Escluso candidato dal concorso per agente del Corpo di Polizia Penitenziaria: aveva subito una condanna, per il reato di spaccio di sostanze stupefacenti.-
TAR Liguria, sez. I, sent., 22 gennaio 2022, n. 58
Presidente Caruso
Fatto
1. Il ricorrente ha impugnato il provvedimento con cui l'Amministrazione lo ha espulso dal corso di formazione per allievi agenti del Corpo di Polizia penitenziaria, con esclusione dall'assunzione nello stesso Corpo. 2. In punto di fatto, occorre rilevare che egli ha partecipato al concorso pubblico indetto con Decreto del Direttore generale del personale del Dipartimento dell'Amministrazione penitenziaria, del 19.06.2015 pubblicato in GU, IV serie speciale, n. 57 del 28.07.2015, per complessivi 300 posti di Allievo Agente del Corpo della Polizia Penitenziaria del ruolo maschile. 3. Risultato idoneo e superato con esito positivo l'accertamento dei requisiti psicofisici, è stato avviato al Corso di formazione per Allievo Agente e convocato presso la Scuola di Formazione di (omissis), nonché nominato allievo agente, con riserva di accertare i requisiti di cui all'art. 35, co. 6, del d.lgs. n. 165 del 2001 e all'art. 5, co. 2, del d.lgs. n. 443 del 1992 previsti per l'assunzione nel Corpo di Polizia penitenziaria. 4. Nello svolgere queste verifiche, l'Amministrazione ha appurato che a suo carico era stata emessa la sentenza n. [...] del Tribunale di (omissis), depositata il [...], con la quale egli è stato condannato ad anni 4, mesi 6 di reclusione e 30.000 euro di multa con interdizione dai pubblici uffici per anni 5 per il reato di cui agli artt. 73, co. 1 e 4, e 80 del DPR n. 309 del 1990, per aver ceduto a terzi innumerevoli quantità di hashish e cocaina, in concorso con altri (doc. 2 dell'Avvocatura). 5. Su questa base, l'Amministrazione ha ritenuto che il ricorrente fosse privo dei requisiti "morali" per l'assunzione nel Corpo e ne ha decretato l'espulsione dal Corso di formazione nonché l'esclusione dall'assunzione nel Corpo di Polizia penitenziaria. 6. Il ricorrente ha impugnato il provvedimento dinanzi al TAR del Lazio, il quale, con ordinanza n. [...], ha dichiarato il proprio difetto di competenza territoriale, indicando il TAR per la Liguria quale giudice competente. 7. Il ricorrente ha quindi riassunto il giudizio dinanzi a questo Tribunale. 8. Si è costituita in giudizio l'Avvocatura dello Stato per il Ministero della giustizia, resistendo all'impugnativa. 9. Con istanza depositata il 06.06.2020 il ricorrente ha rinunciato all'istanza cautelare proposta incidentalmente con il ricorso e, alla camera di consiglio del 10.06.2020, il Collegio ne ha preso atto. 10. Nel corso del giudizio le parti hanno depositato ulteriori scritti difensivi, approfondendo le rispettive tesi. 11. Con istanza del 10.12.2021, il ricorrente ha chiesto la sospensione del giudizio in attesa della definizione del processo penale di appello avverso la citata sentenza del Tribunale di -OMISSIS- o, in subordine, la cancellazione della causa dal ruolo dell'udienza del 15.12.2021. 12. All'udienza pubblica del 15.12.2021, la causa è stata trattenuta in decisione.
