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Sentenza

Rapporto di lavoro e i servizi di informazione....
Rapporto di lavoro e i servizi di informazione.
Cons. Stato Sez. II, 17/02/2023, n. 1688

Il rapporto di lavoro con i servizi di informazione è altamente fiduciario ed è caratterizzato da un'amplissima discrezionalità dell'amministrazione nel regolarlo, con la conseguenza che può essere disposto d'ufficio il rientro nell'amministrazione di provenienza quando vengano meno i necessari requisiti di affidabilità o si determini una situazione di vulnerabilità. Dalla natura fiduciaria del rapporto e dall'ampia discrezionalità che lo connota, unitamente ai profili di segretezza che lo caratterizzano, discende che il provvedimento che dispone il rientro nell'amministrazione di appartenenza non richiede un'analitica motivazione e può fare legittimamente riferimento ad esigenze di servizio, come accaduto nel caso di specie. 



Cons. Stato Sez. II, Sent., (ud. 14/02/2023) 17-02-2023, n. 1688

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8396 del 2020, proposto da -OMISSIS- rappresentato e difeso dall'avvocato Annalisa Cutrona, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell'Avv. Romolo Donzelli in Roma, largo della Gancia 1;

contro

Ministero Difesa Direzione Generale per il personale Militare, Presidenza del Consiglio dei Ministri Dipartimento Informazione e Sicurezza Dis, Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri, Comando Interregionale Carabinieri -OMISSIS-, Comando Legione Carabinieri Marche, Comando Legione Carabinieri Marche S.M. Ufficio personale, Carabinieri Comando Provincilae -OMISSIS-, Comando Provinciale Carabinieri -OMISSIS- non costituiti in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche (sezione prima) n. -OMISSIS- resa tra le parti, concernente la perdita di grado per rimozione;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 14 febbraio 2023 il Cons. Carmelina Addesso e udito per l'appellante l'Avv. Annalisa Cutrona;
Svolgimento del processo - Motivi della decisione

1. Con l'appello in epigrafe il sig. -OMISSIS-ha impugnato la sentenza del TAR Marche, sezione prima, n. -OMISSIS-che ha respinto il ricorso per l'annullamento del decreto del Ministero della difesa-Direzione Generale per il Personale Militare, datato 11 novembre 2019 e notificato il 5 dicembre 2019, con cui gli è stata irrogata la sanzione disciplinare della perdita di grado per rimozione ai sensi degli artt. 861, comma 1, lett. d), e 867, comma 5, del D.Lgs. 15 marzo 2010, n. 66.

1.1 Il ricorrente, che all'epoca dell'adozione del provvedimento impugnato rivestiva il grado di Maresciallo Maggiore dell'Arma dei Carabinieri, ha prestato servizio alle dipendenze della Presidenza del Consiglio dei Ministri- -OMISSIS- dal 5 gennaio 2009 e fino al 26 giugno 2017 allorché è stato disposto il suo rientro nell'Arma con decorrenza 27 giugno 2017.

1.2 La sanzione disciplinare veniva irrogata all'esito di un procedimento disciplinare in relazione a un episodio di millantato credito aggravato (art. 346 comma 2 c.p.) per il quale il militare era già stato condannato con sentenza ex art. 444 c.p. del G.I.P. presso il Tribunale de -OMISSIS- alla pena, condizionalmente sospesa, di anni uno di reclusione ed euro 500 di multa. Era emerso che il -OMISSIS-, in cambio della dazione di denaro, aveva falsamente promesso ad un indagato che avrebbe potuto intercedere in suo favore presso un sostituto procuratore della Repubblica di Ancona al fine di alleggerire la sua posizione processuale o addirittura per far sparire il fascicolo relativo alle indagini.

