, EU:C:2010:143, punto 27). - la sanzione disciplinare irrogata incide negativamente sulle libertà fondamentali del dirigente sportivo garantite dai Trattati ai cittadini, preclude l'esercizio della professione, produce effetti nell'ordinamento giuridico statale e sembra porsi in contrasto con i principi unionali e convenzionali in materia di sanzioni amministrative.
15.- Considerazioni generali. Giova illustrare a questo punto alcune considerazioni in ordine al fenomeno sportivo nella sua evoluzione nell'ordinamento unionale. Le Istituzioni comunitarie, oggi europee, hanno affrontato i rilevanti profili di interesse dello sport fin dalla Dichiarazione n. 29 allegata al Trattato di Amsterdam e dalla Dichiarazione di Nizza del 2000. Nel 1998, nella seduta tenutasi a Vienna,10-11 dicembre, il Consiglio europeo ha invitato la Commissione a presentare una relazione in ordine anche al ruolo sociale dello sport nell'ambito del diritto comunitario, atto che prese forma nella cd. Relazione di Helsinki. La Commissione analizzò il fenomeno sportivo, evidenziando tra altro la funzione sociale d'interesse generale dello sport ed il profilo economico che poteva porsi in apparente o reale conflitto con i profili etici. La Relazione della Commissione pose l'attenzione sul rischio concreto che gli aspetti economici dello sport- business potessero prevalere sui valori, sulla funzione sociale e culturale, sulla forza aggregante delle realtà associative operanti nel settore. Il Consiglio, nella successiva riunione di Nizza, rispose alla relazione della Commissione con una importante Dichiarazione che ha evidenziato il cd.” Principio di specificità dello sport” a fronte delle sue plurime funzioni sociali ed educative ed ha individuato lo sport come diritto di cittadinanza. Si arriva così al tema centrale: la cd. eccezione sportiva ( “sporting exception”), intesa quale esonero dall'obbligo di rispettare i principi europei in ordine alle regole tecniche poste alla base dell'attività sportiva. L'eccezione sportiva è nata nella giurisprudenza della Corte di Giustizia, che ha affermato che l'attività sportiva possa rientrare nel campo di applicazione del diritto comunitario solo in quanto costituisca attività suscettibile di valutazione economica. Pertanto le disposizioni del Trattato CE sulla libera circolazione dei lavoratori, ad esempio, venivano applicate alle sole regole dello sport aventi consistenza economica diretta o indiretta. La “sporting exception“ opera quindi quale esonero dall'obbligo di rispettare il diritto europeo nell'area delle regole tecniche poste a base dell'attività sportiva, in cui non vi sia obbligo di rispettare disposizioni europee in quanto regole puramente sportive, giustificate da motivi non economici e connesse all'agonismo. La dottrina ha affermato d'altro canto che il diritto eurounitario si applica allo sport nella sua interezza nell'area non tecnica ed in particolare, secondo tale tesi: - esso prevale sul diritto pubblico degli Stati e sulle norme privatistiche delle federazioni sportive; -si applica alle persone fisiche che svolgono attività sportiva avente rilevanza economica ed alle società che tale attività organizzano. 15.1.- Si confrontano allora due principi: la primazia (primautè) del diritto dell'Unione Europea e il principio di autonomia dell'ordinamento sportivo, posto a salvaguardia della “cd specificità” dello sport. La primazia del diritto unionale imporrebbe la piena applicazione del diritto dei Trattati e del diritto derivato, mentre il principio di autonomia e la connessa specificità del fenomeno sportivo determinano una riserva all'ordinamento sportivo nazionale, inteso come ordinamento originario riconosciuto dalla legge nazionale (Costituzione italiana, artt. 2 e 18). Il principio di autonomia, inteso quale corollario del principio dottrinale della pluralità degli ordinamenti giuridici, è espresso in Italia dalla citata legge 280/2003, art. 1. Esso costituisce la trasposizione istituzionale della cd. eccezione sportiva, che consente alle organizzazioni sportive di difendere le proprie prerogative. 15.2. In definitiva: - sul piano del diritto sostanziale il principio di autonomia dell'ordinamento sportivo deve essere confrontato con i principi costituzionali ed europei richiamati sopra, in particolare con le libertà unionali ed il principio di effettività della tutela giurisdizionale; - sul piano economico la transizione nel tempo dello sport, da fenomeno associativo e ricreativo a fenomeno di rilevanza imprenditoriale internazionale, esige allo stesso modo il rispetto dei principi sovranazionali a tutela delle posizioni giuridiche delle società ed in particolare dei managers di livello apicale delle società che rappresentano i club che organizzano e gestiscono il calcio; - sul piano processuale la descritta evoluzione dello sport non può esimere gli Stati Membri dall'apprestare una tutela piena in sede giurisdizionale dell'operatore economico, secondo il principio altrimenti noto della cd “full jurisdiction”. Il giudice amministrativo italiano deve pertanto avere il potere di esercitare un sindacato di piena giurisdizione sulla sanzione amministrativa irrogata al dirigente sportivo italiano, senza che alcun profilo della vicenda possa essere riservata all'amministrazione (giudice sportivo italiano) che irroga le sanzioni disciplinari sportive (art. 6 Cedu). Rileva in proposito la recente sentenza resa dalla Corte di Giustizia nel caso International Skating Union (sentenza della Grande Sezione del 21 dicembre 2023, C-124/21 P), dalla quale si traggono i seguenti principi: i - le peculiarità che caratterizzano lo sport non consentirebbero alcun arretramento della disciplina statale rispetto alla tutela delle situazioni soggettive coinvolte, quando – come nella specie – l'applicazione delle norme sportive incide su diritti di natura economica riconosciuti dal TFUE (diritti di libertà di circolazione dei lavoratori, di stabilimento e di prestazione di servizi); ii - la tutela giurisdizionale innanzi ai giudici di uno Stato membro non può escludere la previsione di misure che consentano di paralizzare in via cautelare e, all'esito, di annullare gli effetti di atti lesivi di diritti ed interessi di coloro, ivi inclusi i dirigenti sportivi, che siano colpiti da sanzioni inibitorie. Da ciò conseguirebbe l'illegittimità, per contrasto con il diritto unionale (in particolare, dell'art. 47 CDFUE, in combinato disposto con gli artt. 45, 49 e 56, oltre che 101 e 102, TFUE), dell'art. 2 del d.l. 220/2003 convertito in legge 280/2003 nella misura in cui, secondo la lettura offertane dalla Corte costituzionale e dai giudici statali di legittimità e di merito, il giudice amministrativo non dispone del potere di sospendere in via cautelare e di annullare le sanzioni disciplinari adottate dagli organi sportivi federali, potendo viceversa decidere solo sulla domanda di risarcimento del danno. I QUESITI PREGIUDIZIALI – Ricostruiti i tratti principali del giudizio all'esame di questo Collegio e le argomentazioni delle parti, con la presente ordinanza questo Tribunale, pur non essendo giudice di ultima istanza, rimette a codesta Corte di Giustizia plurimi quesiti relativi all'interpretazione della normativa e dei principi euro-unitari. In ragione della pluralità dei quesiti, l'esposizione delle disposizioni unionali ed interne verrà effettuata in corrispondenza di ciascun quesito.
