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Sentenza

Marsala: dell'abuso edilizio risponde il proprietario attuale dell'immob...
Marsala: dell'abuso edilizio risponde il proprietario attuale dell'immobile su cui l'illecito è stato realizzato pur in precedenza al suo acquisto non rivestendo alcun valore la circostanza che le opere abusive non siano state dal medesimo realizzate.
Cons. giust. amm. Sicilia, 23/04/2020, n. 262
REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA PER LA REGIONE SICILIANA

Sezione giurisdizionale

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1062 del 2015, proposto dalla signora L.M., rappresentata e difesa dall'avvocato Gianni Caracci, con domicilio eletto presso lo studio dell'avvocato Francesco Paolo Gallo in Palermo, via Mariano Stabile, n. 200

contro

Comune di Marsala, non costituito in giudizio

per la riforma della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia (Sezione Prima) n. 713/2015

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 26 febbraio 2020 il Cons. Giambattista Bufardeci e udito l'avvocato Giuseppe Immordino su delega dell'avvocato Gianni Caracci;
Svolgimento del processo - Motivi della decisione

La signora L.M. ha impugnato in appello la sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia, Palermo sez. II n. 00713/2015 con cui è stato respinto il suo ricorso proposto per l'annullamento, quanto al ricorso introduttivo:

a) della determina n. 01 del 4 ottobre 2012 di presa d'atto della nullità della concessione edilizia in sanatoria n. 11 del 9 giugno 1984 e diniego della richiesta di sanatoria presentata il 10 giugno 1982, prot. n. (...), con riferimento al fabbricato sito in M. nella contrada B. R., in catasto al foglio (...), p.lle (...) e (...); b) di ogni atto presupposto, connesso e/o consequenziale, con espresso riferimento al verbale del 26/1/2012;

quanto al ricorso per motivi aggiunti, previa sospensione dell'efficacia, dell'ordinanza n. 47 del 25 luglio 2013 concernente la demolizione del manufatto di cui sopra.

Gli atti impugnati hanno dichiarato la nullità della concessione edilizia in sanatoria ed il diniego della richiesta di concessione in sanatoria.

Il Tribunale amministrativo ha disatteso le censure della ricorrente - incentrate sulla violazione degli artt. 1 e ss. L. n. 241 del 1990 e del principio di affidamento, sulla violazione degli artt. 2, 3 e 97 della Costituzione, sull'eccesso di potere per illogicità manifesta, per difetto d'istruttoria e per travisamento del fatto - affermando che, "a seguito di inchiesta giudiziaria scaturita dalla notizia di alcuni quotidiani, è stata effettuata una nuova verifica in esito alla quale è stato accertato che l'immobile oggetto della sanatoria non era visibile nella rilevazione aerea effettuata nel 1978 e trasmessa dalla Regione Siciliana in data 13 gennaio 2012".

La ricorrente, dopo avere riassunto nel suo atto d'appello il contenuto del ricorso di primo grado, ha sostanzialmente riprodotto, in maniera critica rispetto alla sentenza impugnata, gli stessi motivi fatti valere in primo grado, insistendo in particolare: sul principio del legittimo affidamento, atteso il notevolissimo lasso di tempo trascorso tra il rilascio della concessione in sanatoria e la dichiarazione di nullità della stessa, con il conseguente ordine di demolizione; sull'inaffidabilità delle risultanze aerofotogrammetriche e la distanza dalla battigia; sul maturato silenzio-accoglimento della richiesta di concessione in sanatoria per il decorso dei ventiquattro mesi previsti dalla legge.

Il Comune di Marsala non si è costituito in giudizio.

All'udienza dell'8 maggio 2019 il ricorso è stato trattenuto per la decisione ma il Consiglio ha rilevato che il giudizio, innanzitutto, atteneva alla sussistenza o meno del vincolo di inedificabilità assoluta, di cui all'art. 15, lett. a) L.R. 12 giugno 1976, n.78, relativamente al fabbricato di civile abitazione di piano terra e primo, con una volumetria di mc 2.100, sito in contrada Berbaro Rina del Comune di Marsala, in catasto al foglio (...), particelle (...) e (...), oggi di proprietà della ricorrente.

