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Sentenza

Risarcimento del danno per ritardata assunzione nella P.A....
Risarcimento del danno per ritardata assunzione nella P.A.
Tar Lazio, sez. I bis, sentenza 5 marzo 2020, n. 2966
N. 02966/2020 REG.PROV.COLL.
N. 01024/2013 REG.RIC.
R E P U B B L I C A I T A L I A N A
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Bis)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1024 del 2013, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati Cecilia Furitano, Marcello
Furitano, Alberto Marolda, domiciliato in via digitale come da pubblici registri e
domicilio fisico eletto presso lo studio Marcello Furitano in Roma, via Monte Zebio,
37;
contro
Ministero della Difesa, in persona del legale rappresentante pro tempore,
rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliato in via
digitale come da pubblici registri e domicilio fisico in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per il risarcimento danni conseguenti alla tardiva immissione in servizio.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero della Difesa;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 24 gennaio 2020 il dott. Fabrizio
D'Alessandri e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con ricorso depositato l'1 febbraio 2013, la parte ricorrente ha chiesto il
risarcimento del danno cagionato dal ritardo nell'assunzione, subito in forza
dell'illegittima esclusione dal concorso indetto dal Ministero della Difesa per
l'arruolamento di volontari in ferma breve (triennale) per l'aereonautica militare -
anno 2003- pubblicato nella GURI n. 47 del 14 maggio 2002.
In particolare, con sentenza n. 8912 del 20 ottobre 2003, passata in giudicato il 4
dicembre 2004, questa Sezione ha accolto il ricorso di cui al R.G. n. 2901/2003,
annullando il provvedimento assunto dalla Commissione medica del Centro
Aeromedico, selezione psicofisiologica - Aeroporto di Guidonia in data 8 gennaio
2003, con il quale è stato espresso nei confronti del ricorrente un giudizio di non
idoneità quale aspirante V.F.B.
A seguito della suindicata sentenza il candidato è stato “immesso, a pieno titolo,
nella graduatoria di cui al Decreto Dirigenziale nr.13 in data 10 febbraio 2003” e di
conseguenza ammesso “alla ferma breve triennale nell'Aeronautica Militare con
decorrenza giuridica dal 3 marzo 2003 e decorrenza amministrativa dalla data di
effettiva incorporazione”, con Decreto Dirigenziale n. 123 del 14 giugno 2004.
Successivamente, parte ricorrente, con apposita comunicazione del 24 novembre
2009, ha invitato e messo in mora la Direzione Generale per il personale militare del
Ministero della Difesa chiedendo il risarcimento dei danni subiti a causa
dell'illegittimo provvedimento di esclusione nella misura di euro 19.500,00,
lamentando la circostanza di aver prestato soltanto 18 mesi di servizio effettivo per
l'incarico de quo, e che “fosse stata preclusa all'istante la possibilità di svolgere e
vedere riconosciuto, ai fini degli effetti amministrativo-contabili, il servizio per
l'intero periodo”.
L'Amministrazione non ha provveduto nel senso richiesto.
Il ricorrente ha, quindi, instaurato il presente giudizio, per il riconoscimento del
“diritto al risarcimento del danno patrimoniale connesso al ritardo dell'assunzione a
causa del provvedimento”, quantificandolo nell'ammontare delle retribuzioni perse,
comprensivo delle quote di trattamento di fine rapporto a carico
dell'amministrazione, delle contribuzioni previdenziali, oltre che degli interessi nella
misura legale e rivalutazione monetaria.
L'Amministrazione si è costituita in giudizio con atto depositato in data 8 ottobre
2013, resistendo al ricorso.
All'udienza pubblica del 24 gennaio 2020 il ricorso è passato in decisione.
DIRITTO
1) Il ricorso introduttivo si palesa fondato nei termini qui di seguito.
Con sentenza n. 2901/2003, il T.A.R. Lazio ha ritenuto infondato il presupposto sul
quale si basava il giudizio di esclusione dal concorso del Ministero della Difesa per
l'arruolamento di volontari in ferma breve (triennale) per l'aereonautica militare anno
2003.
In particolare, le risultanze dell'accertamento di revisione del provvedimento di non
idoneità psicofisiologica dalla Commissione medica, disposto dalla Corte con
ordinanza n. 432-C del 4 giugno 2003, hanno condotto alla formulazione di un
conclusivo giudizio di idoneità dell'odierno ricorrente quale volontario in ferma
breve, di cui la sentenza di accoglimento ha tenuto conto nell'annullare il giudizio di
inidoneità gravato.
Con il ricorso introduttivo del presente giudizio parte istante ha collegato
l'illegittimità del giudizio di inidoneità all'errore compiuto dalla Commissione
medica che ha lo adottato, circostanza peraltro non contestata dall'Amministrazione
resistente.
