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Sentenza

Partinico: rigetto dell'istanza di rinnovo del porto di fucile per uso tiro ...
Partinico: rigetto dell'istanza di rinnovo del porto di fucile per uso tiro a volo.
T.A.R. Sicilia Palermo Sez. III, Sent., (ud. 19/07/2022) 26-07-2022, n. 2426


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1914 del 2020, proposto da -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato Pietro Cascio, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Ministero dell'Interno, Questura di Palermo, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale, domiciliataria ex lege in Palermo, via Valerio Villareale, 6;

per l'annullamento:

- del decreto Cat. 6.F/2020 del 28.09.2020, prot. n. (...), emesso da Questura di Palermo, Commissariato di P.S. Partinico, notificato al ricorrente in pari data;

- di ogni atto presupposto, citato nel predetto decreto, e consequenziale.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno e della Questura di Palermo;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19 luglio 2022 il dott. Bartolo Salone e udito per il ricorrente il difensore, come specificato nel verbale;
Svolgimento del processo

Con il presente ricorso, ritualmente notificato e depositato, il sig. -OMISSIS-ha impugnato il decreto Cat. 6.F/2020 del 28.09.2020, prot. n. (...), di rigetto dell'istanza di rinnovo del porto di fucile per uso tiro a volo, emesso dalla Questura della Provincia di Palermo.

Contro il suddetto provvedimento, il ricorrente ha dedotto i seguenti motivi di censura: 1. Violazione degli artt. 10, 11, 42 e 43 T.U.L.P.S. approvato con R.D. n. 773 del 1931 - Motivazione solo apparente - Eccesso di potere per travisamento dei fatti, illogicità e contraddittorietà manifesta; 2. Violazione degli artt. 10, 11, 42 e 43 T.U.L.P.S. approvato con R.D. n. 773 del 1931 Eccesso di potere - Difetto di istruzione, istruttoria carente e/o lacunosa, manifesta illogicità, irragionevolezza, contraddittorietà, erroneità, incongruità della motivazione. Eccesso di potere per difetto di presupposto.

Si sono costituite in giudizio le amministrazioni resistenti a mezzo dell'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Palermo con atto depositato in data 26.11.2020. Le stesse, con memoria del 16.06.2022, hanno poi articolato difese, deducendo l'infondatezza del ricorso.

All'udienza pubblica del giorno 19 luglio 2022 la causa - previo deposito di memoria di replica della parte ricorrente - è stata trattenuta per la decisione.
Motivi della decisione

Tanto premesso in fatto, il ricorso, avente a oggetto il provvedimento di revoca del porto d'armi adottato dalla Questura di Palermo, è fondato per le ragioni che si vanno ad esporre.

Secondo condivisibile giurisprudenza, il rilascio della licenza a portare le armi non costituisce una mera autorizzazione di polizia che rimuove il limite ad una situazione giuridica soggettiva già inclusa nella sfera giuridica del privato, bensì assume contenuto permissivo in deroga al generale divieto di portare e detenere armi sancito dall'art. 699 c.p., e ribadito dall'art. 4, comma 1, della L. n. 110 del 1975, recante norme integrative della disciplina vigente per il controllo delle armi, delle munizioni e degli esplosivi; ne consegue che il potere di controllo esercitato al riguardo dall'Autorità di Pubblica Sicurezza si collega all'esercizio di compiti di prevenzione delle condizioni di sicurezza e di ordine pubblico, ben potendo quindi essere esercitato in senso negativo sull'istanza dell'interessato, in presenza di una condotta che, pur non concretandosi in specifici illeciti di rilevanza penale, possa tuttavia incidere, anche su un piano solo sintomatico, sul grado di affidabilità di chi aspira al suo rilascio.

Pertanto la valutazione dell'amministrazione, caratterizzata da ampia discrezionalità, persegue lo scopo di prevenire, per quanto possibile, l'abuso di armi da parte di soggetti non pienamente affidabili, tanto che il giudizio di non affidabilità è giustificabile anche in situazioni che non hanno dato luogo a condanne penali o misure di pubblica sicurezza, ma a vicende genericamente non ascrivibili a buona condotta. Si è osservato al riguardo (C.d.S., Sez. III, 10 luglio 2020, n. 4449) che "il giudizio prognostico a fondamento del diniego di uso delle armi viene considerato più stringente del giudizio di pericolosità sociale o di responsabilità penale, atteso che il divieto può essere adottato anche in base a situazioni che non hanno dato luogo a condanne penali o a misure di pubblica sicurezza" (in termini C.d.S., Sez. III, 25 marzo 2019, n. 1972).

