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Sentenza

Il Consiglio degli Avvocati e Procuratori dello Stato non ha prerogative analogh...
Il Consiglio degli Avvocati e Procuratori dello Stato non ha prerogative analoghe a quelle degli organi di governo autonomo delle magistrature.-
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 14 giugno – 31 ottobre 2018, n. 6184
Presidente Severino – Estensore Fantini

Fatto

1.- La Presidenza del Consiglio dei ministri e l'Avvocatura dello Stato hanno interposto appello avverso la sentenza 20 febbraio 2018, n. 1945 del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sez. I, che ha accolto il ricorso dell'avvocato dello Stato Giuseppe Albenzio avverso il d.P.R. 16 aprile 2016, n. 1133, di nomina al posto di ruolo di Avvocato generale aggiunto (da qui in poi AGA) dell'avvocato dello Stato Carlo Sica ed avverso gli atti presupposti, tra cui la delibera del Consiglio dei ministri dell'8 aprile 2016 e la conseguente proposta del Presidente del Consiglio dei ministri al Presidente della Repubblica, nonché la proposta dell'Avvocato Generale dello Stato del 10 marzo 2016 al Presidente del Consiglio dei Ministri ed il parere del Consiglio degli Avvocati e Procuratori dello Stato (CAPS) del 25 febbraio 2016.
Con il ricorso in primo grado, l'avvocato Albenzio ha dedotto una pluralità di vizi della nomina ad AGA dell'avvocato Sica, concernenti il procedimento (dalla composizione del CAPS nella seduta del 25 febbraio 2016, all'adozione del parere espresso dallo stesso organo collegiale senza il rispetto della maggioranza qualificata di sei membri su nove, e, soprattutto, su proposta unica dell'Avvocato Generale), nonché il merito della proposta, contestando l'esperienza professionale dell'avvocato Sica e dunque i suoi meriti professionali, specie se comparati con le competenze da lui maturate, per di più collocato in posizione di ruolo più elevata di dieci posti (corrispondente ad un'anzianità di servizio superiore di quattro anni e mezzo), vizi, questi, determinanti l'illegittimità derivata del terminale provvedimento presidenziale. Unitamente all'azione impugnatoria, l'avvocato Albenzio ha domandato il risarcimento dei danni all'equilibrio psico-fisico, alla vita familiare e di relazione, nonché all'immagine.
2. - Con sentenza non definitiva 2 dicembre 2016, n. 12054, il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio - previa estromissione dal giudizio della Presidenza della Repubblica, carente di legittimazione passiva rispetto a provvedimento di alta amministrazione adottato con decreto presidenziale su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, che controfirma l'atto assumendosene la responsabilità politica ed amministrativa - ha respinto i primi quattro motivi di ricorso e disposto istruttoria in relazione ai restanti, in particolare ordinando all'Avvocatura dello Stato «il deposito della documentazione atta a comprovare “le pratiche [complessivamente] affidate e trattate dall'avv. Albenzio e dall'avv. Sica”, unitamente ad una documentata relazione sulla vicenda, nel termine perentorio di giorni 60 (sessanta) dalla comunicazione in via amministrativa o dalla notificazione della presente sentenza non definitiva».
In adempimento dell'ordine istruttorio l'Amministrazione ha depositato il 31 gennaio 2017 una relazione corredata da documenti e successivamente, il 15 febbraio 2017, anche il ricorrente ha effettuato una produzione documentale.
Con successiva ordinanza 20 luglio 2017, n. 8769 il Tribunale amministrativo, alla stregua della contestazione di incompletezza del deposito documentale relativo ai primi anni di servizio dell'avvocato Albenzio, ha ordinato all'Avvocatura dello Stato la produzione in giudizio delle «schede cartacee relative alle pratiche complessivamente affidate e trattate dall'avv. Albenzio nel periodo 1974-1989 presso l'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Firenze». A tale incombente è stata data ottemperanza con deposito documentale del 18 settembre 2017.
E' quindi intervenuta la sentenza definitiva 20 febbraio 2018, n. 1945, che ha accolto il ricorso, respingendo la domanda di risarcimento del danno (per non essere stata accertata la spettanza, in capo al ricorrente, della nomina ad AGA).
