Medico dell'Asp di Trapani condannato dal Tribunale di Marsala per omicidio colposo e per aver falsificato il registro di accettazione del pronto soccorso della paziente. La condotta di falsità materiale venne riconosciuta anche a carico del vicedirettore sanitario. Con la stessa sentenza, il Tribunale di Marsala condannò il medico del pronto soccorso al risarcimento del danno in favore dei congiunti della deceduta (ovvero il coniuge e i due figli), costituitisi parti civili. La decisione di primo grado veniva riformata in pejus dalla Corte di Appello di Palermo che addebitò ai due medici anche il delitto, in concorso, di falsità ideologica del registro di accettazione statuendo altresì nei loro confronti l'obbligo di risarcimento in solido del danno derivante dalle fattispecie di falso materiale ed ideologico in favore delle parti civili costituite.
Corte dei Conti Sicilia Sez. giurisdiz., Sent., (ud. 20-02-2019) 21-06-2019, n. 479
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE SICILIANA
composta dai seguenti magistrati:
Dott. Guido Carlino - Presidente
Dott. Giuseppa Cernigliaro - Consigliere - relatore
Dott. Adriana Parlato - Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di responsabilità iscritto al n. (...) del registro di segreteria, promosso dal Procuratore regionale, in riassunzione, nei confronti di:
- R.U., nato a F. il (...), residente in P., contrada K., contumace
Esaminati gli atti e i documenti di causa;
Uditi, nella pubblica udienza del 20 febbraio 2019, il relatore, dott.ssa Giuseppa Cernigliaro, e il pubblico ministero, nella persona del VPG dott.ssa Licia Centro.
Ritenuto in
Svolgimento del processo
Con atto depositato il 23 luglio 2018, la Procura regionale ha riassunto il giudizio iscritto al n. 63218, già promosso nei confronti del dott. R.U. con atto di citazione depositato il 4 aprile 2016, in ordine al quale la locale Sezione di appello, con sentenza n.
Originale della sentenza Euro 64,00
Originale sentenza esecutiva Euro 64,00
Copie sentenze per notifica Euro 128,00
Diritti di cancelleria Euro 46,50
Totale spese Euro 302,50
Il Direttore della Segreteria
F.to Dott.ssa R.C. 146/A/2018, in accoglimento del gravame proposto dalla Procura agente, ha annullato la sentenza di primo grado di questa Sezione n. 540/2017, rimettendo gli atti al primo giudice, a mente dell'art. 199 del c.g.c,. per la prosecuzione del giudizio sul merito.
Il Requirente, nel richiamare integralmente l'originario atto di citazione e la relativa documentazione già depositata nel giudizio di primo grado, ha chiesto la condanna del convenuto al pagamento della somma di Euro 1.200.590,42 in favore dell'Azienda S.P. di Trapani.
L'odierno processo in riassunzione trae origine, come si è detto, dall'atto di citazione della Procura regionale depositato il 4 aprile 2016 con cui il dott. R.U., medico chirurgo in servizio presso l'Ospedale di Pantelleria all'epoca dei fatti contestati, è stato convenuto in giudizio per una ipotesi di danno erariale indiretto patito dall'Azienda S.P. (A.) di T. per la vicenda che si va ad esporre, per come descritta nell'atto introduttivo del giudizio.
In data 22 marzo 1999, la signora A. B. si presentò al Pronto soccorso dell'Ospedale di Pantelleria lamentando forti dolori addominali e fu visitata dal convenuto che, constatata la persistenza della sintomatologia dolorosa, ne dispose il ricovero il successivo 24 marzo con diagnosi di "colica addominale". Dalla visita eseguita in tale data, mediante esplorazione rettale, il sanitario rilevò la presenza di feci indurite nell'ampolla rettale.
In data 27 marzo la B., in seguito all'esecuzione di ulteriori indagini strumentali, fu sottoposta ad un intervento chirurgico nel corso del quale fu accertata la presenza di una perforazione della parete intestinale e vennero estratte foglie integre di carciofo dalla cavità ascessuale; l'intestino venne quindi suturato nella parte perforata.
L'operazione eseguita non ebbe però l'esito sperato e, dopo alcuni giorni, il 1 aprile 1999, si manifestò un ulteriore episodio di "addome acuto" in relazione al quale si rese necessario intervenire nuovamente. Il dott. U., nell'eseguire l'intervento, riscontrò la presenza di una sacca purulenta nella cavità addominale e constatò che la sutura applicata nel corso della precedente operazione era "parzialmente deiscente" e che dalla stessa fuoriuscivano delle foglie di carciofo. Procedette quindi alla "toilette del cavo peritoneale, con drenaggio della raccolta e interruzione completa del transito del colon con stomia all'esterno dei due monconi del trasverso".
