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Sentenza

Alunno di prima media bocciato per rendimento scolastico negativo. Si può boccia...
Alunno di prima media bocciato per rendimento scolastico negativo. Si può bocciare?
Pertanto l'alunno viene ammesso alla classe successiva anche se in sede di scrutinio finale viene attribuita una valutazione con voto inferiore a 6/10 in una o più discipline da riportare sul documento di valutazione. 



Cons. Stato Sez. VI, Sent., (ud. 26/06/2018) 03-09-2018, n. 5169

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 9266 del 2015, proposto dai signori M.T.V. ed altri, rappresentati e difesi dagli avvocati Antonio Le Pera e Luigi Pitaro, con domicilio eletto presso lo studio della dott.ssa Stefania Perri in Roma, via Enrico Glori, n. 30;

contro

Il Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;

l'Ufficio Scolastico Regionale per la Calabria - Direzione Generale, in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituito in giudizio;

nei confronti

I signori G.P. ed altri, rappresentati e difesi dall'avvocato Demetrio Verbaro, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Passeggiata di Ripetta, n. 16;

la signora S.S., rappresentata e difesa dall'avv. Rocco Licastro, elettivamente domiciliata in Roma alla via Cartesio 144 c/o l'arch. Costa Calabria Roberto;

i signori L.V. ed altri non costituiti in giudizio;

i signori R.R. ed altri, non costituiti in giudizio;

per la revocazione

della sentenza del Consiglio di Stato, Sez. VI, n. 3851/2014, resa tra le parti, concernente l'approvazione di una graduatoria di merito del concorso a dirigenti scolastici;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca e dei signori G.P. ed altri;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 26 giugno 2018 il Cons. Francesco Mele e uditi per le parti l'avvocato Tucci Alberto, in delega degli avvocati La Pera e Pitaro, e l'avvocato dello Stato De Nuntis;
Svolgimento del processo

I ricorrenti espongono che con la sentenza n. 420 dell'8 marzo 2013 il Tribunale Amministrativo per la Calabria, Sede di Catanzaro, Sezione II, aveva rigettato il loro ricorso, relativo al "Concorso per esami e per titoli per il reclutamento di Dirigenti Scolastici per la scuola primaria, secondaria di primo grado, secondaria di secondo grado e per gli Istituti Educativi", con il quale era stato richiesto l'annullamento dei seguenti atti:

a) gli elenchi affissi e pubblicati dopo l'espletamento della prova orale, con cui essi, con attribuzione di punteggio insufficiente e giudizio ed esito negativo, venivano dichiarati non idonei;

b) i verbali della commissione esaminatrice concernenti la prova orale, con cui essi venivano dichiarati non idonei;

c) il decreto n. 12362 del Direttore Generale dell'U.S.R. Calabria, datato 10 luglio 2012, con cui era stata approvata la graduatoria di merito del concorso;

d) il decreto del Direttore Generale, con il quale era stata nominata la commissione esaminatrice;

e) il verbale della Commissione n. 6 del 19 gennaio 2012.

Essi aggiungono che la sentenza del TAR era stata appellata e che, con la sentenza n. 3851 del 18 luglio 2014, resa dalla VI Sezione del Consiglio di Stato, l'appello era stato rigettato, con la conferma della pronuncia di primo grado.

Gli interessati evidenziano che, dopo l'emissione della sentenza di appello, a seguito di diverse istanze di accesso agli atti, essi entravano in possesso, in data 5 ottobre 2015, di alcuni particolari documenti da cui sarebbero risultate alcune illegittimità, riferibili sia alla prova scritta che allo svolgimento della prova orale, non potute dimostrare nei precedenti giudizi per le 'resistenze' della P.A. e tali da giustificare la revocazione della sentenza di appello.

I ricorrenti propongono, pertanto, ricorso per revocazione ex articolo 395, n. 3, del c.p.c., rilevando, in particolare, che dall'analisi della documentazione acquisita emergerebbe, in molti elaborati, analiticamente indicati e prodotti in copia, la consistente presenza di copiature e di integrali trascrizioni da testi e da E-Book, onde ne sarebbe inficiata l'intera procedura concorsuale.

