Scioglimento del Consiglio comunale per infiltrazioni mafiose
T.A.R. Lazio Roma Sez. I, Sent., (ud. 06/05/2020) 13-05-2020, n. 5022
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 12428 del 2019, proposto da
-OMISSIS-, rappresentati e difesi dagli avv.ti Giuseppe Pinelli e Nunzio Pinelli, con domicilio digitale come da PEC dei Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il loro studio in Roma, via Crescenzio, 25;
contro
Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ministero dell'Interno, Ufficio Territoriale del Governo di Palermo, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso cui sono domiciliati ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per l'annullamento
- del Decreto del Presidente della Repubblica in data -OMISSIS-recante lo scioglimento del Consiglio Comunale di -OMISSIS- e di nomina della Commissione Straordinaria, notificato il 19 agosto e pubblicato nella G.U.R.I. n. -OMISSIS-;
- della relazione di accompagnamento del Ministro dell'Interno in data -OMISSIS-;
- della relazione del Prefetto di Palermo prot. -OMISSIS-/AREA Sic. 1-Bis/ N.C. del -OMISSIS-;
- della Deliberazione del Consiglio dei Ministri adottata nella riunione del -OMISSIS-;
- della Deliberazione della Commissione Straordinaria presso il Comune di -OMISSIS- avente ad oggetto l'insediamento della Commissione medesima;
- di ogni altro atto o provvedimento connesso, presupposto o conseguente, anche allo stato non conosciuto dai ricorrenti.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio della Presidenza del Consiglio dei Ministri con il Ministero dell'Interno e l'Ufficio Territoriale del Governo di Palermo;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatrice, nell'udienza del giorno 6 maggio 2020, la dott.ssa Laura Marzano in collegamento da remoto in videoconferenza, secondo quanto disposto dall'art. 84, comma 6, D.L. 17 marzo 2020, n. 18;
Svolgimento del processo
Con il ricorso in epigrafe i ricorrenti, tutti eletti o nominati, a seguito della tornata elettorale del -OMISSIS-2018, rispettivamente, Sindaco, Assessori, Presidente del Consiglio Comunale e Consiglieri Comunali del Comune di -OMISSIS-, hanno impugnato, unitamente agli atti presupposti, il Decreto del Presidente della Repubblica in data -OMISSIS-recante lo scioglimento del Consiglio Comunale del suddetto Comune, ai sensi dell'art. 143 T.U. 267/2000, e di nomina della Commissione Straordinaria, pubblicato nella G.U.R.I. n. -OMISSIS-.
L'impugnato d.P.R., adottato su proposta del Ministro dell'Interno, la cui relazione è allegata al decreto e previa deliberazione del Consiglio dei Ministri del -OMISSIS-, alla quale è stato invitato il Presidente della Regione Siciliana, poggia su accertamenti dai quali sono emerse forme di ingerenza della criminalità organizzata che hanno esposto l'amministrazione a pressanti condizionamenti, compromettendo il buon andamento e l'imparzialità dell'attività comunale, con conseguente grave pregiudizio agli interessi della collettività e perdita di credibilità dell'istituzione locale.
Con relazione del -OMISSIS- il Prefetto di Palermo, sentito il comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica nelle riunioni del -OMISSIS-, all'ultima delle quali ha partecipato il Procuratore aggiunto della locale Direzione distrettuale antimafia, ha proposto lo scioglimento del consiglio comunale di -OMISSIS-, sulla scorta delle risultanze di una vasta operazione di polizia giudiziaria sfociata, il -OMISSIS-, nell'esecuzione di un'ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti, tra gli altri, del sindaco del comune, indagato per il delitto di concorso esterno in associazione di tipo mafioso. In particolare la predetta operazione di polizia giudiziaria ha messo in luce gli stretti rapporti intercorsi tra il primo cittadino ed un esponente della famiglia mafiosa localmente egemone nel corso della campagna elettorale del 2018, evidenziando come tali rapporti abbiano inciso sulle scelte concernenti le alleanze ed i soggetti da inserire nelle liste elettorali.
Inoltre, ai fini dell'eventuale applicazione di misure di prevenzione e della dichiarazione di incandidabilità degli amministratori ritenuti responsabili dell'adozione della misura dissolutoria, sono stati attivati i procedimenti di cui ai commi 8 e 11 dell'143 TUEL dinanzi al Tribunale di Palermo.
I ricorrenti sostengono l'insussistenza dei presupposti ai quali l'art. 143 D.Lgs. n. 167 del 2000 subordina l'emanazione del gravato provvedimento dissolutorio, attesa l'assenza, a loro dire, di concreti, univoci e rilevanti elementi su collegamenti diretti o indiretti con la criminalità organizzata.
Sostengono inoltre che il provvedimento non indicherebbe in maniera puntuale condizionamenti e collusioni determinanti l'alterazione del procedimento di formazione della volontà dell'ente, degli organi elettivi e il pregiudizio alla sicurezza pubblica.
La Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Ministero dell'Interno e la Prefettura di Palermo, costituiti in giudizio, hanno chiesto la reiezione del ricorso per infondatezza.