In particolare, la sentenza, premesso che la nomina dell'AGA avrebbe dovuto conformarsi a tre criteri valutativi fissati dal CAPS nella seduta del 3 settembre 2015 in ordine di rilevanza (la professionalità, ed in specie le competenze direttive acquisite; la comparazione tra le competenze maturate e le esigenze funzionali da soddisfare attraverso il conferimento dell'incarico da ricoprire; la laboriosità e diligenza), ha censurato il parere del CAPS, non coerente con i predetti criteri, perché, con riguardo alla professionalità, non era stato attribuito il giusto rilievo al pregresso svolgimento dell'incarico direttivo di Avvocato Distrettuale di Firenze da parte dell'avvocato Albenzio, mentre era stata data preminenza agli incarichi esterni (di rilievo istituzionale) dell'avvocato Sica; e non risultava valutata la maggiore anzianità di servizio dell'avvocato Albenzio, di per sé indice dell'esperienza professionale acquisita (e già valutata nella medesima seduta del 25 febbraio 2016 per il conferimento dell'incarico di Vice Avvocato Generale-VAG).
3. - L'appello critica la sentenza per violazione dell'art. 36, comma 2, Cod. proc. amm. e del principio che stabilisce l'immodificabilità, in sede di prosecuzione del giudizio, delle sentenze non definitive, la violazione dell'art. 15 r.d. n. 1611 del 1933, dell'art.16-bis della legge n. 103 del 1979, la violazione dei criteri per il conferimento di incarichi direttivi agli avvocati dello Stato deliberati dal CAPS il 3 settembre 2015, nonché l'insufficiente o contraddittoria motivazione su punti decisivi della controversia.
4. - Si è costituito in resistenza l'avvocato Albenzio Giuseppe eccependo l'inammissibilità e l'infondatezza dell'appello principale e proponendo appello incidentale avverso la sentenza non definitiva n. 12054 del 2016, nella parte in cui ha respinto il quarto motivo di ricorso (non coltivando invece la riserva di appello per i capi della sentenza concernenti la reiezione dei primi tre motivi, rispetto ai quali ha prestato acquiescenza), nonché avverso la sentenza definitiva con riguardo al capo che ha respinto il nono motivo di ricorso.
5. - Si è altresì costituito in giudizio l'avvocato Sica Carlo concludendo per l'accoglimento dell'appello principale e per il rigetto di quello incidentale.
6. - All'udienza pubblica del 14 giugno 2018 la causa è stata trattenuta in decisione.

Diritto

1.- Il primo motivo dell'appello principale deduce la violazione dell'art. 36, comma 2, Cod. proc. amm. e del principio dell'efficacia vincolante delle sentenze non definitive nell'ambito del processo, osservando che la sentenza non definitiva del Tribunale amministrativo del Lazio, I, 2 dicembre 2016, n. 12054, nel rigettare il quarto motivo del ricorso, ha affermato che la legge attribuisce in via esclusiva all'Avvocato Generale il potere di formulare le proposte sulla nomina dell'AGA e in generale sul conferimento degli incarichi direttivi agli avvocati dello Stato, in coerenza con il carattere fiduciario delle funzioni di diretta collaborazione che tali incarichi sottendono, sì che il parere del CAPS non può che concernere la proposta dell'Avvocato Generale, (proposta) peraltro formulata all'esito di un'attenta disamina, nel corso della seduta del 25 febbraio 2016, del curriculum e del fascicolo personale dei due avvocati dello Stato che avevano manifestato la disponibilità all'incarico: da qui la non ravvisabilità di un difetto di istruttoria ed il corollario per cui si tratta di nomine che sottendono valutazioni di merito assoluto, e non valutazioni comparative.
L'Amministrazione appellante lamenta come dunque erroneamente la sentenza definitiva del Tribunale amministrativo, I, 20 febbraio 2018, n. 1945 abbia capovolto o disatteso le conclusioni cui era pervenuta quella non definitiva in relazione al quarto motivo di ricorso, basando l'accoglimento su vizi asseritamente inficianti il parere del CAPS ai fini della formulazione della proposta di nomina dell'Avvocato Generale, laddove l'art. 15 r.d. n. 1611 del 1933, come pure gli artt. 16, 17 e 18 della legge n. 103 del 1979 attribuiscono in via esclusiva all'Avvocato Generale il potere di formulare le proposte di nomina, senza che abbia carattere vincolante il parere del CAPS, né che vi sia necessità di esprimere un giudizio di prevalenza tra i candidati partecipanti alla selezione.
