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Sentenza

L'impiego ricorrente e regolare di un immobile per attività ricreative, con live...
L'impiego ricorrente e regolare di un immobile per attività ricreative, con livelli di rumore superiori ai limiti consentiti, non è in linea con la locazione turistica breve.

Cons. di Stato, sez. V, sent., 2 ottobre 2024, n. 7913

Fatto e Diritto

1.-La Tr. Co. s.r.l. ha interposto appello nei confronti della sentenza 14 marzo 2023, n. 634 del Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia che ha accolto il ricorso dei signori Co. Iv. Ra. ed altri avverso il provvedimento in data 11 agosto 2022 con cui il Comune di Como ha concluso il procedimento ordinando all'appellante di conformare l'attività esercitata nel compendio denominato “Vi. Bo.”, sito alla via (omissis), alla sola locazione per finalità turistica breve, oggetto di autorizzazione.

I ricorrenti in primo grado, in qualità di residenti in Como, in immobili che affacciano sulle vie (omissis), limitrofe a Vi. Bo., avevano segnalato al Comune di Como la progressiva trasformazione dell'utilizzo del compendio predetto da parte della Tr. Co. s.r.l., conduttrice dell'immobile (di proprietà della So. s.p.a.), in attività di ricezione turistica, con una pluralità di eventi organizzati, comportanti un generale degrado della zona e immissioni acustiche intollerabili.

E' intervenuto il provvedimento impugnato in primo grado con ricorso volto a contestarne la legittimità ed adeguatezza sotto il profilo di un uso incompatibile con la destinazione d'uso della villa da residenziale a turistico/ricettiva, in carenza di standard, e comunque per vizio motivazionale e difetto di istruttoria, mediante allegazione delle censure di violazione della l. r. Lombardia n. 27 del 2015, del regolamento regionale n. 7 del 2016, nonché della legge n. 447 del 1995.

La sentenza appellata, disattese le plurime eccezioni di inammissibilità, ha accolto il ricorso per difetto di istruttoria relativamente ai servizi effettivamente prestati nella Vi. Bo. (circostanza rilevante specialmente ai fini dell'assoggettamento alla disciplina di cui all'art. 6, commi 1 e 4, della legge n. 447 del 1995 in tema di immissioni sonore), con conseguente annullamento dell'atto impugnato ed obbligo di riesame della condizione dei luoghi.

2. - Con il presente appello la Tr. Co. s.r.l. ha dedotto l'erroneità della sentenza impugnata, reiterando, alla stregua di motivi di critica della medesima, le eccezioni di inammissibilità del ricorso di primo grado per difetto di giurisdizione dell'adito giudice amministrativo, per carenza di interesse nonché di irricevibilità, allegando, nel merito, che l'attività svolta nella Vi. Bo. sarebbe di cessione in locazione breve a terzi.

3. - Si sono costituiti in resistenza i signori Ch. Du. Pa. Da. Fa., ed altri, ed anche il Comune di Como eccependo l'inammissibilità/improcedibilità e comunque l'infondatezza del ricorso in appello.

In particolare, gli appellati allegano che, successivamente alla sentenza impugnata, il Comune di Como ha adottato, all'esito del procedimento di riesame dell'istruttoria conseguita alla comunicazione di Tr. Co. in data 9 marzo 2022, tre provvedimenti: a) quello in data 24 luglio 2023, recante il divieto di prosecuzione dell'attività turistico ricettiva; b) il provvedimento in data 10 agosto 2023 con cui ha disposto il divieto immediato di prosecuzione dell'attività di case e appartamenti vacanze in forma imprenditoriale, sempre presso il compendio di Vi. Bo.; c) un terzo atto in data 24 luglio 2023 recante la ingiunzione al ripristino dello stato dei luoghi ai sensi dell'art. 31 del d.P.R. n. 380 del 2001 per mutamento di destinazione d'uso in assenza di titolo abilitativo. Detti provvedimenti sono stati impugnati dalla società Tr. Co. con ricorsi proposti dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia (taluni di questi ricorsi sono stati decisi in sede cautelare).

4. - All'udienza pubblica del 16 maggio 2024 la causa è stata trattenuta in decisione.

5. - Occorre muovere dalla considerazione per cui successivamente alla pubblicazione della sentenza impugnata l'amministrazione comunale di Como ha adottato tre provvedimenti incidenti sulla materia del contendere non solo in prospettiva diacronica, ma soprattutto di diversa regolamentazione della fattispecie a seguito di una rinnovata valutazione degli interessi in gioco.

Ciò appare chiaro considerando che il provvedimento, in data 11 agosto 2022, gravato in primo grado, disponeva “di conformare l'attività esercitata alla sola locazione per finalità turistica breve [...] entro giorni 30 dalla data di notifica del presente provvedimento”, mentre, successivamente alla sentenza, il Comune di Como ha svolto una nuova istruttoria, raggiungendo il convincimento che «l'attività svolta dalla società interessata, in forma stabile, sistematica e permanente, è ulteriore e diversa rispetto alla mera locazione turistica breve, concretizzando, tra l'altro, un sostanziale mutamento di destinazione d'uso urbanisticamente rilevante dell'intero compendio, dalla categoria residenziale a quella turistico-ricettiva extralberghiera, ai sensi dell'art. 23 ter del DPR n. 380/2021 e s.m.i.» (così il provvedimento di divieto di prosecuzione dell'attività turistico ricettiva in data 24 luglio 2023).

