Farmaci generici equivalenti agli “originatori”.
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 15 – 27 novembre 2018, n. 6716
Presidente Frattini – Estensore Ferrari
Fatto
1. Con ricorso notificato il 13 ottobre 2017 e depositato al Tar Lazio il successivo 17 ottobre, la Eg s.p.a. ha impugnato la determinazione del direttore generale dell'Aifa del 19 luglio 2017, nella parte in cui il medicinale Clonazepam EG, nella nuova confezione “2,5 mg/ml gocce orali soluzione” (1 flacone), è stato autorizzato per la commercializzazione in fascia C/RR. In fase istruttoria, infatti, non era stato raggiunto un accordo tra il Comitato tecnico dell'Aifa e la società.
All'offerta iniziale della Eg di un prezzo al pubblico più basso del 10%, rispetto a quello della similare confezione già presente sul mercato in classe A (e cioè in fascia di rimborso a carico del Servizio sanitario nazionale), l'Aifa aveva replicato chiedendo una maggiore riduzione del prezzo fino al 20%, mentre la società si era detta disponibile a un ribasso massimo del 15%, ogni ulteriore aumento della percentuale incidendo sul prezzo ex factory.
La società ha censurato la classificazione del suddetto medicinale in classe C, quale conseguenza del mancato accordo tra le parti sul prezzo al pubblico necessario ai fini del collocamento in classe A: ad avviso della Eg, l'offerta di un prezzo al pubblico più basso del 10% rispetto a quello della confezione Branded già presente sul mercato in classe A, successivamente ridotto di un ulteriore 5% in occasione della riunione tenutasi in data 30 marzo 2017 dinnanzi al Comitato Prezzi e Rimborso (“CPR”), avrebbe dovuto essere considerata sufficiente ai fini della classificazione in “A”.
2. Dinanzi al Tar Lazio, sede di Roma, si è costituita in giudizio l'Aifa, sostenendo l'infondatezza del ricorso sul rilievo che l'art. 3, comma 130, l. 28 dicembre 1995, n. 549, come modificato dalla l. 8 agosto 1996, n. 425, stabilisce che il prezzo dei generici deve essere inferiore almeno del 20% al prezzo del relativo originator: “Se è offerto ad un prezzo almeno del 20 per cento inferiore a quello della corrispondente specialità medicinale a base dello stesso principio attivo con uguale dosaggio e via di somministrazione, già classificata nelle classi a) o b) di cui all'art. 8, comma 10, l. 24 dicembre 1993, n. 537, il medicinale generico ottiene dalla Commissione unica del farmaco la medesima classificazione di detta specialità medicinale”.
3. Con sentenza 21 febbraio 2018, n. 1980, la sez. III quater del Tar Lazio, sede di Roma, ha accolto il ricorso, ritenendo non applicabile il comma 130 dell'art. 3, l. n. 549 del 1995, il quale prevede che, ove il prezzo offerto per un medicinale generico sia inferiore almeno del 20% rispetto a quello praticato dall'originator, esso ottiene la medesima classificazione di detta specialità medicinale; detta norma, in palese conflitto con il sistema normativo successivamente assestatosi, va considerata oggi tacitamente abrogata.
4. Con appello notificato il 23 aprile 2018 e depositato il successivo 8 maggio l'Aifa ha impugnato la predetta sentenza n. 1980 del 21 febbraio 2018 del Tar Lazio, affermando che il giudice di primo grado avrebbe errato nel sostenere l'intervenuta abrogazione del d.m. 4 aprile 2013 e l'inapplicabilità dell'art. 3, comma 130, l. n. 549 del 1995.
Per dimostrare la correttezza del proprio assunto l'Aifa ha ricostruito il contesto normativo di riferimento con la relativa evoluzione cronologica, interamente volto ad introdurre un criterio di negoziazione del prezzo dei farmaci, ai fini della loro rimborsabilità da parte del SSN, che si basa sulla convenienza per lo stesso Servizio sanitario, che si esplica nel raggiungimento del massimo risparmio.