Ritiene il Collegio opportuno, anche per economia di giudizio, esaminare contestualmente il primo motivo dell'appello incidentale dell'avvocato Albenzio, che concerne proprio la statuizione della sentenza non definitiva di reiezione del quarto motivo del suo ricorso in primo grado.
Lamenta l'impugnazione incidentale, con un opposto ordine di argomenti, come il CAPS sia stato irritualmente chiamato ad esprimere il parere sulla proposta dell'Avvocato Generale a favore dell'avvocato Sica: l'attività consultiva del CAPS dovrebbe invece svolgersi senza “indicazione preventiva”, e dunque, nel caso di specie, avrebbe dovuto avere riferimento ad entrambi i candidati; e seguendo, quali criteri di giudizio delle evidenze curriculari, i criteri deliberati dal CAPS il 3 settembre 2015: ne risulta qui un evidente difetto di istruttoria. Deduce l'appellante incidentale avvocato Albenzio che il potere di proposta dell'Avvocato Generale per l'espressione del parere del CAPS non ha carattere vincolante, in quanto il potere di proposta (di cui all'art. 15 r.d. n. 1611 del 1933) riguarda la fase esterna della procedura di nomina (quella rivolta al Presidente del Consiglio dei Ministri) ma non anche a quella precedente e interna, come si desume dal combinato disposto degli artt. 16-bis, 21 e 23 della legge n. 103 del 1979, nonché dal par. III del “Procedimento e criteri per il conferimento degli incarichi direttivi, in sede di prima applicazione della disposizione di cui all'art. 16-bis della L. 3 aprile 1979 n. 103 come introdotto dall'art. 12 della L. 7 agosto 2015, n. 124”, approvato con la richiamata delibera del 3 settembre 2015, che rimette al CAPS, organo di autogoverno dell'Avvocatura dello Stato, l'istruttoria.
Il Collegio osserva preliminarmente che, pur essendo configurabile una qualche intrinseca contraddittorietà tra la motivazione che sorregge il rigetto del quarto motivo nella sentenza non definitiva e la motivazione di accoglimento della sentenza definitiva, il profilo in rito, dell'immodificabilità della prima pronuncia, appare superato dalla circostanza che comunque la sentenza non definitiva, in parte qua, è stata fatta oggetto dell'appello incidentale: il che consente la disamina del merito delle questioni controverse, che, per la verità, hanno un contenuto al contempo formale e sostanziale.
In effetti il profilo formale dell'ambito del parere del CAPS, se cioè lo stesso sia (melius, possa/debba essere) delimitato dalla proposta dell'Avvocato Generale di designazione dell'AGA, riflette il tema sostanziale delle competenze rispettivamente del CAPS e dell'Avvocato Generale, e, in definitiva, quello della natura stessa dell'Avvocatura dello Stato e del rispettivo ruolo, nella sua amministrazione interna, dell'Avvocato Generale e del CAPS.
Ritiene il Collegio fondata la prospettazione dell'Amministrazione appellante principale, che è pertanto meritevole di accoglimento.
Giova peraltro anzitutto osservare come, sul piano istruttorio, il difetto lamentato dall'appellante incidentale non sia ravvisabile: come si evince dalla lettura della delibera del CAPS del 25 febbraio 2016, sono state esaminate le posizioni di entrambi i candidati, i quali sono stati anche auditi.
Sotto il profilo più formale, risulta dalla detta delibera che effettivamente il CAPS si è pronunciato, a maggioranza, rendendo il parere sulla proposta dell'Avvocato Generale di conferimento dell'incarico di AGA all'avvocato Carlo Sica: il suo nominativo non è stato dunque espressione di una proposta maturata in sede collegiale.
Sul piano del diritto positivo, la tesi dell'appellante incidentale, che dissocia un ambito esterno e formale da un previo ambito interno e sostanziale del potere di proposta dell'Avvocato Generale, non appare avere un fondamento normativo: l'art. 23 della legge 3 aprile 1979, n. 103, cui rinvia l'art. 16-bis, comma 4, per il parere sul conferimento dell'incarico di AGA, solo stabilisce che il CAPS provvede «ad esprimere parere sul conferimento degli incarichi di vice avvocato generale dello Stato, di avvocato distrettuale dello Stato e di segretario generale, a norma degli artt. 16, 17 della presente legge, nonché sul collocamento fuori ruolo degli avvocati dello Stato» (comma primo, lett. e)).
