Autorizzazione all’igienista dentale ad aprire un proprio studio senza la presenza di un odontoiatra.
Pubblicato il 09/03/2020N. 01703/2020REG.PROV.COLL.N. 02250/2015 REG.RIC.R E P U B B L I C A I T A L I A N AIN NOME DEL POPOLO ITALIANOIl Consiglio di Statoin sede giurisdizionale (Sezione Terza)ha pronunciato la presenteSENTENZAsul ricorso numero di registro generale 2250 del 2015, proposto da Zeno Melloni, rappresentato e difeso dall'avvocato Silvia Stefanelli, condomicilio eletto presso lo studio Marco De Fazi in Roma, via della Giuliana; controComune di Pieve di Cento, Unione Reno Galliera , in persona del legalerappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dagli avvocati GiacomoMatteoni, Alessandro Pratico', con domicilio eletto presso lo studioAlessandro Pratico' in Roma, Circonvallazione Trionfale 25; Azienda Usl di Bologna, in persona del legale rappresentante pro tempore,rappresentato e difeso dall'avvocato con domicilio eletto presso lo studioMaria Rosaria Russo Valentini in Roma, piazza Grazioli n. 5, in persona dellegale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocatoArianna Cecutta, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustiziae domicilio eletto presso il suo studio in Bologna, via Castiglione 29; nei confrontiAssociazione Nazionale Dentisti Italiani (ANDI), rappresentata e difesa dagliavvocati Antonio Tigani Sava, Valentina Vaccaro, con domicilio eletto pressolo studio Bontempi Vaccaro Studio Legale Tigani Sava in Roma, via Adelaide
Ristori 9; Federazione Nazionale Ordine Medici Chirurghi e Odontoiatri(FNOMCEO), rappresentata e difesa dall'avvocato Alessandro Ierardi, condomicilio eletto presso il suo studio in Roma, piazza dei Prati degli Strozzi,21; Associazione Italiana Odontoiatri (AIO) non costituita in giudizio; e con l'intervento diad adiuvandum:U.N.I.D. - Unione Nazionale Igienisti Dentali, rappresentata e difesadall'avvocato Luigi Cocchi, con domicilio eletto presso lo studio MicaelaCardillo in Roma, via Carlo Mirabella 6; Associazione Igienisti Dentali Italiani (AIDI), rappresentata e difesadall'avvocato Andrea Stefanelli, con domicilio eletto presso lo studio MarcoDe Fazi in Roma, via della Giuliana; Idea Igienisti Dentali Associati, rappresentata e difesa dall'avvocato CarmineRuggi, domiciliato presso la Segreteria del Consiglio di Stato in Roma, piazzaCapo di Ferro 13; Co.N.A.P.S - Coordinamento Nazionale Associazione Professioni Sanitarie,rappresentato e difeso dall'avvocato Silvia Stefanelli, con domicilio digitalecome da PEC da Registri di Giustizia; Commissione Albo Igienisti Dentali, rappresentata e difesa dall'avvocatoAndrea Stefanelli, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustiziae domicilio eletto presso lo studio Marco De Fazi in Roma, via della Giuliana,44; per la riformadella sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per l'Emilia Romagna(Sezione Seconda) n. 1061/2014, resa tra le parti, concernente diniegoapertura studio di igienista dentaleVisti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Pieve di Cento, UnioneReno Galliera, dell'Associazione Nazionale Dentisti Italiani (Andi), dellaFederazione Nazionale Ordine Medici Chirurghi e Odontoiatri (Fnomceo) edell'Azienda Usl di Bologna;Visti tutti gli atti della causa;Relatore nell'udienza pubblica del giorno 13 febbraio 2020 il Cons. GiulioVeltri e uditi per le parti gli avvocati Silvia Stefanelli, Alessandro Praticò,Maria Rosaria Russo Valentini su delega dell'avvocato Arianna Cecutta, TiganiSava Antonio e Alessandro Ierardi;Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.FATTO1.Il dott. Melloni, professionista laureato in igiene dentale, ha chiesto al TAREmilia Romagna l'annullamento del provvedimento del 5/7/2013, con ilquale il S.U.A.P. dell'Unione comunale Reno – Galliera, ha respinto la suaistanza di autorizzazione per l'apertura, in proprio, di uno studio di igienistadentale, nonché la nota di pari data con la quale l'Azienda U.S.L. di Bologna –Dipartimento di Prevenzione Sanità Pubblica – ha espresso parere negativoriguardo al rilascio dell'autorizzazione, ritenendo che “l'attività di cui trattasidebba espletarsi all'interno di strutture pubbliche o private autorizzate in base all'art. 8 terdel d.lgs 502/92...”