Essi chiedono, pertanto, in sede rescindente, la revoca della sentenza della Sezione n. 3851 del 18 luglio 2014 e, in sede rescissoria, l'accoglimento dell'appello, in particolare instando perché il giudice adito voglia "Nel merito, annullare e/o riformare la sentenza n. 420/2013 del Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria, Sezione II di Catanzaro...perché illegittima ed infondata in fatto e diritto, con conseguente e necessaria declaratoria di annullamento di tutti gli atti amministrativi impugnati nel giudizio di primo grado".

Si è costituita l'Amministrazione intimata, deducendo l'inammissibilità e l'infondatezza del ricorso.

Si sono pure costituiti i controinteressati signori P.G. ed altri, i quali hanno dedotto l'inammissibilità del ricorso per revocazione e, comunque, la sua infondatezza nel merito.

I ricorrenti hanno prodotto documentazione.

I controinteressati hanno depositato memoria di costituzione.

I ricorrenti hanno, inoltre, presentato una istanza di sospensione del giudizio, rilevando che per gli stessi fatti oggetto dello stesso pende un procedimento penale presso il Tribunale di Lamezia Terme nei confronti di alcuni soggetti qui resistenti.

La causa è stata discussa ed è stata trattenuta per la decisione all'udienza del 26 giugno 2018.
Motivi della decisione

Con unico motivo i ricorrenti deducono la sussistenza dei presupposti previsti dall'articolo 395, n. 3, c.p.c. per far luogo alla revocazione della sentenza della Sezione n. 3851/2014.

Essi evidenziano, in primo luogo, che dalla documentazione prodotta, risulterebbe che la sentenza sarebbe erronea e non esaustiva rispetto ai fatti denunciati, in quanto avrebbe ritenuto inesistenti circostanze di estrema gravità, provate da tale documentazione, successivamente acquisita.

In particolare, la presenza di elaborati, copiati da fonti non consultabili o da altre fonti vietate, determina la esclusione dal concorso dell'autore del plagio, onde essi, se avessero avuto a disposizione, prima del giudizio di revocazione e nel processo di appello, tali documenti, avrebbero di più censurato la condotta di chi aveva redatto il proprio elaborato copiandolo.

I plagi, acquisiti ex L. n. 241 del 1990, costituirebbero la prova inconfutabile dell'andamento distorto e iniquo del concorso a Dirigente Scolastico svoltosi in Calabria, la quale sarebbe da sola idonea a giustificare la revocazione della sentenza.

Gli interessati evidenziano, inoltre, anche in merito alle prove orali, che dalla documentazione acquisita tramite accesso agli atti, sarebbero emesse incongruenze relative alla gestione della preparazione dei quesiti per i candidati.

Risulterebbe non rispondente al vero la dichiarazione di cui alla nota AOODRCAL/14627, a firma del Direttore Coordinatore, secondo cui "La soluzione proposta dai ricorrenti (quella di lasciare personale addetto alla custodia nelle more che la Commissione addivenisse al proprio deliberato) non è stata quella prescelta dalla Commissione che, piuttosto, portando con se le restanti 45 buste al termine di ogni colloquio ha inteso raggiungere un obiettivo ben preciso: porre sempre l'esaminando successivo di fronte ad una gamma identica di opportunità entro cui estrarre e senza indurre condizionamenti di sorta dettati, magari, dalla circostanza che le ultime buste, quelle cioè inserite al termine di ogni colloquio, per raggiungere il numero di 50, potessero essere individuate e distinte rispetto a tutte le altre".

I ricorrenti evidenziano, invero, che dalla comparazione di tutte e 50 le domande, formulate a ciascun candidato, con quelle di tutti gli altri candidati che hanno sostenuto il colloquio lo stesso giorno, emergerebbe che per ogni candidato le domande sarebbero state scelte "ad personam", onde "se fosse stato possibile produrre siffatte prove cartacee, sia nel giudizio dinanzi al TAR Calabria, che, in quello di secondo grado, svoltosi dinanzi al Consiglio di Stato, si sarebbe provato l'eccesso di potere della P.A. per manifesta ingiustizia, per travisamento dei fatti e difetto di adeguata istruttoria".

Ritiene la Sezione che il ricorso è inammissibile.

L'articolo 106 del codice del processo amministrativo prevede che "le sentenze ...del Consiglio di Stato sono impugnabili per revocazione nei casi e nei modi previsti dagli articoli 395 e 396 del codice di procedura civile".