La disposizione letteralmente attribuisce al CAPS una funzione consultiva nel quadro di un procedimento che – per quanto concerne la scelta sostanziale della persona – è ancora del tutto interno all'amministrazione dell'Avvocatura dello Stato, e che fa seguito ad una richiesta di parere proveniente dall'Avvocato Generale dello Stato.
A sua volta, in ragione del tenore letterale della disposizione, questa richiesta di parere non si esaurisce in una mera richiesta di proposta, vale a dire nella richiesta di un atto al tempo stesso di valutazione e di impulso, dal carattere vincolante nei confronti del successivo sviluppo del procedimento; ma è una richiesta di un giudizio che, per sua natura, non può che essere formulata già con l'individuazione di un nominativo o, se così ritiene l'Avvocato Generale, di più nominativi: su questo nominativo, o su questi nominativi, il CAPS esprime il proprio avviso, che la legge non qualifica vincolante e che perciò non è vincolante (ogni parere, per essere vincolante, dev'essere caratterizzato tale dalla legge esplicitamente o, implicitamente, dal sistema nel quale esso va reso): è all'Avvocato Generale, pertanto, che spetta un potere di prima designazione.
Non depone in senso inverso la caratterizzazione di sistema dell'Istituto: non esiste, come meglio si vedrà, alcuna ragione di governo autonomo della categoria che, a garantire l'autonomia e l'indipendenza che debbono caratterizzare le magistrature (artt. 104 e ss. e 108 Cost.), rimetta al giudizio/volontà dell'istituzionalizzata rappresentanza del corpo professionale la scelta del vertice dell'istituto. Non si tratta infatti di una magistratura.
E' vero che il detto art. 16-bis [introdotto dall'art. 12, comma 1, l. 7 agosto 2015, n. 124], comma 4, enuclea i criteri che il CAPS deve seguire nell'esprimere il parere: «Nell'esprimere il parere di cui all'articolo 23, primo comma, lettera e), e il parere sul conferimento dell'incarico di avvocato generale aggiunto, il consiglio degli avvocati e procuratori dello Stato applica il criterio della rotazione nell'attribuzione degli incarichi e tiene conto delle attitudini organizzative e relazionali del candidato, nonché della professionalità acquisita, desunta in particolare da indici di merito predeterminati dal medesimo consiglio e ricavabili dall'esame dell'attività svolta».
Questi parametri debbono sì guidare il giudizio del CAPS (e, implicitamente, la previa richiesta nominativa dell'Avvocato Generale), ma in nulla escludono che il parere sia preceduto da una prima designazione dell'Avvocato Generale (come neppure il punto III, comma 3, della delibera del CAPS del 3 settembre 2015 esclude che il parere sia reso su di una proposta già formulata).
Del resto, una tale designazione, o proposta, in nulla è incompatibile con la natura obbligatoria (seppur non vincolante) del parere del CAPS. Questo parere - che grazie alla regola rappresentativa esprime il giudizio del corpo professionale - è importante quanto indefettibile, perché è una sorta di giudizio dei pari circa il valore e l'attitudine del designato: e, se reso con contenuto negativo sul/sui nominativo/i individuato/i, obbliga l'Avvocato Generale o a formulare una diversa proposta (su cui andrà espresso un nuovo parere), o a proseguire nell'iter a favore nel nominativo inizialmente prescelto, ma dando congrua motivazione del disparere.
2. - Al contrario – si viene così alla disamina (anche) del secondo motivo dell'appello principale, strettamente compenetrato al primo, seppure proiettato verso i profili di merito più che procedimentali - l'art. 15 del r.d. 30 ottobre 1933, n. 1661 (Approvazione del T.U. delle leggi e delle norme giuridiche sulla rappresentanza e difesa in giudizio dello Stato e sull'ordinamento dell'Avvocatura dello Stato), come novellato dalla legge 3 aprile 1979, n. 103, sola disposizione tra quelle esaminate che sia chiaramente attributiva di potere, enuclea, tra le spettanze dell'Avvocato Generale dello Stato, non solo il convocare e presiedere il CAPS, ma anche il fare «le proposte e adotta[re] i provvedimenti espressamente attribuiti alla sua competenza, nonché ogni altro provvedimento riguardante gli uffici ed il personale dell'Avvocatura dello Stato che non sia attribuito ad altra autorità». Il che anche porta a ritenere che il parere vada reso su una proposta già formulata dall'organo di vertice dell'Istituto.