1.3 Il TAR, adito dall'interessato per l'annullamento del provvedimento disciplinare, ha respinto il ricorso con compensazione delle spese di lite, rilevando, in sintesi che: i) sebbene la condotta di rilievo disciplinare sia stata posta in essere allorché il ricorrente prestava servizio presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, la competenza all'adozione del provvedimento disciplinare spettava al Ministero della difesa poiché l'interessato non ha mai perso lo status di militare e, una volta cessato dall'impiego presso gli organismi di cui alla L. n. 124 del 2017, era soggetto all'autorità del Ministero della difesa e del Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri; ii) il procedimento è stato tempestivamente avviato a seguito dell'acquisizione della copia integrale della sentenza penale; iii) l'ufficiale inquirente, dopo aver esaminato la memoria difensiva e le giustificazioni dell'incolpato, ha ritenuto fondati gli addebiti a carico dello stesso, deferendolo alla Commissione di disciplina il cui giudizio non è sindacabile nel merito; iv) la sanzione risulta proporzionata poiché, da un lato, già dal rapporto del Direttore del -OMISSIS- emerge come negli ultimi tempi il rendimento del ricorrente avesse dato adito a rilievi e, dall'altro lato, il reato è particolarmente grave, essendo idoneo a ledere non solo il prestigio dell'istituzione di appartenenza dell'interessato, ma anche quello dell'istituzione a cui appartiene il pubblico ufficiale di cui si millanta la conoscenza (nella specie, la magistratura penale di Ancona); v) in relazione, invece, al provvedimento con cui è stato disposto il rientro nei ranghi dell'Arma, lo stesso è stato notificato nel luglio 2017 al ricorrente, il quale non ha ritenuto di impugnarlo a suo tempo (così come non ha impugnato i provvedimenti di Persomil che hanno disposto la sospensione cautelare dall'impiego).

2. Con ricorso in appello notificato in data 8 ottobre 2020 e depositato in data 2 novembre 2020 il Sig. -OMISSIS- chiede la riforma della sentenza per i seguenti motivi:

I) Omessa pronuncia sull'eccezione di incompetenza assoluta e relativa nonché erroneità della sentenza per contraddittorietà, illogicità e incongruenza della motivazione;

II) Illegittimità della sentenza per eccesso di potere e violazione di legge;

III) Ingiustizia manifesta, violazione di legge ed eccesso di potere.

IV) Ingiustizia manifesta, violazione di legge, nonché violazione e falsa applicazione nonché errato rinvio a norme di legge.

3. Le amministrazioni appellate non si sono costituite in giudizio.

4. L'appellante ha depositato memoria, insistendo nelle proprie difese.

5. All'udienza del 14 febbraio 2023 la causa è stata trattenuta in decisione.

6. L'appello è infondato.

7. Con il primo motivo l'appellante lamenta l'omessa pronuncia del giudice di primo grado sul motivo di ricorso afferente al vizio di incompetenza assoluta del provvedimento impugnato, in quanto adottato dal Ministero della difesa in luogo della Presidenza del Consiglio dei Ministri alle cui dipendente egli prestava servizio al momento in cui ha posto in essere la condotta oggetto di sanzione disciplinare (8 giugno 2017). Espone che il suo status effettivo e giuridico era quello di dipendente della Presidenza del Consiglio, essendo in congedo illimitato dall'Arma dei Carabinieri, e che del tutto illogicamente la sentenza, al paragrafo n.5, ha desunto la legittimità del provvedimento dalla circostanza che lo stesso appellante ha adito il TAR Marche, anziché il TAR Lazio a cui spetta la competenza funzionale inderogabile a giudicare delle controversie relative al rapporto di lavoro del personale -OMISSIS- ai sensi dell'art. 135 lett. o) c.p.a. Evidenzia che la competenza territoriale del giudice di impugnazione è stata individuata esclusivamente con riferimento all'autorità che ha emanato il provvedimento impugnato, ma che tale circostanza è irrilevante ai fini del sindacato sul vizio di incompetenza assoluta all'adozione del provvedimento dedotto in ricorso di primo grado.

7.1 Il motivo è infondato.

7.2 Il personale dell'Arma dei Carabinieri chiamato a comporre il contingente speciale addetto al -OMISSIS- e ai servizi di informazione per la sicurezza di cui all'art. 21 L. n. 124 del 2007 non perde, per ciò solo, lo status di militare e non è sottratto doveri attinenti al giuramento prestato e al grado rivestito.

7.3 Né il codice dell'ordinamento militare né la L. n. 124 del 2007 sanciscono che l'assegnazione, a tempo determinato, dell'appartenente all'Arma dei Carabinieri al -OMISSIS- determini, oltre che il collocamento in congedo illimitato, anche la perdita o la "sospensione" dello status di militare.

