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Sentenza

Quali sono i requisiti per ottenere la cittadinanza italiana?...
Quali sono i requisiti per ottenere la cittadinanza italiana?
T.A.R. Lazio Roma Sez. I ter, Sent., (ud. 05/07/2021) 16-09-2021, n. 9810

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima Ter)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 13110 del 2016, proposto da -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato Marco Grispo, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Otranto, 12;

contro

Ministero dell'Interno, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio legale in Roma, via dei Portoghesi, 12;Dipartimento per le Libertà Civili e l'Immigrazione;

per l'annullamento

del diniego del Ministero dell'Interno del 5 settembre 2016 recante diniego di concessione della cittadinanza italiana (-OMISSIS-).

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 5 luglio 2021 il dott. Francesco Arzillo;
Svolgimento del processo - Motivi della decisione

1. Il ricorrente impugna il decreto del Ministero dell'Interno indicato in epigrafe, recante il diniego di concessione della cittadinanza italiana, lamentando "insufficienza ed illogicità della motivazione, eccesso di potere, violazione dell'art. 10 bis della L. 7 agosto 1990, n. 241, e dell'art. 9, primo comma, lettera 1), della L. 5 febbraio 1992, n. 91".

2. Si è costituito in giudizio il Ministero dell'Interno, resistendo al ricorso.

3. Il ricorso è stato chiamato per la discussione all'udienza pubblica del 5 luglio 2021 e quindi trattenuto in decisione.

4. Il provvedimento impugnato è motivato sul presupposto che dall'attività informativa esperita "è emersa la contiguità del richiedente a movimenti aventi scopi non compatibili con la sicurezza della Repubblica".

5. Parte ricorrente sostiene (in sintesi):

a) l'Amministrazione è dotata di un potere altamente discrezionale in questa materia, finalizzato a evitare - secondo la giurisprudenza - che l'introduzione a titolo stabile di un soggetto dell'ordinamento nazionale non procuri allo stesso danni o lacerazioni, per cui, al di là del possesso di certi requisiti formali, è data all'Amministrazione la possibilità di valutare nel complesso il grado di impatto che con l'ordinamento la concessione della cittadinanza italiana ad uno straniero avrebbe o potrebbe avere;

b) ciò nondimeno, nonostante l'ampia discrezionalità di cui gode l'Amministrazione in tale ambito, essa deve svolgere un'ampia e aggiornata attività istruttoria, in modo tale da poter disporre di un quadro ben preciso sulla personalità del richiedente, con riferimento al suo stato di incensuratezza, alla condotta complessiva nel corso degli anni, all'effettivo radicamento nel territorio, all'integrazione all'interno della comunità nazionale, alla capacità reddituale e al livello di comprensione e di utilizzo della lingua italiana;

c) nel caso in esame, col provvedimento impugnato la Pubblica Amministrazione non rappresenta la sussistenza in capo all'odierno ricorrente di problematiche legate alla sua concreta pericolosità sociale in relazione a specifici e precisati eventuali procedimenti penali a carico, o alla sua scarsa integrazione nel tessuto socio - lavorativo in cui si è stabilito permanentemente, o, ancora, ad eventuali carenze reddituali, ma si limita a riportare una frase standardizzata e generica inidonea a rappresentare la lesione dell'interesse della collettività sotto il profilo della pubblica sicurezza;

d) conseguentemente risulta violato l'obbligo di motivazione di cui all'art. 3 della L. n. 241 del 1990: non si comprende infatti quali elementi concreti possano aver portato il Ministero a formulare l'impugnato giudizio, dati i positivi elementi attestanti l'integrazione del ricorrente sotto il profilo reddituale, lavorativo, familiare e comportamentale;

e) d'altra parte, il difetto istruttorio e motivazionale risulta più evidente alla luce della mancata emissione di un preavviso di rigetto ex art. 10 bis L. n. 241 del 1990.

6. Ai sensi dell'articolo 9 comma 1 lettera f) della L. n. 91 del 1992, la cittadinanza italiana "può" essere concessa allo straniero che risieda legalmente da almeno dieci anni nel territorio della Repubblica.