L'articolo 395 del codice di procedura civile dispone, al comma 1, n. 3) (invocato dai ricorrenti a fondamento della chiesta revocazione), che le sentenze pronunciate in grado di appello o in unico grado possono essere impugnate per revocazione "se dopo la sentenza sono stati trovati uno o più documenti decisivi che la parte non aveva potuto produrre in giudizio per causa di forza maggiore o per fatto dell'avversario".

La giurisprudenza ha avuto modo di chiarire che il documento trovato dopo la sentenza, proprio perché deve essere "decisivo" e, dunque, in astratto idoneo a formare un diverso convincimento del giudice, deve attenere a fatti o atti pienamente rientranti nel thema decidendum, così come circoscritto dai motivi di ricorso e dall'eventuale ricorso incidentale (cfr. Cons. Stato, IV, 9 settembre 2014, n. 4546).

E' stato, poi, affermato che , in tema di revocazione ai sensi dell'articolo 395, n. 3, c.p.c., i documenti il cui rinvenimento consente tale tipo di impugnazione debbono contenere la prova, non potuta fornire nel giudizio conclusosi con la sentenza impugnata, del fondamento di domande o di eccezioni ivi formulate, mentre non possono essere presi in considerazione, per il generale divieto di ius novorum, ove siano dedotti a fondamento di domande ed eccezioni che non abbiano fatto parte del thema decidendum dibattuto nel giudizio stesso (cfr. Cass.civ., II, 8 giugno 2011, n. 12530; Cass. 11 novembre 2002, n. 15801).

In considerazione di questi principi giurisprudenziali (che il Collegio condivide e fa propri), il ricorso si presenta inammissibile laddove introduce, per la prima volta in giudizio, la questione del 'plagio' che sarebbe stato compiuto da alcuni concorrenti e della conseguente irregolarità dell'intera procedura concorsuale.

Va, invero, evidenziato che né nel ricorso di primo grado né nel giudizio di appello sono state formulate censure relative al 'plagio'.

Di conseguenza, i fatti esposti col ricorso in revocazione di per sé non risultano idonei a giustificare la revocazione della sentenza, atteso che la commissione di 'plagi' non è mai dedotta, quale vizio di legittimità, nei motivi del ricorso originario e dell'appello a suo tempo proposti.

La inconfigurabilità nel caso di specie dei presupposti della revocazione ex art. 395, n. 3, c.p.c. emerge, inoltre, per un altro profilo.

Per la giurisprudenza (cfr. Cass. Civ., sez.II, 16 gennaio 2018, n. 885; Cons. Stato, sez. IV, 27 gennaio 2017, n. 338), per giustificare tale causa di revocazione, è necessario che la parte si sia trovata nell'impossibilità , non dovuta a sua colpa, di produrre i documenti nel giudizio di merito e che incombe, pertanto, su chi agisce in revocazione l'onere di dimostrare che, fino al momento dell'assegnazione della causa a sentenza, l'ignoranza dell'esistenza dei documenti e del luogo ove essi si trovavano non sia dipesa da sua colpa, ma da fatto dell'avversario o da causa di forza maggiore.

La prova, inoltre, deve essere fornita con particolare rigore, quando si tratti di documenti esistenti presso una pubblica amministrazione e facilmente reperibili (cfr.Cons. Stato, sez. IV, 27 gennaio 2017, n. 338).

Dunque, deve essere fornita la prova della causa di forza maggiore (ovvero della mancata inerzia o colpa del ricorrente) oppure la prova del fatto dell'avversario, quale elementi che ne hanno impedito la conoscenza e l'acquisizione.

Con riferimento specifico al "fatto dell'avversario", lo stesso viene ritenuto configurabile in un comportamento di questi che sia stato tale da diminuire o rendere del tutto vana la difesa della parte che agisce in revocazione e tale da impedire al giudice di accertare la verità, con la conseguenza che la reticenza, in ordine all'esistenza del documento a sé sfavorevole, non è sufficiente ad integrare gli estremi della revocazione (cfr. Cons. Stato, sez. V, 8 settembre 1992, n. 762), non rilevando in proposito neppure le strategie difensive dell'amministrazione (cfr. Cons. Stato, IV, 28 giugno 2007, n. 3809).

Ciò premesso, osserva il Collegio che i ricorrenti erano a conoscenza dell'esistenza dei documenti (cioè degli elaborati scritti dei concorrenti e dei verbali delle prove orali) che in questa sede sono invocati per dedurre la sussistenza dei 'plagi', nonché dell'esistenza di verbali di svolgimento delle prove orali (tant'è che hanno anche impugnato a suo tempo i relativi verbali della commissione esaminatrice).