Del resto, il ruolo di Avvocato Generale Aggiunto esprime, almeno in principio, un rapporto naturalmente fiduciario con l'Avvocato Generale: è una figura subapicale che almeno in parte condivide prerogative e attribuzioni del vertice dell'Ufficio e, in quello specifico contesto non magistratuale, è in diretta collaborazione con quest'ultimo e con compiti anche vicari. Ciò si desume, e con gli opportuni adattamenti interpretativi in ragione dell'assoluta specificità dell'Istituto, dall'art. 6-bis (Posizioni vicarie nelle giurisdizioni superiori ordinaria e amministrativa e nell'Avvocatura generale dello Stato), comma 4, del d..l. 24 dicembre 2003, n. 354 (Disposizioni urgenti per il funzionamento dei tribunali delle acque, nonché interventi per l´amministrazione della giustizia), come convertito dalla legge 26 febbraio 2004, n. 45, a mente del quale «l'Avvocato generale aggiunto sostituisce, nei casi di assenza o impedimento, l'Avvocato generale dello Stato e lo coadiuva nei compiti affidatigli». E più recentemente, accentuando questo carattere, l'art.16-bis [introdotto dall'art. 12, comma 1, l. 7 agosto 2015, n. 124], della legge n. 103 del 1979 ha stabilito: «L'avvocato generale aggiunto, i vice avvocati generali e gli avvocati distrettuali collaborano direttamente con l'avvocato generale dello Stato, lo coadiuvano nell'esercizio delle sue funzioni e assicurano l'omogeneità delle difese e delle consultazioni. […]».
L'appellante incidentale obietta che in tale modo non sono stati rispettati dal CAPS i criteri di valutazione per lo stesso organo collegiale stabiliti dal punto IV della delibera del CAPS del 3 settembre 2015 in ordine di rilevanza, e con preminenza di valutazione della professionalità acquisita.
Tuttavia nella seduta del 25 febbraio 2016 il CAPS aveva in qualche modo valutato comparativamente la professionalità dei due candidati disponibili: questo, seppure sinteticamente, emerge in termini di effetto della dialettica collegiale che, a fronte della proposta dell'Avvocato Generale (evidenziante, a favore dell'avvocato Sica, «oltre una completa e ricchissima esperienza professionale maturata all'interno dell'Istituto, una particolare attitudine alle relazioni esterne»), ha visto una diversa posizione di alcuni componenti del CAPS, i quali ravvisavano invece nel curriculum dell'avvocato Albenzio elementi di maggior corrispondenza ai criteri della delibera del 3 settembre 2015, in particolare per avere egli già svolto le funzioni direttive di Avvocato Distrettuale di Firenze. Una comparazione tra i due pertanto vi è stata nel collegio, perché comunque sono stati presi in esame gli elementi differenziali che militavano a favore dell'avvocato Albenzio: il che, ove fosse stato seguito dalla maggioranza del CAPS, avrebbe potuto dar seguito ad un parere negativo sull'avvocato Sica, cui avrebbe fatto seguito quanto qui sopra figurato.
2.1.-Il punto nodale della ricostruzione riguarda piuttosto, sul piano sistematico, il rapporto tra CAPS ed Avvocato Generale: nella misura in cui, come emerge dall'appello incidentale, si intenda ipotizzare una caratterizzazione del CAPS in veste di organo di governo autonomo dell'Avvocatura dello Stato: organo al quale comunque, la normativa riconosce funzioni deliberanti limitate (cfr. art. 23 l. n. 103 del 1979).