Alla camera di consiglio del 6 novembre 2019, stante l'istanza di rinvio formulata dalla parte ricorrente, la trattazione dell'istanza cautelare è stata cancellata dal ruolo.
All'udienza pubblica del 6 maggio 2020, celebrata in videoconferenza mediante collegamento da remoto, la causa è stata trattenuta in decisione ai sensi dell'art. 84, comma 5, D.L. 17 marzo 2020, n. 18.
Motivi della decisione
1. Prima di passare all'esame delle singole questioni dedotte in ricorso, deve tratteggiarsi sinteticamente il quadro normativo applicabile alla fattispecie.
Ai sensi dell'art. 143 TUEL, comma 1, "i consigli comunali e provinciali sono sciolti quando, anche a seguito di accertamenti effettuati a norma dell'articolo 59, comma 7, emergono concreti, univoci e rilevanti elementi su collegamenti diretti o indiretti con la criminalità organizzata di tipo mafioso o similare degli amministratori di cui all'articolo 77, comma 2, ovvero su forme di condizionamento degli stessi, tali da determinare un'alterazione del procedimento di formazione della volontà degli organi elettivi ed amministrativi e da compromettere il buon andamento o l'imparzialità delle amministrazioni comunali e provinciali, nonché il regolare funzionamento dei servizi ad esse affidati, ovvero che risultino tali da arrecare grave e perdurante pregiudizio per lo stato della sicurezza pubblica".
Per quanto di interesse, il comma 3 prevede che, quando abbia acquisito gli elementi di cui al comma 1, ovvero in ordine alla sussistenza di forme di condizionamento degli organi amministrativi ed elettivi, il Prefetto, sentito il comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica integrato con la partecipazione del procuratore della Repubblica competente per territorio, invia al Ministro dell'Interno una relazione nella quale si dà conto della eventuale sussistenza degli elementi di cui al comma 1.
Infine, secondo il comma 4 dell'art. 143 TUEL, lo scioglimento è disposto con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro dell'Interno, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri entro tre mesi dalla trasmissione della relazione di cui al comma 3, ed è immediatamente trasmesso alle Camere. Nella proposta di scioglimento sono indicati in modo analitico le anomalie riscontrate ed i provvedimenti necessari per rimuovere tempestivamente gli effetti più gravi e pregiudizievoli per l'interesse pubblico; la proposta indica, altresì, gli amministratori ritenuti responsabili delle condotte che hanno dato causa allo scioglimento. Lo scioglimento del consiglio comunale o provinciale comporta la cessazione dalla carica di consigliere, di sindaco, di presidente della provincia, di componente delle rispettive giunte e di ogni altro incarico comunque connesso alle cariche ricoperte, anche se diversamente disposto dalle leggi vigenti in materia di ordinamento e funzionamento degli organi predetti.
2. Appare, altresì, utile richiamare, in linea generale, gli indirizzi di interpretazione e applicazione della normativa in materia, come definiti dalla giurisprudenza costituzionale e amministrativa.
Valga per tutti quanto precisato dal Consiglio di Stato (Sez. III, 24 aprile 2015, n. 2054), secondo cui lo scioglimento del Consiglio comunale per "infiltrazioni mafiose" costituisce una misura straordinaria di prevenzione (Corte Cost. n. 103 del 1993), che l'ordinamento ha apprestato per rimediare a situazioni patologiche di compromissione del naturale funzionamento dell'autogoverno locale (Cons. Stato, Sez. III, 28 maggio 2013, n. 2895); il d.P.R. con il quale è disposto lo scioglimento e la relazione ministeriale di accompagnamento costituiscono, quindi, atti di "alta amministrazione", perché orientati a determinare ugualmente la tutela di un interesse pubblico, legato alla prevalenza delle azioni di contrasto alle c.d. "mafie" rispetto alla conservazione degli esiti delle consultazioni elettorali.
La stessa giurisprudenza amministrativa ha posto in luce che la misura di cui all'art. 143 cit. non ha natura di provvedimento di tipo "sanzionatorio" ma preventivo, con eminente finalità di salvaguardia dell'Amministrazione pubblica di fronte alla pressione e all'influenza della criminalità organizzata e la possibilità di dare peso anche a situazioni non traducibili in addebiti personali, ma tali da rendere plausibile, nella concreta realtà contingente e in base ai dati dell'esperienza, l'ipotesi di una possibile soggezione degli amministratori alla criminalità organizzata (Cons. Stato, Sez. III, 18 ottobre 2018, n. 5970).
In relazione agli elementi sulla base dei quali può essere disposto il provvedimento di scioglimento ex art. 143 TUEL, le vicende che ne costituiscono il presupposto devono essere considerate "nel loro insieme", non atomisticamente, e devono risultare idonee a delineare, con una ragionevole ricostruzione, il quadro complessivo del condizionamento "mafioso" (in termini: Cons. Stato, Sez. VI, 10 marzo 2011, n. 1547).