16.- Le ragioni del primo quesito - I –Col primo quesito pregiudiziale si intende chiedere alla luce degli articoli 6 e 19 par. 1 TUE e art.47 Carta dei diritti fondamentali UE se il diritto interno e l'ordinamento sportivo italiano siano compatibili col principio di effettività della tutela giurisdizionale di posizioni giuridiche soggettive ricadenti nel diritto unionale. Nel ricorso introduttivo del presente giudizio viene chiesto al Tribunale di assumere una pronuncia caducatoria dei provvedimenti impugnati. In relazione al primo motivo di ricorso la ricostruzione del quadro giuridico e fattuale consentirebbe una decisione caducatoria di annullamento della sanzione interdittiva irrogata dal giudice sportivo italiano, a prescindere dai limiti attualmente imposti al riguardo dall'ordinamento, mentre sulla base del diritto vivente i descritti limiti lo impediscono. Secondo il decreto-legge n. 220/ 2003, convertito nella legge 280/2003, come interpretato nel diritto vivente nazionale, l'autorità giudiziaria nazionale (T.A.R. e Consiglio di Stato) non può annullare o sospendere i provvedimenti sanzionatori amministrativi emanati dalla giustizia sportiva. Il quadro normativo e giurisprudenziale attualmente in vigore nell'ordinamento italiano sembra in contrasto con il diritto del ricorrente a un ricorso e ad un processo effettivo. IL DIRITTO NAZIONALE RILEVANTE – - Il diritto a un ricorso effettivo. L'art. 24, comma 1, della Costituzione della Repubblica italiana prevede: “Tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi”. L'art. 103, comma 1, della Costituzione della Repubblica italiana prevede: “Il Consiglio di Stato e gli altri organi di giustizia amministrativa hanno giurisdizione per la tutela nei confronti della pubblica amministrazione degli interessi legittimi e, in particolari materie indicate dalla legge, anche dei diritti soggettivi”. L'art. 113 della Costituzione della Repubblica italiana prevede: “Contro gli atti della pubblica amministrazione è sempre ammessa la tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi dinanzi agli organi di giurisdizione ordinaria o amministrativa. Tale tutela giurisdizionale non può essere esclusa o limitata a particolari mezzi di impugnazione o per determinate categorie di atti. La legge determina quali organi di giurisdizione possono annullare gli atti della pubblica amministrazione nei casi e con gli effetti previsti dalla legge stessa”. - Il codice del processo amministrativo - Decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104. L'art. 1 “Effettività”: “1. La giurisdizione amministrativa assicura una tutela piena ed effettiva secondo i principi della Costituzione e del diritto europeo”. L'art. 29 : “L'azione di annullamento per violazione di legge, incompetenza ed eccesso di potere si propone nel termine di decadenza di sessanta giorni”. L'art. 30 : “1. L'azione di condanna può essere proposta contestualmente ad altra azione o, nei soli casi di giurisdizione esclusiva e nei casi di cui al presente articolo, anche in via autonoma. 2. Può essere chiesta la condanna al risarcimento del danno ingiusto derivante dall'illegittimo esercizio dell'attività amministrativa o dal mancato esercizio di quella obbligatoria. Nei casi di giurisdizione esclusiva può altresì essere chiesto il risarcimento del danno da lesione di diritti soggettivi. Sussistendo i presupposti previsti dall'articolo 2058 del codice civile, può essere chiesto il risarcimento del danno in forma specifica.….omissis…. 6. Di ogni domanda di condanna al risarcimento di danni per lesioni di interessi legittimi o, nelle materie di giurisdizione esclusiva, di diritti soggettivi conosce esclusivamente il giudice amministrativo.” L'art. 133 comma 1: “ Sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, salvo ulteriori previsioni di legge:…..omissis…. z) le controversie aventi ad oggetto atti del Comitato olimpico nazionale italiano o delle Federazioni sportive non riservate agli organi di giustizia dell'ordinamento sportivo ed escluse quelle inerenti i rapporti patrimoniali tra società, associazioni e atleti. - L'ordinamento sportivo Le censure prospettate nel ricorso hanno ad oggetto anzitutto alcune disposizioni della legge 280/2003 (come interpretate dalla Corte Costituzionale), che di seguito si richiamano. - Legge 17 ottobre 2003 n.280 «Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 19 agosto 2003, n. 220, recante disposizioni urgenti in materia di giustizia sportiva»- Art. 1 -Principi generali . 1 La Repubblica riconosce e favorisce l'autonomia dell'ordinamento sportivo nazionale, quale articolazione dell'ordinamento sportivo internazionale facente capo al Comitato Olimpico Internazionale. 2. I rapporti ((tra l'ordinamento sportivo e l'ordinamento della Repubblica)) sono regolati in base al principio di autonomia, salvi i casi di (( . . . )) rilevanza per l'ordinamento giuridico della Repubblica di situazioni giuridiche soggettive connesse con l'ordinamento sportivo. Art. 2 - Autonomia dell'ordinamento sportivo 1. In applicazione dei principi di cui all'articolo 1, è riservata all'ordinamento sportivo la disciplina delle questioni aventi ad oggetto: a) l'osservanza e l'applicazione delle norme regolamentari, organizzative e statutarie dell'ordinamento sportivo nazionale e delle sue articolazioni al fine di garantire il corretto svolgimento delle attività sportive; b) i comportamenti rilevanti sul piano disciplinare e l'irrogazione ed applicazione delle relative sanzioni disciplinari sportive. 