Diritto
13. In via preliminare, il Collegio è chiamato a pronunciarsi sull'istanza di sospensione del giudizio, motivata dalla pendenza del processo penale d'appello per la riforma della sentenza che ha condannato il ricorrente, in ragione della quale è stato adottato il provvedimento impugnato. 14. La richiesta non merita accoglimento, perché, come si vedrà, l'impugnazione è volta a ottenere una riqualificazione del fatto, con conseguente riduzione della pena, ma non ne contesta l'illiceità penale (si v. l'atto di appello doc. 7 di parte attrice). 15. Né può disporsi la cancellazione della causa da ruolo, in forza dell'espresso divieto posto dall'art. 73, co. 1-bis, cod. proc. amm., introdotto dal d.l. n. 80 del 2021 (conv. in l. n. 113 del 2021) ma applicabile anche ai giudizi in corso, in ossequio al principio "tempus regit actum", stante la sua natura di norma processuale. Non vi sono quindi ragioni che ostino all'esame del merito. 16. A tal fine, non è superfluo ricordare che il ricorrente ha impugnato il provvedimento con cui è stato espulso dal corso di formazione per allievi agenti del Corpo di Polizia penitenziaria, con esclusione dall'assunzione nello stesso Corpo, e che la misura è stata adottata dopo che l'Amministrazione, in sede di verifica dei requisiti di partecipazione al concorso per 300 posti di allievo agente, ha avuto notizia del fatto che a suo carico è stata pronunciata una sentenza penale di condanna a quattro anni e sei mesi di reclusione, oltre a 30.000 euro di multa, con pena accessoria dell'interdizione dai pubblici uffici per cinque anni, per il reato di cui all'art. 73, co. 1 e 4, e all'art. 80 del DPR n. 309 del 1990, ossia per spaccio di stupefacenti. 17.Contro tale atto, il ricorrente deduce sei motivi di ricorso. Con il primo motivo, si denuncia: violazione degli artt. 2,3,27 e 97 Cost., dell'art. 35, co. 6, del d.lgs. n. 165 del 2001, dell'art. 5, co. 2, del d.lgs. n. 449 del 1992, dell'art. 7, co. 3 e 4, del d.lgs. n. 443 del 1992. Secondo il ricorrente, l'Amministrazione non avrebbe potuto porre a fondamento dell'espulsione i fatti accertati nella sentenza penale, perché questa non è definitiva. Con il secondo motivo, si denuncia: violazione degli artt. 2,3,27 e 97 Cost., dell'art. 35, co. 6, del d.lgs. n. 165 del 2001, dell'art. 5, co. 10, del d.lgs. n. 449 del 1992, dell'art. 7, co. 3 e 4, del d.lgs. n. 443 del 1992. Secondo il ricorrente, l'Amministrazione avrebbe dovuto svolgere un'adeguata istruttoria, che le avrebbe consentito di appurare l'infondatezza dell'accusa penale. Con il terzo motivo, si denuncia: violazione degli artt. 2,3,27 e 97 Cost., dell'art. 35, co. 6, del d.lgs. n. 165 del 2001, dell'art. 5, co. 2, del d.lgs. n. 449 del 1992, dell'art. 7, co. 3 e 4, del d.lgs. n. 443 del 1992, dell'art. 3 della legge n. 241 del 1990; difetto d'istruttoria e di motivazione, irragionevolezza, difetto di proporzionalità. Secondo il ricorrente, l'Amministrazione avrebbe dovuto valutare autonomamente i presupposti di fatto, senza aderire acriticamente a quanto riportato nella sentenza penale. Con il quarto motivo, si denuncia: violazione degli artt. 2,3,27 e 97 Cost., dell'art. 35, co. 6, del d.lgs. n. 165 del 2001, dell'art. 5, co. 2, del d.lgs. n. 449 del 1992, dell'art. 7, co. 3 e 4, del d.lgs. n. 443 del 1992, dell'art. 3 della legge n. 241 del 1990; difetto d'istruttoria e di motivazione, irragionevolezza, difetto di proporzionalità. In sostanza, l'espulsione rappresenterebbe una sanzione sproporzionata, soprattutto considerato che la responsabilità penale del ricorrente non è stata accertata in via definitiva. Con il quinto motivo, si denuncia: violazione degli artt. 2,3 e 97 Cost., degli artt. 3 e 7 della legge n. 241 del 1990; violazione del giusto procedimento, dei principi di buona fede e correttezza, sviamento di potere e difetto di motivazione. In