Ne consegue che assumono rilievo situazioni non traducibili in episodici addebiti personali ma tali da rendere - nel loro insieme - plausibile, nella concreta realtà contingente e in base ai dati dell'esperienza, l'ipotesi di una soggezione degli amministratori locali alla criminalità organizzata (tra cui, in misura non esaustiva: vincoli di parentela o affinità, rapporti di amicizia o di affari, frequentazioni) e ciò pur quando il valore indiziario degli elementi raccolti non sia sufficiente per l'avvio dell'azione penale o per l'adozione di misure individuali di prevenzione (Cons. Stato, Sez. III, 2 luglio 2014, n. 3340).
La norma di cui all'art. 143 cit., quindi, consente l'adozione del provvedimento di scioglimento sulla scorta di indagini ad ampio raggio sulla sussistenza di rapporti tra gli amministratori e la criminalità organizzata, non limitate alle sole evenienze di carattere penale, e perciò sulla scorta di circostanze che presentino un grado di significatività e di concludenza serio, anche se - come detto - di livello inferiore rispetto a quello che legittima l'azione penale o l'adozione di misure di sicurezza (Cons. Stato, Sez. III, 6 marzo 2012, n. 1266).
Nell'esercizio del potere di scioglimento del consiglio comunale per "infiltrazioni mafiose", trovano perciò giustificazione i margini, particolarmente estesi, della potestà di apprezzamento di cui fruisce l'Amministrazione statale nel valutare gli elementi su collegamenti, diretti o indiretti, o su forme di condizionamento da parte della criminalità di "stampo mafioso" (Cons. Stato, Sez. III, n. 3340/2014 cit.).
A ciò deve aggiungersi che, se è vero che gli elementi raccolti devono essere "concreti, univoci e rilevanti", come è richiesto dalla nuova formulazione dell'art. 143, comma 1, TUEL, è tuttavia solo dall'esame complessivo di tali elementi che si può ricavare, da un lato, il quadro e il grado del condizionamento mafioso e, dall'altro, la ragionevolezza della ricostruzione operata quale presupposto per la misura dello scioglimento degli organi dell'ente, potendo essere sufficiente allo scopo anche soltanto un atteggiamento di debolezza, omissione di vigilanza e controllo, incapacità di gestione della "macchina" amministrativa da parte degli organi politici che sia stato idoneo a far beneficiare soggetti riconducibili ad ambienti "controindicati" (Cons. Stato, Sez. III, 28 maggio 2013, n. 2895).
Gli elementi sintomatici del condizionamento criminale devono caratterizzarsi per "concretezza" ed essere, anzitutto, assistiti da un obiettivo e documentato accertamento nella loro realtà storica; per "univocità", intesa quale loro chiara direzione agli scopi che la misura di rigore è intesa a prevenire; per "rilevanza", che si caratterizza per l'idoneità all'effetto di compromettere il regolare svolgimento delle funzioni dell'ente locale. La definizione di questi precisi parametri costituisce un vincolo con il quale il legislatore della L. n. 94 del 2009 non ha voluto elidere quella discrezionalità, ma controbilanciarla, ancorandola a fatti concreti e univoci, in funzione della necessità di commisurare l'intervento più penetrante dello Stato a contrasto del "fenomeno mafioso" con i più alti valori costituzionali alla base del nostro ordinamento, quali il rispetto della volontà popolare espressa con il voto e l'autonomia dei diversi livelli di governo garantita dalla Costituzione (Cons. Stato, Sez. III, 20 gennaio 2016, n. 197; id. 19 ottobre 2015, n. 4792).
La straordinarietà dell'indicata misura e la sua fondamentale funzione di contrasto alla capillare diffusione, tramite connivenza con le amministrazioni locali, della criminalità organizzata sull'intero territorio nazionale, fa sì che, con la norma di cui all'art. 143 cit., la finalità perseguita dal legislatore è quella "di offrire uno strumento di tutela avanzata, in particolari situazioni ambientali, nei confronti del controllo e dell'ingerenza delle organizzazioni criminali sull'azione amministrativa degli enti locali, in presenza anche di situazioni estranee all'area propria dell'intervento penalistico o preventivo" (così Cons. Stato, Sez. III, 23 marzo 2014, n. 2038), nell'evidente necessità di evitare, con immediatezza, che l'Amministrazione locale rimanga permeabile all'influenza della criminalità organizzata per l'intera durata del suo mandato elettorale (Cons. Stato, Sez. III, n. 3340/2014 cit.).
Sulla base di tali presupposti e considerata la suddetta natura del procedimento dissolutorio, il giudice amministrativo, nell'esame delle impugnazioni di tali provvedimenti di scioglimento, può esercitare solo un sindacato di legittimità di tipo "estrinseco", senza possibilità di valutazioni che, al di fuori dell'espressione dell'ipotesi di travisamento dei fatti o manifesta illogicità, si muovano sul piano del "merito" amministrativo (Cons. Stato, Sez. III n. 1266/2012, cit.).
3. Sulla scorta di tutte le coordinate normative, interpretative e giurisprudenziali innanzi tratteggiate, si può passare all'esame del merito.
