Covid: la visita a domicilio del paziente è parte integrante dei compiti del medico di base. Lo afferma il Consiglio di Stato.
Consiglio di Stato sentenza 18 dicembre 2020, n. 8166.
L'art. 4 , comma 1, del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 12 gennaio 2017 "Definizione e aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza- LEA" secondo cui il Servizio sanitario nazionale (SSN) garantisce, attraverso i propri servizi ed attraverso i medici ed i pediatri convenzionati, la gestione ambulatoriale e domiciliare delle patologie acute e croniche secondo la migliore pratica ed in accordo con il malato, inclusi gli interventi e le azioni di promozione e di tutela globale della salute. Fermo restando l'art. 33 dell' Accordo nazionale dei medici di medicina generale che prevede «visite domiciliari a scopo preventivo, diagnostico, terapeutico e riabilitativo da parte del che ha in carico il paziente» e l'art. 3 dell' Accordo collettivo nazionale per la disciplina dei rapporti con i medici di medicina generale stipulato il 28 ottobre 2020 che contempla il coinvolgimento di questi ultimi «per l'effettuazione dei tamponi antigenici rapidi o di altro test di sovrapponibile capacità diagnostica».-
Con questa motivazione il Consiglio di Stato (sentenza 18 dicembre 2020, n. 8166) ha ribaltato la pronuncia del Tar Lazio che, muovendo dal presupposto che l'art. 4- bis del decreto legge n. 18 del 2020 avrebbe individuato nelle USCA le sole strutture sanitarie preposte alla gestione domiciliare dei pazienti affetti da COVID-19, aveva dichiarato illegittima l'ordinanza del presidente della Regione Lazio che aveva affidato tale compito anche ai medici di medicina generale («la ratio dell'art. 4 bis DL 18/2020 deve individuarsi nella necessità di non distrarre i medici di base dal proprio compito d'istituto, con attribuzione di compiti del tutto avulsi dal loro ruolo all'interno del SSR»).
05-01-2021 14:05
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