La stessa giurisprudenza ha però messo in risalto come la mancanza di affidamento circa l'uso delle armi non può fondarsi sulla mera esistenza di addebiti penali, quale che sia lo stato del relativo procedimento penale a carico del destinatario del divieto. Infatti, stando a quanto condivisibilmente sostenuto da C. di S., sez. III, 15.07.2019, n. 4963: "La necessità di uno specifico apprezzamento ed esplicitazione del "pericolo di abuso", non esauribile nella mera menzione di eventuali addebiti mossi in sede penale all'interessato (quale che sia lo stato del relativo procedimento), emerge con evidenza dalla comparazione della disposizione citata con quelle (artt. 11, comma 2, e 43, comma 2, D.R. cit.) disciplinatrici delle condizioni per il rilascio del titolo di polizia avente ad oggetto il porto delle armi (a mente delle quali, rispettivamente, "le autorizzazioni di polizia possono essere negate...a chi non può provare la sua buona condotta" e "la licenza può essere ricusata... a chi non può provare la sua buona condotta o non dà affidamento di non abusare delle armi"): invero, il "pericolo di abuso", rispetto alla (mancanza di) "buona condotta", costituisce un elemento ostativo di carattere qualificato, perché presuppone non solo che l'interessato sia destinatario di rilievi suscettibili di compromettere (hic et nunc) la sua immagine di moralità e incensuratezza, indipendentemente dalla sussistenza di specifici elementi di collegamento con la materia delle armi (ed il pericolo di abusarne), ma che dalle contestazioni formulate nei suoi confronti in sede penale - alla luce dei relativi profili caratterizzanti, sul piano fattuale e giuridico - siano evincibili concreti elementi indicativi del rischio di utilizzare le armi in modo improprio, se non addirittura offensivo".

Orbene, nel caso di specie, la valutazione discrezionale condotta dall'Amministrazione sulla affidabilità soggettiva e sull'esistenza di un obiettivo pericolo di abuso da parte del ricorrente è viziata sotto molteplici profili, integranti ciascuno una distinta figura sintomatica di eccesso di potere (difetto di istruttoria, travisamento dei fatti, illogicità e contraddittorietà manifesta).

Sostiene l'Amministrazione che al ricorrente non possa essere rilasciato il porto d'armi sportivo in quanto:

1) in data 29.07.1995 il ricorrente è stato segnalato per lesioni personali aggravate a seguito di denuncia-querela sporta dalla ex moglie, -OMISSIS-. A seguito di ciò il 3.04.2002 il Trapani è stato condannato alla pena di € 775,00 di multa, oltre le spese processuali e il risarcimento del danno, mentre con sentenza del 14.04.2003 la Corte di Appello di Palermo dichiarava non doversi procedere per estinzione del reato, confermando le statuizioni civili;

2) nel 2001 -OMISSIS-è stato denunciato per violazione dell'obbligo di assistenza familiare e in data 4.10.2006 lo stesso è stato assolto perché il fatto non sussiste;

3) nel 2002 è stato denunciato dalla ex moglie per violazione degli obblighi di assistenza familiare, ma il relativo procedimento, per come richiesto dal P.M., Dott. E.P., è stato archiviato dal G.I.P. presso il Tribunale di Palermo in data 24.09.2004.

Da tali premesse fattuali, l'Amministrazione trae il seguente convincimento: "il comportamento tenuto dal richiedente rientra chiaramente tra gli indici di pericolosità oggettiva controindicati al rilascio o rinnovo di un porto d'armi; ad abundantiam, si evidenzia come l'alterco verbale e fisico occorso lasci trasparire chiaramente un astio, seppur risalente nel tempo, indice dell'esistenza di un clima di conflittualità con il proprio ex coniuge".