I ricorrenti deducono: violazione e falsa applicazione dell'art. 143 TUEL n. 267/2000; eccesso di potere per insufficienza ed illogicità della motivazione, istruttoria carente, irragionevolezza, travisamento dei presupposti di fatto e di diritto, manifesta ingiustizia e sviamento, per violazione del principio di proporzionalità.
Le questioni sostanziali prospettate dalla parte ricorrente attengono all'asserita inesistenza, nella fattispecie, degli elementi componenti il grave quadro che legittima il ricorso alla misura straordinaria di cui si discute.
Detti elementi possono essere compiutamente desunti dalla proposta di scioglimento del Ministro dell'Interno che, come rilevato dalla Sezione in analoghi contenziosi (ex multis, T.A.R. Lazio, Roma, Sez. I, 22 febbraio 2019, n. 2386; id. 27 ottobre 2016, n. 10557; id. 10 luglio 2015, n. 9685; id. 21 novembre 2013, n. 9941), nell'ambito della complessità dell'iter, sotto il profilo oggettivo e soggettivo, che caratterizza l'andamento del procedimento ex art. 143 del D.Lgs. n. 267 del 2000, va identificata come il momento centrale di rappresentazione analitica delle anomalie riscontrate nelle fasi antecedenti alla sua adozione, e, quindi, quale vero nucleo espressivo della determinazione tecnica sottostante allo scioglimento.
La relazione ministeriale, a sua volta, mutua le proprie argomentazioni dalla relazione prefettizia: infatti le censure di parte ricorrente sono rivolte essenzialmente contro tale relazione la quale, muovendo dall'arresto del sindaco di -OMISSIS-, descrive il fenomeno mafioso nel territorio e i suoi protagonisti sin dagli anni '80 e il forte potere di condizionamento sul primo cittadino da parte, segnatamente, di un soggetto ritenuto assai vicino agli ambienti criminali.
Secondo i ricorrenti tale ricostruzione sarebbe suggestiva, poiché basata su insistenti richiami alle parentele e su accostamenti dei cognomi, tali da far inferire anche l'esistenza di un rapporto di parentela del -OMISSIS- sindaco con uno qualsiasi degli appartenenti al sodalizio criminale che portano il medesimo cognome anche negli U.S.A., cognome che, a dire dei ricorrenti, è invece ampiamente diffuso nel territorio di Palermo--OMISSIS-.
Viceversa, sempre secondo la tesi difensiva dei ricorrenti, la relazione nulla direbbe sul condizionamento nei confronti degli eletti in Consiglio comunale, degli Assessori e, viepiù, nei confronti di uno o più Dirigenti del Comune, tenuto conto che neanche è stata compiuta alcuna delle attività ispettive che la normativa contempla prima di disporre lo scioglimento, il quale rappresenta l'extrema ratio.
3. Devono essere tratteggiati i fatti di causa.
Le risultanze di indagine su cui si sofferma la proposta ministeriale, a loro volta ricavate dalla relazione prefettizia, sono le seguenti.
Il -OMISSIS-, all'esito di una vasta operazione di polizia giudiziaria svolta dalla sezione criminalità organizzata della Polizia di Stato e dalla squadra mobile di Palermo, è stata data esecuzione ad un'ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa, tra gli altri, nei confronti del sindaco del Comune di -OMISSIS-, indagato per il delitto di concorso esterno in associazione mafiosa.
Le complesse attività d'indagine, che hanno dato luogo al menzionato provvedimento cautelare, hanno consentito di delineare gli stretti rapporti intercorsi tra il Sindaco in carica e un esponente della locale famiglia mafiosa durante la campagna elettorale del 2018, evidenziando come gli stessi abbiano inciso sulle scelte relative alle alleanze ed ai soggetti da inserire nelle liste elettorali.
Dai contenuti dell'ordinanza di custodia cautelare emerge che al primo cittadino - al suo secondo mandato consecutivo essendo stato eletto per la prima volta nel 2013 - viene contestato di aver contribuito, nella sua qualità di esponente politico di rilievo del comune, a conservare e rafforzare le capacità operative della famiglia mafiosa di -OMISSIS- e di altre articolazioni territoriali di "cosa nostra" nonché al raggiungimento degli scopi criminali da tale associazione perseguiti, tra i quali l'acquisizione in modo diretto o indiretto della gestione o comunque del controllo di attività economiche, di concessioni, di autorizzazioni, appalti e servizi pubblici al fine di realizzare profitti o vantaggi ingiusti per se o per altri.
Nel menzionato provvedimento cautelare viene evidenziato inoltre che le condotte del sindaco sono state finalizzate ad impedire o ostacolare il libero esercizio del voto o a procurare voti per sé o altri in occasione di consultazioni elettorali, asservendo la propria posizione di candidato alla carica di sindaco agli interessi della locale articolazione di "cosa nostra", assecondandone, nel corso della campagna elettorale, le indicazioni sulle alleanze politiche, sui soggetti da inserire in lista nonché sulla nomina dei componenti della futura giunta comunale.