2. Nelle materie di cui al comma 1, le società, le associazioni, gli affiliati ed i tesserati hanno l'onere di adire, secondo le previsioni degli statuti e regolamenti del Comitato olimpico nazionale italiano e delle Federazioni sportive di cui gli articoli 15 e 16 del decreto legislativo 23 luglio 1999, n. 242, gli organi di giustizia dell'ordinamento sportivo. 2-bis…..omissis Art. 3 -Norme sulla giurisdizione e disciplina transitoria 1. Esauriti i gradi della giustizia sportiva e ferma restando la giurisdizione del giudice ordinario sui rapporti patrimoniali tra società, associazioni e atleti, ogni altra controversia avente ad oggetto atti del Comitato olimpico nazionale italiano o delle Federazioni sportive non riservata agli organi di giustizia dell'ordinamento sportivo ai sensi dell'articolo 2, è disciplinata dal codice del processo amministrativo. In ogni caso è fatto salvo quanto eventualmente stabilito dalle clausole compromissorie previste dagli statuti e dai regolamenti del Comitato olimpico nazionale italiano e delle Federazioni sportive di cui all'articolo 2, comma 2, nonché quelle inserite nei contratti di cui all'articolo 4 della legge 23 marzo 1981, n. 91. - Il codice della giustizia sportiva della FIGC. Le norme che si assumono violate dal ricorrente. Art. 4 Obbligatorietà delle disposizioni generali 1. I soggetti di cui all'art. 2 sono tenuti all'osservanza dello Statuto, del Codice, delle Norme Organizzative Interne FIGC (NOIF) nonché delle altre norme federali e osservano i principi della lealtà, della correttezza e della probità in ogni rapporto comunque riferibile all'attività sportiva. 2. In caso di violazione degli obblighi previsti dal comma 1, si applicano le sanzioni di cui all'art. 8, comma 1, lettere a), b), c), g) e di cui all'art. 9, comma 1, lettere a), b), c), d), f), g), h). 3. L'ignoranza dello Statuto, del Codice e delle altre norme federali non può essere invocata a nessun effetto. I comunicati ufficiali si considerano conosciuti a far data dalla loro pubblicazione. Art. 31 Violazioni in materia gestionale ed economica Costituisce illecito amministrativo la mancata produzione, l'alterazione o la falsificazione materiale o ideologica, anche parziale, dei documenti richiesti dagli organi di giustizia sportiva, dalla Commissione di Vigilanza sulle Società di Calcio Professionistiche (COVISOC) e dagli altri organi di controllo della Federazione nonché dagli organismi competenti in relazione al rilascio delle licenze UEFA e FIGC, ovvero il fornire informazioni mendaci, reticenti o parziali. Costituiscono altresì illecito amministrativo i comportamenti comunque diretti a eludere la normativa federale in materia gestionale ed economica nonché la mancata esecuzione delle decisioni degli organi federali competenti in materia. Salva l'applicazione delle più gravi sanzioni previste dalle norme in materia di licenze UEFA o da altre norme speciali, nonché delle più gravi sanzioni che possono essere irrogate per gli altri fatti previsti dal presente articolo, la società che commette i fatti di cui al presente comma è punibile con la sanzione dell'ammenda con diffida.
LA GIURISPRUDENZA NAZIONALE -
17. - La posizione della Corte Costituzionale in sede di interpretazione della legge nazionale N.280/2003 (sentenza n. 49 del 7 febbraio 2011, in G. U. 16/02/2011 n. 8; sentenza n.160 del 17 aprile 2019, in G. U. 03/07/2019 n. 27). La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 49 del 2011, ha ritenuto non fondata la questione di costituzionalità sollevata in relazione alla riserva agli organi di giustizia sportiva della competenza a decidere le controversie aventi ad oggetto le sanzioni disciplinari, con sottrazione delle stesse al sindacato del giudice amministrativo. Ha affermato che laddove il provvedimento adottato dalle federazioni sportive o dal CONI abbia incidenza anche su situazioni giuridiche soggettive rilevanti per l'ordinamento giuridico statale, la domanda volta ad ottenere non la caducazione dell'atto, ma il conseguente risarcimento del danno, possa e debba essere proposta innanzi al giudice amministrativo, in sede di giurisdizione esclusiva, non operando alcuna riserva a favore della giustizia sportiva, innanzi alla quale la pretesa risarcitoria nemmeno può essere fatta valere. Quindi chiarisce che al giudice amministrativo italiano spetta: a) conoscere, nonostante la riserva a favore della giustizia sportiva, delle sanzioni disciplinari inflitte a società, associazioni e atleti, solo in via incidentale e indiretta, al fine di pronunciarsi sulla domanda risarcitoria proposta dal destinatario della sanzione; b) secondo la legge 280 /2003, art. 2, comma 1, lett. b) e comma 2, conoscere della domanda di tutela risarcitoria per equivalente in favore del soggetto danneggiato dalla sanzione disciplinare sportiva che si riveli illegittima, mentre resta esclusa la tutela di annullamento delle sanzioni irrogate dalla giustizia sportiva. Afferma la Corte Costituzionale nella sentenza n.160/2019: “ la previsione di una «diversificata modalità di tutela giurisdizionale» dei diritti soggettivi e degli interessi legittimi limitata al risarcimento del danno per equivalente – secondo l'interpretazione offerta dal diritto vivente – è idonea a scongiurare l'illegittimità della norma censurata. Tale conclusione – raggiunta sul rilievo che il legislatore ha realizzato in questo modo un non irragionevole bilanciamento degli interessi in gioco – implica un giudizio di compatibilità costituzionale della «esplicita esclusione della diretta