7.4 Sotto tale profilo, il Collegio osserva che:

- lo stato di militare viene meno solo al verificarsi delle cause tassativamente indicate dall'art. 866 del codice dell'ordinamento militare che non contempla l'assegnazione temporanea al contingente speciale -OMISSIS-;

- la perdita dello stato militare determina necessariamente la cessazione definitiva del rapporto di impiego con l'Arma di appartenenza il quale, in assenza di una espressa previsione di legge, non potrebbe rimanere "congelato" con conseguente possibilità di rientro, come accade in caso di assegnazione al -OMISSIS- (art. 923 comma 1 lett m);

-il militare in congedo illimitato, a differenza di quello in congedo assoluto (che peraltro conserva, al pari del primo, lo status di militare ed è soggetto al potere disciplinare: cfr. Cons Stato sez. II n. 6914 del 14 ottobre 2021), rimane inquadrato nel ruolo di appartenenza e continua ad essere assoggettato agli obblighi di servizio attivo in tempo di pace, in tempo di guerra o di grave crisi internazionale (artt. 790 e 880 D.Lgs. n. 66 del 2010);

-il militare in congedo illimitato assegnato al contingente speciale -OMISSIS-, pur essendo sospeso, durante il periodo di appartenenza al contingente, dalla qualifica di ufficiale e agente di pubblica sicurezza e di polizia giudiziaria, non è parimenti sospeso dallo status di militare discendente dall'appartenenza alla Forza Armata (art. 23 comma 2 L. n. 124 del 2007);

-l'assegnazione al contingente speciale non è ostativa alla progressione di carriera nell'amministrazione di provenienza, tant'è che l'appellante, durante il servizio prestato presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, è stato promosso al grado di Mar. A.S. UPS (cfr. annotazione n. 45 foglio matricolare).

7.5 Poiché l'interessato ha conservato lo status di militare anche durante il periodo di servizio prestato presso il -OMISSIS-, non è revocabile in dubbio che la violazione dei doveri inerenti allo predetto status, integrata dalla condotta di millantato credito, sia suscettibile di essere sanzionata disciplinarmente dall'autorità militare, una volta fatto rientro nell'Arma.

7.6 Il provvedimento impugnato è stato, quindi, correttamente adottato dal Ministero della difesa-PERSOMIL poiché l'assegnazione al contingente speciale -OMISSIS- non ha inciso, modificandola, sulla competenza prevista dal Codice dell'Ordinamento Militare in ordine all'adozione delle sanzioni per le condotte disciplinarmente rilevanti poste in essere dagli appartenenti all'Arma, in ragione della permanenza del rapporto di impiego con l'amministrazione militare.

7.7 D'altra parte, l'appellante non ha indicato alcuna disposizione di legge che, in deroga al C.O.M., escluda espressamente lo status di militare per il personale transitato temporaneamente al -OMISSIS- o assegni la competenza all'adozione del provvedimento sanzionatorio in via esclusiva al Presidente del Consiglio dei Ministri, anche successivamente al rientro nell'Arma.

7.8 Sotto tale profilo si osserva che, da un lato, è insufficiente il richiamo-operato dalla difesa- all'art. 23 L. n. 124 del 2017 che attiene, come già chiarito, alla sospensione della sola qualifica di ufficiale e agente di P.S. e di P.G. (da cui discendono obblighi di intervento, segnalazione e denuncia potenzialmente incompatibili con i profili di riservatezza delle attività svolte) e che, dall'altro lato, nemmeno il regolamento che disciplina l'ordinamento e il reclutamento del personale -OMISSIS- è autorizzato dalla legge a introdurre una deroga alla disciplina vigente nel senso sostenuto dall'appellante (art. 21 L. n. 124 del 2007).

7.9 Per tale ragione, correttamente il giudice di primo grado ha concluso che il militare che transita nei ruoli degli organismi di cui alla L. n. 124 del 2007 viene a trovarsi in una posizione particolare, in quanto, seppure non è tenuto svolgere il servizio presso l'amministrazione di provenienza e seppure perde, laddove la possedesse in base alle norme del c.p.p. o all'ordinamento di settore, la qualifica di ufficiale o agente di P.G., resta pur sempre in possesso dello status di militare, e sotto questo profilo è soggetto alle disposizioni contenute nel D.Lgs. n. 66 del 2010 ( 6.1 della parte in diritto).

7.10 Le conclusioni del TAR si fondano, pertanto, su un'attenta e condivisibile lettura del quadro normativo (cfr. paragrafo 6 della sentenza) che le deduzioni difensive dell'appellante non riescono a scalfire, a prescindere dal riferimento, di natura meramente incidentale e su cui si appuntano precipuamente le critiche dell'appellante, alla competenza del giudice adito a conoscere del provvedimento impugnato, in quanto estraneo al rapporto di lavoro presso il -OMISSIS-

7.11 Le considerazioni sopra svolte conducono alla reiezione anche della censura relativa al capo della sentenza con cui- si afferma nell'appello- il TAR si è "sentito esonerato all'onere di acquisire gli atti relativi al rapporto di impiego del Mar.-OMISSIS- presso gli organismi di cui alla L. n. 124 del 2007" (pag. 11 del ricorso in appello).