L'Aifa ha quindi concluso nel senso che: a) un farmaco generico può ottenere la medesima classificazione dell'originator purché sia offerto un prezzo almeno del 20% inferiore a quello del farmaco originatore; b) i nuovi farmaci, che non comportano un vantaggio terapeutico rispetto a quelli già in commercio (tra cui non possono rientrare i farmaci generici), possono essere autorizzati ed immessi sul mercato esclusivamente nel caso in cui il loro prezzo è inferiore o uguale al prezzo più basso dei medicinali di quelli della medesima categoria terapeutica omogenea; c) alcune categorie di farmaci (generici, biosimilari e di medicinali di importazione parallela) possono essere collocati automaticamente nella classe di rimborso cui appartiene il farmaco di riferimento, qualora l'azienda titolare proponga un prezzo di vendita di evidente convenienza per il SSN; prezzo che è tale laddove sia individuato secondo i ribassi previsti dal “Decreto scaglioni”. Con precipuo riferimento al “Decreto scaglioni” l'Aifa ha ricordato che le sentenze del Tar Lazio (n. 3803 del 2014 e n. 11899 del 2014), che avevano annullato il d.m. 4 aprile 2013 (cd. Decreto scaglioni), adottato ai sensi dell'art. 12, d.l. n. 158 del 2012, sono state riformate dalla sez. III del Consiglio di Stato (sentenze nn. 629 e 630 del 30 gennaio 2018).
Ne deriva che le soglie minime di ribasso ivi stabilite (pari al 30% rispetto al prezzo delle confezioni in classe H e al 45% rispetto al prezzo delle confezioni in classe A) sono ad oggi vigenti e sono state stabilite in tal misura proprio in considerazione dello sconto minimo di partenza del 20%, già previsto dall'art. 3, comma 130, l. n. 549 del 1995. Da tali premesse consegue che il prezzo dei medicinali generici deve certamente garantire un risparmio al SSN rispetto al prezzo del medicinale di riferimento.
Ha aggiunto l'Aifa che l'art. 48, comma 5, lett. e) d.l. n. 269 del 2003 – richiamato dal Tar Lazio a supporto della conclusioni cui è pervenuto – a mente del quale, ai fini del rilascio della richiesta fascia di rimborsabilità, è necessario e sufficiente il fatto che il prezzo del medesimo medicinale sia inferiore o uguale al prezzo più basso dei medicinali per la relativa categoria terapeutica omogenea, vale solo per i nuovi farmaci non comportanti vantaggio terapeutico, e non anche per i medicinali generici-equivalenti di un medicinale di riferimento autorizzato all'immissione in commercio in Italia, indipendentemente dal dosaggio di quest'ultimo.
Ai medicinali generici-equivalenti si applica, invece, l'art. 3, comma 130, l. n. 549 del 1995, che vi si riferisce espressamente, in correlazione con le disposizioni dell'art. 48, comma 33, d.l. n. 326 del 2003 e della delibera CIPE n. 3 del 2001.
5. Si è costituita in giudizio la Eg s.p.a., sostenendo l'infondatezza dell'appello.
6. Alla pubblica udienza del 15 novembre 2018 la causa è stata trattenuta per la decisione.
Diritto
1. Come esposito in narrativa la Eg s.p.a., società operante nel settore della commercializzazione dei farmaci generici, ha impugnato la sentenza del Tar Lazio, sede di Roma, sez. III quater, 21 febbraio 2018, n. 1980, che ha accolto il ricorso proposto avverso la determinazione del direttore generale dell'Aifa – Agenzia Italiana del Farmaco del 19 luglio 2017, nella parte in cui il medicinale Clonazepam EG (principio attivo: clonazepam, indicato per le forme cliniche epilettiche nel neonato e nel bambino) nella nuova confezione “2,5 mg/ml gocce orali soluzione” (1 flacone) è stato autorizzato per la commercializzazione in classe C anziché, come richiesto dalla Eg – unica produttrice del generico del relativo originator – in classe A (e cioè in fascia di rimborso a carico del Servizio sanitario nazionale).