Le condizioni cliniche della B. tuttavia degenerarono e il 6 aprile seguente la degente fu trasferita d'urgenza, mediante elisoccorso, all'Ospedale civico di Palermo ove fu immediatamente sottoposta ad un terzo intervento chirurgico nel corso del quale venne rilevata la perforazione della parete intestinale "di circa due cm di diametro da cui fa capolino un ammasso fusiforme di residui indigeriti di carciofo".
Il giorno successivo, dato il peggioramento delle sue condizioni, ne fu disposto il trasferimento presso il reparto di anestesia e rianimazione del Policlinico universitario di Palermo ove la B., poco dopo, decedette.
Per tale vicenda il dottor U. fu condannato dal Tribunale di Marsala, con sentenza n. 44 del 19 maggio 2004, per omicidio colposo e per aver falsificato il registro di accettazione del pronto soccorso della paziente. La condotta di falsità materiale venne riconosciuta anche a carico del vicedirettore sanitario, dott. F.R.R.; con la stessa sentenza, il Tribunale di Marsala condannò altresì il dott. U. al risarcimento del danno in favore dei congiunti della deceduta (ovvero il coniuge e i due figli), costituitisi parti civili.
La decisione di primo grado veniva riformata in pejus dalla Corte di Appello di Palermo che, con sentenza n. 1878/2005, addebitò ai due medici anche il delitto, in concorso, di falsità ideologica del registro di accettazione statuendo altresì nei loro confronti l'obbligo di risarcimento in solido del danno derivante dalle fattispecie di falso materiale ed ideologico in favore delle parti civili costituite. La sentenza di appello diveniva irrevocabile il 26 giugno 2006, a seguito del rigetto del ricorso per cassazione proposto dai due condannati.
Nel frattempo, i congiunti della B. avevano convenuto in giudizio l'A. di T. facendo valere la propria pretesa al risarcimento del danno. Tale iniziativa veniva promossa, innanzi al Tribunale civile di Marsala, con due distinti giudizi, iscritti rispettivamente ai numeri 611/2000 e 569/2004 del Registro Generale, avviati, quanto al primo, dal marito e i due figli con l'intervento di cinque fratelli e della madre della B., e, quanto al secondo, dalla sorella della defunta.
La causa civile n. 611/2000 veniva definita con la sentenza n. 456/07 del 30 luglio 2007, con cui l'A. di T., in accoglimento parziale delle richieste risarcitorie, era condannata al pagamento della somma di Euro 85.664,00 a favore di ciascuno degli attori, di ulteriori Euro 15.000,00 ai medesimi attori solidalmente e di Euro 20.000,00 a favore di ciascuno degli intervenienti, tutte maggiorate degli interessi, oltre ad Euro 5.500,00 per spese di lite, a favore degli attori in solido, e ad Euro 900,00 per ciascuno degli intervenienti per le spese di lite, tutte da maggiorarsi con I.V.A. e CPA.
In esecuzione della predetta sentenza, l'Azienda S. liquidava la somma complessiva di Euro 482.303,64, oltre spese legali per Euro 18.033,89 con deliberazione n.2794 del 28.11.2007.
La causa civile iscritta al RG n. 569/2004 veniva definita con sentenza n. 10/2011 del 10 gennaio 2011, con la quale l'A. di T. era condannata, in solido con il dottor U., al pagamento della somma di Euro 21.000,00, oltre oneri accessori.
Con atto di citazione depositato il 14 febbraio 2011, la Procura regionale esercitava quindi nei confronti del dottor U. l'azione di responsabilità per il danno indiretto causato alla più volte menzionata A. di T. per effetto del pagamento da questa effettuato, in esecuzione della sentenza n. 456/2007, di complessivi Euro 500.337,53.
Questa Sezione giurisdizionale, con sentenza n. 2745/2012, condannava il convenuto al pagamento della somma di Euro 453.750,20, tenuto conto della provvisionale di Euro 46.587,33, già versata dal dottor U. in esecuzione della sentenza penale di condanna. Il giudicato si consolidava con la sentenza n. 278/2013 della locale Sezione di appello che dichiarava improcedibile l'impugnazione proposta dal dott. U..