giurisdizione sugli atti attraverso i quali sono [...] irrogate le sanzioni disciplinari» (punto 4.5. del Considerato in diritto), esclusione che comprende la tutela reale degli interessi legittimi sui quali le sanzioni eventualmente incidano. ……A ciò si può aggiungere che non apporta nuovi profili di illegittimità, diversi da quelli già esaminati, nemmeno la prospettata qualificazione delle decisioni degli organi della giustizia sportiva come provvedimenti amministrativi, dal momento che la stessa sentenza n. 49 del 2011 non esclude che le sanzioni sportive possano ledere anche situazioni giuridiche aventi consistenza di interesse legittimo e ne colloca di conseguenza la tutela risarcitoria per equivalente nell'ambito della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo secondo quanto previsto dall'art. 133, comma 1, lettera z), dell'Allegato 1 (Codice del processo amministrativo) al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104 ……” . ”….. la normativa contestata, nell'interpretazione offerta dal diritto vivente e fatta propria da questa Corte, tiene ferma la possibilità, per chi ritenga di essere stato leso nei suoi diritti o interessi legittimi da atti di irrogazione di sanzioni disciplinari, di agire in giudizio per ottenere il risarcimento del danno……….. La scelta legislativa che la esprime è frutto infatti del non irragionevole bilanciamento operato dal legislatore fra il menzionato principio costituzionale di pienezza ed effettività della tutela giurisdizionale e le esigenze di salvaguardia dell'autonomia dell'ordinamento sportivo – che trova ampia tutela negli artt. 2 e 18 Cost. – «bilanciamento che lo ha indotto [...] ad escludere la possibilità dell'intervento giurisdizionale maggiormente incidente» su tale autonomia, mantenendo invece ferma la tutela per equivalente”.
18. - La posizione della Corte Suprema di Cassazione, Sezioni unite civili, sentenza n.33536/2018. Le Sezioni Unite della Cassazione hanno chiarito che spetta al giudice amministrativo pronunciarsi sulla domanda di risarcimento del danno per equivalente e, nell'ambito della propria giurisdizione esclusiva, sulla doglianza di ineffettività della tutela conformata dal sistema nazionale della giustizia sportiva, in comparazione con il diritto eurounitario, anche utilizzando se del caso lo strumento del rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia UE. In tali fattispecie, l'esplicita esclusione della diretta giurisdizione sugli atti attraverso i quali sono state irrogate le sanzioni disciplinari, a tutela dell'autonomia dell'ordinamento sportivo, consente di agire in giudizio per ottenere il conseguente risarcimento del danno a chi lamenti la lesione di una situazione soggettiva giuridicamente rilevante ( cfr. Corte Suprema di Cassazione, Sezioni unite civili, sentenza n.33536/2018 ).
19. - La giurisprudenza amministrativa. Con la recente sentenza n. 17711 del 27 novembre 2023 il TAR del Lazio –Roma ha evidenziato: “Deve innanzitutto essere richiamato e ribadito il consolidato orientamento giurisprudenziale in base al quale, in tema di sanzioni disciplinari sportive, vi è difetto assoluto di giurisdizione sulle controversie riguardanti i comportamenti rilevanti sul piano disciplinare e l'irrogazione ed applicazione delle relative sanzioni, riservate, a tutela dell'autonomia dell'ordinamento sportivo, agli organi di giustizia sportiva che le società, le associazioni, gli affiliati e i tesserati hanno l'onere di adire ai sensi del D.L. n. 220 del 2003, convertito in L. n. 280 del 2003, anche ove si invochi la tutela in forma specifica della rimozione della sanzione disciplinare, ferma restando la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, ex art. 133, comma 1, lett. z), c.p.a., in ordine alla tutela risarcitoria per equivalente, non operando in tal caso alcuna riserva a favore della giustizia sportiva e potendo il giudice amministrativo conoscere in via incidentale e indiretta delle sanzioni disciplinari, ove lesive di situazioni giuridiche soggettive rilevanti per l'ordinamento statale (cfr., tra molte, Cassazione civile sez. un., 28/12/2020, n. 29654). Al riguardo, non può che richiamarsi anche quanto statuito dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 160/2019……., legittimando la limitazione della tutela giurisdizionale ai soli aspetti risarcitori conseguenti all'irrogazione di sanzioni disciplinari sportive …..( ex multis, Consiglio di Stato, sez. V, 22/08/2018, n.5019) “( TAR Lazio, Roma n.17711/2023). E ancora :“Le decisioni degli organi di giustizia federale, dunque, devono considerarsi alla stregua di provvedimenti amministrativi ogniqualvolta, seppur in materia disciplinare riservata, ai sensi dell'art. 2, comma 1, lett. a, d.l. n. 220 cit., all'ordinamento sportivo, vengano ad incidere su posizioni giuridiche soggettive rilevanti per l'ordinamento statale, che come tali, non possono sfuggire alla tutela giurisdizionale statale, pena la lesione del fondamentale diritto di difesa, espressamente qualificato come inviolabile dall'art. 24 Cost. (TAR Lazio, Roma, sez. I-ter, sent. nr. 1163/2017). Pertanto, allorquando la decisione in materia disciplinare giunga a ledere posizioni giuridicamente rilevanti per l'ordinamento statale, torna ad espandersi la giurisdizione residuale del giudice amministrativo in materia, innanzi al quale può essere fatta valere, appunto, la pretesa risarcitoria secondo i dettami delle sentenze della Corte Costituzionale n. 49/2011 e n. 160/2019” (TAR Lazio, sez. I-ter, sent. n. 9850/2021).