Più specificamente il sindaco, in cambio del sostegno elettorale, prometteva che, una volta eletto avrebbe favorito la locale cosca mafiosa nei futuri rapporti con l'amministrazione e consentiva altresì, alla medesima organizzazione criminale, di dare indicazioni sul consigliere comunale da eleggere alla carica di presidente del consiglio, sulla nomina dei componenti della giunta comunale nonché sui dirigenti degli uffici, accogliendo e facendo sue tali indicazioni e, dunque, consentendo alla locale famiglia mafiosa di determinare l'azione politica e amministrativa dell'ente comunale.
La relazione del Prefetto si sofferma inoltre sulla figura di un esponente di rilievo della locale famiglia mafiosa e pone in rilievo come quest'ultimo abbia esercitato un occulto potere di controllo infiltrandosi all'interno dell'apparato politico-amministrativo del comune.
Fonti tecniche di prova, richiamate nel provvedimento del giudice per le indagini preliminari, attestano che l'azione del menzionato esponente mafioso, esercitata con l'ausilio di soggetti pregiudicati riconducibili alla cosca egemone, non si è limitata ad un mero sostegno elettorale in favore del candidato sindaco ma si è concretizzata in una più generale strategia di controllo totalitario dell'ente comunale volta a garantire futuri illeciti vantaggi per il sodalizio criminale.
In relazione a tale ultimo aspetto le risultanze dell'indagine giudiziaria hanno fatto emergere che il primo cittadino si è attivato per far conseguire vantaggi ingiusti ai partecipi dell'associazione mafiosa ed a soggetti alla stessa contigui, favorendo anche l'assunzione di personale presso il Comune di -OMISSIS- nonché il pagamento di un credito in favore di una persona, "con le aggravanti rappresentate dall'essere "cosa nostra" un'associazione armata volta a commettere delitti, nonché ad assumere e mantenere il controllo di attività economiche mediante risorse finanziarie di provenienza delittuosa".
Lo stesso giudice per le indagini preliminari, nel rassegnare le proprie conclusioni, evidenzia che l'esame delle prove raccolte nel corso delle indagini consente di affermare che il primo cittadino non si è limitato a stringere un accordo diretto ad ottenere sostegno elettorale in cambio della propria disponibilità a soddisfare, una volta eletto, gli interessi della consorteria criminale - condotta già di per sé astrattamente idonea ad integrare il concorso eventuale nel reato associativo - ma si è posto come vero e proprio punto di riferimento della locale consorteria e suo referente politico, consentendo alla medesima cosca, come evidenziato, dì dare indicazioni in ordine alla composizione degli organi dell'ente e dell'apparato burocratico e quindi a determinare l'azione politica ed amministrativa, con ciò abdicando, consapevolmente, alla sua carica rappresentativa in favore dell'associazione "cosa nostra".
4. I ricorrenti osservano che la relazione prefettizia sarebbe fondata non su una autonoma istruttoria, ma su "stralci" tratti isolatamente dall'ordinanza che ha disposto la custodia cautelare, oltre che a carico di numerosi soggetti estranei all'odierna vicenda anche del sindaco e del suo preteso "referente" malavitoso (peraltro incensurato), tale -OMISSIS-, del quale il Prefetto sottolinea l'avvenuta sottoposizione a misura di prevenzione patrimoniale, conclusasi (tuttavia) con la restituzione dei beni.
In proposito i ricorrenti riferiscono che entrambi i soggetti in questione (pretesi condizionante e condizionato) sono stati scarcerati (anzi, lo -OMISSIS- prima ancora del sindaco, e senza restrizione di sorta, tanto da avere fatto ritorno negli USA) per intervenuto annullamento della misura cautelare ad opera della competente Sezione Riesame del Tribunale di Palermo, la quale ha sconfessato l'ipotesi accusatoria.
Aggiungono che le uniche contestazioni fattuali mosse al (solo) sindaco, e acriticamente riprese dal Prefetto a sostegno del ventilato condizionamento, sarebbero quelle di avere assunto al Comune: 1) tale -OMISSIS-, e 4) di avere pagato a tale -OMISSIS-(che sarebbe soggetto controindicato) un credito di Euro 900,00 vantato sin dall'anno 2017.
Deducono che ciascuno di tali addebiti è risultato, già in sede di interrogatorio di garanzia, del tutto insussistente in fatto, frutto di segnalazioni mai verificate dal PM e/o dal GIP.
In definitiva il ricorso è incentrato su due censure: la mancanza di istruttoria autonoma, non essendo stato disposto l'accesso ispettivo, e l'intervenuto riesame, in sede giudiziaria, delle posizioni del sindaco e di -OMISSIS- -OMISSIS-.
5. La relazione del Prefetto di Palermo, come osservato dalla parte ricorrente, poggia sulle risultanze dell'ordinanza del GIP di Palermo del 15 luglio 2019 che ha disposto la custodia cautelare di -OMISSIS-, di -OMISSIS--, padre e figlio appartenenti alla famiglia di -OMISSIS-, nonché del sindaco -OMISSIS-, indiziato del reato di concorso esterno in associazione mafiosa, di cui agli artt. 110 e 416 bis c.p.
