La riabilitazione costituisce un istituto che vale ad attestare in modo più sicuro il riacquistato possesso dei requisiti morali da parte del condannato perché opera sulla base di una valutazione ex post della condotta dello stesso e, a differenza dell'estinzione della pena, non opera ope legis, ma postula uno specifica pronuncia costitutiva, fondata sulla verifica di prove effettive e costanti di buona condotta.
T.A.R. Lazio Roma Sez. II bis, 03-05-2019, n. 5636
La riabilitazione, ai sensi dell'art. 178 c.p., estingue le pene accessorie ed ogni altro effetto penale della condanna, salvo che la legge disponga altrimenti; in questo contesto essa costituisce, quindi, un istituto che vale ad attestare in modo più sicuro il riacquistato possesso dei requisiti morali da parte del condannato perché opera sulla base di una valutazione ex post della condotta dello stesso e, a differenza dell'estinzione della pena, non opera ope legis, ma postula uno specifica pronuncia costitutiva, fondata sulla verifica di prove effettive e costanti di buona condotta. Il rapporto fra le due misure va, pertanto, inteso in termini di compatibilità e differenza di effetti, atteso che la persona condannata ha interesse ad ottenere la riabilitazione anche quando il reato risulti estinto per il compiuto decorso del termine previsto dalla legge, in quanto essa comporta vantaggi ulteriori rispetto a quelli prodotti dall'estinzione ex art. 167 comma 1, c.p., anche ai fini della candidabilità secondo le rigorose disposizioni dettate dal citato art. 15 del D.Lgs. n. 235 del 2012.
18-07-2019 22:26
Richiedi una Consulenza