.2.A sostegno del ricorso il medesimo ha dedotto, con un primo ordine dicensure, che tali atti si porrebbero in palese contrasto con la vigentenormativa disciplinante l'attività professionale dell'igienista dentale, e, inparticolare, con le seguenti disposizioni: a) l'art. 6, comma 3, del D. Lgs. n.502 del 1992, che ha uniformato l'iter formativo di tutte le professionidell'area sanitaria stabilendo per tutte le c.d. professioni sanitarie “ausiliarie oparamediche” di cui alla previgente normativa, l'obbligo di corsi universitaridi durata triennale con conseguimento del relativo diploma universitarioabilitante l'esercizio della professione e che prevede, inoltre, che il Ministrodella Sanità individui, con proprio decreto, le figure professionali da formare ed i relativi profili; b) l'art. 1, L. n. 42 del 1999, ove si stabilisce che il campoproprio di attività e di responsabilità delle suddette professioni sanitarie siadeterminato nei decreti ministeriali istitutivi dei relativi profili professionali; c)l'art. 1 D.M. Ministero Sanità n. 137 del 1999 – istitutivo del profiloprofessionale dell'igienista dentale; d) l'art. 3 della L. n. 251 del 2000, ove siinquadra l'igienista dentale tra le “professioni sanitarie tecnico –assistenziali”,stabilendo che tale categoria di professionisti svolge, con autonomiaprofessionale, le procedure tecniche necessarie alla esecuzione delle attivitàindicate nei relativi decreti ministeriali.Secondo il ricorrente, dalla semplice lettura del riferito quadro normativo, sievincerebbe chiaramente che l'igienista dentale è abilitato – in forza del titolodi laurea e del percorso di studi svolto – ad esercitare in piena autonomiaprofessionale tutte le attività indicate nel profilo professionale, ivi compresal'ablazione del tartaro e la levigatura delle radici.2. Con un secondo ordine di censure il ricorrente ha contestato in radice chel'attività svolta dall'igienista dentale debba essere sottoposta ad autorizzazionedi sorta, risultando del tutto indimostrato e comunque non motivato negli attiimpugnati, che tale attività rientri tra quelle potenzialmente pericolose di cuiall'art. 8 ter del D. Lgs. n. 502 del 1992 e della Direttiva Regione Emilia –Romagna n. 1156 del 2008.3. Il TAR ha respinto il ricorso. Richiamato l'art. 1, comma 3 del D.M. n. 137del 1999, a mente del quale “...l'igienista dentale è l'operatore sanitario che, inpossesso del diploma universitario abilitante, svolge (in strutture pubbliche o private, inregime di dipendenza o libero professionale) compiti relativi alla prevenzione delle affezionioro dentali su indicazione degli odontoiatri e dei medici chirurghi legittimati all'eserciziodell'odontaiatria”, il TAR ha innanzitutto focalizzato l'attenzione sulla locuzione“struttura (pubblica o privata)” espressamente utilizzata nella norma, e haaffermato che “secondo il dato letterale e, ulteriormente, secondo quanto chiarito dallagiurisprudenza del giudice civile e amministrativo sulla questione (vale a dire sulladifferenza, sul piano logico giuridico, tra studio medico individuale e struttura sanitaria (in quei casi “la struttura” era un ambulatorio medico), il termine “struttura sanitaria”identifica un organismo aziendale organizzato in relazione alle molteplici risorse umane emateriali di cui dispone, nel quale prevale l'aspetto organizzativo su quello professionaleindividuale. Lo studio medico, invece, è connotato dal prevalente apporto professionaleindividuale nell'esercizio dell'attività sanitaria (v. la fondamentale sent. Cass. Civ. sez. II,19/3/2010 n. 6719; nonché la recentissima Cons. Stato sez. V, 20/12/2013 n. 6136che ha confermato T.A.R. Veneto, sez. II, 5/5/2000 n. 996)”. Sulla base di questeconsiderazione ha escluso che nella definizione di “struttura sanitaria” di cuiall'art. 1 del decreto ministeriale n. 137 del 1999 possa rientrare anche lo“studio individuale” dell'igienista dentale, in questo mancando del tutto orisultando irrilevante, la componente “organizzativa”, che, invece connota lastruttura sanitaria.3.1. Ciò chiarito, ha aggiunto che la scelta del legislatore regolamentare non ècertamente