A questo riguardo, occorre considerare però che il governo autonomo, pieno o parziale che sia, è funzionale, nell'esperienza costituzionale dell'ordinamento (parametrata, direttamente o di riflesso ex art. 108, sugli artt. 104 e ss. Cost.), a garantire l'autonomia e l'indipendenza solo dei magistrati, sia ordinari, sia speciali: autonomia e indipendenza che, in ragione della specifica funzione giurisdizionale, si dispiegano nei confronti degli altri poteri dello Stato, legislativo e, soprattutto, esecutivo, e si concretano nell'attribuzione ai rispettivi organi di governo autonomo (Consiglio Superiore della Magistratura, Consiglio di Presidenza della giustizia amministrativa, Consiglio di Presidenza della giustizia contabile, Consiglio della magistratura militare, Consiglio di Presidenza della giustizia tributaria) di attribuzioni proprie e decisionali riguardo allo stato giuridico dei magistrati, in termini di assunzioni, assegnazioni, trasferimenti, promozioni, provvedimenti disciplinari.
Una siffatta, ontologica, esigenza non sussiste per l'Avvocatura dello Stato: questa, come detto, non è una magistratura ma è un organo di collaborazione contenziosa e consultiva di tutte le Amministrazioni dello Stato (e non solo), di rilievo non costituzionale (a differenza di tutte le magistrature: Parte II, Titolo IV della Costituzione), posta dalla legge in rapporto di dipendenza con il Presidente del Consiglio dei Ministri ai sensi dell'art. 17 r.d. n. 1611 del 1933 (il cui testo, da leggere alla luce della trasformazione della forma di governo, recita: «Gli uffici dell'Avvocatura dello Stato dipendono dal Capo del Governo […] e sono posti sotto la immediata direzione dell'Avvocato generale»).
Salvo che per profili limitati, questa dipendenza non esprime una gerarchia in senso proprio, in ragione della particolare connotazione dell'istituto e, coerentemente, della natura delle speciali funzioni dell'Avvocatura dello Stato, che sono di consulenza legale e di difesa in giudizio delle Amministrazioni, con caratterizzazione tecnico-professionale.
La formula organizzatoria evocata dalla norma esprime essenzialmente, come assunto dalla dottrina, una dipendenza organica (attenendo alla provvista degli uffici ed alla responsabilità generale).
L'autonomia organizzativa dell'Avvocatura dello Stato è connessa alle sue attribuzioni tecnico-legali e alla sua caratterizzazione, definite dalla noma capitale dell'art. 1 r.d. n. 1661 del 1933: «La rappresentanza, il patrocinio e l'assistenza in giudizio delle Amministrazioni dello Stato, anche se organizzate ad ordinamento autonomo, spettano all'Avvocatura dello Stato. Gli avvocati dello Stato esercitano le loro funzioni innanzi a tutte le giurisdizioni ed in qualunque sede e non hanno bisogno di mandato, neppure nei casi nei quali le norme ordinarie richiedono il mandato speciale, bastando che consti della loro qualità».
Perciò questa autonomia è a sé stante e non si pone nei termini di autonomia eindipendenza dal vertice governativo o più in genere dal potere esecutivo che debbono strutturalmente caratterizzare, in virtù del principio di separazione dei poteri, le magistrature e che sono a base del loro governo autonomo: ne difettano ragioni e presupposti, perché non si tratta di un'istituzione di garanzia dei cittadini propria dello Stato di diritto, che, decidendo nel caso concreto, deve assicurare il primato del diritto e per la quale è essenziale l'imparzialità e la terzietà rispetto ad ogni altro potere.
Vale anche considerare che, riguardo all'attività contenziosa, le è rimessa la tutela legale di una “parte” (nel perseguimento dei diritti e degli interessi dello Stato), in modo tendenzialmente non dissimile, nei contenuti, da quanto inerisce al rapporto professionale tra un avvocato libero professionista e il suo cliente. E, nella consulenza, questo avviene nell'interesse contingente dell'apparato pubblico e non dell'ordinamento giuridico.
Inoltre l'inserimento dell'Avvocatura dello Stato nell'organizzazione dell'apparato dello Stato, con la sua natura di ufficio pubblico, implica l'applicazione dei principi costituzionali sulla pubblica amministrazione, rapportati alla caratterizzazione di “un servizio organizzato unitariamente, per quanto articolato territorialmente, per fornire consulenza e assistenza contenziosa alle amministrazioni dello Stato e alle altre che se ne avvalgono” (Cons. Stato, V, ord. 2 luglio 2018, n. 4046). Invero “è evidente che i compiti e i contenuti tipici della medesima [Avvocatura dello Stato] non si differenziano dall'esperienza professionale forense, salvo che per la natura pubblica dei soggetti patrocinati, che sono chiaramente diversificati dall'attività di jus dicere, in posizione di sintesi e valutazione imparziale delle contrapposte pretese delle parti” (Cons. Stato, IV, 1 febbraio 2012, n. 486).