20. - Le tre forme di tutela giustiziale secondo la legge italiana sull'ordinamento sportivo. La legge nazionale n. 280/2003 individua, in sostanza, secondo la Corte Costituzionale, una triplice forma di tutela giustiziale. “Una prima forma, limitata ai rapporti di carattere patrimoniale tra società sportive, associazioni sportive, atleti (e tesserati), è demandata alla cognizione del giudice ordinario. Una seconda, relativa ad alcune delle questioni aventi ad oggetto le materie di cui all'art. 2, nella quale, in linea di principio, la tutela, stante la irrilevanza per l'ordinamento generale delle situazioni in ipotesi violate e dei rapporti che da esse possano sorgere, non è apprestata da organi dello Stato ma da organismi interni all'ordinamento stesso in cui le norme in questione sono state poste (e nel cui solo ambito esse, infatti, godono di pacifica rilevanza), secondo uno schema proprio della cosiddetta “giustizia associativa”. “L'ulteriore forma di tutela giustiziale ha il carattere della tendenziale residualità, in quanto è relativa a tutto ciò che per un verso non concerne i rapporti patrimoniali fra società, associazioni sportive, atleti (e tesserati) – demandati, come si è detto, al giudice ordinario – e, per altro verso, pur scaturendo da atti del CONI e delle Federazioni sportive, non rientra fra le materie che, ai sensi dell'art. 2 del decreto-legge n. 220 del 2003, sono riservate – in quanto, come detto, non idonee a far sorgere posizioni soggettive rilevanti per l'ordinamento generale, ma solo per quello settoriale – all'esclusivo interesse degli organi della giustizia sportiva. » ( Corte Cost. n.49/2011).
21. - La tutela limitata dinanzi al giudice amministrativo. Con riferimento all'art. 1 del d.l. n. 220 del 2003 convertito nella legge 280/2003 ritiene la Corte Costituzionale: «tali norme debbano essere interpretate, in un'ottica costituzionalmente orientata, nel senso che laddove il provvedimento adottato dalle Federazioni sportive o dal C.O.N.I. abbia incidenza anche su situazioni giuridiche soggettive rilevanti per l'ordinamento giuridico statale, la domanda volta ad ottenere non la caducazione dell'atto, ma il conseguente risarcimento del danno, debba essere proposta innanzi al giudice amministrativo, in sede di giurisdizione esclusiva, non operando alcuna riserva a favore della giustizia sportiva, innanzi alla quale la pretesa risarcitoria nemmeno può essere fatta valere». «Il Giudice amministrativo può, quindi, conoscere, nonostante la riserva a favore della “giustizia sportiva”, delle sanzioni disciplinari inflitte a società, associazioni ed atleti, in via incidentale e indiretta, al fine di pronunciarsi sulla domanda risarcitoria proposta dal destinatario della sanzione». “Quindi, qualora la situazione soggettiva abbia consistenza tale da assumere nell'ordinamento statale la configurazione di diritto soggettivo o di interesse legittimo, in base al ritenuto “diritto vivente” del giudice che, secondo la suddetta legge, ha la giurisdizione esclusiva in materia, è riconosciuta la tutela risarcitoria”. La Corte Costituzionale ha quindi escluso che “ ….la mancanza di un giudizio di annullamento ….. …venga a violare quanto previsto dall'art. 24 Cost..”. Ritiene la Corte che secondo il “diritto vivente” il legislatore ha operato un non irragionevole bilanciamento che lo ha indotto, per i motivi già evidenziati, ad escludere la possibilità dell'intervento giurisdizionale maggiormente incidente sull'autonomia dell'ordinamento sportivo” (Corte Cost. sentenza n. 49/2011). 21.1.- In alcune fattispecie peraltro l'ordinamento italiano conosce in effetti alcune speciali limitazioni della tutela giurisdizionale. Si tratta di ipotesi in cui la legge, a fronte di un atto illegittimo o di un fatto illecito, consente al giudice solo il risarcimento del danno per equivalente e non la tutela in forma specifica: -art. 2058 codice civile italiano: “Il danneggiato può chiedere la reintegrazione in forma specifica, qualora sia in tutto o in parte possibile. Tuttavia il giudice può disporre che il risarcimento avvenga solo per equivalente, se la reintegrazione in forma specifica risulta eccessivamente onerosa per il debitore.”; - art. 1, comma 1037, legge n. 205/2017: “I giudizi riguardanti l'assegnazione di diritti d'uso delle frequenze, la gara e le altre procedure di cui ai commi da 1026 a 1036, con particolare riferimento alle procedure di rilascio delle frequenze per il servizio televisivo digitale terrestre, rientrano nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo e sono devoluti alla competenza funzionale del TAR del Lazio. In ragione del preminente interesse nazionale alla sollecita liberazione e assegnazione delle frequenze, l'annullamento di atti e provvedimenti adottati nell'ambito delle procedure di cui ai commi da 1026 a 1036 non comporta la reintegrazione o esecuzione in forma specifica e l'eventuale risarcimento del danno eventualmente dovuto avviene solo per equivalente. La tutela cautelare e' limitata al pagamento di una provvisionale”.
IL DIRITTO UNIONALE -
22. - Il principio di effettività della tutela giurisdizionale. - T.U.E ART. 19 - comma 1.”Gli Stati membri stabiliscono i rimedi giurisdizionali necessari per assicurare una tutela giurisdizionale effettiva nei settori disciplinati dal diritto dell'Unione”. - Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea – articolo 47 – “Diritto a un ricorso effettivo e a un giudice imparziale”. “Ogni persona i cui diritti e le cui libertà garantiti dal diritto dell'Unione siano stati violati ha diritto a un ricorso effettivo dinanzi a un giudice, nel rispetto delle condizioni previste nel presente articolo. Ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente ed entro un termine ragionevole da un giudice indipendente e imparziale, precostituito per legge. Ogni persona ha la facoltà di farsi consigliare, difendere e rappresentare. A coloro che non dispongono di mezzi sufficienti è concesso il patrocinio a spese dello Stato, qualora ciò sia necessario per assicurare un accesso effettivo alla giustizia”. La legge nazionale 280/2003 in materia di ordinamento e giustizia sportiva è contestata perché impedisce al giudice statale di annullare o sospendere le sanzioni disciplinari irrogate dai giudici sportivi, in contrasto col principio di effettività della tutela giurisdizionale, inverato dall'art. 24 Costituzione italiana, dall'art. 47 Carta di Nizza del 2000, CDFUE, dall'art. 19 TUE in ordine alle situazioni giuridiche attribuite ai singoli da norme europee.