A tal riguardo parte appellante aveva lamentato: 1) il difetto di istruttoria ed il travisamento dei fatti sostenendo che la declaratoria di contrasto con l'art. 15 della L.R. n. 78 del 1976 doveva fondarsi su elementi certi, derivanti da sopralluoghi da parte dei competenti organi e non da riscontri meramente cartacei; 2) l'asserito mancato rispetto della fascia dei 150 ml dalla battigia e la mancata raffigurazione del manufatto in argomento sarebbe avvenuto nemmeno sulla base di un confronto con una aerofotogrammetria relativa ad un volo ufficiale, bensì sulla base di un semplice "fotopiano", cioè di un riporto su carta che sembrerebbe neppure redatto dagli organi deputati all'istruttoria; 3) che sono noti gli errori delle immagini di un "fotopiano" derivante da aerofotogrammetrie private, essendo quest'ultime ricavate senza l'utilizzo di camere metriche con ottica decentrata o comunque di macchine con obiettivo decentrabile o banco ottico; 4) che l'utilizzo di tali improprie immagini, in uno agli strumenti ottici in quegli anni comunemente adoperati, ha certamente comportato il rischio di un decisivo errore nella misurazione e ciò anche per la presenza, all'epoca, nella zona in cui è allocato il fabbricato di una fitta vegetazione che non ha reso certa l'assenza o meno del fabbricato; 5) che l'utilizzazione del rilievo aereo come strumento di prova processuale è subordinata al collaudo, cioè alla verifica a campione su almeno il 10% dei fogli della correttezza tecnica della procedura e che senza detto collaudo l'aerofogrammetria riveste un rilievo meramente indiziario ed è comunque inidonea, da sola, a costituire una prova certa se non corroborata da altri documenti.

Il Consiglio, sulla scorta delle suindicate osservazioni, del lunghissimo tempo trascorso nonché della documentazione in atti che non forniva un quadro chiaro della situazione dei luoghi, con ordinanza n. 591/2019 ha ritenuto necessario disporre, ai sensi dell'art. 66 c.p.a., una verificazione demandata al Genio Civile di Trapani, in persona del suo Direttore pro-tempore, con facoltà di delega a Dirigente dello stesso ufficio di comprovata esperienza e conoscenza, affinché, esaminati tutti gli atti ed i documenti di causa, nel contraddittorio tra le parti, redigesse (nel termine di 45 giorni dalla comunicazione dell'ordinanza) una relazione scritta descrivendo lo stato dei luoghi e rispondendo ai seguenti quesiti:

1) a quale distanza dalla battigia è ubicato il fabbricato oggetto dei provvedimenti impugnati;

2) se tale distanza nel corso del tempo può essere mutata in considerazione di eventi naturali, quali ad esempio il moto ondoso, ed eventualmente in quale misura.

L'Ufficio del Genio Civile di Trapani con nota del 15 novembre 2019 ha inviato specifica relazione con l'esito della verificazione. Nella stessa in ordine al primo suindicato quesito ha così risposto:

"Tale distanza, in virtù che la misurazione viene determinata tracciando una linea perpendicolare alla battigia stessa, è risultata pari a metri 35.92 (metri trentacinque e centimetri novantadue)".

In ordine al secondo suindicato quesito ha così risposto: "Dal rilievo effettuato del tratto di costa in esame poi, è emerso un netto arretramento della linea di riva perpetrato negli ultimi decenni a causa della eccessiva antropizzazione dei luoghi che assieme alla morfologia della costa sommersa, all'esposizione delle forti mareggiate e ai venti di ponente e maestrale hanno prodotto uno smantellamento delle dune costiere, naturali serbatoi di sabbia. Le suddette risultanze non trovano come previsto perfetta rispondenza topografica rispetto alle cartografie ufficiali in quanto la continua erosione della costa in esame non consente un attento e tangibile riscontro documentale che, viceversa, ove ritenuto conducente, necessiterebbe di indagini specifiche, di accertamenti e studi correntometrici e dell'andamento delle maree per un periodo di almeno un anno, con continuità ciclica pluriennale".

