Avvocato Amministrativista a Trapani - Diritto Amministrativo - Notizie, Articoli, Sentenze

Sentenza

Il Questore di Aosta ordina l'immediata cessazione dell'attività posta i...
Il Questore di Aosta ordina l'immediata cessazione dell'attività posta in essere da una conduttrice di un programma televisivo trasmesso da una emittente privata avente per oggetto l'anticipata previsione dei numeri del gioco del lotto attraverso la lettura delle carte.
T.A.R. Liguria Genova Sez. II, (ud. 12-04-2006) 10-05-2006, n. 449

REPUBBLICA ITALIANA

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

Mario Arosio, Presidente

Luca Morbelli, Referendario

Pierpaolo Grauso, Referendario, Estensore

per l'annullamento

previa sospensione dell'efficacia,

dell'ordinanza di immediata cessazione dell'attività di conduttrice svolta dalla ricorrente presso l'emittente televisiva "T.", emessa dal Questore di Aosta in data 20 febbraio 2001.

Sul ricorso numero di registro generale 00938 del 2001, proposto da:

C.L., rappresentata e difesa dall'avv. Giovanni Battista Gramatica, presso il cui studio è elettivamente domiciliata in Genova, via C. Ceccardi 4/15;

Ministero dell'Interno, in persona del Ministro "pro tempore", rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, presso la cui sede è per legge domiciliato in Genova, V.le Brigate Partigiane 2;

Tibaldi Beniamino;

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 12 aprile 2006 il dott. Pierpaolo Grauso, nessuno comparso per le parti;
Svolgimento del processo

Con ricorso notificato il 26 giugno e depositato il 6 luglio 2001, L.C. si gravava avverso il provvedimento in epigrafe, mediante il quale il Questore di Aosta le aveva ordinato l'immediata cessazione dell'attività posta in essere quale conduttrice di un programma televisivo trasmesso dall'emittente privata "T.", ed avente per oggetto l'anticipata previsione dei numeri del gioco del lotto attraverso la lettura delle carte. La ricorrente deduceva l'illegittimità del provvedimento impugnato sotto il triplice profilo dell'incompetenza, dell'eccesso di potere e della violazione di legge, e concludeva affinché il tribunale ne disponesse l'annullamento, previa sospensione cautelare degli effetti.

Costituitosi in giudizio il Ministero dell'Interno, che resisteva all'impugnazione, con ordinanza n. 641 del 26 luglio 2001 il collegio respingeva l'istanza incidentale di sospensione. Detto provvedimento veniva peraltro riformato in sede d'appello dal Consiglio di Stato, che accoglieva la domanda cautelare accordando alla ricorrente la richiesta sospensiva.

Nel merito, la causa veniva discussa e trattenuta per la decisione alla pubblica udienza del 12 aprile 2006, preceduta dal rituale deposito di documenti e note difensive ad opera dell'avvocatura erariale.
Motivi della decisione

L'ordinanza impugnata individua il proprio presupposto giuridico nel combinato disposto degli artt. 121 R.D. 773/31 (T.U.L.P.S.) e 231 del relativo regolamento di attuazione approvato con R.D. 635/40, che fanno divieto di praticare il mestiere di ciarlatano, attività che l'amministrazione procedente ha ritenuto essere stata esercitata attraverso il mezzo televisivo dalla odierna ricorrente, la quale, in veste di conduttrice di una trasmissione andata in onda sull'emittente "T.", aveva affermato di poter prevedere anticipatamente l'estrazione dei numeri del gioco del lotto attraverso la lettura delle carte.

La ricorrente, eccepita preliminarmente l'incompetenza dell'autorità procedente, sostiene che l'atto gravato mancherebbe di congrua e logica motivazione, oltre a fare indebita e apodittica equiparazione del mestiere di cartomante a quello di ciarlatano; la C. nega, nel merito, che la sua attività sia mai sfociata in comportamenti illeciti o comunque sanzionabili, e contesta di aver utilizzato le proprie capacità di sensitiva abusando dell'altrui credulità. Premesso che l'autorità di pubblica sicurezza deve ritenersi legittimata ad intervenire in merito a tutte le violazioni commesse all'interno del proprio ambito territoriale di competenza, e che pertanto l'eccezione preliminare sollevata dalla ricorrente non può trovare accoglimento, l'impugnazione è fondata per le ragioni di merito e nei limiti di seguito indicati.