casuale, risultando essa del tutto coerente con il profiloprofessionale dell'igienista dentale, tenuto altresì conto dell'oggettiva e strettaconnessione - da un punto di vista logistico e terapeutico – tra le figure eattività professionali dell'odontoiatra e dell'igienista dentale. Il che porta aconcludere che “la citata proposizione del primo comma “...su indicazione degliodontoiatri e dei medici chirurghi legittimati all'esercizio della odontoiatria...” vaconseguentemente interpretata nel senso che essa non possa dirsi compiutamente integrataattraverso una mera disposizione verbale attuabile anche a distanza (e tramite il pazientestesso) da parte dell'odontoiatra, ma nel senso che, invece, detta “indicazione” individui unaben precisa fase del complessivo percorso terapeutico svolto dal paziente all'interno di unastessa struttura sanitaria”.3.2. Quanto al secondo ordine di censure il TAR ha osservato che l'art. 8 ter,comma 2 del D. Lgs. n. 502 del 1992 – secondo il quale “L'autorizzazioneall'esercizio di attività sanitarie è, altresì, richiesta per gli studi odontoiatrici, medici e dialtre professioni sanitarie, ove attrezzati per erogare prestazioni di chirurgia ambulatoriale,ovvero procedure diagnostiche e terapeutiche di particolare complessità o che comportino unrischio per la sicurezza del paziente, individuati ai sensi del comma 4, ...”-non definiscein alcun modo quali siano in concreto, oltre alle attività svolte dagli odontoiatri e dei medici,le altre attività sanitarie da considerarsi potenzialmente pericolose per la sicurezza deipazienti, limitandosi essa a stabilire che – in presenza di tali attività (evidentemente inaltra sede normativa individuate) – l'operatore sanitario che intende esercitarla debbamunirsi della relativa autorizzazione amministrativa”. Ha conseguentementeconcluso nel senso che “la concreta inclusione di tale attività sanitaria tra quelleritenute potenzialmente pericolose va individuata nel più volte citato D.M. n. 137 del1999, che, appunto, in ragione di tale riconoscimento, non ne consente l'esercizio mediantel'apertura uno studio autonomo ma solo se l'igienista dentale operi all'interno di unastruttura in collaborazione con un odontoiatra; ciò all'evidente scopo – sempre in coerenzacon tale tipologia di normativa disciplinante le professioni sanitarie – di tutelare la salutedei pazienti nel caso di possibili complicazioni derivanti dallo svolgimento di alcune attivitàda parte dell'igienista dentale mediante la necessaria presenza, nella stessa “strutturasanitaria” di un odontoiatra”.4. Avverso la sentenza ha proposto appello l'originario ricorrente,riproponendo, in chiave critica rispetto alle statuizioni di primo grado, leproprie originarie tesi.4.1. In particolare l'appellante contesta l'assunto secondo il quale lo studiomedico non rientrerebbe nella nozione di struttura sanitaria presa inconsiderazione dal D.M. n. 137 del 1999. In realtà, sia la “struttura” che lo“studio” sarebbero parimenti ricompresi nel disposto dell'art.8 ter, comma 2del D. Lgs. n. 502 e indifferentemente sottoposti al regime dell'autorizzazione(ove gli studi siano “attrezzati per erogare prestazioni di chirurgia ambulatoriale,ovvero procedure diagnostiche e terapeutiche di particolare complessità o che comportino unrischio per la sicurezza del paziente”). Da ciò l'asserita inutilizzabilitàdell'argomento per sostenere il divieto per un igienista di aprire un propriostudio professionale previa autorizzazione. Osserva altresì l'appellante cheritenere che un professionista in possesso di una laurea abilitante possasvolgere la sua attività solo in presenza di altro professionista, supportandotale indicazione sono in forza del “debole richiamo” alla locuzione strutturasanitaria sarebbe una forzatura interpretativa che inficia l'intera architetturagiuridica delle professioni sanitarie.5. Tutte le amministrazioni chiamate in giudizio si sono costituite chiedendola reiezione del gravame. Si sono altresì costituite ad adiuvanduml'Associazione Igienisti Dentali Italiani (AIDI), l'U.N.I.D. - Unione NazionaleIgienisti Dentali e l'IDEA Igienisti Dentali Associati; il CO.N.A.P.S -Coordinamento Nazionale Associazione Professioni