Osserva a questo proposito il Collegio che il giudizio di pericolosità oggettiva formulato dall'Amministrazione procedente si fondi su un solo isolato fatto di reato, risalente al 1995, il quale testimonia certamente sul piano storico di una passata conflittualità con l'ex coniuge che ha accompagnato la fase della separazione personale e che ha avuto degli strascichi anche negli anni a seguire (come è dimostrato dalle querele per violazione degli obblighi di assistenza familiare sporte dalla ex moglie rispettivamente nel 2001 e nel 2002, ancorché le notizie di reato si siano rivelate infondate al vaglio giudiziario), ma che tuttavia nulla ci dice circa l'esistenza di una situazione di conflittualità ancora in atto. Il fatto che dal 2002 a oggi nessuna ulteriore denuncia o querela sia stata sporta dalla ex moglie e che nessun altro alterco fisico o verbale sia stato registrato lascia presumere, piuttosto, che i rapporti tra gli ex coniugi si siano appianati e allo stato risultino pacifici.

Ne consegue che la valutazione di pericolosità oggettiva compiuta dalla Questura - dovendosi peraltro escludere che il reato per cui il ricorrente ha riportato condanna nel 2002 abbia carattere automaticamente ostativo al rilascio del porto d'armi ai sensi dell'art. 11 del T.U.L.P.S. - non risulta sostenuta da sufficienti elementi istruttori atti a comprovare la persistenza, dopo lunghi anni, di ragioni di astio nei rapporti interpersonali e, tanto meno, a offrire evidenza di una conflittualità tuttora in atto.

Inoltre, il diniego non appare sorretto da logica e coerente motivazione laddove, per un verso, la Questura ammette che gli appartenenti alla Polizia "sono costantemente sotto la sorveglianza diretta ed indiretta sia da parte dei superiori gerarchici, sia dei medici dell'ufficio sanitario provinciale i quali laddove dovessero emergere elementi di dubbio in ordine al mantenimento delle sopra cennate caratteristiche, avrebbero il dovere di procedere ex art. 48 D.P.R. n. 782 del 2015 al ritiro dell'arma e della tessera di riconoscimento" e, per altro verso, esclude che la qualifica di appartenente alla P.S. e gli incarichi operativi ivi rivestiti possano incidere sul giudizio di affidabilità soggettiva del richiedente. Al contrario, la circostanza che il richiedente sia un appartenente in servizio attivo presso la polizia di stato, sia stato riconosciuto idoneo all'uso dell'arma di ordinanza e sia periodicamente sottoposto dall'Amministrazione di appartenenza a controlli impensabili per il comune cittadino avrebbe dovuto formare oggetto di particolare considerazione da parte dell'autorità procedente, quale elemento indubbiamente rilevante ai fini del giudizio di affidabilità.

Il provvedimento impugnato, in conclusione, è carente sul piano istruttorio (non essendo sorretto da sufficienti ragioni atte a dimostrare ragionevolmente l'esistenza di un effettivo e concreto pericolo di abuso delle armi da parte del ricorrente), e fondato su una motivazione illogica e contraddittoria.

In accoglimento del gravame, deve pertanto essere annullato.

Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo sulla base dei parametri previsti dal D.M. n. 55 del 2014, tenuto conto del valore indeterminabile della controversia e della media complessità delle questioni giuridiche affrontate, avendo riguardo ai minimi tariffari e senza tener conto della fase istruttoria in quanto nessuna attività difensiva rilevante è stata concretamente svolta.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l'effetto, annulla il provvedimento impugnato.

Condanna il Ministero dell'Interno al pagamento in favore del ricorrente delle spese di giudizio, che liquida in complessivi € 2.000,00 (euro duemila/00), oltre spese forfettarie, I.V.A. e C.P.A. come per legge, e ne ordina la distrazione in favore del procuratore antistatario.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Amministrazione.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196 (e degli articoli 5 e 6 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016), a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità.

Così deciso in Palermo nella camera di consiglio del giorno 19 luglio 2022 con l'intervento dei magistrati:

Guglielmo Passarelli Di Napoli, Presidente

Roberto Valenti, Consigliere

Bartolo Salone, Referendario, Estensore
Avv. Antonino Sugamele

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