7.12 In disparte i profili di inammissibilità per genericità della censura, atteso che l'appellante si limita ad affermare di non ritenere "condivisibile" la statuizione del TAR omettendo di formulare una critica puntuale, è dirimente ribadire che il mantenimento dello status di militare rende superflua qualunque ulteriore acquisizione documentale, poiché, come correttamente osservato dal giudice di primo grado, i fatti e le circostanze esposti in ricorso non sono contestati, né con riguardo alle modalità con cui è avvenuto il passaggio del ricorrente alle dipendenze del -OMISSIS-, né per quanto concerne il periodo di servizio svolto presso il citato Dipartimento.

7.13 Anche la censura sopra esaminata deve, pertanto, essere respinta.

8. Con il secondo motivo di appello l'appellante impugna il paragrafo n. 6 della sentenza nella parte in cui si afferma che già al momento dell'adozione del primo provvedimento di sospensione precauzionale dall'impiego era in condizioni di comprendere di essere nuovamente sottoposto alle norme del C.O.M. e, quindi, all'autorità del Ministero della difesa. Lamenta che, secondo il giudice di primo grado, egli avrebbe dovuto attivare onerose procedure giudiziarie, quando la procedura disciplinare non era ancora conclusa e, forse, nemmeno iniziata.

8.1 La censura - in disparte i profili di genericità e difetto di difetto di interesse, atteso che l'accoglimento di siffatto motivo non potrebbe comunque condurre all'annullamento del provvedimento impugnato per le ragioni sopra indicate al 7 - è anche infondata nel merito, poiché i provvedimenti di sospensione precauzionale dall'impiego, sia obbligatoria e facoltativa, non sono meri atti endoprocedimentali, ma provvedimenti immediatamente lesivi e, in quanto tali, assoggettati al termine decadenziale di impugnazione (cfr. Cons. Stato sez. II 26 aprile 2022 n. 3223 e 21 gennaio 2022 n. 387).

8.2 I decreti del Ministero della Difesa -Direzione Generale del Personale Militare del 28 luglio 2017 e del 6 giugno 2018 hanno applicato nei confronti dell'appellante, dapprima, la sospensione cautelare obbligatoria a decorrere dall'8 giugno 2017 e, successivamente, la sospensione facoltativa ai sensi degli artt. 915 e 916 D.Lgs. n. 66 del 2010. Già da tali provvedimenti, di portata immediatamente lesiva, il ricorrente ha avuto conoscenza del proprio assoggettamento all'ordinamento militare anche sul piano disciplinare.

8.3 Per tali ragioni, anche il secondo motivo di appello deve essere respinto.

9. Con il terzo motivo di appello l'appellante lamenta che la sentenza del TAR "pecca di un'insolita, quanto ingiusta, modalità valutativa dei fatti oggetto del giudizio, laddove le amministrazioni convenute non hanno effettuato delle rituali costituzioni in giudizio contenenti gli elementi che il Giudicante ha ritenuto di ordinare all'Arma di documentare, accogliendo altresì la lunga, irrituale e tardiva relazione illustrativa della PCM". Lamenta, in sintesi, che il giudice di primo grado ha accolto acriticamente la difesa delle P.A. convenute, sollecitandone le illustrazioni, ovvero accettandone le produzioni non autorizzate, incorrendo in un vizio di extrapetizione ed eccesso di potere. La sentenza sarebbe, inoltre, affetta da manifesta ingiustizia poiché fondata su atti interlocutori richiesti dallo stesso TAR che si sono risolti in opportunità difensive per le amministrazioni convenute.

9.1 L'appellante sostiene, altresì, che la manifesta ingiustizia emergerebbe anche dal linguaggio utilizzato dal giudice e dai personali "giudizi", anzi "pregiudizi", oltre che dal richiamo di norme addirittura inesistenti. Cita a sostegno numerosi passi della sentenza impugnata (pag. 8, pag. 8 e 9, pag. 11, pag. 12, pag. 13, pag. 14 della parte in diritto) a suo parere espressione di un giudizio personale del giudicante in contrasto con il divieto di presunzione assoluta della responsabilità e comunque destituiti di fondamento giuridico o fattuale.