Ne è conseguita la coeva ordinanza direttoriale n. 212 recante ingiunzione al ripristino dello stato dei luoghi e della destinazione d'uso residenziale originaria, ai sensi dell'art. 31 del d.P.R. n. 380 del 2001, per mutamento di destinazione d'uso in assenza di permesso di costruire, muovente anche essa dalla constatazione che, all'esito delle verifiche compiute, è risultato che «la messa a disposizione del compendio della Vi. Bo. a scopi turistico-ricettivi e ricreativi per lo svolgimento e l'organizzazione di eventi, in particolare ricevimenti matrimoniali organizzati, è la prevalente e principale finalità dell'attività di locazione».

E' poi intervenuto il provvedimento dello Sportello unico attività produttive in data 10 agosto 2023 che, a seguito della comunicazione di avvio di attività per case e appartamenti vacanze in forma imprenditoriale della Tr. Co. del precedente 3 agosto, ha disposto il divieto immediato di prosecuzione dell'attività, ritenuta in contrasto con i principi di collaborazione e buona fede tra amministrazione e cittadino, «palesando un apparente disinteresse alle problematiche arrecate a vicinato e della conseguente necessità del giusto contemperamento di tutti gli interessi coinvolti».

I suindicati provvedimenti non fanno espresso riferimento alla sentenza in questa sede impugnata, la quale ne è stata la occasione, ma sicuramente contengono uno sviluppo istruttorio autonomo, conseguente anche ad una sopravvenuta comunicazione per avvio di attività per case e appartamenti vacanze (risalente al 3 agosto 2023), finalizzata ad un'attività diversa da quella autorizzata di sola locazione per finalità turistica breve.

Ora, secondo costante giurisprudenza, si determina una situazione di improcedibilità per carenza di interesse ogni qualvolta sopravvengano provvedimenti che, senza essere satisfattivi della pretesa dedotta in giudizio, e anzi anche quando reiterino o aggravino la lesione, modifichino la situazione di diritto o di fatto, in senso favorevole o no, in guisa da togliere al ricorrente interesse alla rimozione dell'atto originariamente impugnato. Più precisamente, deve ritenersi improcedibile per sopravvenuto difetto di interesse il ricorso proposto contro un provvedimento comunale ove nel frattempo sia stato adottato dalla stessa autorità un nuovo provvedimento modificativo e innovativo proprio in relazione agli aspetti e ai profili oggetto di contestazione, essendo irrilevante, stante l'unicità del processo nei due gradi del giudizio, che la causa di improcedibilità si sia verificata prima o dopo la proposizione dell'appello o il primo giudice non l'abbia rilevata (in termini Cons. Stato, IV, 31 dicembre 2007, n. 6843).

L'appellante contesta l'eccezione di improcedibilità sollevata dalle parti resistenti, nell'assunto che i provvedimenti sopravvenuti (ed oggetto di separati ricorsi pendenti in primo grado) sono correlati e dipendenti dalla sentenza in questa sede appellata, e dunque non sono “spontanei”, ma esecutivi della sentenza, che sussista comunque un interesse strumentale e morale all'accoglimento dell'appello, oltre che un interesse ai fini risarcitori, e infine che un'eventuale statuizione di improcedibilità farebbe passare in giudicato la decisione di accoglimento del primo giudice.

Si tratta di argomenti difensivi, ad avviso del Collegio, non condivisibili.

Anzitutto, non può postularsi che i tre sopravvenuti provvedimenti comunali siano adottati in mera esecuzione della sentenza gravata e dunque destinati ad essere caducati in caso di riforma della sentenza, in quanto appare chiaro dalla loro motivazione che sono espressione di una istruttoria rinnovata non condizionata dalla sentenza di primo grado, che non viene infatti mai evocata.

D'altronde l'autonomia dalla sentenza appellata non può dubitarsi rispetto al provvedimento del 10 agosto 2023 che deriva proprio da una nuova iniziativa dell'appellante, che dimostra dunque di volere essere “autorizzata” allo svolgimento di un'attività diversa dalla precedente, in tale modo esprimendo un contegno difficilmente compatibile con il permanere dell'interesse alla decisione sul ricorso in appello.

Certamente l'interesse, nella descritta situazione, non può neppure affermarsi prospettando un interesse al risarcimento del danno, allo stato privo di ogni elemento di verosimiglianza.