Sanitarie, laCommissione Albo Igienisti Dentali. Ad opponendum si sono invececostituiti la Federazione Nazionale Ordine Medici Chirurghi ed Odontoiatri(FNOMCEO), l'associazione Nazionale Dentisti Italiani (ANDI).6. La causa è stata trattenuta in decisione all'udienza del 13 febbraio 2020.DIRITTO1. Dev'essere preliminarmente scrutinata l'eccezione di inammissibilitàdell'appello, avanzata dall'Azienda USL Bologna, a cagione della asseritagenericità dello stesso, atteso che esso sarebbe privo sia d una parte censoria,diretta ad individuare i punti impugnati della sentenza, sia di una parteargomentativa preordinata a confutare le ragioni fattuali e giuridiche poste dalprimo giudicante a fondamento della decisione, traducendosi, in definitiva,nella pedissequa riproposizione delle deduzioni difensive già articolate con ladomanda introduttiva del giudizio.1.1. Il Collegio ritiene che l'eccezione non sia fondata. L'appello recasufficienti argomentazioni censorie rispetto alle statuizioni di prime cure,sebbene non le coinvolga tutte direttamente ed esaustivamente (sul punto diveda par.3.2.). E' pur vero che per buona parte l'appellante ripropone lededuzioni difensive già articolate in primo grado, e tuttavia lo fa in chiavecritica rispetto al decisum, in un contesto argomentativo che certamente superala soglia minima richiesta per l'ammissibilità dell'appello.2. Ulteriore questione di inammissibilità è posta da A.N.D.I., e concernel'intervento spiegato ad adiuvandum, dalla Commissione Albo degli IgienistiDentali di Bologna. A.N.D.I. ritiene anzitutto che l'intervento sia tardivo,essendo stato depositato oltre i termini previsti dall'art. 50 del Codice delprocesso amministrativo. Ritiene altresì che esso sia inammissibile poichél'interventore non ha partecipato al giudizio di primo grado, e comunque nonè portatore di quella posizione autonoma prevista al secondo comma dell'art.102 c.p.a.2.1. Ritiene il Collegio che entrambe le eccezioni siano infondate. A mentedell'art. 28 comma 2 “Chiunque non sia parte del giudizio e non sia decadutodall'esercizio delle relative azioni, ma vi abbia interesse, può intervenire accettando lo statoe il grado in cui il giudizio si trova”. L'art. 50 comma 3 c.p.a. a sua volta prevedeche “Il deposito dell'atto di intervento di cui all'articolo 28, comma 2, è ammesso fino atrenta giorni prima dell'udienza”. In forza dell'art. 97 c.p.a. l'intervento chi “vi hainteresse” può avvenire anche nell'ambito del giudizio d'appello, in relazione alquale trovano applicazione i medesimi termini del giudizio di primo grado.In base al combinato disposto delle norme citate, la notifica dell'intervento,nel caso di specie, avrebbe dovuto avvenire entro trenta giorni dal 13 febbraio2020. Essa è avvenuta il 14 gennaio, sicché è da considerarsi tempestiva.2.2. Fuori segno è poi la doglianza basata sulla violazione dell'art. 102 c.p.a.Non si tratta, nel caso di esame, dell'appello di un interveniente in primogrado, bensì dell'intervento per la prima volta in appello ai sensi dell'art. 97cit. a mente del quale, com'anzi detto “Può intervenire nel giudizio di impugnazione,con atto notificato a tutte le parti, chi vi ha interesse”. L'ampia formulazione dellanorma sicuramente consente l'intervento de quo, svolto, a ben vedere, per farvalere un interesse collettivo, autonomo, e collegato a quello individualeoggetto della controversia.3. Superate le questioni preliminari può dunque passarsi all'esame dei motividi gravame.3.1. La principale questione di diritto sulla quale la controversia è insorta,verte sulla legittimità del provvedimento comunale che – come avvenuto nelcaso in esame - neghi ad un professionista laureato in igiene dentalel'autorizzazione amministrativa ad aprire un proprio studio in completaautonomia, senza la presenza di un odontoiatra. Il primo giudice è giunto aconclusioni negative sulla base di due ordini di ragioni, entrambe fondate sultenore testuale del D.M. n. 137 del 1999: a) il primo concerne il riferimento,contenuto nell'art. 1 della fonte citata, alle “strutture sanitarie, pubbliche o private”presso le quali gli igienisti sono obbligati ad operare; 2) il secondo relativo alcontestuale riferimento