L'illegittimità dell'esclusione è stata sancita nella sentenza richiamata e la spettanza
del bene della vita da parte del ricorrente è attestata dal comportamento della stessa
amministrazione che, in esecuzione della sentenza, ha ammesso il medesimo
ricorrente alla ferma ·breve triennale nell'Aeronautica Militare, sia pure con una data
di effettiva incorporazione successiva a quella degli altri colleghi ammessi.
In considerazione di ciò, si è verificato un ritardo nell'incorporazione del ricorrente,
che, a differenza degli altri concorrenti, non ha iniziato a percepire con ritardo la
retribuzione relativa alla ferma.
Quanto all'elemento soggettivo della responsabilità invocata, è pacifico in
giurisprudenza il fatto che, in sede di risarcimento del danno derivante da un
provvedimento autoritativo illegittimo, il privato danneggiato può limitarsi ad
invocare detta illegittimità quale indice presuntivo della colpa, perché resta a carico
dell'amministrazione l'onere di dimostrare che si è trattato di un errore scusabile o
dalla complessità dei fatti, ovvero ancora dal comportamento delle parti del
procedimento (cfr. ex multis Cons. Stato, Sez. IV, n. 5762/2018).
Nel caso di specie, non ricorrono, o, comunque, la difesa dell'Amministrazione non
ha allegato, peculiari circostanze di fatto o diritto decisive in tal senso.
Ricorrono quindi tutti gli estremi per la sussistenza in capo all'amministrazione di
una responsabilità per danno da ritardo nell'assunzione ex art. 2043 c.c.
3) Sulla questione della quantificazione del danno il Collegio rileva quanto segue.
Nel caso di ritardata costituzione di un rapporto di impiego conseguente
all'illegittima esclusione dalla procedura di assunzione, non può riconoscersi
all'interessato il diritto alla corresponsione delle retribuzioni relative al periodo di
ritardo nell'assunzione. Ciò in quanto detto diritto, in ragione della sua natura
sinallagmatica, presuppone necessariamente l'avvenuto svolgimento dell'attività di
servizio, con l'effetto che non sono dovute le spettanze economiche facendo leva
sul necessario parallelismo fra la decorrenza ai fini giuridici dell'assunzione e la
decorrenza ai fini economici. Relativamente a detto periodo l'interessato può
chiedere, in presenza dei presupposti di legge di cui all'art. 2043 c.c., il risarcimento
del danno ingiusto patito in conseguenza delle illegittimità risalenti agli atti o ai
comportamenti dell'amministrazione (T.A.R. Lazio Roma Sez. I bis, 12/06/2018, n.
6546). In materia di impiego pubblico, infatti, in caso di tardiva assunzione con
retrodatazione giuridica dovuta a provvedimento illegittimo della P.A., come nel
caso di specie, non sussiste il diritto del lavoratore al pagamento delle retribuzioni
relative al periodo di mancato impiego, tale voce, difatti, presuppone “l'avvenuto
perfezionamento del rapporto di lavoro e la relativa azione ha natura contrattuale; il
lavoratore può, invece, agire o a titolo di responsabilità extracontrattuale, allegando
quale danno ingiusto tutti i pregiudizi patrimoniali o non patrimoniali conseguenti
alla violazione del diritto all'assunzione tempestiva" (Cass. civ., Sez. Lav., n.
13940/2017).
In altri termini, il danno non può identificarsi direttamente nella mancata erogazione
della retribuzione e della contribuzione al dipendente, perché queste comunque
presuppongono l'avvenuto espletamento della prestazione lavorativa, trattandosi di
emolumento che, sinallagmaticamente, presuppone l'avvenuto svolgimento
dell'attività di servizio (Cons. Stato Sez. IV, 12/09/2018, n. 5350; Cons. Stato, sez.
V, 30 gennaio 2017, n. 370; sez. III, 28 dicembre 2016, n. 5514).
Ai fini della quantificazione del danno risarcibile, quindi, l'entità della mancata
percezione erogazione della retribuzione in capo al ricorrente costituirà solo uno,
per quanto il principale, dei criteri di determinazione. Si rende, infatti, necessario
operare un passaggio ulteriore ed individuare l'ammontare del danno sofferto
mediante parametri aggiuntivi di natura equitativa, che la giurisprudenza ha indicato
al fine di aggiustare la cifra di importi capaci di cogliere la gravità della condotta della
P.A. o le modalità con cui il richiedente ha speso il proprio tempo nel periodo in cui
non ha prestato servizio. Il relativo risarcimento non può corrispondere
integralmente con le retribuzioni perse nel corrispondente periodo, per la semplice
ragione che - non avendo espletato attività lavorativa a favore dell'ente - il ricorrente
non può vedersi riconosciuta l'intera retribuzione.