pratica, si sostiene che il provvedimento censurato si fondi su presupposti non indicati nella comunicazione di avvio del procedimento, con lesione del contraddittorio procedimentale. Con il sesto motivo, si denuncia: violazione degli artt. 2,3 e 97 Cost., degli art. 5 e ss. del d.lgs. n. 449 del 1992, inesistenza dei presupposti. Secondo il ricorrente, l'Amministrazione avrebbe errato nel non applicare il d.lgs. n. 449 del 1992, che prevede un procedimento disciplinare speciale e che richiede il passaggio in giudicato della sentenza penale i cui fatti vengano posti alla base della sanzione disciplinare. 18. I motivi possono essere esaminati congiuntamente, anche per ragioni espositive, in quanto trattano questioni analoghe o connesse. 19. Il ricorso è complessivamente infondato, alla luce delle seguenti considerazioni. Si deve rilevare, innanzitutto, come l'Amministrazione abbia valutato autonomamente i fatti, quali risultanti dalla sentenza, pertanto non ha applicato alcun automatismo e, di conseguenza, non è dirimente che la pronuncia non sia divenuta definitiva. Sotto altro profilo, lo stesso ricorrente non nega né che il fatto sussista, né che sia penalmente rilevante, né di averlo commesso, ma sostiene piuttosto che dovesse ricevere un trattamento sanzionatorio più mite (si v. l'appello penale, doc. 7 di parte attrice, nelle cui conclusioni si chiede alla Corte d'appello di «riformare la sentenza impugnata riconoscendo all'imputato l'ipotesi di reato meno grave di cui al comma 5 del DPR 309/90. In linea subordinata la pena andrà comunque ridotta il contenimento dell'aumento in continuazione»). Per questo, alla luce del fatto per l'accesso ai ruoli della Polizia penitenziaria, gli artt. 35 del d.lgs. n. 165 del 2001 e 26 della legge n. 53 del 1989, è richiesto il possesso delle qualità morali e di condotta stabilite per l'ammissione ai concorsi della magistratura ordinaria, ossia l'essere di condotta incensurabile (secondo quanto dispone l'art. 2, co. 2, lett. b-bis, del d.lgs. n. 160 del 2006), appare congruamente motivata e sostanzialmente incensurabile nonché proporzionata l'estromissione di chi, come il ricorrente, abbia illecitamente ceduto a terzi sostanze stupefacenti, in quanto tale condotta è incompatibile con lo svolgimento delle funzioni di agente di Polizia penitenziaria, considerati i compiti istituzionali chiamati a svolgere e la qualifica di agente di polizia giudiziaria e di pubblica sicurezza rivestita. Il provvedimento risulta immune da vizi anche sul piano procedurale: da un lato, contrariamente a quanto sostiene la parte attrice, nella specie non viene in rilievo il d.lgs. n. 449 del 1992, trattandosi di verificare i requisiti per l'accesso al corso (cui il ricorrente era stato ammesso con riserva) e non di sanzionare la violazione di doveri del servizio e della disciplina indicati dalla legge, dai regolamenti o da un ordine; dall'altro, la comunicazione di avvio del procedimento (doc. 6 di parte attrice), nell'indicare i fatti da cui si sarebbe evinto il difetto dei requisiti di accesso (anche mediante richiamo alla sentenza penale) e nel prefigurare l'espulsione, risultava sufficientemente completa e dettagliata da consentire la partecipazione al procedimento. 20. Per tali ragioni, il ricorso è meritevole di rigetto. 21. Secondo la regola generale della soccombenza, dalla quale non vi è ragione di discostarsi nel caso di specie, il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali, che vengono liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge; condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, liquidate in 3.000 euro, oltre oneri e accessori di legge. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell'articolo 10 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare il ricorrente.
24-02-2022 21:41
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