L'Ufficio verificatore nelle sue conclusioni ha poi ipotizzato che "in sede di rilascio di abitabilità, l'organo tecnico comunale possa in quella sede, visto il sopralluogo espletato, aver già dedotto una distanza della costruzione dalla battigia omogenea e coerente con le norme di riferimento che gli consentivano il rilascio della Concessione Edilizia prima e del certificato abitabilità dopo".

All'udienza del 26 febbraio 2020 il ricorso è stato trattenuto per la decisione.

L'appello è infondato.

La giurisprudenza è ormai unanime nell'affermare che: "1) la mera inerzia da parte dell'Amministrazione comunale nell'esercizio di un potere-dovere finalizzato alla tutela di rilevanti finalità di interesse pubblico non è idonea a far divenire legittimo ciò che è sin dall'origine illegittimo, ossia l'edificazione sine titulo; 2) tale inerzia non può certamente radicare un affidamento di carattere "legittimo" in capo al proprietario dell'abuso, giammai destinatario di un atto amministrativo favorevole e idoneo a ingenerare un'aspettativa giuridicamente qualificata; 3) non si può applicare a un fatto illecito, quale è l'abuso edilizio, il complesso di acquisizioni che, in tema di valutazione dell'interesse pubblico, è stato enucleato per la diversa ipotesi dell'autotutela decisoria; 4) non è in alcun modo concepibile l'idea stessa di connettere al decorso del tempo e all'inerzia dell'Amministrazione comunale la sostanziale perdita del potere di contrastare l'abusivismo edilizio, ovvero di legittimare in qualche misura l'edificazione avvenuta senza titolo, non emergendo oltretutto alcuna possibile giustificazione normativa a una siffatta - e intrinsecamente inammissibile - forma di sanatoria automatica; semmai, il decorso del tempo, ben lungi dal radicare in qualche misura la posizione giuridica dell'interessato, rafforza - a ben vedere - il carattere abusivo dell'intervento, posto che l'eventuale connivenza degli amministratori locali pro tempore non fa comunque venire meno il dovere dell'Amministrazione comunale di emanare gli atti previsti a salvaguardia del territorio" (ex multis, Cons. Stato, A.P., 17 ottobre 2017, n. 9, e in particolare, tra le più recenti, Cons. St. sez. II n.1806/2020, Cons. Stato, Sez. VI, 8 aprile 2019, n. 2292, e 4 marzo 2019, n. 1498).

Alle suindicate incontrovertibili considerazioni, in uno alle argomentazioni espresse dal Tribunale,

consegue che quindi nella fattispecie non è configurabile alcun legittimo affidamento.

Va qui ribadito, altresì, che dell'abuso edilizio - stante il suo carattere di oggettività - risponde comunque anche il proprietario attuale dell'immobile su cui l'illecito è stato realizzato pur in precedenza del suo acquisto (cfr. sul punto, ex plurimis e tra le più recenti, Cons. Stato, Sez. IV, 30 gennaio 2019, n. 734) e pertanto la circostanza che le opere abusive non siano state realizzate dalla ricorrente non riveste alcun valore.

Giova poi ricordare che, nel caso che ci occupa, il prevalente interesse pubblico alla demolizione dell'immobile abusivamente edificato è vieppiù sussistente trattandosi di fabbricato ubicato nella fascia d'inedificabilità assoluta di 150 metri dalla battigia (art. 15, comma 1, lett. a) della L.R. n. 78 del 1976). A tal proposito si evidenzia che parte ricorrente, su cui gravava l'onere di dimostrare sia l'epoca di realizzazione del fabbricato, sia che la sua ultimazione fosse anteriore al 31 dicembre 1976 e che fosse situato ad oltre 150 metri dalla battigia, non ha fornito alcuna prova al riguardo.

Il Tribunale ha esaurientemente trattato anche tale argomento, richiamando copiosa giurisprudenza al riguardo.