Ai fini dell'applicazione del divieto stabilito dall'ultimo comma dell'art. 121 T.U.L.P.S., l'art. 231 R.D. 635/40 prevede che, sotto la denominazione di "mestiere di ciarlatano", sia compresa ogni attività diretta a speculare sull'altrui credulità, o a sfruttare od alimentare l'altrui pregiudizio, come gli indovini, gli interpreti di sogni, i cartomanti, coloro che esercitano giochi di sortilegio, incantesimi, esorcismi, o millantano o affettano in pubblico grande valentìa nella propria arte o professione, o magnificano ricette o specifici, cui attribuiscono virtù straordinarie o miracolose. Secondo la migliore giurisprudenza, l'elencazione di cui all'art. 231 cit. è meramente esemplificativa e si riferisce ad alcune attività che - per il modo in cui vengono esercitate - potrebbero configurare gli estremi della ciarlataneria; ciò non comporta che dette attività si identifichino necessariamente con il mestiere di ciarlatano, sicché qualunque provvedimento interdittivo da parte dell'autorità postula pur sempre una valutazione in concreto, previa apposita istruttoria, dell'oggettiva idoneità dell'attività svolta ad abusare dell'altrui ignoranza e superstizione, anche alla luce del mutato contesto storico e sociale rispetto al momento in cui la normativa di pubblica sicurezza è stata introdotta (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 3 aprile 2001, n. 1936; 12 marzo 2001, n. 1393; 16 ottobre 2000, n. 5502). Facendo applicazione dei principi dianzi enunciati, non può dunque ritenersi che la semplice affermazione di poter prevedere i numeri del lotto attraverso la lettura delle carte faccia di per sé trasmodare l'esercizio del mestiere di cartomante in abuso della credulità altrui, né le conclusioni raggiunte dall'amministrazione si giustificano per il solo fatto che una tale affermazione venga diffusa attraverso il mezzo televisivo: la circostanza che tale mezzo - oramai capillarmente diffuso - sia connotato da innegabile pervasività non consente, infatti, di presumere che esso sia munito di altrettanta capacità persuasiva; in altri termini, non può ragionevolmente sostenersi che le trasmissioni televisive, quand'anche abbiano ad oggetto attività che, come la cartomanzia, fanno leva sulla suggestionabilità degli spettatori meno avveduti, siano di per sé stesse idonee ad integrare la fattispecie vietata dalla legge, a tal fine occorrendo quantomeno la prova che il conduttore di turno, oltre a vantare il possesso di quelle doti che costituiscono il "bagaglio professionale" ordinario del cartomante, si serva di espedienti ed artifici volti a corroborare le proprie affermazioni approfittando della debolezza psicologica e culturale, ovvero della particolare ingenuità, di alcune persone (che, a titolo di esempio, possono andare dall'uso di effetti speciali - visivi e sonori - o di immagini suggestive, alle "testimonianze" compiacenti rilasciate da pretesi beneficiari di vincite al giuoco ottenute grazie ai numeri suggeriti dal conduttore).

Nel caso in esame, nessuna valutazione di tal fatta risulta eseguita, la scarna motivazione del provvedimento impugnato non potendo essere utilmente integrata attraverso il riferimento alle attività di indagine di cui vi è traccia in atti (si veda il verbale del 23 ottobre 2000, di trascrizione riassuntiva del programma televisivo condotto dalla ricorrente), e dalle quali non emerge che la ricorrente abbia fatto altro che consigliare numeri del lotto servendosi della lettura delle carte e dell'interpretazione dei sogni; in difetto di un più completo quadro indiziario, gli elementi a disposizione non autorizzano dunque ad inferire che la condotta posta in essere dalla ricorrente abbia integrato l'ipotesi della ciarlataneria nel senso sopra delineato.

In forza delle considerazioni che precedono, il ricorso va accolto. Sussistono tuttavia giusti motivi per disporre fra le parti l'integrale compensazione delle spese del giudizio.
P.Q.M.

Accoglie il ricorso, per l'effetto annullando il provvedimento impugnato.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Genova nella camera di consiglio del giorno 12 aprile 2006
Avv. Antonino Sugamele

Richiedi una Consulenza