In tale contesto va considerata la, conseguente, diversa natura del CAPS rispetto agli organi di governo autonomo delle magistrature.
Il CAPS, piuttosto che un organo di governo autonomo, simile o parametrato a quelli (carattere che non avrebbe giustificazione, in base a quanto testé rilevato), appare consistere in un organo essenzialmente rappresentativo del corpo di questo personale professionale altamente specializzato: organo con finalità di coordinamento organizzativo, dalle funzioni eminentemente consultive, per quanto importanti e corrispondenti alla qualità professionale dei rappresentati, in vista e in orientamento del governo dell'Avvocatura medesima che compete al suo vertice.
Queste considerazioni inducono, in conformità alla giurisprudenza, a non condividere la dedotta assimilazione degli avvocati dello Stato con i magistrati. L'equiparazione testualmente affermata ab origine dall'art. 23 del r.d. n. 1611 del 1933 («Gli avvocati dello Stato sono equiparati ai magistrati dell'Ordine giudiziario in conformità della tabella B annessa al presente T.U.») si presenta come di rilevanza interna, finalizzata a stabilire corrispondenze con le qualifiche delle magistrature: a rigore, è limitata ai soli profili del trattamento economico (classi stipendiali), con esclusione di ogni assimilazione di tipo funzionale ( Cons. Stato, IV, 13 febbraio 2009, n. 798; IV, 10 luglio 2014, n. 3501). Questo dato è qui capitale, anche se per il lato suo implica, e non solo sul piano della particolare dignità professionale, conseguenze coerenti col carattere rigorosamente selettivo e tecnico dell'accesso in carriera. È anche grazie a questa ragione – dal patente effetto di garanzia dell'autonomia professionale – che, in coerenza con le caratteristiche generali dell'Istituzione, la valutazione tecnico-professionale del singolo affare, di consulenza o difesa in giudizio, che è riservata a questo speciale e prestigioso apparato di professionisti - autentico grand corps technique dello Stato-, è e permane solo di coerenza istituzionale e prescinde dalla valutazione di opportunità politica propria dei preposti alle varie amministrazioni cui è di ausilio, doveroso o facoltativo che questo sia. Ciò però inerisce l'indipendenza organizzativa e il particolare rapporto professionale con le singole amministrazioni; ma non riguarda la separazione tra i poteri dello Stato. Dunque concerne il modo d'essere e d'agire, particolare e garantito, dell'Avvocatura dello Stato rispetto alle restanti amministrazioni; ma non rispecchia le conseguenze organizzative di ciò che nel linguaggio dei diritti fondamentali viene chiamato, nelle sue varie declinazioni, il “diritto al giudice”.
Da questa diversa consistenza e ragion d'essere dell'Avvocatura dello Stato rispetto alle magistrature, deriva che alla designazione dell'Avvocato Generale Aggiunto non risulta applicabile, neppure in analogia, la disciplina del conferimento degli incarichi giudiziari.
Va anche considerato – con effetti sul caso di specie - che, in questo specifico contesto dell'Avvocatura dello Stato, lo svolgimento di funzioni extra moenia, vale a dire in posizioni di fuori ruolo in compiti tecnico-giuridici comunque ausiliari delle amministrazioni, resta coerente con i compiti propri di un avvocato dello Stato svolti in sede propria: sicché – sempre che ciò sia in una misura ragionevole e comunque sempre che nel complesso i compiti svolti in Istituto restino temporalmente preponderanti su quelli - è uno svolgimento che non contrasta con il merito professionale da apprezzare nel conferimento della posizione qui in questione. Caratteristiche queste che, per quanto risulta dagli atti, erano presenti in capo all'avvocato Sica.
In questa prospettiva, la proposta del 10 marzo 2016 dell'Avvocato Generale al Presidente del Consiglio dei Ministri resta indicativa delle esigenze funzionali perseguite con il conferimento dell'incarico. Dalla proposta emerge un rilievo attribuito agli incarichi esterni di rilievo istituzionale svolti dall'avvocato Sica che non incongruamente è stimato alla stregua di «attitudine che risulta pienamente consona alle peculiari funzioni di cura dei rapporti con gli organi politici, giurisdizionali e amministrativi di vertice che l'Avvocato Generale aggiunto è chiamato dalla legge ad espletare in sostituzione, nei casi di assenza o impedimento, dell'Avvocato Generale».