La sentenza del Tribunale Civile di Marsala n. 456/2007 veniva riformata in pejus dalla Corte di Appello di Palermo (con sentenza n. 401/2014 del 17 marzo 2014) che rimodulava la quantificazione del danno da risarcire ai congiunti della signora B. A. in senso più favorevole per costoro; in esecuzione di tale statuizione, l'A.S.P. di T. liquidava in loro favore la somma di Euro 1.200.590,42 con Delib. n. 20140004406 del 4 novembre 2014.
La Procura regionale, quindi, in relazione a tale ulteriore danno indiretto patito dall'Azienda S., citava in giudizio il dott. U. chiedendone la condanna per la somma di Euro 1.200.590,42, oltre rivalutazione ed interessi legali, in favore della predetta A..
Con sentenza n. 540/2017, il Giudice di primo grado dichiarava inammissibile l'azione del pubblico ministero, in considerazione dell'avvenuta condanna del medesimo convenuto per gli stessi fatti oggetto della nuova contestazione. Avverso tale sentenza il Requirente proponeva appello adducendo la sostanziale diversità dei due procedimenti avviati nei confronti del dottor U. e l'esigenza di conseguire il risarcimento dell'intero danno indiretto derivato alla A. di T., configuratosi nella sua completezza solo a seguito del passaggio in giudicato della sentenza della Corte di appello di Palermo n. 401/2014.
La Sezione di appello adita, con sentenza n. 146/A/2018, in accoglimento del gravame proposto dalla Procura regionale, annullava la sentenza di questa Sezione n. 540/2017, rimettendo gli atti al primo giudice per la prosecuzione del giudizio sul merito.
La Procura regionale, con l'odierno atto di riassunzione (depositato il 23 luglio 2018), nel richiamare integralmente l'originario atto di citazione e con riferimento alla documentazione già depositata per il giudizio di primo grado, ha quindi chiesto la condanna del dott. R.U. al pagamento della somma di Euro 1.200.590,42, oltre rivalutazione ed interessi legali, in favore dell'Azienda S.P. di Trapani.
Nell'atto introduttivo del giudizio del 4 aprile 2016, l'attore pubblico, dopo avere illustrato i fatti da cui aveva avuto origine l'esborso dell'A. di T. (traendoli dagli atti del procedimento penale a carico del convenuto e di quello civile nei confronti dell'Azienda S.), riconduceva etiologicamente il decesso della B. alla grave e reiterata negligenza del dott. U. che, a fronte degli acuti dolori addominali accusati dalla paziente, non aveva immediatamente eliminato la causa degli stessi ovvero il fecaloma composto da fibre di carciofi che la B. aveva ingerito crudi e non masticati essendo edentula. Il pubblico ministero evidenziava inoltre che il fecaloma non era stato rimosso neppure nel corso dei due interventi chirurgici eseguiti dal convenuto per la suturazione dell'intestino perforato, pur rappresentando la causa primaria della perforazione intestinale. Tale sconsiderato modo di operare rese necessario il trasporto in via d'urgenza della paziente all'Ospedale civico di Palermo per l'esecuzione di un terzo intervento che non poté essere risolutivo a causa del degenerarsi delle condizioni di salute della B. che decedette il giorno successivo.
Il convenuto, cui l'atto di riassunzione è stato correttamente notificato in data 22 settembre 2018, non si è costituito in giudizio.
Alla pubblica udienza del 20 febbraio 2019, il pubblico ministero ha insistito per la condanna riportandosi agli atti.
La causa è stata quindi posta in decisione.
Considerato in
Motivi della decisione
1. In via del tutto preliminare, rilevata l'avvenuta corretta notificazione dell'atto di riassunzione al convenuto, in quanto eseguita a mani proprie presso il domicilio del dott. U. in data 22 settembre 2018, il Collegio dichiara la contumacia del convenuto non costituitosi in giudizio.
2. La Procura regionale ha promosso l'odierno giudizio in riassunzione per la verifica della sussistenza di responsabilità a carico del dott. R.U., nella sua qualità, all'epoca dei fatti contestati, di medico in servizio presso l'Ospedale di Pantelleria, in relazione al danno erariale di complessivi Euro 1.200.590,42 allo stesso attribuito e derivante dall'esecuzione della sentenza della Corte di Appello di Palermo n. 401/2014 che ha disposto il predetto risarcimento in favore dei terzi danneggiati per la morte della congiunta B. A..
La vicenda sulla quale il Collegio è chiamato a pronunciarsi va inquadrata quindi nell'ambito del cd. "danno erariale indiretto" che, secondo la prospettazione attorea, l'Azienda S. di T. ha subito per avere eseguito la citata sentenza del giudice civile.
