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Sentenza

La natura occasionale degli incarichi extraistituzionali...
La natura occasionale degli incarichi extraistituzionali
In ragione della violazione degli incarichi svolti in assenza della relativa autorizzazione all'Ateneo di appartenenza, la Procura ha chiesto due distinte voci di danno erariale, la prima riconducibile alle consulenze esterne fatturate alle società esterne e, la seconda posta di danno, pari alla differenza tra la retribuzione percepita a tempo pieno rispetto a quella che avrebbe dovuto percepire a tempo definito.

La professoressa si è difesa sostenendo che le attività svolte in via prevalente fossero consentite dalla Legge Gelmini (L. n. 240/2010) quali attività di "comunicazione e divulgazione scientifica" anche se avvenute via portali digitali (mapping) in ragione dell'evoluzione delle modalità di trasmissione delle informazioni, altre in quanto rientranti tra le attività consentite dalle stesse disposizioni di cui al comma 6 dell'art. 53, D.Lgs. 165/2001 vertendosi in attività di collaborazione per la creazione di riviste digitali e, infine, in attività minori e non rilevanti ai fini economici di consulenza di settore.

La questione preliminare

La questione sollevata dalla Procura riguarda la violazione dell'art. 53, comma 6-7bis, D.Lgs. n. 165/2001 a seguito dell'espletamento di attività extralavorative non autorizzate o non autorizzabili da parte di pubblici dipendenti, comportante un danno da mancato versamento del relativo importo percepito da terzi all'amministrazione di appartenenza, cui la Procura aggiunge una ulteriore posta di danno erariale da violazione del regime "a tempo pieno" con conseguenti riflessi in punto di maggiorazioni retributive percepite illegittimamente. In questi casi, la giurisprudenza contabile, ha precisato che spetti alla Procura la prova circa la non autorizzabilità degli incarichi ricevuti ovvero in mancanza della preventiva richiesta di autorizzazione.

Va, inoltre, precisato che rientrando i professori universitari nel pubblico impiego non contrattualizzato, rispetto agli altri dipendenti pubblici hanno una normativa speciale che, nel caso di specie, è data dall'art. 6 comma 10, L. n. 240/2010 secondo cui "I professori e i ricercatori a tempo pieno, fatto salvo il rispetto dei loro obblighi istituzionali, possono svolgere liberamente, anche con retribuzione, attività di valutazione e di referaggio, lezioni e seminari di carattere occasionale, attività di collaborazione scientifica e di consulenza, attività di comunicazione e divulgazione scientifica e culturale, nonché attività pubblicistiche ed editoriali" a differenza degli altri dipendenti pubblici le cui attività sono obbligatoriamente soggette ad autorizzazione della propria amministrazione di appartenenza.

Sul rapporto tra PA e Corte dei conti

Il Collegio contabile ha inteso precisare come, in presenza di incarichi vietati o non autorizzati dall'Amministrazione di appartenenza, se tale Amministrazione non si attivi, anche in via giudiziale, facendo valere l'inadempimento degli obblighi del rapporto di lavoro, per ottenerne il riversamento nel proprio bilancio e abbia, invece, a tal fine agito il Procuratore contabile, in ragione della responsabilità erariale di cui alla tipizzata fattispecie legale ex art. 53, commi 7 e 7-bis, D.Lgs. n. 165/2001, non potrà più la medesima Amministrazione promuovere azione per ottenere detto riversamento, con conseguente sterilizzazione della possibilità di un conflitto di giudicati. Infatti, è da escludere, stante il divieto del bis in idem, una duplicità di azioni attivate contestualmente che - seppure recanti la propria specificità - tendono a conseguire, dinanzi al giudice munito di giurisdizione per ciascuna di esse, lo stesso identico petitum (predeterminato dal legislatore) in danno del medesimo soggetto obbligato in base ad un'unica fonte (quella legale) e cioè i compensi percepiti dal dipendente pubblico in difetto di autorizzazione allo svolgimento dell'incarico che li ha determinati, i quali una volta soltanto possono essere oggetto di recupero al fine di essere destinati al bilancio dell'amministrazione di appartenenza di quel dipendente. In altri termini, in presenza di una condotta omissiva del versamento del compenso da parte del dipendente pubblico indebito percettore, di cui al successivo art. 53, comma 7-bis, dà quindi luogo ad un'ipotesi autonoma di responsabilità amministrativa tipizzata, a carattere risarcitorio del danno da mancata entrata per l'amministrazione di appartenenza del compenso indebitamente percepito e che deve essere versato in un apposito fondo vincolato.