In ordine alla suindicata questione della distanza del fabbricato dalla battigia, la verificazione disposta dal Consiglio con ordinanza n.591/2019, al primo quesito ha così risposto: "Tale distanza, in virtù che la misurazione viene determinata tracciando una linea perpendicolare alla battigia stessa, è risultata pari a metri 35.92 (metri trentacinque e centimetri novantadue)".

Tale dato conferma, in termini pacifici, che il fabbricato è situato nella fascia d'inedificabilità assoluta di 150 metri dalla battigia.

E', infatti, inverosimile, oltre che in alcun modo dimostrato (sorvolando sul non perspicuo contenuto della restante parte della relazione dell'Ufficio verificatore, non rilevante ai fini della presente decisione), che nell'arco temporale in questione si sia verificato un arretramento della costa addirittura superiore a 115 metri circa.

Del resto, dall'esame comparativo dell'aerofoto S.A.S. del 1983 e dell'ortofoto digitale del 2001 emerge che il tratto di costa in questione presenti caratteristiche morfologiche sostanzialmente invariate (e comunque, le eventuali minime variazioni non potrebbero in alcun modo attestarsi - come adombrato dall'appellante - nella misura di oltre il 300 per cento).

Il dubitativo contenuto della restante parte della relazione dell'Ufficio verificatore, del resto, non può considerarsi tale da mettere in discussione l'unico dato oggettivo che è quello della distanza di appena 36 metri tra il fabbricato e la battigia.

A tacer d'altro, l'Organo verificatore (richiesto di operare una misurazione attraverso dati certi ed oggettivi) ha invece svolto in parte qua alcune considerazioni di carattere deduttivo e sostanzialmente personale, prendendo oltretutto le mosse da valutazioni allo stesso non note (quali quelle operate dal Comune ai fini del rilascio dell'abitabilità).

Parimenti infondata è poi la doglianza del ricorrente afferente all'asserito silenzio-assenso che si sarebbe formato, ormai intangibilmente, sulla domanda di sanatoria.

Anche a proposito di tale questione, la giurisprudenza è infatti costante nell'affermare il principio secondo cui sulla domanda di condono edilizio, relativa ad opere realizzate in contrasto con vincoli d'inedificabilità assoluta, non può legittimamente formarsi il silenzio - assenso.

Il 16 comma dell'art. 26 della L.R. 10 agosto 1985, n. 37 esclude espressamente che possa formarsi un provvedimento implicito di silenzio - assenso sulle istanze di condono "nei casi di insanabilità di cui al decimo comma" dell'art. 23, e cioè nelle ipotesi in cui, appunto, le opere abusivamente realizzate ricadano nella fascia di inedificabilità assoluta dei 150 metri dalla battigia.

La fattispecie che ci riguarda, anche alla luce delle risultanze istruttorie suindicate, è del tutto omogenea al suindicato dettato normativo e al superiore principio giurisprudenziale che il Giudice di prime cure ha puntualmente citato.

Alla luce delle superiori considerazioni il Collegio ritiene che le argomentazioni e le motivazioni addotte dal Tribunale con la sentenza gravata risultano meritevoli di conferma e che quindi il ricorso vada respinto.

In ragione della mancata costituzione dell'amministrazione appellata nulla si dispone in ordine alle spese di giudizio.

Per quanto attiene le spese afferenti alla verificazione le stesse seguono il principio della soccombenza.
P.Q.M.

Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, in sede giurisdizionale, definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Nulla per le spese di giudizio.

Le spese di verificazione restano a carico dell'appellante e vengono liquidate in complessivi Euro millecinquecento, comprensivi di ogni onere ed accessorio. A tale effetto il Collegio dispone che la presente decisione sia comunicata, a cura della Segreteria, al verificatore nominato con l'ordinanza n. 591/2019

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Palermo nella camera di consiglio del giorno 26 febbraio 2020 con l'intervento dei magistrati:

Claudio Contessa, Presidente

Nicola Gaviano, Consigliere

Marco Buricelli, Consigliere

Giambattista Bufardeci, Consigliere, Estensore

Giuseppe Verde, Consigliere
Avv. Antonino Sugamele

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