23. - La giurisprudenza della Corte di Giustizia dell'Unione Europea. La Corte di Giustizia UE ha affermato: « Per quanto riguarda il principio di effettività, occorre ricordare che il diritto dell'Unione non produce l'effetto di obbligare gli Stati membri a istituire mezzi di ricorso diversi da quelli già contemplati dal diritto interno, a meno che, tuttavia, dalla struttura dell'ordinamento giuridico nazionale in questione risulti che non esiste alcun rimedio giurisdizionale che permetta, anche solo in via incidentale, di garantire il rispetto dei diritti spettanti ai singoli in forza del diritto dell'Unione » (CGUE, sentenza Randstad, C-497/20, 21 dicembre 2021, §62).” Si tratta di un principio fondamentale che assicura la necessaria corrispondenza tra la tutela delle situazioni giuridiche sostanziali, attribuite ai singoli da norme promananti dall'ordinamento dell'Unione, e la tutela di situazioni giuridiche processuali, funzionali al soddisfacimento degli interessi sottesi alle prime. La Corte di Giustizia ha ribadito il principio di effettività del ricorso giurisdizionale, strumento imprescindibile per la tutela della rule of law in ambito comunitario. Il principio, espresso dall'art. 19 par. 1 TUE («Gli Stati membri stabiliscono i rimedi giurisdizionali necessari per assicurare una tutela giurisdizionale effettiva nei settori disciplinati dal diritto dell'Unione»), trova affermazione anche nell'art. 47 CDFUE, il quale assurge a sua volta a norma di diritto primario (la Carta di Nizza ha «lo stesso valore giuridico dei Trattati» ai sensi dell'art. 6 par. 1 TUE). Esso si radica anche nelle tradizioni costituzionali comuni degli Stati Membri (Unibet, C-432/05, 13 marzo 2007, §37). Inoltre, l'art. 19, par. 1, seconda parte, del T.U.E. obbliga gli Stati membri a stabilire i rimedi giurisdizionali necessari ad assicurare ai singoli, nei settori disciplinati dal diritto dell'Unione, il rispetto del loro diritto a una tutela giurisdizionale effettiva (cfr.: C.G.U.E, IX Sezione, sentenza del 7 luglio 2022, in C-261/21, punto 43; C.G.U.E. sentenza del 26 marzo 2020, in C558/18 e C563/18, EU:C:2020:234, punto 32 e giurisprudenza ivi citata). Per altro verso, il diritto a un ricorso giurisdizionale effettivo si può ritrovare nel sistema sovranazionale nell'art. 6 CEDU: «Ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente ed entro un termine ragionevole da un tribunale indipendente e imparziale, costituito per legge, il quale sia chiamato a pronunciarsi sulle controversie sui suoi diritti e doveri di carattere civile o sulla fondatezza di ogni accusa penale formulata nei suoi confronti[...]».Il diritto a un ricorso effettivo postula che l'organo giurisdizionale rispetti le caratteristiche fondamentali di terzietà, imparzialità e indipendenza. «Questo requisito di indipendenza degli organi giurisdizionali, intrinsecamente connesso al compito di giudicare, costituisce un aspetto essenziale del diritto a una tutela giurisdizionale effettiva e del diritto fondamentale a un equo processo, che riveste importanza cardinale quale garanzia della tutela dell'insieme dei diritti derivanti al singolo dal diritto dell'Unione e della salvaguardia dei valori comuni agli Stati membri enunciati all'articolo 2 TUE, segnatamente del valore dello Stato di diritto» (Commissione c. Polonia, C-791/19, 15 luglio 2021, §58). Nel caso di sanzioni interdittive, il cui effetto afflittivo grave consiste nell'impedire lo svolgimento di specifiche condotte, per un periodo di tempo di durata significativa, ad un manager di livello apicale di società quotata in borsa operante nel settore produttivo dello sport, il mero rimedio risarcitorio per equivalente pecuniario, in forma di tutela obbligatoria, non può essere considerato equivalente alla rimozione della sanzione, quale tutela risarcitoria in forma specifica e reale. Spetta all'ordinamento giuridico interno di ciascuno Stato membro, in forza del principio dell'autonomia procedurale, stabilire le modalità processuali di tali rimedi giurisdizionali, a condizione, tuttavia, che tali modalità, nelle situazioni disciplinate dal diritto dell'Unione, non siano meno favorevoli rispetto a quelle relative a situazioni analoghe disciplinate dal diritto interno (principio di equivalenza) e che non rendano in pratica impossibile o eccessivamente difficile l'esercizio dei diritti conferiti dall'Unione (principio di effettività) (C.G.U.E., sentenza del 21 dicembre 2021, Randstad Italia, C497/20, EU:C:2021:1037, punto 58; C.G.U.E., sentenza del 10 marzo 2021, Konsul Rzeczypospolitej Polskiej w N., C-949/19, EU:C:2021:186, punto 43 e giurisprudenza ivi citata). Il diritto unionale e la giurisprudenza sembrano quindi ostare al quadro normativo nazionale in quanto: a- società, associazioni, affiliati, tesserati sportivi in Italia hanno l'onere di adire anzitutto gli organi di giustizia dell'ordinamento sportivo, in quanto a detto ordinamento è riservata la disciplina dei comportamenti rilevanti sul piano disciplinare e l'irrogazione delle relative sanzioni disciplinari; b- una volta esauriti i gradi della giustizia sportiva, se l'atto si rivela illegittimo ed illecito il giudice amministrativo potrà se del caso riconoscere solo la tutela risarcitoria per equivalente pecuniario; c- egli non potrà a fronte di provvedimenti amministrativi del giudice sportivo, di cui sia accertata l'illegittimità, annullare o sospendere la sanzione disciplinare irrogata, ripristinando la legalità violata, secondo i parametri normativi di riferimento. Pertanto questo Tribunale dubita che il diritto interno sia conforme alla normativa unionale ed al principio di effettività della tutela giurisdizionale in relazione a situazioni soggettive conferite e comunque regolate dal diritto dell'Unione europea.