Attività esterne consentite

Il Collegio contabile procedere ad esaminare le attività rilevate dalla Procura che, al contrario, risultano consentite sia dal testo unico del pubblico impiego sia dalle norme di settore. In via principale, sono riconducibili al più ampio e onnicomprensivo art. 53, comma 6, lett. a) e b), D.Lgs. n. 165/2001, che liberalizza per tutti i dipendenti pubblici (ivi compresi i docenti universitari), le prestazioni e i compensi derivanti "a) dalla collaborazione a giornali, riviste, enciclopedie e simili; b) dalla utilizzazione economica da parte dell'autore o inventore di opere dell'ingegno e di invenzioni industriali". Infatti, la nozione, volutamente ampia, "e simili" e quella, parimenti ampia, di "opere dell'ingegno", sono dunque idonee a sussumere nella loro portata operativa anche le meritorie attività comunicative, editoriali (quale contributo alle) e divulgative della prof.ssa svolte nei confronti delle diverse società. Rientrano, inoltre, nel novero della attività liberamente espletabili la collaborazione per la creazione della rivista digitale, con funzioni redazionali e di editing, nonché la organizzazione dei contenuti della newsletter. A risultati non diversi, vi rientrano anche le attività previste dalla legge Gelmini "comunicazione e divulgazione scientifica" le quali si traducono oggi non solo in studi monografici o articoli scientifici cartacei, ma anche in contributi grafici, fotografici, elettromagnetici in studi (nozione ampia e onnicomprensiva) diffusi in internet o in banche dati destinate ad una comunità più o meno ampia. Difatti, la banca dati, nel campo giuridico, medico, storico, architettonico (come nel caso in esame) etc., può essere definita come un archivio di informazioni, relative ad un campo concettuale, le quali sono organizzate, codificate e registrate su appositi supporti in modo da facilitare il loro reperimento da parte delle categorie di utenti interessati e sono frutto del lavoro intellettuale e scientifico dei loro curatori, tutelabili persino, volendo, dal diritto di autore. Tali attività sono, altresì, riconducibili al più ampio e onnicomprensivo art. 53, comma 6, lett. a) e b), D.Lgs. n. 165/2001.

Queste attività, pertanto, rientrando tra le attività liberalizzate non essendo soggette a danno erariale la domanda della procura va respinta.

Altre attività occasionali

Restano a questo punto da esaminare le altre attività e la linea di demarcazione tra attività libero professionale (vietata) e di consulenza (consentita) effettuate dalla professoressa. A dire del Collegio contabile, è possibile qualificare una attività libero professionale se vi sono un dato fattuale di base e due indici sintomatici:

Il dato fattuale di base è dato dalla frequenza temporale dell'attività consulenziale svolta con continuità, assiduità e sistematicità nell'anno solare e/o in più anni, tale da diventare abituale e dunque "professionale", ovvero un ulteriore "lavoro stabile", talvolta addirittura primario, ancorché autonomo;

- l'indice sintomatico reddituale dell'importo della attività svolta, se da attività extralavorative si consegue un reddito superiore a quello derivante dall'impiego pubblico da professore;

- l'indice sintomatico della apertura di partita IVA nel suo consapevole e abituale utilizzo per lo svolgimento di una attività libero professionale, cioè non meramente occasionale.

Nel caso di specie, tutte le altre attività, al di fuori di quelle consentite, sono annoverabili in attività consulenziali. Nel caso di specie, pur avendo la professoressa aperto la partita IVA le consulenze in senso proprio svolte in 5 anni (2012-2016) siano soltanto 6, ovvero solo una circa all'anno, con emissione di 10 fatture, per un complessivo introito di euro 35.102,95, ovvero circa 7.000 euro annui, somma davvero minimale rispetto alla retribuzione mensile percepita a titolo stipendiale dalla professoressa. Difetta dunque sia la continuità temporale dell'attività consulenziale, nella specie meramente occasionale, non rinvenendosi una frequenza temporale dell'attività stessa, svolta cioè con continuità, assiduità e sistematicità nell'anno solare e/o in più anni, tale da diventare abituale e dunque "professionale", ovvero un ulteriore "lavoro stabile". Ma difetta altresì l'indice sintomatico reddituale dell'importo della attività svolta, non derivando da attività extralavorative della convenuta un reddito superiore (ma, anzi, di molto inferiore) a quello derivante dall'impiego pubblico da professore.

In definitiva, la professoressa deve essere assolta.

Corte di conti-Lombardia, Sez. giurisdiz., sentenza 27 aprile 2021, n. 147
Avv. Antonino Sugamele

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