all'obbligo di operare “su indicazione degli odontoiatri e deimedici chirurghi legittimati all'esercizio della odontoiatria”.3.2. L'appellante insiste esclusivamente sull'asserita erroneità delleargomentazioni di cui al punto a), ma non contesta, se non in via indiretta emediata, le statuizioni di cui al punto b) che invece, ad avviso del Collegio,costituiscono il nucleo essenziale su cui si basano le conclusioni reiettive.3.3. Ritiene il Collegio che l'appellante sia nel giusto quando sostiene chenell'ambito delle strutture sanitarie private devono ricomprendersi anche glistudi professionali.3.3.1. Come già chiarito in premessa, ai sensi dell'art. 1 comma 3 del D.M.15/03/1999, n. 137 “L'igienista dentale svolge la sua attività professionale in strutturesanitarie, pubbliche o private, in regime di dipendenza o libero-professionale, su indicazionedegli odontoiatri e dei medici chirurghi legittimati all'esercizio della odontoiatria”. Ilcarattere generico della locuzione utilizzata (strutture), in uno col tenoretestuale dell'art.8 ter, comma 2 del D. Lgs. n. 502/92, introdotto dal D.Lgs. 19giugno 1999, n. 229 (che espressamente contempla gli studi odontoiatrici,medici e delle altre professioni sanitarie tra le strutture sanitarie necessitanti,al ricorrere di alcune condizioni, di autorizzazione all'esercizio dell'attività),nonchè la legge 11/01/2018, n. 3 e il relativo decreto attuativo del Ministerodella Salute del 13 marzo 2018 che prevedeno la professione dell'igienistadentale e l'istituzione del relativo albo, sono tutti elementi che certamentedepongono per l'assenza di ostacoli legali all'esercizio libero professionaledell'attività, qualunque sia la forma organizzativa: struttura o studio.3.3.2. Non è infatti dubbio, ad avviso del Collegio, che le professioni sanitariepossano essere esercitate in forma individuale attraverso un'organizzazionesemplice (lo studio) nella titolarità del professionista singolo o associato, e chei relativi profili autorizzativi siano disciplinati dall'art. 8 ter, comma 2 del D.Lgs. n. 502/92. In questo, la professione dell'igienista dentale non faeccezione. Del resto se così non fosse, se cioè lo “studio” non fossericompreso nelle “strutture” genericamente indicate dal D.M. 15/03/1999, sigiungerebbe al paradosso, a prescindere dall'autonoma possibilità perl'igienista di aprire un proprio studio, che egli non potrebbe lavorare neanchepresso uno “studio odontoiatrico” perché non qualificabile a rigore comestruttura.Evidentemente così non è, ed erra il primo giudice laddove fa derivare (anche)dal riferimento alla “struttura”, la contestata impossibilità di esercizioautonomo della professione sanitaria in esame.3.4. L'assimilazione, ai fini che qui rilevano, della “struttura sanitaria” allo“studio professionale” non è tuttavia dirimente.3.4.1. Il punto che qui è in discussione non è la natura autonoma del lavorosvolto o, detto altrimenti, il possibile esercizio libero professionale dell'attivitàdi igienista dentale, ma l'autonomia funzionale e operativa nei rapporti colpaziente, rispetto ad un'altra figura professionale: l'odontoiatra. Riprendendola norma già citata, deve porsi l'accento sulla circostanza che l'igienista dentalesvolge la sua attività professionale in strutture sanitarie, pubbliche o private, inregime di dipendenza o libero-professionale, “su indicazione degli odontoiatri e deimedici chirurghi legittimati all'esercizio della odontoiatria”.3.4.2. Secondo l'appellante e le associazioni intervenute ad adiuvandum, iltermine “indicazione”, utilizzato dalla norma, descriverebbe un'azione menopregnante della “prescrizione” e sarebbe compatibile con delle mere istruzionifornite verbalmente dall'odontoiatra, anche a distanza, per il tramite delpaziente.3.5. Il Collegio ritiene che le scarne previsioni normative, lette alla lucedell'evoluzione storica del rapporto fra le due figure professionali nonconsentano, allo stato, di giungere alla sopradetta conclusione. Il D.M.11/1314/09/1994, n. 669, precedente a quello in esame, era molto più rigoroso neldescrivere siffatto rapporto, prevedendo che l'igienista dentale svolgessecompiti relativi alla prevenzione delle affezioni orodentali “alle