In particolare i due -OMISSIS- sono ritenuti responsabili, fra l'altro, di "aver condizionato la campagna elettorale in occasione delle consultazioni per l'elezione del sindaco del Comune di -OMISSIS- avvenute il -OMISSIS-2018, nonché l'azione politica e amministrativa del medesimo Ente comunale".
L'ordinanza de qua innanzitutto descrive nel dettaglio il contesto criminale dello storico mandamento mafioso palermitano di-OMISSIS-- essenziale per comprendere appieno la condizione oggettiva in cui operano le amministrazioni locali - del quale fanno parte le famiglie di -OMISSIS-e -OMISSIS-, nonché gli stretti rapporti intercorrenti tra le locali consorterie criminali e la mafia newyorkese, segnatamente la famiglia -OMISSIS-, come emerso da operazioni investigative coordinate con l'FBI americana.
Nell'ordinanza sono anche ricostruite le vicende del Comune di -OMISSIS-, il quale era stato sciolto per infiltrazioni mafiose con provvedimento del Consiglio dei Ministri del novembre 2005, allorché era in carica il sindaco -OMISSIS-. Al -OMISSIS- è succeduto il sindaco -OMISSIS-e, a seguire, veniva eletto primo cittadino -OMISSIS--, presentatosi con una lista civica vincente alle elezioni del -OMISSIS-2013. Già nel febbraio 2014 la Prefettura di Palermo aveva effettuato un accesso ispettivo nel Comune di -OMISSIS- al fine di verificare la sussistenza di infiltrazioni mafiose: a tale atto però non aveva fatto seguito il provvedimento di scioglimento.
L'ordinanza inquadra anche i legami familiari e sociali del sindaco -OMISSIS--, coniugato con -OMISSIS-, figlia di -OMISSIS-, a sua volta figlio del mafioso -OMISSIS-(nei confronti del quale è stata riconosciuta l'appartenenza all'associazione mafiosa "cosa nostra" ed il ruolo, ricoperto per anni, di capo mandamento di -OMISSIS-e -OMISSIS-), definitivamente condannato per il delitto di associazione per delinquere, con sentenza n. 9/98 della Corte d'Appello di Palermo, e sottoposto al provvedimento di fermo nell'ambito dell'operazione nota come "Old Bridge".
Il sindaco -OMISSIS-- risulta aver partecipato al battesimo del figlio di -OMISSIS--, tenutosi presso il ristorante -OMISSIS-di -OMISSIS-, in data -OMISSIS-2018, al quale erano presenti i congiunti di numerosi pregiudicati mafiosi di spicco di quel territorio e di altri territori limitrofi, nonché l'altro indagato -OMISSIS-, oltre, ovviamente, allo stesso -OMISSIS- -OMISSIS- ed il di lui padre --OMISSIS-. A tale evento era presente anche il pregiudicato -OMISSIS-detto "-OMISSIS-".
La polizia giudiziaria aveva modo di rilevare, in tale occasione, la presenza delle autovetture intestate alla moglie del noto pregiudicato mafioso -OMISSIS-, alla figlia del pregiudicato mafioso -OMISSIS-, al figlio del pregiudicato mafioso-OMISSIS-, alla figlia di -OMISSIS-, lì presente con il marito -OMISSIS-, alla moglie del pregiudicato -OMISSIS-, alla moglie del pregiudicato mafioso -OMISSIS-.
Dall'ordinanza emerge, altresì, che -OMISSIS-, figlio di-OMISSIS-, rappresenta un importante anello di collegamento tra gli Stati Uniti ed alcuni autorevoli esponenti della famiglia mafiosa della -OMISSIS-, tra cui -OMISSIS-.
Per quanto più specificamente di interesse, nell'ordinanza in rassegna-OMISSIS- e -OMISSIS-- sono ritenuti tra i principali protagonisti della campagna elettorale che ha preceduto le elezioni amministrative del Comune di -OMISSIS-, nel giugno 2018, operando, al riguardo, in nome, per conto e nell'interesse della famiglia mafiosa di -OMISSIS-.
L'appoggio di costoro al candidato Sindaco, -OMISSIS-- è stato ritenuto determinante per la vittoria di quest'ultimo, tanto da mettere lo stesso -OMISSIS-- nelle condizioni di poter indicare nomi e funzioni di quanti poi hanno ottenuto incarichi in seno all'Amministrazione comunale e consentendogli altresì di asservire stabilmente la figura del Sindaco alle esigenze sue e della sua famiglia mafiosa: di tanto sono state ritenute prove talune assunzioni lavorative effettuate proprio su istanza della locale consorteria mafiosa.
6. Così tratteggiati i fatti, mutuati dall'ordinanza del GIP di Palermo e valorizzati dalla Prefettura nella propria relazione, deve innanzitutto rilevarsi l'infondatezza della censura con cui parte ricorrente lamenta il difetto di istruttoria per non essere stata disposta alcuna attività ispettiva presso il Comune, essendosi limitato il Prefetto a basarsi sulle risultanze dell'indagine penale.