La questione, che il Collegio è chiamato a risolvere, è la vigenza o meno del comma 130 dell'art. 3, l. 28 dicembre 1995, n. 549, che dispone che un farmaco generico può ottenere la medesima classificazione dell'originator purché offra un prezzo almeno del 20% inferiore a quello del farmaco originatore, vigenza affermata da Aifa, che ha ritenuto tale norma applicabile alla richiesta di Eg s.p.a. di inserire il proprio farmaco in fascia A, pur avendo offerto un prezzo al pubblico più basso del 10% (per poi arrivare al 15%) rispetto a quello della similare confezione già presente sul mercato in classe A; negata, invece, da Eg (e dal Tar Lazio nell'impugnata sentenza n. 1980 del 2018) sul presupposto che la stessa fosse stata tacitamente abrogata (perché di fatto superata) dall'art. 48, comma 33, lett. e), d.l. 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla l. 24 novembre 2003, n. 326, che ha introdotto la contrattazione del prezzo del farmaco tra Aifa e società produttrice, e dal precedente comma 5, il quale ha disposto che ottengono l'AIC e la relativa collocazione in fascia A i medicinali generici per i quali l'azienda propone un prezzo “inferiore o uguale al prezzo più basso”, praticato al pubblico al momento della richiesta. Abrogazione, infine, esclusa da Aifa in ragione del diverso campo applicativo; essendo l'art. 48, comma 5, lett. e), l. n. 269 del 2003 riferito ai nuovi farmaci non implicanti vantaggio terapeutico, non può riguardare i medicinali generici, i quali non possono definirsi “nuovi farmaci”, essendo equivalenti di un medicinale di riferimento, già presente sul mercato.
Così inquadrata la vicenda contenziosa appare evidente che, come afferma l'Aifa nella memoria di replica depositata il 25 ottobre 2018, la questione che il Collegio è chiamato a decidere ha carattere di principio, con la conseguenza che non assumono alcuna rilevanza gli effetti applicativi di una o l'altra soluzione nel caso in esame.
2. L'appello è fondato.
Appare necessario, al fine del decidere, ripercorrere brevemente il complesso tessuto normativo, così come già descritto dal giudice di primo grado e puntualmente richiamato dalle parti in causa, sebbene con una lettura delle illustrate disposizioni contrastante.
Tale breve excursus consentirà di accertare la norma attualmente applicabile per determinare il prezzo dei farmaci generici.
L'art. 3, comma 130, l. n. 549 del 1995 ha previsto che un farmaco generico può ottenere la medesima classificazione dell'originator purché sia offerto un prezzo almeno del 20% inferiore a quello del farmaco originatore.
Con l'art. 7, d.l. 18 settembre 2001, n. 347 è entrato nel nostro ordinamento un nuovo sistema vincolato di rimborso del prezzo al pubblico dei farmaci di classe A, basato sul prezzo di riferimento per cui il Servizio sanitario nazionale rimborsa fino alla concorrenza del prezzo più basso del corrispondente prodotto disponibile sul mercato. A tal fine il farmacista, salvo eccezioni, è obbligato a sostituire il farmaco indicato in ricetta rossa con quello equivalente in fascia di rimborso al prezzo più economico presente nello stesso canale distributivo.
L'art. 48, comma 5, d.l. n. 269 del 2003, nell'individuare i poteri in capo all'Agenzia italiana del farmaco, ha disposto (lett. e) che la stessa possa provvedere alla immissione di “nuovi” farmaci non comportanti un vantaggio terapeutico solo se il prezzo del medesimo medicinale è inferiore o uguale al prezzo più basso dei medicinali per la relativa categoria terapeutica omogenea. Il successivo comma 33 ha invece introdotto, dall'1 gennaio 2004, la “contrattazione”, tra Agenzia e Produttori, dei prezzi dei prodotti rimborsati dal Servizio sanitario nazionale, secondo le modalità indicate nella delibera Cipe 1 febbraio 2001, n. 3, che individua criteri oggettivi per la contrattazione del prezzo, legati ai costi sostenuti, al rapporto costi efficacia, ai prezzi esteri, al fatturato dell'impresa e agli investimenti.
