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Sentenza

Danno erariale. Abusi sessuali su pazienti: il sanitario sex offender non tenuto...
Danno erariale. Abusi sessuali su pazienti: il sanitario sex offender non tenuto a risarcire il danno all'immagine dell'ASL di appartenenza.
Corte dei Conti-Toscana Sez. giurisdiz., Toscana, sentenza 19 ottobre 2021, n. 368
 REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE DEI CONTI

SEZIONE GIURISDIZIONALE REGIONALE PER LA TOSCANA

composta dai magistrati:

Antonio Galeota - Presidente

Pia Manni - Consigliere

Andrea Luberti - Consigliere - relatore

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

Nel giudizio in materia di responsabilità iscritto al n. (...) del registro di segreteria, promosso dalla Procura regionale della Corte dei conti nei confronti di G.B., nato a - in data -, residente in -, alla -. Rappresentato e difeso dall'avvocata Manuela Montagni, con studio in Montespertoli (FI), alla via delle Fontanelle, 5 (posta elettronica certificata: manuela.montagni@firenze.pecavvocati.it). Ivi elettivamente domiciliato in forza di procura speciale.

Visto il D.Lgs. 26 agosto 2016, n. 174 (codice di giustizia contabile);

Esaminati gli atti e i documenti della causa;

Uditi, nella pubblica udienza in data 8 settembre 2021, il pubblico ministero, Procuratore regionale Acheropita Rosaria Mondera e, in sostituzione e su delega dell'avvocata Manuela Montagni, l'avvocato Claudio Bentivegna.
Svolgimento del processo

Con atto di citazione ritualmente depositato e notificato, la Procura regionale della Corte dei conti territorialmente competente ha convenuto in giudizio G.B., per sentirlo condannare al risarcimento del danno in favore dell'Azienda S.U." (di seguito anche: Azienda), della complessiva somma di Euro 37.291,85, oltre agli accessori di legge. Il danno erariale ipotizzato discende dalle condotte penalmente rilevanti accertate, a carico del convenuto, nella sua qualità di - in servizio presso l'Azienda, consistenti nel compimento di atti di violenza sessuale a carico di alcune pazienti (articolo 609-bis, comma 3, del codice penale).

In particolare, con sentenza in data 25 settembre 2018, n. 41240, la Corte di cassazione aveva confermato la condanna (alla pena di quattro anni e otto mesi di reclusione, al risarcimento delle parti civili costituite e alla interdizione dai pubblici uffici, nonché alla sospensione dall'esercizio - per la durata di due anni) irrogata con la sentenza -, del giudice dell'udienza preliminare presso il Tribunale di Firenze e - della Corte d'Appello di Firenze, Sezione II penale,

In relazione alla descritta condotta, l'Azienda in data 18 maggio 2018 aveva notificato al convenuto la sanzione del licenziamento disciplinare per giusta causa.

La Procura erariale ha, pertanto, citato in giudizio il convenuto al fine di conseguire il ristoro del danno patrimoniale relativo derivante dal risarcimento corrisposto dall'Azienda a seguito della sentenza del Tribunale di Firenze in data -, in favore di una delle vittime (Euro 10.000,00 oltre alle spese di lite).

In particolare, detti importi sono stati corrisposti con mandati in data 9 novembre 2017, n. 117167 (Euro 7.291,85 per le spese legali) e in data 10 novembre 2017, n. 117260 (Euro 10.000,00) in favore dello studio legale antistatario e dell'attrice -.

La Procura erariale ha altresì evidenziato l'esistenza di un clamor fori, comprovato da articoli sulla stampa nazionale.

Di conseguenza, la Procura erariale ha altresì azionato il danno (non patrimoniale) all'immagine nei confronti della pubblica amministrazione. Esso è stato determinato sulla base dei criteri oggettivi e soggettivi tradizionalmente applicati nella giurisprudenza contabile (dolosità del comportamento; rilevanza penale della condotta posta in essere; risonanza della vicenda sugli organi di stampa; reiterazione dei fatti delittuosi).