9.2 Il motivo è infondato.

9.3 L'art. 63 comma 1 c.p.a sancisce che, fermo restando l'onere della prova a carico delle parti, il giudice può chiedere alle stesse anche d'ufficio chiarimenti o documenti.

9.4 Come precisato ormai da tempo dalla giurisprudenza, tale strumento di acquisizione, nel suo concreto atteggiarsi, non determina alcuna violazione delle prerogative processuali delle parti, ovvero una compressione del principio della "parità delle armi" poiché è conforme al principio dispositivo temperato con metodo acquisitivo che connota il processo amministrativo (Cons. Stato sez. VI 2 febbraio 2012 n. 586; Cons. Stato sez. IV, 4 gennaio 2018 n. 36).

9.5 Ne discende che, una volta che il ricorrente abbia fornito un principio di prova, rientra nell'ambito del prudente apprezzamento del giudice l'esercizio, anche d'ufficio, dei poteri istruttori, ivi compresa la richiesta di chiarimenti alle parti o l'acquisizione di informazioni o documenti dall'amministrazione (artt. 63 e 64 c.p.a.)

9.6 Il giudice di primo grado, nel disporre che l'amministrazione depositasse una relazione con i chiarimenti sui fatti di causa, si è limitato ad esercitare i poteri ad esso riconosciuti dal codice del processo amministrativo, ritenendo, secondo il proprio prudente apprezzamento, necessario un approfondimento istruttorio al fine del decidere.

9.7 Nell'esercizio dell'attività istruttoria da parte del giudice non può, quindi, ravvisarsi "un'insolita, quanto ingiusta, modalità valutativa dei fatti oggetto del giudizio", come sostenuto dalla difesa.

9.8 Quanto alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, è sufficiente osservare che il ricorrente ha convenuto in giudizio anche tale amministrazione che, quindi, del tutto legittimamente ha esercitato il proprio diritto di difesa, depositato una memoria ex art. 73 c.p.a in vista della trattazione del merito del ricorso.

9.9 D'altra parte, emerge dal fascicolo di primo grado che il signor -OMISSIS- ha potuto esercitare a pieno il proprio diritto di difesa, depositando documenti e memorie e replicando ai chiarimenti forniti dall'amministrazione, sicché risulta smentito per tabulas l'assunto per cui il giudice di primo grado avrebbe abdicato dal proprio ruolo di terzietà, non lasciando spazio alla dialettica paritaria (cfr. pag 13 del ricorso in appello).

9.10 Ne discende l'insussistenza del lamentato vizio di extrapetizione e di eccesso di potere.

10. Del pari infondate sono le censure di manifesta ingiustizia della sentenza in quanto inficiata da personali giudizi e pregiudizi (così a pag. 14 dell'appello) e da palesi e numerosi errori di valutazione.

10.1 Il ricorrente procede ad una minuziosa critica di alcune parti della sentenza -esaminate isolatamente e del tutto avulse dal contesto generale della motivazione- senza, tuttavia, riuscire a scalfirne la correttezza dell'impianto argomentativo.

10.2 Quest'ultimo risulta immune dai vizi denunciati nella parte in cui si osserva che legittimamente è stato disposto il ritrasferimento del ricorrente nell'amministrazione di provenienza, venendo evidentemente meno l'affidamento del -OMISSIS- nei confronti di soggetti che hanno posto in essere reati comuni.

10.3 In disparte la circostanza che, nel caso di specie, non è impugnato l'atto trasferimento, ma il provvedimento disciplinare, è sufficiente ricordare che, per costante orientamento della giurisprudenza amministrativa, il rapporto di lavoro con i servizi di informazione è altamente fiduciario ed è caratterizzato da un'amplissima discrezionalità dell'amministrazione nel regolarlo, con la conseguenza che può essere disposto d'ufficio il rientro nell'amministrazione di provenienza quando vengano meno i necessari requisiti di affidabilità o si determini una situazione di vulnerabilità, (Cons. Stato sez. IV 28 settembre 2021 n. 6511). Dalla natura fiduciaria del rapporto e dall'ampia discrezionalità che lo connota, unitamente ai profili di segretezza che lo caratterizzano, discende che il provvedimento che dispone il rientro nell'amministrazione di appartenenza non richiede un'analitica motivazione e può fare legittimamente riferimento ad esigenze di servizio, come accaduto nel caso di specie.