Gli interessati con l'ordinaria diligenza avrebbero potuto esperire ogni azione consentita dall'ordinamento per acquisire gli atti (anche quelli da cui si potevano desumere le domande formulate ai candidati nel corso delle prove orali), nell'ambito del giudizio di cognizione ovvero in epoca precedente alla conclusione dello stesso con la definitiva sentenza di appello.

Non risulta, in proposito, sufficiente la affermata proposizione di una istanza di accesso ex L. n. 241 del 1990.

Invero, le istanze di accesso depositate in atti risalgono tutte al periodo 2012/2013, ambito temporale nel quale il giudizio era pendente.

Orbene, nel caso di inerzia dell'amministrazione ad evaderle tempestivamente, i ricorrenti avrebbero ben potuto esperire il giudizio di accesso ed avrebbero anche potuto richiedere al giudice di ordinare l'esibizione dei documenti ex artt. 63 c.p.a. e 210 c.p.c.

Nulla di ciò risulta essere stato fatto, onde la mancata tempestiva acquisizione documentale è certamente riconducibile all'inerzia degli stessi, non essendo stati azionati i rimedi consentiti dall'ordinamento per avere conoscenza del contenuto degli atti prima della conclusione del giudizio di merito.

Non risulta, poi, configurabile, nell'accezione probatoria richiesta dalla giurisprudenza, neppure un "fatto dell'avversario" impeditivo della conoscenza dei documenti.

Questo, invero, non risulta provato dai ricorrenti, essendosi essi limitati ad affermare, nell'atto introduttivo del presente giudizio, che la dimostrazione delle illegittimità delle prove scritte e delle prove orali non era stata offerta nel giudizio di primo grado ed in quello di appello "per le resistenze della P.A.".

Trattasi di una affermazione generica e, pertanto, insufficiente a dimostrare la sussistenza di tale presupposto della revocazione, non risultando specificato in quali comportamenti in concreto si sono manifestate tali "resistenze", in modo da poter acclarare l'effettiva sussistenza del "fatto dell'avversario" impeditivo, nella accezione giurisprudenziale più sopra riportata.

In ogni caso, va osservato in primo luogo che, a voler configurare le "resistenze" nel mancato tempestivo esame delle istanze di accesso, trattasi di comportamento di fronte al quale era ben possibile esercitare il diritto di difesa, azionando gli strumenti messi a disposizione dell'ordinamento.

In secondo luogo, con riferimento alla nota citata in ricorso, prot. (...) del 14 dicembre 2012, relativa allo svolgimento delle prove orali, deve essere rilevato che essa non configura "fatto dell'avversario" impeditivo.

Invero, come da costante giurisprudenza, essa non è rilevante al fine della dimostrazione di tale requisito, considerandosi che la giustificazione resa in ordine alla condotta della commissione esaminatrice rientra nella strategia difensiva dell'avversario e che la mancata allegazione di documenti non configura un "fatto dell'avversario" giustificante la revocazione ex art. 395, n. 3, c.p.c.

D'altra parte, la determinazione reiettiva del giudice, sia di primo grado che di appello, in ordine all'ultimo motivo di ricorso, non è stata fondata sui contenuti della medesima nota, bensì sulla mancata dimostrazione delle deduzioni dei ricorrenti e, dunque, su di un carente assolvimento dell'onere della prova.

Sulla base delle considerazioni sopra svolte, pertanto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

La affermata irrilevanza delle deduzioni sui 'plagi' ai fini dell'ammissibilità del presente giudizio per revocazione comporta la reiezione della istanza di sospensione dello stesso giudizio, avanzata dai ricorrenti in relazione alla pendenza di un processo penale per i medesimi fatti.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sul ricorso per revocazione n. 9266 del 2015, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile.

Condanna i ricorrenti soccombenti - in solido tra loro - al pagamento delle spese del giudizio, che si liquidano in Euro mille in favore dell'Amministrazione costituita ed in complessivi Euro quattromila in favore dei controinteressati costituiti, in parti uguali per ciascuno di essi, oltre accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 26 giugno 2018, con l'intervento dei magistrati:

Luigi Maruotti, Presidente

Silvestro Maria Russo, Consigliere

Francesco Mele, Consigliere, Estensore

Dario Simeoli, Consigliere

Giordano Lamberti, Consigliere
Avv. Antonino Sugamele

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