Il danno ascritto è stato quindi determinato in Euro 20.000,00 a titolo di danno all'immagine, sulla base di parametri puramente equitativi, oltre alla perdita patrimoniale subita dall'amministrazione di appartenenza, come esposto pari a Euro 17.291,85) per un totale pari al petitum erariale.

Il convenuto si è costituito con note di memoria redatte in data 15 luglio 2021 La parte intimata ha contestato, in modo estremamente generico, la fondatezza della richiesta della parte pubblica ovvero, in subordine, chiedendo l'esercizio del potere riduttivo da parte del Collegio ritenendo sussistenti le relative motivazioni.

All'udienza in data 8 settembre 2021 le parti si sono riportate ai rispettivi atti scritti, insistendo per l'accoglimento delle rispettive richieste.
Motivi della decisione

Nel merito, la domanda merita accoglimento solo parziale per i motivi che saranno di seguiti illustrati.

In punto di fatto, la sussistenza materiale dei comportamenti ascritti è pacifica, in quanto emergente, tra l'altro, da sentenza irrevocabili di condanna né, comunque, gli stessi sono stati contestati dal convenuto, pur se costituito.

Con riferimento alla richiesta risarcitoria per il danno all'immagine della pubblica amministrazione, deve essere osservato quanto segue.

In proposito, il Collegio rammenta che tale posta risarcitoria esigibile dall'Erario è stata elaborata dalla giurisprudenza contabile, quale voce in prima battuta traslata in via giurisprudenziale dal sistema civilistico (in quanto fondata sull'articolo 10 del codice civile, poi in generale sull'articolo 2059 del codice civile).

Successivamente, tale tipologia di danno ha ricevuto una espressa disciplina normativa che lo ha delineato secondo un paradigma autonomo dal modello civilistico, nello specifico da parte dell'articolo 17, comma 30- ter, secondo periodo, del D.L. 1 luglio 2009, n. 78, convertito dalla L. 3 agosto 2009, n. 102, come poi modificato dall'articolo 1, comma 1, lettera c), n. 1), del D.L. 3 agosto 2009, n. 103, convertito, con modificazioni, dalla L. 3 ottobre 2009, n. 141.

In base a tale previsione "Le procure della Corte dei conti esercitano l'azione per il risarcimento del danno all'immagine nei soli casi e nei modi previsti dall'articolo 7 della L. 27 marzo 2001, n. 97", essenzialmente quindi a titolo di danno consequenziale al compimento di reati contro la pubblica amministrazione.

La legittimità di tale limitazione è stata confermata dalla pronuncia della Corte costituzionale, 15 dicembre 2010, n. 355, in considerazione del carattere proprio del danno all'immagine della pubblica amministrazione.

La Corte costituzionale ha avuto modo di affermare, in tale occasione, che il danno all'immagine della pubblica amministrazione presenta caratteristiche sostanzialmente peculiari rispetto al corrispondente istituto civilistico.

Esso, infatti, non costituirebbe (al pari di quanto accade per i privati) il mero ristoro di un pregiudizio afferente a un bene della personalità quale forma di tutela di un diritto fondamentale.

Il fondamento del danno all'immagine della pubblica amministrazione sarebbe invece costituito dalla lesione del "prestigio" che si risolve, in buona sostanza, in un pregiudizio alla concretezza della cura degli interessi attribuiti.

La struttura pubblica sarebbe, infatti, fortemente affievolita dalla rappresentazione, presso la collettività, di una amministrazione operante in difformità da quanto delineato dall'articolo 97 della Costituzione. Correlativamente, sarebbe leso anche il buon andamento tutelato dalla menzionata disposizione costituzionale.

Il codice di giustizia contabile ha, da ultimo, con l'articolo 51, comma 6, dettato una formulazione apparentemente differente delle condizioni della relativa azione erariale, abrogando il primo (ma non il secondo) periodo del citato comma 30-ter, nonché il sempre citato articolo 7 della L. n. 97 del 2001.