Tale delibera Cipe, al punto 3, ha indicato i criteri per la richiesta di contrattazione, facendo sempre riferimento ai caratteri che il “nuovo” medicinale deve avere: deve essere utile per la prevenzione o il trattamento di patologie o di sintomi rilevanti nei confronti dei quali non esiste alcuna terapia efficace o nei confronti dei quali i medicinali già disponibili forniscono una risposta inadeguata; deve avere un rapporto rischio/beneficio più favorevole rispetto a medicinali già disponibili in Prontuario per la stessa indicazione; deve avere una superiorità clinica significativa rispetto a prodotti già disponibili. Tutti caratteri, dunque, che non possono che riferirsi a farmaci “nuovi”, e tali non sono i generici.
Successivamente l'art. 11, comma 9, d.l. 31 maggio 2010, n. 78 ha previsto che “a decorrere dall'anno 2011, per l'erogazione a carico del Servizio sanitario nazionale dei medicinali equivalenti di cui all'art. 7, comma 1, d.l. 18 settembre 2001, n. 347, convertito, con modificazioni, dalla legge 16 novembre 2001, n. 405, e successive modificazioni, collocati in classe A ai fini della rimborsabilità, l'Aifa, sulla base di una ricognizione dei prezzi vigenti nei paesi dell'Unione europea, fissa un prezzo massimo di rimborso per confezione, a parità di principio attivo, di dosaggio, di forma farmaceutica, di modalità di rilascio e di unità posologiche. La dispensazione, da parte dei farmacisti, di medicinali aventi le medesime caratteristiche e prezzo di vendita al pubblico più alto di quello di rimborso, è possibile solo su espressa richiesta dell'assistito e previa corresponsione da parte dell'assistito della differenza tra il prezzo di vendita e quello di rimborso. I prezzi massimi di rimborso sono stabiliti in misura idonea a realizzare un risparmio di spesa non inferiore a 600 milioni di euro annui, che restano nelle disponibilità regionali”.
Da ultimo il comma 5 dell'art. 12 del decreto Balduzzi, approvato con d.l. 13 settembre 2012, n. 158, all'ultimo alinea ha disposto – con precipuo riferimento ai farmaci generici – che ciascun medicinale, che abbia tali caratteristiche, è automaticamente collocato, senza contrattazione del prezzo, nella classe di rimborso a cui appartiene il medicinale di riferimento qualora l'azienda titolare proponga un prezzo di vendita di evidente convenienza per il Servizio sanitario nazionale. E' considerato tale il prezzo che, rispetto a quello del medicinale di riferimento, presenta un ribasso almeno pari a quello stabilito con decreto adottato dal Ministro della salute, su proposta dell'Aifa, in rapporto ai volumi di vendita previsti.
Dunque il decreto Balduzzi per i farmaci generici ha escluso la contrattazione del prezzo nel caso in cui l'Azienda produttrice indichi un prezzo “conveniente”, secondo i parametri indicati dal decreto del Ministero della salute, adottato ai sensi del citato comma 5, il quale prevede, come ribassi percentuali rispetto al prezzo delle confezioni in classe A, gli scaglioni del 45%; 47,5%; 50%; 55%; 60%; 65%; 70% e 75% nonché, come ribassi percentuali rispetto al prezzo delle confezioni in classe H, gli scaglioni del 30%; 31,7%; 33,3%; 36,7%; 40%; 43,3%; 46,7% e 50%.
Tale ultimo decreto (c.d. decreto scaglioni), approvato dal Ministro della salute il 4 aprile 2013, è stato oggetto di contenzioso dinanzi al giudice amministrativo, attivato proprio dall'attuale appellata Eg s.p.a..