24. – Le ragioni del secondo quesito - II – Col secondo quesito si chiede se la normativa nazionale in materia di sanzioni disciplinari sportive sia compatibile con il principio di legalità della sanzione alla luce del diritto unionale e della giurisprudenza della Corte. ART. 6 TUE – ART. 7 CEDU - ART. 49 CDFUE - Principi di legalità e proporzionalità dei reati e delle pene. -Trattato di Lisbona – Art. 6 - 1. L'Unione riconosce i diritti, le libertà e i principi sanciti nella Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea del 7 dicembre 2000, adattata il 12 dicembre 2007 a Strasburgo, che ha lo stesso valore giuridico dei trattati. Le disposizioni della Carta non estendono in alcun modo le competenze dell'Unione definite nei trattati. I diritti, le libertà e i principi della Carta sono interpretati in conformità delle disposizioni generali del titolo VII della Carta che disciplinano la sua interpretazione e applicazione e tenendo in debito conto le spiegazioni cui si fa riferimento nella Carta, che indicano le fonti di tali disposizioni. - CEDU art. 7 c. 1 “Nulla poena sine lege 1. Nessuno può essere condannato per una azione o una omissione che, al momento in cui è stata commessa, non costituiva reato secondo il diritto interno o internazionale. Parimenti, non può essere inflitta una pena più grave di quella applicabile al momento in cui il reato è stato commesso.” - Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea - Art. 49 c.1 ” Nessuno può essere condannato per un'azione o un'omissione che, al momento in cui è stata commessa, non costituiva reato secondo il diritto interno o il diritto internazionale. Parimenti, non può essere inflitta una pena più grave di quella applicabile al momento in cui il reato è stato commesso. Se, successivamente alla commissione del reato, la legge prevede l'applicazione di una pena più lieve, occorre applicare quest'ultima”. La giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo, a partire dalla nota sentenza Engel and others v. the Netherlands del 1976, ha stabilito il principio per il quale le sanzioni che presentano carattere afflittivo, pur se non qualificate formalmente come penali negli ordinamenti degli Stati Parte della CEDU, devono ricadere nell'ambito delle garanzie convenzionali previste per le sanzioni penali. Il principio, poi consolidato nella giurisprudenza sovranazionale con successive sentenze quali Öztürk v. Germany del 1984, Grande Stevens v. Italy del 2014 e A. and B. v. Norway del 2016, definisce il concetto di “accusa penale” di cui all'art. 6 CEDU in senso sostanziale, avendo riguardo alla natura dell'illecito ovvero alla severità della sanzione connessa alla sua violazione, piuttosto che al solo dato della classificazione dello stesso come reato da parte del diritto nazionale. Il principio della sentenza “Engel” fa parte del diritto UE come principio generale e comporta che venga affermata la natura sostanzialmente penale di una sanzione amministrativa avente carattere gravemente afflittivo, con l'effetto che le garanzie proprie del diritto penale dovranno essere estese all'illecito formalmente non penale che preveda una sanzione amministrativa afflittiva. Il principio di legalità in materia di reati ha tra i propri corollari il principio di tassatività e sufficiente determinatezza del precetto e della sanzione penale, onde assicurare ai consociati la prevedibilità delle conseguenze giuridiche delle proprie condotte. La Corte Costituzionale nella sentenza n. 63 del 2019 afferma: «rispetto a singole sanzioni amministrative che abbiano natura e finalità punitiva, il complesso dei principi enucleati dalla Corte di Strasburgo a proposito della materia penale […] non potrà che estendersi anche a tali sanzioni». Alla luce di quanto precede, è indubbio che anche alle sanzioni amministrative afflittive siano applicabili i principi di tassatività e determinatezza.
25. – Le ragioni del terzo quesito - III – Col terzo quesito infine si chiede se sia compatibile il diritto interno in materia sportiva con le libertà fondamentali dell'individuo di circolazione e di concorrenza riconosciute dai Trattati. Il quesito pregiudiziale riguarda la coerenza dell'ordinamento sportivo italiano e della legge italiana con le libertà fondamentali dell'individuo garantite dai Trattati nel mercato interno, a fronte delle sanzioni irrogate dai giudici sportivi italiani quali soggetti dello sport nazionale. Occorre allora stabilire in via di interpretazione del diritto europeo se: -le libertà unionali siano oggetto nella materia di una legittima restrizione; - sussista un motivo imperativo di interesse generale che fondi detta restrizione; - detto motivo qualora sussistente consenta una normativa nazionale derogatoria rispetto ai principi e rispetto alle libertà unionali garantite all'individuo.
IL DIRITTO DELL'UNIONE EUROPEA ---
L'art. 6 TFUE prevede le cd competenze complementari dell'Unione europea, annoverando tra le materie lo sport. - Trattato TFUE - Articolo 6 –“ L'Unione ha competenza per svolgere azioni intese a sostenere, coordinare o completare l'azione degli Stati membri. I settori di tali azioni, nella loro finalità europea, sono i seguenti: a) tutela e miglioramento della salute umana; b) industria; c) cultura; d) turismo; e) istruzione, formazione professionale, gioventù e sport; f) protezione civile; g) cooperazione amministrativa.” - TFUE ARTT. 45-49-56– Il Trattato assicura le libertà fondamentali delle persone nell'Unione in materia di libera circolazione dei lavoratori, di stabilimento dei cittadini , di prestazione dei servizi. - TFUE ART. 102 – E' vietato lo sfruttamento abusivo da parte di una impresa di una posizione dominante sul mercato interno o una parte sostanziale di esso. - TFUE ART. 101 – La diposizione vieta le decisioni di associazioni di imprese che possano pregiudicare la libera concorrenza nel mercato interno avendo per oggetto o per effetto di impedire, restringere, falsare la concorrenza stessa. Secondo la Corte di Giustizia le decisioni assunte dalle associazioni di diritto privato organizzatrici delle competizioni calcistiche quali la FIGC possono essere qualificate quali “decisioni di associazioni di imprese” ai sensi dell'art. 101 TFUE e quindi sono soggette alle previsioni di tale disposizione (cfr. CGUE, 21.12.23, C-333/21, “European Superleague Company SL”, par. 87). Invero, il potere disciplinare conferito alla FIGC non sembra essere “collocato in un quadro di criteri sostanziali che sia trasparente, determinato e preciso”. Manca infatti nella legge 280 del 2003 qualsiasi riferimento ai criteri sostanziali sulla base dei quali la giustizia sportiva sia ammessa all'esercizio del potere disciplinare.