10.4 Del pari infondate sono le censure che si appuntano sulle affermazioni del TAR relative alla legittimità del procedimento disciplinare, alla scelta processuale della parte di addivenire al patteggiamento, alle conclusioni cui è pervenuto l'ufficiale inquirente nell'accertamento dei fatti nonché all'insindacabilità nel merito del giudizio della Commissione di disciplina.

10.5 Questo Consiglio di Stato ha già avuto occasione di osservare che non risulta irragionevole né sproporzionato il provvedimento di rimozione fondato su condotte oggetto di sentenza di patteggiamento passata in giudicato poiché la sentenza fa stato sotto il profilo disciplinare ai sensi del combinato disposto di cui agli articoli 445, comma 1-bis, e 653, comma 1-bis, del codice di procedura penale (Cons. Stato sez. II 22 luglio 2022 n. 6469). L'obbligo dell'amministrazione di un'autonoma valutazione dei fatti posti a base della sentenza patteggiata non esclude, infatti, che essi possano formare il fondamento dell'accertamento della responsabilità disciplinare e della conseguente sanzione, in difetto di una prova contraria che spetta all'incolpato fornire (Cons Stato sez. VI 22 settembre 2022 n. 8145).

10.6 Nel caso di specie, l'amministrazione ha proceduto ad un'autonoma valutazione dei fatti oggetto di accertamento penale anche alla luce delle giustificazioni addotte dall'incolpato e dei suoi precedenti di carriera, come precisato nel provvedimento impugnato, e ha ritenuto che la gravità della condotta-consistente nel farsi, prima, promettere e, poi, dare denaro da una persona imputata di associazione per delinquere con la pretesa di comprare i favori di un Sostituto Procuratore della Repubblica-fosse di gravità tale da giustificare la massima sanzione disciplinare.

10.7 Non pertinenti sono i richiami, da parte della difesa, al divieto di presunzioni assolute- atteso che l'amministrazione ha proceduto ad un'autonoma istruttoria in sede disciplinare-e all'istituto processuale della sospensione condizionale della penale che, sebbene fondato su una prognosi favorevole di non recidiva sul piano penale, non dispiega effetto alcuno sul piano disciplinare, lasciando intatto tutto il disvalore della condotta posta in essere.

10.8 Per tale ragione, come correttamente osservato dal giudice di primo grado, il provvedimento impugnato non appare affetto da manifesta irragionevolezza e sproporzione, essendo precluso al giudice amministrativo, anche in sede di giurisdizione esclusiva, qualunque sindacato sulle scelte di merito dell'amministrazione (a differenza di quanto afferma l'appellante: pag. 16 del ricorso).

10.9 Anche il terzo motivo di appello deve, quindi, essere respinto.

11. Con il quarto motivo di appello, l'appellante lamenta l'ingiustizia manifesta e la violazione di legge poiché il TAR "ha posto a fondamento della decisione, rinviando ad esse, norme di legge in parte mal interpretate e quindi falsamente applicate (rispetto a quanto pacificamente riconosciuto in dottrina e giurisprudenza, circa l'attuale inesistenza della "pregiudiziale penale" e circa la perentorietà dei termini del procedimento disciplinare - vedi infra), in parte addirittura INESISTENTI, utilizzandole, altresì, a supporto di ulteriori pregiudizi, oltre a quelli già evidenziati" Espone, in sintesi, che, poiché la sanzione è stati irrogata a seguito di un procedimento disciplinare, avrebbero dovuto applicarsi gli articoli 1392 e 1393 C.O.M. che sanciscono l'autonomia del procedimento disciplinare da quello penale, salvo alcune ipotesi eccezionali nella specie non ricorrenti. Rileva, altresì, la tardività dell'azione penale che avrebbe dovuto essere avviata dalla conoscenza del fatto (quanto meno dalla data dell'arresto in flagranza del giugno 2017 o dalla conclusione delle indagini preliminari) e non dall'acquisizione della sentenza di patteggiamento.

11.1 Il motivo è infondato.

11.2 L'art. 1393 D.Lgs. n. 66 del 2010 nel sancire il principio di autonomia del procedimento disciplinare dal procedimento penale prevede due uniche eccezioni che impongono la sospensione o il rinvio sino all'esito del giudizio penale: i) quando il fatto è grave (cioè passibile di consegna di rigore o di sanzione di stato) e il suo accertamento rivesta particolare complessità al punto che gli strumenti propri della inchiesta disciplinare non siano sufficienti; ii) se il fatto addebitato, indipendentemente dalla sua gravità, sia commesso nell'esercizio delle funzioni ovvero in adempimento di obblighi e doveri di servizio (Cons. Stato sez. IV 22 marzo 2021 n. 2428; sez. IV 18 settembre 2018 n. 5451).