La delibera del CAPS del 3 settembre 2015 si limita del resto ad affermare che «nella valutazione della professionalità acquisita, all'attività svolta nell'ambito di incarichi esterni, anche fuori ruolo, non può di per sé essere attribuito valore poziore rispetto all'attività di Istituto».
Un tale disposto non significa (anche a prescindere dall'art. 9, comma 5-bis, d.lgs. n. 303 del 1999) che l'attività esterna non possa essere valutata come utile. Come meglio chiarisce la nota sub 1 della delibera in questione, «l'attività d'Istituto e quella esterna non vanno valutate in astratto, ma in concreto: può quindi assumere rilevanza non l'espletamento dell'incarico esterno in sé, ma la connessione con l'attività di Istituto e la competenza dimostrata desunta dagli elementi documentali indicati nel curriculum professionale allegato alla dichiarazione di disponibilità».
Quanto all'anzianità di servizio, vale a dire la durata del servizio d'Istituto reso, la stessa delibera del CAPS del 3 settembre 2015, al punto sub IV, chiarisce che è indice dell'esperienza professionale acquisita, cui la legge attribuisce il valore di requisito per l'incarico; in particolare si richiede per la nomina ad AGA un'anzianità di servizio di nove anni nella quarta classe di stipendio, che nella specie è stata attribuita all'avvocato Sica dal 12 agosto 1994.
3. - Residua la disamina del secondo motivo di appello incidentale dell'avvocato Albenzio, che contesta la statuizione della sentenza definitiva che ha respinto la domanda di risarcimento del danno alla salute ed alla vita di relazione conseguente all'avversato provvedimento che non lo ha nominato AGA, in quanto ritenuto non ancora attuale, comportando l'accoglimento in primo grado solamente l'obbligo dell'Amministrazione di esercitare di nuovo i suoi poteri discrezionali, e non già l'accertamento della spettanza del bene della vita.
Deduce l'appellante incidentale che il bene della vita è quello alla regolarità della procedura di designazione e nomina dell'AGA, con conseguente petitum di annullamento degli atti impugnati, e che pertanto il danno è attuale, salva una sua rivalutazione in aumento, nel caso di nomina ad AGA, con corrispondente diritto alle maggiorazioni stipendiali.
Il motivo è infondato.
Discende invero dall'accertata non illegittimità del procedimento e, in via conseguenziale, del provvedimento impugnato, che difetta il presupposto della pretesa risarcitoria.
In ogni caso, la pronuncia di primo grado in parte qua è immune da censura, avendo fatto corretta applicazione del principio per cui l'annullamento dell'atto per vizi formali, attinenti alle regole del procedimento, ovvero al difetto di istruttoria, non contenendo accertamenti in ordine alla spettanza del bene finale della vita o dell'interesse sostanziale dedotto in giudizio, non consente di accogliere la pretesa risarcitoria: non elimina né riduce il potere dell'Amministrazione di provvedere in ordine al medesimo oggetto dell'atto annullato e lascia ampio il potere in merito dell'Amministrazione, con il solo limite negativo di riesercizio nelle stesse caratterizzazioni di cui si è accertata l'illegittimità, sicché non può ritenersi condizionata o determinata in positivo la decisione finale (in termini, tra le tante, Cons. Stato, V, 17 luglio 2017, n. 3505).
4. - Alla stregua di quanto esposto, l'appello principale delle Amministrazioni va accolto, mentre l'appello incidentale dell'avvocato Albenzio va respinto; per l'effetto, in riforma della sentenza impugnata, va respinto il ricorso di primo grado e l'unita domanda di risarcimento del danno.
La peculiarità e complessità della controversia integrano le ragioni che per legge consentono la compensazione tra tutte le parti delle spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando, accoglie l'appello principale e respinge l'appello incidentale; per l'effetto, in riforma della sentenza impugnata, respinge il ricorso di primo grado e la connessa domanda di risarcimento del danno.
Compensa tra le parti le spese di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Avv. Antonino Sugamele

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