3. Il "danno erariale indiretto", consistente nelle somme che l'amministrazione è tenuta a risarcire, a seguito di un provvedimento giurisdizionale ovvero sulla scorta di un accordo transattivo, al terzo danneggiato da fatti e/o atti illeciti imputabili all'ente pubblico, per dolo o colpa grave dei suoi agenti (vd. sentenza SSRR n. 14/2011/QM), nel caso in esame concerne il secondo pagamento (di Euro 1.200.590,42) eseguito dall'A. di T. in favore dei congiunti della B. in esecuzione della sentenza della Corte di Appello di Palermo n. 401/2014. Va osservato infatti che, relativamente al primo pagamento di Euro 500.337,53, disposto in esecuzione della sentenza del Tribunale di Marsala n. 456/2007 non ancora passata in giudicato, il dott. U. è stato già condannato (limitatamente alla somma di Euro 453.750,20) da questa Sezione giurisdizionale con sentenza n. 2475/2012 il cui giudicato si è consolidato.
In ordine alla prospettazione di parte attrice, occorre rilevare che la più volte citata pronuncia della Corte di Appello, con cui è stato rimodulato il danno risarcibile in favore degli appellanti con riforma in pejus della condanna già subita in primo grado dall'A., consisteva in un definitivo ed omnicomprensivo riconoscimento delle pretese risarcitorie azionate dai predetti congiunti nei cui confronti l'Azienda S. aveva già provveduto ad eseguire il pagamento di Euro 500.337,53 in dipendenza della sentenza di primo grado.
Di tale circostanza però, del tutto inspiegabilmente, l'A. di T. non teneva conto nel momento in cui, con deliberazione n. 20140004406 del 4 novembre 2014, provvedeva ad una nuova liquidazione in favore dei danneggiati nei termini statuiti dal giudice del gravame ovvero nella loro integralità, senza doverosamente detrarre dall'importo di Euro 1.200.590,42 le somme già precedentemente corrisposte allo stesso titolo. Alla liquidazione faceva seguito il pagamento di Euro 1.200.590,42 (con il mandato n. 19710 dell'11.11.2014) in favore di Policardo Caterina, nominata mandataria all'incasso da parte di tutti gli altri eredi (aff. n. 309).
Orbene, appare evidente che con la richiesta di condanna oggetto del presente giudizio in riassunzione, ancorata al mero dato fattuale dell'esborso sostenuto dall'amministrazione, si va sostanzialmente a replicare lo stesso errore commesso dall'A., pretendendo di addossare al convenuto le conseguenze delle scelte avventate compiute dall'amministrazione danneggiata.
La deliberazione assunta dall'A., certamente produttiva di danno erariale, è, difatti, del tutto estranea alla posizione del dott. U., nei termini oggetto della presente controversia, dovendosi in questa sede vagliare l'operato professionale del suddetto sanitario in relazione al decesso della B. ed al conseguente danno erariale patito dall'A. di T..
Sotto tale profilo, il corretto computo del danno indiretto riferibile al convenuto consiste allora nella differenza tra quanto pagato in esecuzione della sentenza della Corte di Appello e quanto precedentemente corrisposto a seguito della pronuncia di primo grado (non ancora passata in giudicato); tale danno ulteriore ascende quindi ad Euro 700.252,89 (Euro 1.200.590,42 detratti Euro 500.337,53).
La parte residua del secondo esborso sostenuto dall'A., pari ad Euro 500.337,53, deriva da una evidente duplicazione delle poste debitorie ed è unicamente imputabile agli organi della stessa Azienda S., non essendo affatto riconducibile alle statuizioni della più volte richiamata sentenza del giudice civile di appello.
Per le superiori considerazioni, il danno indiretto subito dall'A. va correttamente quantificato in Euro 700.252,89, mentre per l'ulteriore esborso non dovuto dall'amministrazione la responsabilità va ascritta ad altri soggetti diversi dal convenuto. A tal riguardo, le precedenti valutazioni costituiscono notizia di danno per la Procura attrice.
