In tema di smaltimento di rifiuti speciali, fatta salva l’eventualità di una univoca, autonoma e chiara responsabilità della curatela fallimentare sull'abbandono dei rifiuti, quest'ultima non può essere destinataria a titolo di responsabilità di posizione, di ordinanze sindacali dirette alla bonifica di siti inquinanti, per effetto del precedente comportamento omissivo o commissivo dell'impresa fallita, non subentrando tale curatela negli obblighi più strettamente correlati alla responsabilità del fallito e non sussistendo, per tale via, alcun dovere del curatore di adottare particolari comportamenti attivi finalizzati alla tutela sanitaria degli immobili destinati alla bonifica da fattori inquinanti.
Tar Veneto, sezione II, sentenza 19 giugno 2019, n. 744
Pubblicato il 19/06/2019
N. 00744/2019 REG.PROV.COLL.
N. 00232/2018 REG.RIC.
R E P U B B L I C A I T A L I A N A
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 232 del 2018, proposto da
Fallimento XX., VM Socio Accomandatario, in persona del legale rappresentantepro tempore, rappresentati e difesi
dall'avvocato Gianluca Ghirigatto, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso
lo studio Enrico Tonolo in Venezia, San Polo 135;
contro
Comune di Vicenza, in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dall'avvocato Loretta Checchinato, con
domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Vicenza, corso
Palladio, 98;
nei confronti
Agenzia Regionale per Ambiente Veneto, Provincia di Vicenza non costituiti in giudizio;
per l'annullamento
dell'ordinanza contingibile e urgente n. PGN. 17605 emessa dal Comune di Vicenza in data 02/02/2018 notificata in
pari data e di ogni altro atto o provvedimento ad esse presupposto, connesso o conseguente.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Vicenza;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 16 aprile 2019 la dott.ssa Mariagiovanna Amorizzo e uditi per le parti i
difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
In seguito all'accertamento della presenza di rifiuti abbandonati presso lo stabilimento dell'impresa XX, cessata per
intervenuto fallimento, il Comune di Vicenza ha emesso nei confronti del curatore fallimentare un'ordinanza, ai sensi
degli artt. 192 D.Lgs. 152/2006 e 50, c. 3 D.Lgs. 267/00, ingiungendogli di provvedere alla rimozione, all'avvio a
recupero o allo smaltimento dei rifiuti ed al ripristino dello stato dei luoghi.
Il Curatore, dopo aver verificato i costi dell'operazione, ha comunicato al Comune di non poter provvedere per
insufficienza di fondi nella massa attiva.
Ha impugnato l'ordinanza formulando quattro motivi di censura, di cui i primi tre volti a contestare la titolarità passiva
in capo al curatore degli obblighi di cui all'art. 192 D.Lgs. 152/06, il quarto la sussistenza dei presupposti per l'esercizio
del potere di ordinanza ai sensi dell'art. 50, D.Lgs. 267/00.
Si è costituito il Comune di Vicenza, il quale ha preliminarmente eccepito l'improcedibilità del ricorso per sopravvenuta
carenza di interesse, avendo il curatore fallimentare presentato il programma di smaltimento in data 05/03/2018.
Nel merito, il Comune ha insistito per il rigetto del ricorso.
All'udienza pubblica del 16 aprile 2019 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1. La preliminare eccezione di improcedibilità del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse formulata dal Comune
di Vicenza è infondata.
In disparte la esplicita (e non contestata) dichiarazione del curatore, contestuale alla presentazione del programma di
smaltimento, di non prestare acquiescenza all'ordinanza, l'interesse all'impugnazione permane con riguardo agli
ulteriori e conseguenti obblighi posti in capo alla curatela (rimozione, avvio a recupero o allo smaltimento e ripristino
dello stato dei luoghi) che non risultano adempiuti e rispetto ai quali vi è esplicita contestazione della relativa titolarità
passiva.
2. Nel merito, il ricorso è fondato.
3. Possono esaminarsi congiuntamente i primi tre motivi, con i quali il ricorrente confuta l'orientamento - richiamato
dal Comune nel provvedimento oggetto di impugnazione – secondo cui la titolarità passiva degli obblighi di cui all'art.
192, c. 3 e 4 D.Lgs. 152/06 è da riconoscersi anche in capo al curatore fallimentare, in qualità di “detentore” dei rifiuti.