Contrariamente a quanto assunto dal giudice di primo grado nell'impugnata sentenza il d.m. 4 aprile 2013 è pienamente efficace, atteso che il contenzioso si è concluso con le sentenze della sez. III del Consiglio di Stato nn. 629 e 630 del 30 gennaio 2018 che - in riforma delle sentenze della sez. III quater del Tar Lazio 8 aprile 2014, n. 3803 e 27 novembre 2014, n. 11899, che tale decreto avevano annullato - hanno accolto l'appello dell'Aifa.
Il d.m. 4 aprile 2013, al comma 4 dell'art. 1 rinvia nuovamente alla negoziazione ove il titolare dell'autorizzazione all'immissione in commercio del medicinale generico proponga un prezzo superiore a quello di evidente convenienza per il Servizio sanitario nazionale, secondo la procedura dettata dalla delibera del Comitato interministeriale per la programmazione economica 1° febbraio 2001, n. 3.
Da questo breve, ma complesso excursus può evincersi che l'art. 12, comma 5, d.l. n. 158 del 2012 ha escluso la contrattazione per i prezzi dei farmaci generici solo per l'ipotesi in cui l'Azienda produttrice indichi un prezzo “conveniente”. Si fa invece ricorso alla contrattazione se il prezzo proposto per il generico è superiore alle percentuali introdotte dal cd. decreto scaglioni, applicando i criteri dettati dalla delibera Cipe n. 3 del 2001.
Il d.l. n. 158 recupera pertanto la contrattazione introdotta dalla norma generale del 2003 per “calmierare” il prezzo del medicinale, se quello offerto non è conveniente. Resta però fermo il limite di un prezzo che sia almeno del 20% inferiore a quello del farmaco originatore, previsto dalla norma speciale sui generici, introdotta dal comma 130 dell'art. 3, l. n. 549 del 1995.
Si tratta di conclusione peraltro coerente con la differenza intrinseca che sussiste tra farmaco generico e originator. Il prezzo dei medicinali generici deve certamente garantire un risparmio al SSN rispetto al prezzo del medicinale di riferimento, il quale sconta il maggiore costo affrontato dal produttore per il brevetto.
In conclusione, come condivisibilmente afferma l'Aifa, l'art. 48, d.l. n. 269 del 2006 disciplina la diversa fattispecie dei farmaci “nuovi” e non può aver abrogato tacitamente il comma 130 dell'art. 3, l. n. 549 del 1995, norma speciale che attiene al diverso ambito dei farmaci generici.
Né è possibile ritenere che la legge del 1995 sia stata superata dal decreto Balduzzi e dal decreto ministeriale, adottato in applicazione del primo. L'abrogazione tacita presupporrebbe, infatti, una incompatibilità tra la predetta previsione e quella successiva intervenuta sempre per disciplinare il prezzo dei farmaci generici. Tale incompatibilità non è però per nulla ravvisabile. Ed invero, il ricorso alla contrattazione per i prezzi dei farmaci generici è previsto per l'ipotesi in cui l'Azienda produttrice indichi un prezzo non “conveniente”, ma resta fermo il ribasso di almeno il 20% rispetto al prezzo del farmaco originatore. Se è offerto ad un prezzo inferiore almeno del 20 % a quello della corrispondente specialità medicinale a base dello stesso principio attivo con uguale dosaggio e via di somministrazione, il medicinale generico otterrà la medesima classificazione del farmaco originator.
3. L'appello deve quindi essere accolto, con conseguente riforma della sentenza del Tar Lazio, sede di Roma, sez. III quater, 21 febbraio 2018, n. 1980.
La complessità della vicenda contenziosa giustifica la compensazione delle spese e degli onorari del giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza),
definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l'effetto, in riforma della sentenza del Tar Lazio, sede di Roma, sez. III quater, 21 febbraio 2018, n. 1980, respinge il ricorso di primo grado.
Compensa tra le parti in causa le spese e gli onorari del presente grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
02-12-2018 19:39
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