L'utilizzo dell'espressione evidenziata sta ad indicare che la residenza nel territorio per il periodo minimo indicato è solo un presupposto per proporre la domanda a cui segue "una valutazione ampiamente discrezionale sulle ragioni che inducono lo straniero a chiedere la nazionalità italiana e delle sue possibilità di rispettare i doveri che derivano dall'appartenenza alla comunità nazionale" (v. Consiglio di Stato, sez. IV, 16 settembre 1999, n. 1474 e, tra le tante, da ultimo, CdS sez. III 23/07/2018 n. 4447), valutazione che si estende anche alla correlata assenza di vulnus per le condizioni di sicurezza dello Stato e in relazione alla quale possono assumere rilievo situazioni che - anche se non caratterizzate nell'immediato da concreta lesività - possano essere tali su un piano potenziale e/o di solo pericolo (v. CdS sez. III, 11/05/2016, n. 1874).

Il conferimento dello status civitatis, cui è collegata una capacità giuridica speciale, si traduce in un apprezzamento di opportunità sulla base di un complesso di circostanze, atte a dimostrare l'integrazione del richiedente nel tessuto sociale, sotto il profilo delle condizioni lavorative, economiche, familiari e di irreprensibilità della condotta (Consiglio di Stato sez. VI, 9 novembre 2011, n. 5913; n. 52 del 10 gennaio 2011; Tar Lazio, sez. II quater, n. 3547 del 18 aprile 2012).

L'interesse pubblico sotteso al provvedimento di concessione della particolare capacità giuridica, connessa allo status di cittadino, impone che si valutino, anche sotto il profilo indiziario, le prospettive di ottimale inserimento del soggetto interessato nel contesto sociale del Paese ospitante (Tar Lazio, sez. II quater, n. 5565 del 4 giugno 2013), atteso che, lungi dal costituire per il richiedente una sorta di diritto che il Paese deve necessariamente e automaticamente riconoscergli ove riscontri la sussistenza di determinati requisiti e l'assenza di fattori ostativi, rappresenta il frutto di una meticolosa ponderazione di ogni elemento utile al fine di valutare la sussistenza di un concreto interesse pubblico ad accogliere stabilmente all'interno dello Stato comunità un nuovo componente e dell'attitudine dello stesso ad assumersene anche tutti i doveri ed oneri (cfr., ex multis, Cons. St. n.798 del 1999).

Tale valutazione discrezionale può essere sindacata in questa sede nei ristretti ambiti del controllo estrinseco e formale; il sindacato del giudice non può dunque spingersi al di là della verifica della ricorrenza di un sufficiente supporto istruttorio, della veridicità dei fatti posti a fondamento della decisione e dell'esistenza di una giustificazione motivazionale che appaia logica, coerente e ragionevole (Consiglio di Stato sez. VI, 9 novembre 2011, n. 5913; Tar Lazio II - quater n. 5665 del 19 giugno 2012).

7. A seguito dell'istruttoria disposta dal Tribunale l'Amministrazione, con nota riservata prot. n. -OMISSIS-, ha rappresentato che sulla base di evidenze informative l'odierno ricorrente figurerebbe più volte indagato -OMISSIS-. Sulla base di detta informativa, il Ministero, con valutazione insindacabile in questa sede, poiché non affetta da manifesta illogicità o travisamento, ha ritenuto preminente l'esigenza di salvaguardia della sicurezza nazionale rispetto all'interesse del richiedente all'acquisto della cittadinanza italiana.

Per quanto sintetica, l'informazione contenuta nella documentazione riservata conferma la correttezza della motivazione del provvedimento gravato.

A tale riguardo questo Tribunale ha già affermato anche il principio di diritto, per cui, nei casi in cui il diniego di cittadinanza è fondato su ragioni inerenti la sicurezza della Repubblica, il provvedimento di diniego è sufficientemente motivato, ai sensi dell'art. 3 della L. n. 241 del 1990, quando consente di comprendere l'iter logico seguito dall'amministrazione nell'adozione dell'atto, non essendo necessario che vengano espressamente indicate tutte le fonti ed i fatti accertati sulla base dei quali è stato reso il parere negativo (Tar Lazio, Sez. II quater, 3 marzo 2014 n. 2453 conf. CdS 6704/2018).