Entrambe le parti danno conto dell'orientamento tradizionale che ha sempre escluso il curatore tra i soggetti tenuti alla
rimozione, avvio a recupero o smaltimento ed al ripristino dello stato dei luoghi, salvo che l'abbandono dei rifiuti non
sia riconducibile direttamente all'attività della curatela.
Tale orientamento si fonda sulla non riconducibilità della posizione del curatore fallimentare ad alcuna delle categorie
di soggetti in capo ai quali, ai sensi della disposizione richiamata, è posta la responsabilità delle operazioni di
rimozione, avvio a recupero o smaltimento e ripristino.
La norma, in applicazione del principio comunitario del “chi inquina paga”, in parallelo a quanto è previsto in materia
di bonifica, pone i suddetti obblighi in capo al responsabile dell'abbandono incontrollato di rifiuti, nonché al
proprietario del fondo ed ai titolari di diritti reali o personali di godimento sull'area, in solido con il responsabile, purchè
la violazione sia ad essi imputabile a titolo di dolo o colpa. Inoltre, è posta in capo ai soggetti che siano subentrati,
“secondo le previsioni del decreto legislativo 08.06.2001, n. 231”, nei diritti della persona giuridica, ove la
responsabilità del fatto illecito sia imputabile ad amministratori o rappresentanti della stessa.
La giurisprudenza ha chiarito, infatti, che il curatore del fallimento, pur potendo subentrare in specifiche posizioni
negoziali del fallito (cfr. il R.D. n. 267 del 1942, art. 72), in via generale "non è rappresentante, né successore del fallito,
ma terzo subentrante nell'amministrazione del suo patrimonio per l'esercizio di poteri conferitigli dalla legge" (così
Cass. civ. sez. I, 23/06/1980, n. 3926; in termini analoghi v. anche Cass. civ. sez. I, 14/09/1991, n. 9605).
A tale orientamento se n'è contrapposto, più di recente, un altro (Consiglio di Stato, sez. IV, 25 luglio 2017, n. 3672),
espressamente richiamato nell'ordinanza impugnata, alla stregua del quale il curatore, avendo la custodia dei beni del
fallito, ne sarebbe “detentore” (nell'ampia accezione fatta propria dal diritto comunitario), in quanto tale obbligato alla
messa in sicurezza ed allo smaltimento dei rifiuti.
Secondo la suddetta tesi "solo chi non è detentore dei rifiuti, come il proprietario incolpevole del terreno su cui gli stessi
sono collocati, può invocare l'esimente interna dell'art. 192 comma 3 del d.Lgs. 152/2006. La curatela fallimentare, che
assume la custodia dei beni del fallito, anche quando non prosegue l'attività imprenditoriale, non può evidentemente
avvantaggiarsi di tale norma, lasciando abbandonati i rifiuti.".
Il suddetto orientamento è stato sottoposto a critica da altra pronuncia del Consiglio di Stato, che il Collegio ritiene di
condividere.
Nella sentenza del 4 dicembre 2017, n. 5668, il Consiglio di Stato ha evidenziato che la soluzione che pone in capo al
curatore fallimentare gli obblighi di cui all'art. 192 D.Lgs. 152/06, sulla scorta della sua relazione di detenzione con i
rifiuti che insistono negli stabilimenti aziendali, si pone in contrasto sia con il principio del “chi inquina paga”, sia con
le norme del diritto fallimentare che ne disciplinano il munus.
Sotto il primo profilo, ha evidenziato che, in base al principio comunitario del "chi inquina paga", è soltanto il
responsabile dell'inquinamento a dover riparare il danno arrecato e che addossare al curatore che non abbia continuato
l'attività aziendale la responsabilità per l'inquinamento prodotto dall'imprenditore “vanificherebbe la cogenza dei
superiori principi e finirebbe con il produrre un effetto di manleva automatica nei confronti dei "veri" responsabili
dell'inquinamento (id est, in tesi: i soggetti muniti di responsabilità gestoria nei confronti dell'impresa inquinante)” (…)
“scaricando i costi sui creditori che non hanno alcun collegamento con l'inquinamento”.
Sotto il secondo profilo, ha osservato che neppure può fondatamente ritenersi sussistere una relazione di custodia tra il
curatore ed i beni del fallito.
Infatti, osserva, alla stregua dell'art. 88 (recante "presa in consegna dei beni del fallito da parte del curatore") della c.d.
legge fallimentare di cui al Regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 ("Il curatore prende in consegna i beni di mano in
mano che ne fa l'inventario insieme con le scritture contabili e i documenti del fallito. Se il fallito possiede immobili o
altri beni soggetti a pubblica registrazione, il curatore notifica un estratto della sentenza dichiarativa di fallimento ai
competenti uffici, perché sia trascritto nei pubblici registri"), il consegnatario non succede nel possesso dei beni del
fallito, di cui ha soltanto l'amministrazione per le finalità della procedura.