11.3 In tali casi, il procedimento disciplinare di stato a seguito di giudizio penale deve essere instaurato con la contestazione degli addebiti all'incolpato, entro 90 giorni dalla data in cui l'amministrazione ha avuto conoscenza integrale della sentenza o del decreto penale irrevocabili, che lo concludono, ovvero del provvedimento di archiviazione (art. 1392 comma 1).

11.4 Nel caso di specie, il rinvio dell'attivazione del procedimento disciplinare all'esito di quello penale trova giustificazione proprio nella complessità dell'accertamento discendente dalla circostanza che la condotta addebitata è stata posta in essere allorché il militare prestava servizio nel contingente speciale -OMISSIS- ed era, quindi, assoggettato a particolari garanzie funzionali. Per tali ragioni, pur essendo il fatto accertato nella sua oggettiva materialità al momento dell'arresto in flagranza, è all'esito del procedimento penale, concluso con la sentenza di patteggiamento -la quale viene pronunciata solo in assenza dei presupposti per un proscioglimento ai sensi dell'art. 444 comma 2 c.p.p. e dell'art. 129 c.p.p.- che ne risultava definitivamente comprovata anche l'antigiuridicità e l'offensività, per l'assenza della scriminante speciale prevista dagli artt. 17 e ss L. n. 124 del 2007, nonché l'obiettiva gravità, non avendo il giudice ravvisato alcuna attenuante antecedente o concomitante alla condotta, ma unicamente il post factum della restituzione e del risarcimento del danno ex art. 62 n. 6 c.p.

11.5 Poiché la speciale causa di giustificazione prevista dalla L. n. 124 del 2007 può essere opposta anche nel corso dell'udienza preliminare o del giudizio, l'amministrazione ha correttamente atteso la definizione del procedimento penale ai fini dell'avvio di quello disciplinare, anche a garanzia dell'interessato.

11.6 Ne discende che l'azione disciplinare è stata tempestivamente promossa entro i termini previsti dall'art. 1392 comma 1 D.Lgs. n. 66 del 2010, tenuto conto che la sentenza, munita del timbro di irrevocabilità (del 28.10.2018), è stata comunicata all'amministrazione in data 21 febbraio 2019 e che l'addebito è stato contestato all'interessato in data 10 maggio 2019.

11.7 Nessun rilievo assume, ai fini della valida instaurazione procedimento disciplinare e della legittimità del provvedimento conclusivo, la mancata adozione della determinazione di rinvio del procedimento poiché, come osservato anche dal TAR, è un adempimento non previsto né dall'art. 1393 C.O.M. (che prevede solo la sospensione del procedimento già avviato nel caso di cui al terzo periodo del comma 1, ossia ove si tratti di atti e comportamenti del militare nello svolgimento delle proprie funzioni, in adempimento di obblighi e doveri di servizio) né dalla guida tecnica delle procedure disciplinari citata dall'appellante. Quest'ultima, in conformità con il citato art. 1393, si limita a precisare che non è causa di invalidità dell'esame disciplinare l'omessa emanazione della determinazione di rinvio nei casi di cui al terzo periodo del comma 1 dell'art. 1393 C.O.M, ma non contempla l'atto di rinvio come adempimento obbligatorio negli altri casi, rilevando che "Si tratta sempre di atto non recettizio, non soggetto a termini decadenziali" (pag. 28).

