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Sentenza

Immigrazione e stranieri. Permesso di soggiorno. Il rilascio del permesso di so...
Immigrazione e stranieri. Permesso di soggiorno. Il rilascio del permesso di soggiorno per attesa occupazione non è previsto dalla legge, atteso che la disposizione che contemplava tale possibilità, ossia l’art. 5, comma 11-bis, d.lgs. n. 109 del 2012, fa parte di un corpus di norme transitorie introdotte per la sanatoria dei lavoratori stranieri presenti nel territorio nazionale in modo ininterrotto almeno dalla data del 31 dicembre 2011, o precedentemente; pertanto, in carenza di un esplicito richiamo da parte dell’art. 103, d.l. n. 34 del 2020, essa non può essere estesa all’emersione dal lavoro irregolare di cui è causa, che costituisce una disciplina di carattere eccezionale e derogatoria di quella ordinaria, la quale, quindi, impone un’applicazione restrittiva nel rispetto dei casi e dei tempi da essa contemplati.
Consiglio di Stato, Sezione 3, Sentenza del 22-04-2024, n. 3643
Data udienza 7 marzo 2024

Integrale
Stranieri - Permesso di soggiorno - Emersione lavoro irregolare - Contratto di soggiorno - Provvedimento di revoca -Art. 5, comma 11-bis, d.lgs. n. 109 del 2012 - Applicazione - Estensione - Esclusione

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale
Sezione Terza

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6637 del 2023, proposto da -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato Fr. Pi., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Ministero dell'Interno, Questura Latina, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via (...);

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio sezione staccata di Latina Sezione Prima n. -OMISSIS-, resa tra le parti.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno e della Questura di Latina;

Vista l'ordinanza cautelare n. -OMISSIS-;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 7 marzo 2024 il Cons. Giovanni Tulumello, vista l'istanza di passaggio in decisione depositata dall'appellante e le conclusioni delle parti come in atti;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. Con la sentenza gravata il T.A.R. del Lazio, sezione staccata di Latina, ha respinto il ricorso proposto dall'odierno appellante per l'annullamento del provvedimento di diniego di emersione dal lavoro irregolare impugnato in primo grado.

L'indicata sentenza è stata impugnata con ricorso in appello dal ricorrente in primo grado.

Si sono costituiti in giudizio il Ministero dell'Interno e la Questura di Latina.

Nel corso del giudizio è stata accolta la domanda dell'appellante di sospensione cautelare degli effetti della sentenza gravata.

Il ricorso è stato trattenuto in decisione alla pubblica udienza del 7 marzo 2024.

2. Come riporta la sentenza gravata, il provvedimento di diniego di emersione dal lavoro irregolare impugnato in primo grado è motivato con riferimento al presupposto provvedimento di revoca del contratto di soggiorno per lavoro subordinato, a sua volta adottato per non essere il prodotto certificato di idoneità alloggiativa proveniente dal Comune di -OMISSIS-.

Il T.A.R. ha respinto il ricorso pur dando atto che "la responsabilità della dichiarazione alloggiativa è nel caso di piena e totale pertinenza del datore di lavoro, non potendosi cioè imputare alcunché al ricorrente".

3. Deduce in contrario l'appellante:

3.1. "Eccesso di potere nelle figure sintomatiche del difetto di istruttoria, del difetto di motivazione, dell'erronea rappresentazione dei fatti e della erronea valutazione dei fatti".

3.2. "Violazione del principio di proporzionalità, di irragionevolezza e di buona fede".

Nell'ambito del secondo motivo viene altresì dedotto - reiterando identica censura proposta in primo grado - un vizio riconducibile alla mancata, effettiva partecipazione dell'interessato al procedimento, posto che "l'odierno ricorrente, se avesse ricevuto la comunicazione di avvio del procedimento o il provvedimento in una lingua a lui comprensibile, avrebbe potuto esercitare efficacemente il suo diritto di difesa e avrebbe potuto ottenere un provvedimento a sé favorevole".

4. Il ricorso in appello, ad avviso del Collegio, è fondato.

Il provvedimento impugnato in primo grado risulta motivato in relazione a circostanze che, come riconosciuto dal primo giudice, sono estranee alla sfera di responsabilità del ricorrente (e, dunque, di imputabilità allo stesso.

Sulla base di tali premesse alla soluzione adottata dall'amministrazione, e ritenuta legittima del primo giudice, osta, tra l'altro, il dovere di "collaborazione" gravante sull'amministrazione ex art. 1, comma 2-bis della legge n. 241 del 1990, nella misura in cui contribuisce ad integrare, come nella specifica e peculiare fattispecie dedotta, il paradigma normativo dell'azione amministrativa, e dunque a condizionare la legittimità dell'esercizio del relativo potere (nella prospettiva dell'eccesso di potere, di cui si dirà in conclusione).

Al di là del reale rilievo della (sola) illegittimità del provvedimento presupposto nella complessa fattispecie dedotta, un'adeguata istruttoria, ispirata anche agli invocati princì pi di proporzionalità, ragionevolezza e buona fede, avrebbe dovuto imporre all'amministrazione, in un'ottica di risultato (a tutela dei significativi e fondamentali interessi, pubblici e privati, implicati nella fattispecie), una verifica sostanziale (anche al di là del mero dato formale relativo alla riscontrata irregolarità dell'idoneità abitativa) delle condizioni per la sussistenza o meno del riconoscimento dell'utilità rivendicata, anche alla luce della manifestata disponibilità del ricorrente ad individuare un alloggio alternativo munito di valido certificato di idoneità alloggiativa.