IL RINVIO PREGIUDIZIALE - I QUESITI -
26.- Sulla scorta della ricostruzione sin qui svolta, con la presente ordinanza il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio – Roma - rimette alla Corte di Giustizia i seguenti tre quesiti pregiudiziali relativi all'interpretazione delle norme e dei principi unionali. 1 - quesito pregiudiziale ai sensi dell'art. 267 del Trattato TFUE: se il diritto dell'Unione ed in particolare gli artt. 6 e 19 TUE, alla luce dell'art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione (CDFUE) e 6 della CEDU, in relazione al principio della tutela giurisdizionale effettiva, vadano interpretati nel senso che ostano a che: -il diritto interno di uno Stato Membro, quale quello di cui all'art. 2 del d.l. 220/2003 convertito in legge 280/2003, come interpretato nel diritto vivente italiano, una volta esauriti i gradi della giustizia sportiva nazionale, escluda il ricorso a una tutela giurisdizionale che preveda il potere del giudice nazionale ( nel caso di specie il giudice amministrativo ) di annullamento della sanzione disciplinare sportiva e dei suoi effetti futuri, nonché di sospendere in via cautelare l'efficacia delle sanzioni medesime, così limitando il potere del giudice nazionale alla sola tutela risarcitoria per equivalente, laddove risulti che l'esercizio del potere disciplinare è stato in concreto illegittimo; 2- quesito pregiudiziale ai sensi dell'art. 267 del Trattato TFUE: se il diritto dell'Unione ed in particolare gli artt. 6 e 19 del TUE, interpretati alla luce degli art. 47,48 e 49 della Carta dei Diritti Fondamentali dell'Unione europea e 6 e 7 della CEDU devono essere interpretati nel senso che, al fine di assicurare il rispetto dei principi di legalità, di tassatività e di sufficiente determinatezza delle fattispecie incriminatrici, nonché del giusto processo, ostano a che: - una normativa nazionale, quale quella di cui all'art. 2 del d.l. 220/2003, convertito dalla legge n. 280/2003 – come interpretata nel diritto vivente italiano – che, in applicazione del principio di autonomia dell'ordinamento sportivo come sancito dalla legge nazionale ed interpretato nel diritto vivente italiano, consenta agli organi dell'ordinamento sportivo di irrogare ad un dirigente sportivo una sanzione disciplinare a carattere inibitorio dell'attività professionale in conseguenza della violazione di una disposizione dell'ordinamento federale (art. 4, comma 1, del Codice di Giustizia Sportiva FGCI), la quale stabilisce, con una clausola generale a carattere indeterminato, che tutti i tesserati e dirigenti sono tenuti ad osservare, oltre che lo Statuto e le altre norme federali, i principi di lealtà, correttezza e probità; 3 - quesito pregiudiziale ai sensi dell'art. 267 del Trattato TFUE: se il diritto dell'Unione ed in particolare gli artt., 45, 49 e 56, 101 e 102 del TFUE e 47 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea vadano interpretati nel senso che ostano a che: - la normativa nazionale, quale quella di cui all'art. 2 del d.l. n. 220/2003, convertito dalla legge n. 280/2003, consenta l'irrogazione da parte degli organi sportivi di una sanzione disciplinare interdittiva, per effetto della quale è inibito ad un dirigente apicale di società sportiva di livello internazionale lo svolgimento dell'attività professionale per 24 mesi in ambito nazionale e sovranazionale.
CONCLUSIONI -
27.- Ai sensi delle “Raccomandazioni all'attenzione dei giudici nazionali, relative alla presentazione di domande di pronuncia pregiudiziale”, pubblicate in GUUE del 8 novembre 2019, vanno trasmessi in copia alla Cancelleria della Corte di Giustizia dell'Unione europea: - la presente ordinanza; - la copia degli atti del fascicolo di causa. La trasmissione potrà essere effettuata per via telematica all'indirizzo DDP GreffeCour@curia.europa.eu, oppure mediante plico raccomandato indirizzato alla cancelleria della Corte di giustizia (rue du Fort Niedergrünewald, 2925 Luxembourg). 28.- In applicazione dell'art. 79 d.lgs.104/2010cod. proc. amm. il presente giudizio rimane sospeso nelle more della definizione del procedimento incidentale di rinvio. 29.Ogni ulteriore decisione, anche in ordine al regolamento delle spese processuali, è riservata alla pronuncia definitiva.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Ter), non definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe descritto, così decide: - rimette alla Corte di giustizia dell'Unione europea le questioni pregiudiziali d'interpretazione indicate in motivazione al paragrafo 26, ai sensi dell'art. 267 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea; - dispone che la copia integrale della presente ordinanza, unitamente alla copia integrale del fascicolo di causa, siano trasmesse, a cura della Segreteria della Sezione, alla Cancelleria della Corte di Giustizia dell'Unione Europea; - sospende il presente giudizio nelle more della pronuncia della Corte di Giustizia; - riserva alla sentenza definitiva ogni ulteriore pronuncia, in rito ed in merito e in ordine alle spese di lite. Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell'articolo 9, paragrafo 1, del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare il ricorrente e le altre persone fisiche menzionate.
21-08-2024 21:55
Richiedi una Consulenza