Nel caso di specie appare adeguatamente motivato il diniego della cittadinanza allo straniero che sia anche potenzialmente coinvolto, in via indiziaria, nel -OMISSIS-, attesa la "massima allerta" in relazione al pericolo di infiltrazioni terroristiche tra i migranti in arrivo via mare o attraverso i confini terrestri.

Si tratta di accertamenti effettuati dei competenti organismi di informazione, i quali ben possono essere esternati con formule sintetiche che, piuttosto che configurarsi meramente apodittiche, hanno l'obiettivo di evitare il disvelamento di notizie che potrebbero compromettere anche le attività di "intelligence" in corso (così Tar Lazio, II quater 4 luglio 2017 n. 7712, ma cfr. anche Cons. Stato, Sez. VI 4 dicembre 2009 n. 7637 e, 2 marzo 2009 n. 1173) con le connesse esigenze di salvaguardia della incolumità di coloro che hanno effettuato le indagini (Cons. Stato, sez. III, sentenza n. 5262 del 6 settembre 2018; n. 3206 del 29 maggio 2018).

Secondo tale orientamento, considerare "insufficiente" tale istruttoria, oltre a comportare un'indebita invasione nell'ambito di discrezionalità tecnica dell'Amministrazione, finirebbe per mettere a rischio le complessive e complesse finalità di salvaguardia generale sottese alla diagnosi di pericolosità sociale effettuata.

Non si tratta peraltro di un giudizio di pericolosità sociale che sia necessariamente passibile di misure di prevenzione; né è rilevante la declaratoria di prescrizione in sede penale, la quale non preclude - secondo la giurisprudenza della Sezione - la considerazione dei fatti storici posti a base dell'imputazione: si tratta semplicemente di una valutazione di prevalenza dell'interesse pubblico a non inserire stabilmente nella comunità chi, allo stato degli atti, si ritenga possa essere vicino a movimenti aventi scopi non compatibili con la sicurezza della Repubblica.

Quanto, poi, all'attendibilità delle valutazioni operate dall'Amministrazione, si deve evidenziare che si tratta di notizie pervenute dagli organismi preposti ai servizi di sicurezza dello Stato, quindi, di fonte ufficiale, raccolte e vagliate da detti organismi pubblici nell'esercizio delle loro funzioni istituzionali, sulla cui attendibilità non è dato ragionevolmente dubitare.

La natura di alta amministrazione del provvedimento gravato non consente a questo giudice di sostituire le valutazioni di merito riservate all'Autorità amministrativa preposta con le proprie valutazioni, attesi i vincoli al sindacato giurisdizionale in questa materia.

Ciò precisato, il Collegio ritiene che, nella specie, l'obbligo di istruttoria e di motivazione sia stato puntualmente adempiuto.

Il provvedimento, inoltre, non avrebbe avuto esito diverso ove il Ministero avesse avuto modo di acquisire le osservazioni offerte dall'interessato, anche in questa sede, in quanto inidonee a smentire le valutazioni fatte dall'amministrazione.

8. Il ricorso deve conseguentemente essere respinto.

9. Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate nella misura indicata nel dispositivo.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Ter), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna il ricorrente al pagamento, in favore del Ministero dell'Interno, delle spese di giudizio nella misura pari a € 2.000,00 (duemila/00), oltre accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196 (e degli articoli 5 e 6 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016), a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità di parte ricorrente nonché degli estremi e del contenuto della nota riservata depositata dall'Amministrazione nella fase istruttoria.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 5 luglio 2021 tenutasi mediante collegamento simultaneo da remoto in videoconferenza, secondo quanto disposto dall'art. 25 del D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito in L. 18 dicembre 2020, n. 176, con l'intervento dei magistrati:

Depositata in Cancelleria il 16 settembre 2021

Francesco Arzillo, Presidente, Estensore

Daniele Dongiovanni, Consigliere

Raffaello Scarpato, Referendario
Avv. Antonino Sugamele

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