Sotto quest'ultimo profilo - che non ha costituito oggetto di un'espressa statuizione della pronuncia impugnata - risulta altresì fondato l'argomento di censura che deduce il difetto di una adeguata partecipazione al procedimento, avuto riguardo alla peculiarità della vicenda.

5. La superiore interpretazione si impone anche in ragione della irreversibilità degli effetti della contraria esegesi posta a fondamento del provvedimento gravato, anche in conseguenza della disparità di trattamento pure colta dal primo giudice, allorché ha rilevato che "il rilascio del permesso di soggiorno per attesa occupazione non è previsto dalla legge, atteso che la disposizione che contemplava tale possibilità, ossia l'art. 5, comma 11-bis, d.lgs. n. 109 del 2012, fa parte di un corpus di norme transitorie introdotte per la sanatoria dei lavoratori stranieri presenti nel territorio nazionale in modo ininterrotto almeno dalla data del 31 dicembre 2011, o precedentemente; pertanto, in carenza di un esplicito richiamo da parte dell'art. 103, d.l. n. 34 del 2020, essa non può essere estesa all'emersione dal lavoro irregolare di cui è causa, che costituisce una disciplina di carattere eccezionale e derogatoria di quella ordinaria, la quale, quindi, impone un'applicazione restrittiva nel rispetto dei casi e dei tempi da essa contemplati".

Il T.A.R. ha tuttavia ritenuto tale disparità di trattamento non tale da legittimare una questione di legittimità costituzionale, "spettando al legislatore di diversamente modulare la detta disciplina eccezionale".

6. Osserva in proposito il Collegio che, fermo restando anche per il legislatore il vincolo della ragionevolezza nel disciplinare in modo diseguale situazioni estremamente affini, ciò che rileva nella fattispecie in esame è che il rigetto della pretesa del ricorrente in ragione di una irregolarità formale non imputabile all'interessato, e senza un accertamento della reale sussistenza sul piano sostanziale dei presupposti per l'accesso all'utilità rivendicata, determina la definitiva ed irreversibile frustrazione dell'interesse pubblico primario - che informa la disciplina in questione - alla regolarizzazione di lavoratori stranieri (obiettivo evidentemente ritenuto dal legislatore necessario anche per fronteggiare le esigenze del mercato del lavoro e del sistema economico nel suo complesso), nonché dell'interesse legittimo fondamentale del ricorrente alla regolarizzazione - sussistendone i presupposti sostanziali - della condizione di permanenza sul territorio dello Stato (il tutto nell'acclarata assenza di elementi, anche presuntivi, di pericolosità sociale, e in presenza di un accertato inserimento sociale e lavorativo, privo di elementi di controindicazione).

Anche il rilevato profilo teleologico, e la connessa esigenza di procedere ad un'interpretazione funzionale (rispetto alla tutela dei richiamati interessi protetti della normativa in questione) e costituzionalmente orientata (onde prevenire l'irragionevole, definitiva frustrazione di tali interessi - anche in conseguenza della segnalata disparità di trattamento normativo di fattispecie analoghe - in assenza dell'accertamento della effettiva e sostanziale mancanza delle condizioni legittimanti l'adozione del provvedimento richiesto) depongono dunque nel senso anzidetto (dal momento che, come si sta anche per specificare ulteriormente, una consapevole applicazione della disciplina generale dell'attività amministrativa può costituire rimedio, nell'ottica dei richiamati canoni esegetici, alla possibile disparità di trattamento tra fattispecie analoghe derivante dalla normativa regolante lo specifico procedimento)..

Il provvedimento impugnato in primo grado risulta pertanto affetto dai vizi dedotti.

7. Oltre quanto fin qui argomentato in relazione al secondo motivo, in relazione al primo motivo di appello va osservato che la dedotta figura di eccesso di potere per erronea rappresentazione e valutazione dei fatti risulta, nel caso di specie (alla luce delle peculiarità fin qui segnalate), ricorrente anche alla luce - come già accennato - della deviazione dalla logica del risultato.

Il modello di relazione fra legge e potere amministrativo improntato al principio di buon andamento della pubblica amministrazione (art. 97 Cost.) induce infatti a ritenere che l'esercizio del potere discrezionale debba essere parametrato non (solo) al formale rispetto della regola, ma (anche) al raggiungimento del risultato voluto dalla norma attributiva.

Non si tratta di porre in tal modo su piani contrapposti ed alternativi il principio di buon andamento rispetto al principio di legalità : al contrario, fondare l'adozione del provvedimento di diniego sulla ricorrenza solo formale (e non anche sostanziale) dei presupposti legittimanti lo stesso, in una complessa fattispecie quale quella qui dedotta (condizionante la sorte dei fondamentali interessi pubblici e privati sopra richiamati), non può ritenersi conforme - se non in modo meramente apparente - al principio di legalità .

8. L'appello in conclusione deve essere accolto e, in riforma della sentenza appellata, accolto il ricorso introduttivo del giudizio di primo grado ed annullato il provvedimento con esso impugnato.

Sussistono infine giuste ragioni, legate alla peculiarità della fattispecie, per disporre la compensazione delle spese del doppio grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Terza, definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l'effetto, in riforma della sentenza appellata, accoglie il ricorso introduttivo del giudizio di primo grado ed annulla il provvedimento con esso impugnato.

Spese del doppio grado di giudizio compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell'articolo 10 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare la persona dell'appellante.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 7 marzo 2024 con l'intervento dei magistrati:

Michele Corradino - Presidente

Ezio Fedullo - Consigliere

Giovanni Tulumello - Consigliere, Estensore

Antonio Massimo Marra - Consigliere

Angelo Roberto Cerroni - Consigliere
Sommario
Avv. Antonino Sugamele

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