11.8 Irrilevanti sono, altresì, le deduzioni difensive in ordine all'insussistenza della pregiudiziale penale su quella disciplinare, all'inammissibilità di presunzioni assolute, all'asserita errata indicazione di alcune disposizioni da parte del TAR (art. 76 comma 1 D.P.C.M. n. 1 del 2011; art. 19 L. n. 124 del 2007) o alla loro errata interpretazione (art. 19 L. n. 123 del 2007 e art. 861 C.O.M.). Il giudice di primo grado ha, infatti, in maniera del tutto condivisibile, osservato che: i) dal punto di vista materiale, la condotta del Mar. -OMISSIS- era stata ricostruita pienamente dagli inquirenti già ab initio e, sempre dal punto di vista materiale, il reato astrattamente commesso dal ricorrente poteva apparire non connesso con lo svolgimento di compiti istituzionali, tuttavia, proprio in ragione dell'appartenenza del ricorrente ai Servizi, non era possibile per l'Arma dei Carabinieri sapere con certezza se tali valutazioni fossero fondate poiché la speciale causa di giustificazione di cui all'art. 17 L. n. 124 del 2007 ben può essere opposta anche nel corso del giudizio penale; ii) l'udienza preliminare nella specie si è tenuta dopo oltre un anno dal momento in cui i fatti si sono verificati e dunque quanto appena detto era vieppiù plausibile. Inoltre, in sede penale il ricorrente, impregiudicato l'accertamento dei fatti operato nel corso delle indagini preliminari, avrebbe potuto opporre anche cause giustificative di altro genere (ad esempio, di aver agito quale "agente provocatore") o addurre attenuanti specifiche (che avrebbero potuto rilevare quanto alla determinazione della gravità del fatto).

11.9 Infine, deve essere respinta anche la censura di omessa pronuncia del TAR in ordine alle specifiche eccezioni sollevate in merito alla mancanza di una valida motivazione in relazione alla sanzione. Il TAR, infatti, ha espressamente esaminato il profilo al punto 8.2 della parte in diritto, osservando "quanto all'entità della sanzione va anzitutto osservato che già dal rapporto del direttore del -OMISSIS- allegato al ricorso emerge come negli ultimi tempi il rendimento del ricorrente avesse dato adito a rilievi, avendo egli "…manifestato carenze dal punto di vista morale e comportamentale…". Inoltre, in data 25 gennaio 2018 il ricorrente ha subito la sanzione disciplinare della consegna semplice (variazione matricolare n. 55)".

11.10 Quest'ultima sanzione disciplinare, contrariamente a quanto sostenuto dall'appellante (pag. 16 dell'appello) è rilevante, sebbene successiva alla condotta addebitata, poiché nella determinazione della sanzione devono essere presi in considerazione tutti i precedenti di servizio dell'interessato e non solo quelli antecedenti alla condotta addebitata (art. 1355 C.O.M.).

11.11 Per pacifica giurisprudenza, la valutazione dell'adeguatezza della sanzione rispetto al fatto accertato l'amministrazione gode di ampia discrezionalità, che il giudice potrà invalidare solamente in caso di manifesta eccessività, non ravvisabile nel caso di specie. La commissione di un illecito doloso, di una gravità importante, che lede il rapporto di fiducia tra amministrazione e dipendente, nonché il prestigio e la credibilità dell'istituzione davanti alla collettività, può essere ritenuto meritevole della sanzione espulsiva. Il provvedimento di destituzione, inoltre, è chiaramente e ampiamente motivato mediante indicazione della precisa qualificazione giuridica data al fatto (legittimamente espressa con specifico riferimento ai fatti di reato contenuti nella sentenza penale), del carattere pregiudizievole, per gli interessi dell'amministrazione, del comportamento tenuto dal dipendente e delle ragioni che hanno indotto ad erogare la sanzione (Cons. Stato, sez. VI 22 settembre 2022 n. 8145; sez. VI 24 aprile 2009 n. 2536).

11.12 L'affermata sproporzione non può nemmeno discendere dalla circostanza che il ricorrente possa vantare buoni precedenti di carriera, circostanza che, di per sé, non impedisce, in presenza di addebiti aventi una loro indiscutibile e oggettiva gravità, l'irrogazione della massima misura sanzionatoria costituita dall'espulsione dal Corpo militare. Come ha più volte affermato questo Consiglio di Stato, la perdita del grado è infatti "sanzione unica ed indivisibile", non essendo suscettibile di essere regolata tra un minimo e un massimo entro i quali all'Amministrazione spetti di esercitare il potere sanzionatorio (cfr. Cons. St. sez. IV, 18.01.2018 n.307).

11.13 Per le ragioni sopra indicate le censure prospettate con il quarto motivo di appello devono essere respinte.

12. In conclusione, l'appello è infondato e deve essere respinto

13. Nulla spese per mancata costituzione delle amministrazioni appellate.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Nulla spese.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, e dell'articolo 10 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare la parte appellante.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 14 febbraio 2023 con l'intervento dei magistrati:

Dario Simeoli, Presidente FF

Antonella Manzione, Consigliere

Francesco Guarracino, Consigliere

Carmelina Addesso, Consigliere, Estensore

Stefano Filippini, Consigliere
Avv. Antonino Sugamele

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