Per consolidato orientamento della giustizia amministrativa, il danno maturato in
fattispecie analoghe di ritardata costituzione del rapporto di impiego Cons. Stato,
sez. IV, 12 settembre 2018, n. 5350; sez. VI, 17 febbraio 2017, n. 730; sez. V, 27
marzo 2013, n. 1773; sez. IV, 11 novembre 2010, n. 8020; sez. III, 4 giugno 2013, n.
3049) va liquidato in via equitativa e tenendo, altresì, conto del fatto che l'interessato,
nel periodo in questione, non ha comunque svolto attività lavorativa in favore
dell'amministrazione che avrebbe dovuto assumerlo.
La base di calcolo di detta quantificazione è rappresentata dall'ammontare del
trattamento economico netto non goduto (ossia con esclusione di ogni voce
retributiva diversa e ulteriore allo stipendio tabellare, in quanto tali voci sono
comunque correlate, direttamente o almeno indirettamente, allo svolgimento di
quell'attività lavorativa che in effetti non c'è stata), ma tale importo deve essere
sottoposto ad una percentuale di abbattimento, la quale non può che essere
quantificata equitativamente ai sensi dell'art. 1226, cod. civ. (Cons. Stato Sez. III,
22/02/2019, n. 1230).
A parere del Collegio, dunque, il danno va stimato in via equitativa ai sensi dell'art.
1226 c.c., e può essere quantificato nel 60% della retribuzione (al netto di oneri fiscali
e previdenziali) che la parte avrebbe potuto percepire ove fosse stata
tempestivamente assunta ed immessa in servizio. Il periodo di riferimento va dalla
data in cui avrebbe dovuto prendere servizio del 3 marzo 2003 a quella di effettiva
presa di servizio del 13 settembre 2004.
Alla somma così determinata dovranno essere aggiunti gli interessi, da calcolarsi sulla
somma via via rivalutata.
Non può entrare a comporre il risarcimento monetario - diversamente da quanto
postulato in ricorso - la contribuzione previdenziale relativa al periodo in questione;
infatti, come è noto, i contributi previdenziali non si sostanziano in somme
corrisposte al dipendente; né il ricorrente risulta aver chiesto col ricorso la (diversa
voce della) ricostruzione del periodo di lavoro per fini previdenziali (ossia, il
versamento dei contributi, per quel periodo, da parte del datore di lavoro) (T.A.R.
Sicilia Catania Sez. IV, 21-10-2019, n. 2462);
All'importo risarcitorio va comunque sottratto l'eventuale aliunde perceptum
derivante da altra attività lavorativa svolta dal ricorrente nel periodo in esame e tal
fine il ricorrente è onerato di produrre al Ministero della Difesa, che peraltro potrà
autonomamente acquisire dall'Amministrazione finanziaria, la dichiarazione dei
redditi del periodo in questione, salvo che non dichiari di non aver percepito alcun
reddito, o altra idonea documentazione.
Per quello che riguarda le modalità di liquidazione dell'obbligazione risarcitoria, la
Sezione ritiene di poter far ricorso, in mancanza di opposizione delle parti, al
meccanismo previsto dall'art. 34, 4 comma c.p.a.; il Ministero della Difesa dovrà
pertanto proporre al ricorrente, a titolo di risarcimento del danno ed entro 30
(trenta) giorni dalla notificazione o comunicazione della presente sentenza, il
pagamento di una somma quantificata secondo i criteri indicati in sentenza.
Le spese di giudizio seguono la soccombenza e devono essere liquidate, come da
dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Bis),
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie,
come da motivazione e, per l'effetto, ordina ex art. 34, comma 4, c.p.a. al Ministero
della difesa di proporre al ricorrente, a titolo di risarcimento del danno ed entro 30
(trenta) giorni dalla notificazione o comunicazione della presente sentenza, il
pagamento di una somma quantificata secondo i criteri indicati in sentenza.
Condanna il Ministero dell'Interno alla corresponsione al ricorrente delle spese di
giudizio quantificate nella somma di euro 1.500,00 (millecinquecento), oltre
accessori se dovuti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Ordina che
la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del
decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e all'articolo 9, paragrafi 1 e 4, del
Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile
2016 e all'articolo 2-septies del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, come
modificato dal decreto legislativo 10 agosto 2018, n. 101, manda alla Segreteria di
procedere, in qualsiasi ipotesi di diffusione del presente provvedimento,
all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi dato idoneo a rivelare lo stato di
salute delle parti o di persone comunque ivi citate.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 24 gennaio 2020 con
l'intervento dei magistrati:
Concetta Anastasi, Presidente
Rosa Perna, Consigliere
Fabrizio D'Alessandri, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Fabrizio D'Alessandri Concetta Anastasi
IL SEGRETARIO
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei
termini indicati.
Avv. Antonino Sugamele

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