Invero la norma di cui all'art. 143 TUEL, al comma 2 prevede che il Prefetto competente per territorio dispone ogni opportuno accertamento, "di norma" promuovendo l'accesso presso l'ente interessato, ma al comma 3 specifica che, entro il termine di quarantacinque giorni dal deposito delle conclusioni della commissione d'indagine, ovvero quando abbia "comunque diversamente acquisito" gli elementi in ordine alla sussistenza di forme di condizionamento degli organi amministrativi ed elettivi, il Prefetto, sentito il comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica integrato con la partecipazione del procuratore della Repubblica competente per territorio, invia al Ministro dell'Interno una relazione.
Da quanto precede risulta, con tutta evidenza, che l'attività ispettiva presso il Comune è solo una delle possibili fonti di indagine, sicuramente quella più consueta, ma la norma non esclude che il Prefetto possa acquisire aliunde gli elementi in ordine alla sussistenza di forme di condizionamento degli organi amministrativi ed elettivi: si tratta di ciò che è accaduto nel caso di specie, in cui l'ordinanza del GIP è stata ritenuta fonte, sufficientemente dettagliata riguardo ai fatti e adeguatamente attendibile riguardo alla connessione fra gli stessi, idonea a rappresentare una situazione di permeabilità dell'amministrazione comunale ad infiltrazioni della malavita organizzata locale, tale da rendere opportuno e necessario relazionare al Ministro dell'Interno ai fini della sollecitazione di un eventuale provvedimento di scioglimento degli organi comunali.
D'altra parte il Prefetto disponeva anche di elementi più risalenti, essendo stato lo stesso Comune, come ricordano gli stessi ricorrenti, oggetto di indagine già nel 2014, durante la precedente consiliatura capeggiata dallo stesso sindaco -OMISSIS--, anche se l'indagine si era conclusa con elementi ritenuti all'epoca non sufficienti per addivenire all'adizione di un provvedimento dissolutorio.
Ciò denota l'infondatezza della censura di parte ricorrente secondo cui il Prefetto non avrebbe tenuto conto del periodo pregresso, in cui era stato sindaco lo stesso sig. -OMISSIS- e in relazione al quale non erano emersi segnali di condizionamento mafioso; al contrario è possibile ricavare che quegli stessi elementi ritenuti all'epoca insufficienti siano risultati poi valorizzati dagli accadimenti successivi, dai quali è emersa una situazione di condizionamento dell'amministrazione ancor più pregnante, in quanto attuata fin dal momento "genetico" della creazione della compagine di governo dell'Ente, ossia nella fase elettorale, concretatasi nella stessa scelta dei soggetti da candidare nonché nella scelta dei soggetti da collocare in posizioni rilevanti del governo dell'Ente stesso.
In un simile contesto anche i vincoli di parentela con esponenti della cosca locale e la frequentazione con noti pregiudicati (che, di norma, rappresentano solo uno degli elementi che può ragionevolmente essere ritenuto significativo, unitamente a tutti gli altri, ai fini della adozione di un provvedimento ex art. 143 TUEL), assumono una significativa rilevanza concausale nella ricostruzione della situazione di contiguità alle locali consorterie criminali e cointeressenza con le stesse.
7. La pregnanza di tali interferenze della locale cosca mafiosa è risultata documentata da intercettazioni telefoniche nel corso delle quali si "caldeggiava", presso alcuni esponenti della malavita, a non spendersi pubblicamente in favore di una candidata, pur imparentata con alcuni di loro, presentatasi tuttavia in una lista avversaria di quella del sindaco -OMISSIS-.
Si tratta di elementi oggettivi, dei quali è disseminata la relazione prefettizia per averli acquisiti dall'ordinanza del GIP, che, ai fini dell'adozione del provvedimento dissolutorio, assumono una valenza indiziante decisiva: valenza che, diversamente da quanto opinato dalla parte ricorrente, non risulta inficiata dal diverso avviso manifestato dal Tribunale del riesame, il quale ha disposto la scarcerazione sia del sindaco -OMISSIS-, sia di -OMISSIS- -OMISSIS-.
Invero, non trattandosi di una misura sanzionatoria, il provvedimento di scioglimento impugnato non è finalizzato, come la sanzione penale, a punire condotte illecite caratterizzate da coscienza e volontà, il che rende neutrale la circostanza che in sede penale sia intervenuta un'ordinanza del Tribunale del riesame che abbia diversamente valorizzato le stesse circostanze di fatto.
Non è infrequente, invero, che gli stessi fatti siano oggetto di differenti valutazioni a seconda dell'ambito di indagine: significativo in proposito è che, ad esempio, mentre ai fini dello scioglimento degli organi comunali assumono rilievo situazioni non traducibili in (anche episodici) addebiti personali ma tali da rendere - nel loro insieme - plausibile l'ipotesi di una soggezione degli amministratori locali alla criminalità organizzata, nel giudizio di incandidabilità ex art. 143, comma 11, D.Lgs. n. 267 del 2000, viceversa, gli stessi fatti assumono rilevanza se e nella misura in cui rivelino la sussistenza di responsabilità personali nella causazione dello scioglimento.