La trasmissione delle sentenze di condanna è ora disciplinata dal citato articolo 51, comma 7. Tale norma si riferisce, tuttavia a "i delitti commessi a danno delle stesse" (pubbliche amministrazioni).

Conseguentemente, per quanto rileva nella presente sentenza, la possibilità giuridica che condiziona l'azionabilità del danno all'immagine delle pubbliche amministrazioni è rappresentato dalla pronuncia di una condanna irrevocabile per reati lesivi di interessi propri delle medesime.

Nella presente fattispecie, invece, emerge dagli atti di causa la sentenza per cui è stata disposta la condanna discende dal compimento degli atti di cui all'articolo 609-bis del codice penale.

La fattispecie penalistica in questione reprime le condotte sussumibili nell'ambito della violenza sessuale, inserite nel libro II, titolo XII del codice penale, relativo ai delitti contro la persona.

La collocazione in esame, peraltro, risulta essere il precipitato di una specifica e intenzionale scelta del legislatore. Infatti, lo stesso, con la L. 15 febbraio 1996, n. 66, ha abrogato le previgenti analoghe fattispecie (collocate nel titolo IX dello stesso libro, relativo ai delitti contro la moralità pubblica e il buon costume), sostituendole con le norme contenute negli articoli 609-bis e seguenti. L'opzione legislativa è stata infatti fondata sia sulla mutata concezione del carattere individuale del bene rappresentato dalla libertà sessuale sia, più in generale, sulla più recente assiologia, che accorda prevalenza agli interessi della persona rispetto a quelli (di pertinenza dello Stato ovvero della società) ritenuti meritevoli di tutela sussidiaria rispetto ai primi.

Pertanto, in considerazione del carattere individuale dell'interesse leso dalle condotte criminose, la condizione dell'intervenuta condanna per reati a danno della pubblica amministrazione non risulta sussistente e la relativa azione è di conseguenza inammissibile per difetto della possibilità giuridica di azionare il relativo diritto.

Nessun dubbio, invece, sussiste in relazione al risarcimento del danno patrimoniale subito dall'Azienda, rappresentato dagli importi corrisposti a titolo di risarcimento del danno a una delle vittime dell'illecito imputabile da parte del convenuto.

In conclusione, nei confronti del convenuto, in parte qua appaiono pienamente sussistenti i presupposti e gli elementi oggettivi del danno erariale. Essi sono, nel caso di specie, il rapporto di servizio con l'amministrazione danneggiata (fondato sul rapporto di impiego con l'Azienda); l'antigiuridicità della condotta (ravvisabile nella commissione di reati contro la persona, determinati o quantomeno agevolati dalle funzioni svolte); il danno erariale, consistente nelle somme corrisposte dell'Azienda a seguito della condotta criminosa del convenuto.

Risulta provato anche l'elemento soggettivo, connotato dal dolo, sotto forma di volontaria inottemperanza agli obblighi di servizio, tra l'altro implicanti l'astensione da condotte illecite.

Il danno è quindi liquidato in misura pari a Euro 17.291,85, in via equitativa già comprensivo di rivalutazione monetaria.

Le spese seguono la soccombenza e sono determinate come da dispositivo.
P.Q.M.

La Corte dei conti - Sezione giurisdizionale regionale per la Toscana, definitivamente pronunciando sul ricorso, in parziale accoglimento delle richieste della Procura erariale, condanna il convenuto G. B. al pagamento di Euro 17.291,85, già comprensivi di rivalutazione monetaria, in favore dell'Azienda S.U.".

Tale importo, già comprensivo di rivalutazione monetaria, sarà incrementato degli interessi legali dalla data di pubblicazione della presente sentenza sino all'effettivo soddisfacimento del credito.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in Euro. 112,00. (diconsi Euro Centododici/00.).

Manda alla Segreteria per gli adempimenti di rito.

Così deciso in Firenze, nella camera di consiglio in data 8 settembre 2021.

Depositata in Cancelleria il 19 ottobre 2021.
Avv. Antonino Sugamele

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