La tesi che attribuisce al curatore la "responsabilità" per le operazioni di cui all'art. 192 D.Lgs. 152/06 “frattura il
sistema e finisce con l'addossare al curatore una responsabilità che neppure sarebbe stata del proprietario incolpevole, e
ciò sulla scorta di una riconducibilità al medesimo dello statuto del "detentore" che non risponde alla funzione espletata
dal curatore medesimo”.
Il Collegio condivide le suddette argomentazioni e ritiene solo di aggiungere che da questa impostazione non deriva una
diminuzione della tutela ambientale, poiché in mancanza di altri soggetti obbligati ai sensi dell'art. 192, D.Lgs.
152/2006, gli obblighi di rimozione ed avvio al recupero sono posti in capo al Comune, che potrà rivalersi delle spese
sostenute insinuandosi nel passivo fallimentare.
E', altresì, da aggiungere che tale soluzione interpretativa fa salvi gli obblighi del curatore di porre in essere le misure di
prevenzione d'urgenza previste dall'art. 245 D.Lgs. 152/2006 per il caso di superamento o di pericolo di superamento
della concentrazione soglia di contaminazione (CSC). Tali misure, infatti, non avendo natura sanzionatoria, né
ripristinatoria, ma mirando alla prevenzione dei danni non presuppongono l'accertamento del dolo o della colpa in capo
al proprietario o al detentore (Cons. Stato Sez. VI, 03/01/2019, n. 81).
4. Non ricorrono inoltre, nel caso di specie, i presupposti per l'adozione dell'ordinanza contingibile e urgente di cui
all'art. 50 TUEL, indicata nel provvedimento impugnato.
Le ordinanze previste dalla citata norma vengono ascritte all'esercizio, da parte del Sindaco, di un potere straordinario,
che si pone in una situazione di potenziale conflitto col principio di legalità di cui all'art. 25 della Costituzione. Detti
provvedimenti potranno pertanto essere adottati solo in presenza dei presupposti individuati dal legislatore, e
consistenti, per l'appunto, nella contingibilità e urgenza della fattispecie che il Sindaco si trovi a dover fronteggiare (ex
pluribus: TAR Emilia-Romagna, Bologna, Sez. II, 23 marzo 2018 n. 270). Nel caso di specie, né l'uno né l'altro dei due
requisiti sopra indicati sembra ricorrere, né l'amministrazione ha motivato il provvedimento adottato dando atto della
ricorrenza degli stessi.
Non ricorre la contingibilità, intesa come impossibilità di affrontare efficacemente la fattispecie con altri provvedimenti
tipizzati (in tal senso: Consiglio di Stato, Sez. VI, 31 maggio 2013, n. 3007; Sez. V, 20 febbraio 2012, n. 904; Sez. VI, 9
febbraio 2010, n. 642; TAR Campania, Napoli, Sez. V, 12 novembre 2018 n. 6550). Invero, il provvedimento deputato
a far fronte all'abbandono dei rifiuti è quello individuato dall'art. 192 D.Lgs. n. 152 del 2006, che prevede a sua volta
specifici e stringenti requisiti di applicazione, al cui accertamento l'amministrazione comunale non può sottrarsi
mediante il ricorso alle ordinanze di cui all'art. 50 TUEL.
Peraltro, l'art. 50 comma 5 D.Lgs. n. 267 del 2000, richiamato nelle premesse dell'ordinanza n. 3/2018, conferisce al
sindaco il potere di far fronte, mediante ordinanze contingibili e urgenti, a "emergenze sanitarie o di igiene pubblica".
Tuttavia, anche sotto tale profilo, nel provvedimento qui gravato non si dà atto della ricorrenza di taluna delle suddette
fattispecie legittimanti.
5. Il contrasto giurisprudenziale sulle questioni giuridiche sottese alla controversia giustifica l'integrale compensazione
delle spese di lite.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso,
come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l'effetto, annulla il provvedimento impugnato.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Venezia nella camera di consiglio del giorno 16 aprile 2019 con l'intervento dei magistrati:
Alberto Pasi, Presidente
Stefano Mielli, Consigliere
Mariagiovanna Amorizzo, Referendario, Estensore
IL SEGRETARIO
10-03-2020 00:25
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