Analogamente, gli stessi fatti che sono stati ritenuti insufficienti dal giudice del riesame, come nel caso di specie, ad integrare i presupposti per l'applicazione di una misura cautelare penale, possono invece atteggiarsi diversamente quali elementi sintomatici di una situazione di permeabilità dell'amministrazione alla criminalità organizzata, tali da giustificare l'adozione della misura preventiva in parola.
Né sulla legittimità di tale decisione può incidere la circostanza, enfatizzata dalla parte ricorrente, secondo cui non sarebbe emerso il coinvolgimento di alcun dirigente, con la conseguenza che, stante il principio di netta separazione tra funzioni di indirizzo politico-amministrativo spettanti agli organi di governo, e funzioni di gestione amministrativa proprie dei dirigenti, senza il diretto coinvolgimento di questi ultimi non sarebbe possibile al potere di indirizzo provocare l'emanazione di provvedimenti in favore di chicchessia.
Tale obiezione non coglie nel segno in quanto il provvedimento si fonda sull'analisi di fatti, circostanze, frequentazioni e interessenze in affari che si svolgono nell'arco di parecchi anni, che è ragionevole ritenere siano in grado di dispiegare condizionamenti ex se, a prescindere dall'effettivo coinvolgimento diretto dei titolari dell'azione amministrativa.
Ciò che conta, in definitiva, è la constatazione che l'attività dell'Ente risulti asservita, anche solo in parte, agli interessi delle consorterie mafiose, giacché tale constatazione rivela che l'organo politico non è in grado, per complicità, connivenza, timore o mera incompetenza, di prevenire o di contrastare efficacemente il condizionamento mafioso (T.A.R. Lazio, Roma, Sez. I, 5 febbraio 2019, n. 1433).
8. Non possono essere condivise neanche le critiche di parte ricorrente secondo cui gli unici, a suo dire, elementi oggettivi richiamati dal Prefetto, ossia le tre assunzioni presso il Comune e il pagamento di un debito di Euro 900,00, sarebbero inconsistenti sia perché mai verificati sia perché il sindaco, per legge, non avrebbe né la possibilità di effettuare assunzioni di personale né, tanto meno, di nominare il Presidente del Consiglio comunale, essendo tale nomina il frutto di una libera elezione.
Osserva il Collegio che, da quanto è possibile ricostruire dalla documentazione in atti, il condizionamento mafioso rilevato nel caso di specie è di tipo "endogeno", traducendosi esso sia nella scelta, operata a monte da parte delle consorterie malavitose, dei soggetti da candidare, sia nel successivo procacciamento di voti in favore degli stessi, tanto da farli eleggere, con la conseguenza che la successiva attività, tanto politica quanto amministrativa dell'Ente, può dirsi espressione diretta e non mediata del volere della criminalità: risulta, dunque, del tutto neutrale la circostanza che il sindaco non possa, motu proprio, disporre assunzioni di personale o nominare il Presidente del consiglio comunale, dal momento che è l'intera compagine politico-amministrativa ad essere rappresentativa della criminalità organizzata, o per diretta appartenenza alla stessa o per mera sudditanza ad essa.
In conclusione il Collegio ritiene, alla luce della disamina dei fatti innanzi compiuta, che la valutazione effettuata dall'amministrazione nell'atto impugnato, considerata globalmente ed unitariamente, risponda ai criteri che la giurisprudenza innanzi citata ha enucleato per stabilire se la decisione di sciogliere un comune ai sensi dell'art. 143 TUEL possa considerarsi legittima in quanto rispondente a ragionevolezza e logicità; ciò in quanto le vicende che costituiscono il presupposto sulla base del quale può essere disposto il provvedimento di scioglimento ex art. 143 TUEL devono essere, come già visto, considerate "nel loro insieme" e devono risultare idonee a delineare, con una ragionevole ricostruzione, il quadro complessivo del condizionamento "mafioso" (in termini: Cons. Stato, Sez. VI, 10 marzo 2011, n. 1547).
Il provvedimento impugnato non solo risponde ai criteri individuati dalla giurisprudenza in subjecta materia, ma l'intervento dissolutorio risulta poggiare su elementi concreti, univoci e rilevanti dai quali emerge un quadro indiziario grave, adeguatamente trasfuso nella motivazione del decreto presidenziale di scioglimento.
Conclusivamente, per quanto precede, il ricorso deve essere respinto.
9. Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Roma, Sezione Prima, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo respinge.
Condanna la parte ricorrente alle spese del giudizio che liquida in Euro 4.000,00 (quattromila) oltre oneri di legge, se dovuti.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, e dell'articolo 9, paragrafo 1, del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità dei ricorrenti, di tutti i nominativi menzionati nella sentenza, del comune interessato dal provvedimento impugnato e degli estremi dello stesso.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 6 maggio 2020, in collegamento da remoto in videoconferenza, secondo quanto disposto dall'art. 84, comma 6, D.L. 17 marzo 2020, n. 18, con l'intervento dei magistrati:
Antonino Savo Amodio, Presidente
Laura Marzano, Consigliere, Estensore
Francesca Petrucciani, Consigliere
02-06-2020 15:31
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