Né appare pertinente l'obiezione che la declaratoria di improcedibilità comporterebbe il passaggio in giudicato della sentenza di prime cure, nel sottinteso che il difetto di interesse all'annullamento del provvedimento originariamente impugnato implicherebbe la dichiarazione di improcedibilità dell'originario ricorso proposto in primo grado (e quindi l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata), in quanto nel caso di specie la sentenza di prime cure si è limitata a ravvisare il difetto di istruttoria (relativamente alla tipologia dei servizi effettivamente prestati). Giova a questo riguardo precisare che il giudicato di annullamento di un provvedimento per vizi formali (quali il difetto di istruttoria o di motivazione), in quanto pacificamente non contiene alcun accertamento in ordine alla spettanza del bene della vita coinvolto nel provvedimento impugnato, non consente di fondare la pretesa al risarcimento del danno, o, per meglio dire, non può costituire il presupposto per l'accoglimento della domanda di risarcimento del danno; infatti, mentre la caducazione dell'atto per vizi sostanziali vincola l'amministrazione ad attenersi, nella successiva attività, alla statuizione dle giudice, l'annullamento fondato su profili formali non elimina né riduce il potere della stessa di provvedere in ordine allo stesso oggetto dell'atto annullato e lascia ampio il potere in merito all'amministrazione, con il solo limite negativo di riesercizio nelle stesse caratterizzazioni di cui si è accertata l'illegittimità, sicché non possono ritenersi condizionate o determinate in positivo le scelte della stessa rispetto ad ogni altra possibile motivazione utilizzabile (in termini Cons. Stato, V, 6 marzo 2017, n. 1037).

Quanto ora affermato circa la portata del giudicato sul difetto di istruttoria vale non solo ai fini della domanda di risarcimento del danno, ma ad ogni ulteriore effetto, proprio perché non contiene l'accertamento sulla spettanza del bene della vita; può anzi rilevarsi che, nel caso di specie, la portata della sentenza di primo grado sia stata integralmente superata dalla attività amministrativa ormai compiuta dall'amministrazione (peraltro andando oltre al vincolo derivante dalla sentenza stessa), esaurendone ogni ipotetica effettualità (che rende non necessario l'annullamento senza rinvio della sentenza con declaratoria di improcedibilità del ricorso di primo grado).

6. - Ad ogni buon conto, il ricorso in appello è anche infondato, come emerge dalla sintetica esposizione che segue.

Non appare anzitutto meritevole di positiva valutazione l'assunto, svolto con il primo motivo (premessa in diritto nell'articolazione dell'atto di appello), ma anche con il motivo sub B.2), secondo cui la Tr. Co. avrebbe svolto solamente locazione turistica breve a terzi (in coerenza con la comunicazione del 9 marzo 2022 attraverso il portale Suap), non richiedente dunque una preventiva verifica dell'inquinamento acustico, come più ampiamente dedotto nel motivo sub B.1; gli eventi (feste private) svoltisi a Vi. Bo. sarebbero peraltro stati gestiti dagli ospiti autonomamente.

Invero non solo l'istruttoria svolta successivamente e a fondamento dei provvedimenti sopravvenuti dimostra l'uso incompatibile con la locazione turistica breve dell'immobile, ma anche la precedente relazione tecnica versata in atti e i sopralluoghi della Polizia municipale e dei Carabinieri forestali dimostrano lo svolgimento in forma sistematica di attività ricreativa ripetuta nel tempo (circa venti eventi nel 2022 e circa venticinque nel 2023) con immissioni acustiche che superano gli standard normativi, tali da determinare un mutamento di destinazione da residenziale a turistico ricettiva. Conseguentemente, Vi. Bo. va qualificata come infrastruttura ove viene svolta un'attività ricreativa che, nella misura in cui può essere fonte di inquinamento acustico, è soggetta alla legge n. 447 del 1995.

Anche il secondo motivo, concernente il difetto di giurisdizione dell'adito giudice amministrativo, è infondato, in quanto il ricorso ha ad oggetto il provvedimento di conformazione dell'attività esercitata, e non già la contestazione della intollerabilità delle immissioni (o del connesso vulnus al diritto alla salute), circostanza che, al più, viene dedotta al fine di dimostrare un uso dell'immobile non compatibile con il titolo posseduto dalla società appellante.

Per le stesse ragioni è infondato il motivo con cui si deduce l'inammissibilità per carenza di interesse del ricorso introduttivo, atteso che con il ricorso si contesta proprio l'ordine di conformazione, ritenuto inadeguato rispetto all'attività effettivamente esercitata dall'odierna appellante (mentre non è contestato il titolo abilitativo alla locazione per finalità turistica breve). Analogamente infondato è il motivo che deduce l'inammissibilità del ricorso collettivo, in quanto non viene contestata la documentazione comprovante che tutti i ricorrenti siano residenti in via (omissis) in Como e quindi in possesso del requisito della vicinitas rispetto alla Vi. Bo., presupposto dello stabile collegamento da cui origina la legittimazione ad agire a tutela di interessi incisi da atti e comportamenti.

7. - Alla stregua di quanto esposto, il ricorso in appello va dichiarato improcedibile.

Le spese di giudizio seguono, come per regola, la accertata soccombenza, e sono liquidate nel dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale

(Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo dichiara improcedibile.

Condanna l'appellante alla rifusione, in favore di entrambe le parti appellate (privati e Comune di Como), delle spese di giudizio, liquidate in euro duemila per ciascuna.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Avv. Antonino Sugamele

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