4. Quanto alla sussistenza dei necessari elementi costitutivi del danno, ovvero il rapporto causale tra la condotta del convenuto e la morte della paziente e la sussistenza della colpa grave del professionista, sovviene l'art. 651 c.p.p. che attribuisce alla sentenza penale irrevocabile di condanna, pronunciata in seguito a dibattimento, "efficacia di giudicato quanto all'accertamento della sussistenza del fatto, della sua illiceità penale e all'affermazione che l'imputato lo ha commesso, nel giudizio civile o amministrativo per le restituzioni ed il risarcimento del danno promosso nei confronti del condannato". Secondo l'orientamento consolidato di questa Corte dei conti, l'efficacia vincolante del giudicato penale nei confronti del giudizio di responsabilità per danno all'erario riguarda la condotta, l'evento ed il nesso di causalità materiale, di talché non è consentito al giudice contabile scrutinare ulteriormente gli elementi costitutivi del fatto, già oggetto di statuizione in sede penale (Sez. Giur. Umbria n. 501/1998 e Sez. Liguria n. 343/1998).
Nella fattispecie, il dott. U. è stato condannato in via definitiva, fra l'altro, per il reato di omicidio colposo per la morte di B. A..
Il fatto-reato, quindi, nella sua dimensione fenomenica, risulta accertato senza margini di dubbio (per come risulta dalla perizia acquisita nel processo penale) come diretta conseguenza del maldestro ed incongruente modo di operare del convenuto, tanto in sede di visita medica (e relativa diagnosi), quanto in occasione dei due interventi ai quali fu sottoposta la paziente.
Appare evidente dalla predetta documentazione che il convenuto, pur avendo constatato la presenza di un fecaloma composto da foglie di carciofo pressoché integre, in quanto consumate crude dalla B. e non digerite, anziché procedere alla rimozione della massa fecale che aveva provocato la perforazione della parete intestinale, eseguì ben due operazioni in cui tentò, invano, di richiudere, mediante sutura, la parte lesa perseverando nell'omettere di rimuovere il fecaloma. Ciò determinò un'ulteriore lesione a carico dell'intestino sino a provocare la morte della paziente, intervenuta pochi giorni dopo.
La condotta ascrivibile al dott. U. è senz'altro connotata da colpa grave, essendo stata macroscopicamente divergente da quella che il sanitario avrebbe dovuto tenere nella circostanza in questione, peraltro non caratterizzata da particolare complessità secondo la comune pratica medica.
La ricostruzione della Procura attrice, conforme all'accertamento definitivo compiuto in sede penale, non è stata contestata dal convenuto che è rimasto contumace.
Conclusivamente, alla luce di quanto sin qui affermato, il Collegio ritiene che le contestazioni formulate dal pubblico ministero nei confronti del dott. U., con atto di citazione depositato il 4 aprile 2016, sottoposte nuovamente all'esame del Collegio con atto di riassunzione del 23 luglio 2018, secondo le indicazioni offerte dalla locale Sezione di Appello, con sentenza n. 146/A/2018, siano parzialmente meritevoli di accoglimento, nei limiti della somma di Euro 700.252,89.
Conseguentemente, il Collegio condanna il dott. R.U. al pagamento della somma di Euro 700.252,89 a favore dell'Azienda S.P. di T.; sulla suddetta somma deve essere calcolata la rivalutazione monetaria dalla data del pagamento sino alla data di pubblicazione della presente sentenza e, sulla somma così rivalutata, gli interessi legali dalla data di pubblicazione della presente sentenza sino all'effettivo soddisfo.
Le spese di giustizia seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo, ivi incluse quelle concernenti il giudizio di appello (art. 199, c.2, c.g.c.).
P.Q.M.
La Corte dei Conti Sezione Giurisdizionale per la Regione Siciliana definitivamente pronunciando nel giudizio di responsabilità iscritto al n. (...) del registro di segreteria, in parziale accoglimento della domanda della Procura regionale, condanna U.R., nato a F. il 19 febbraio 1948:
- al pagamento, in favore dell'Azienda S.P. di T. (già A. n. 9 di T.) dell'importo di Euro 700.252,89 (Euro settecentomiladuecentocinquantadue,89), da maggiorare della rivalutazione monetaria, secondo l'indice dei prezzi calcolato dall'ISTAT, dalla data di emissione dell'ordinativo di pagamento indicato in parte motiva, alla data di pubblicazione della presente sentenza, nonché degli interessi legali sull'importo rivalutato, dalla data di pubblicazione della presente sentenza sino all'effettivo soddisfo;
- al pagamento, in favore dello Stato, delle spese di giustizia, comprensive di quelle della fase di appello, che, sino al deposito della presente decisione, si liquidano in complessivi Euro 836,55 (Euro ottocentotrentasei/55).
Manda alla Segreteria per gli adempimenti conseguenti.
Così provveduto in Palermo, nella camera di consiglio del 20 febbraio 2019.
Depositata in Cancelleria il 21 giugno 2019..
05-09-2019 20:39
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