dipendenze”degli odontoiatri e dei medici chirurghi legittimati all'esercizio dellaodontoiatria.Quello ancora precedente (il D.M. 26.1.1988, n. 30 che ha previsto per laprima volta il profilo dell'igienista dentale) era ancora più perentorio poiché,non solo prescriveva un rapporto di dipendenza, ma qualificava quest'ultimacome “stretta”.L'ordinamento oggi si è evoluto, affrancando l'igienista dal rapporto didipendenza e conferendo al medesimo autonomia professionale nelle attivitàdi sua stretta pertinenza (ablazione del tartaro, levigatura delle radici, etc.), manon sino al punto da elidere la necessità della compresenza, all'interno dellamedesima struttura o studio professionale, dell'odontoiatra.3.6. Occorre infatti distinguere, nell'ambito del D.M. 15/03/1999, i profililegati al rapporti, in termini lavoristici, tra le due figure professionali (non piùintesi in senso gerarchico, ma di collaborazione libero professionale), da quelliprefigurati dal legislatore in chiave funzionale rispetto all'esigenza di garantireun adeguato livello di sicurezza del paziente.3.6.1. La fonte citata, non a caso, ribadisce il concetto di necessarietà delle“indicazioni” da parte dell'odontoiatra, sia nella descrizione generale del profiloprofessionale (comma 1 dell'art. 1), sia al comma 3, laddove è nuovamentedisciplinato il rapporto tra le due figure, questa volta all'interno della strutturasanitaria (o studio professionale secondo quanto già chiarito) ove l'igienistasvolge la sua professione.Le surrichiamate “indicazioni”, specificamente ribadite dal comma 3 delladisposizione cit. anche nel contesto della descrizione del luogo ove l'attivitàdeve necessariamente svolgersi, evocano una contestualità spaziale,presupponendo la compresenza delle due figure professionali, bensìaffrancate da qualsivoglia rapporto di dipendenza ma ancora avvinte da un legame funzionale e operativo, a prevenzione dei rischi che l'attività puògenerare al paziente.3.6.2. Il vecchio e superato concetto di “stretta dipendenza” dell'igienistadall'odontoiatra all'interno della struttura o dello studio, è oggi evoluto inquello di necessaria integrazione funzionale, nell'ottica, impregiudicata epermanente, della prevenzione dei rischi legali alla natura e peculiaritàdell'attività condotta nel cavo orale, non esente, da profili di pericolosità, dimodo che alla previa valutazione della necessità o opportunità deltrattamento, poi concretamente demandato all'igienista dentale nell'eserciziodella propria autonomia professionale, si associ una pronta disponibilitàdell'odontoiatra ad intervenire, ove quanto indicato si risolva, in executivis, inun rischio per la salute del paziente.3.7. Il Collegio è consapevole che la latitudine del concetto di “indicazione”dell'odontoiatra, nei termini sopra tracciati, non è appagante nella misura incui finisce per scaricarsi indirettamente, come del resto è successo nellavicenda de qua, sulla concreta possibilità che l'igienista dentale possaconcretamente essere autorizzato ad avviare un proprio autonomo edesclusivo studio professionale prescindendo dalla compresenza di unodontoiatra. Il tenore della disposizione, evidentemente posta a tutela dellasalute dei pazienti, non consente però margini esegetici tali da giungere aconclusioni diverse, la cui percorribilità non può che rimettersi alla ponderatascelta del legislatore, ove l'evoluzione e l'approfondimento dei percorsiformativi, l'affinamento e la sicurezza delle tecniche di intervento ne lascinointravedere i presupposti secondo la migliore scienza ed esperienza.4. L'appello è pertanto respinto.5. Avuto riguardo alla novità delle questioni, il Collegio ritiene sussistano ipresupposti per compensare tra le parti le spese del giudizio.P.Q.M.Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamentepronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 13 febbraio 2020con l'intervento dei magistrati:Franco Frattini, PresidenteGiulio Veltri, Consigliere, EstensoreMassimiliano Noccelli, ConsigliereGiulia Ferrari, ConsigliereRaffaello Sestini, ConsigliereL'ESTENSOREIL PRESIDENTEGiulio VeltriFranco FrattiniIL SEGRETARIO
25-03-2020 10:20
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