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Sentenza

Volantinaggio selvaggio? Il Comune non può vietare la distribuzione....
Volantinaggio selvaggio? Il Comune non può vietare la distribuzione.
AR Piemonte, sez. I, sentenza 24 maggio – 15 giugno 2017, n. 742
Presidente Giordano – Estensore Bini

Fatto e diritto

I) La New Penta s.r.l. è una società operante nel campo del recapito porta a porta di posta pubblicitaria non indirizzata e delle affissioni pubblicitarie.
Con il presente ricorso, notificato in data 23 aprile 2015 e depositato il 19 maggio 2015, la società ha impugnato il Regolamento comunale di Ornassavo, in materia di Polizia Urbana e Decoro Ambientale, approvato con Deliberazione di Consiglio Comunale n. 3 del 17.2.2015, di cui è venuto a conoscenza a seguito di una comunicazione a mezzo Pec da parte del Sindaco.
Contesta in particolare l'illegittimità dell'art 12, commi 2, 3 e 4 laddove si permette la distribuzione del materiale pubblicitario solo il mercoledì e giovedì, si prevede il divieto di introdurre la posta nelle cassette dove è scritto il divieto di introdurre altra posta, e prevede sanzioni di cui risponderà in solido il beneficiario del messaggio contenuto nel volantino.
La ricorrente ha dedotto i seguenti motivi di doglianza:
1) violazione dei principi generali dell'ordinamento, art 3 ,41 e 97 Cost., eccesso di potere per difetto di motivazione, sviamento di potere, carenza dei presupposti di fatto e di diritto: le previsioni regolamentari, nelle parti in cui prevedono limiti all'esercizio dell'attività di distribuzione, confliggono con il principio di assoluta libertà che connota l'attività di pubblicità mediante volantinaggio, anche sulla scorta dei principi comunitari relativi all'attività d'impresa, con la conseguente impossibilità per il Comune di pretendere adempimenti e oneri economici che non hanno base normativa;
2) violazione dei principi generali dell'ordinamento, art 3 ,41 e 97 Cost., eccesso di potere per difetto di motivazione, sviamento di potere, carenza dei presupposti: le disposizioni regolamentari censurate limitano l'attività di distribuzione materiale pubblicitario, ammettendo implicitamente invece la distribuzione a mezzo posta, creando in tal modo una ingiusta discriminazione tra operatori attivi nella distribuzione di materiale pubblicitario "porta a porta" e quelli operanti a mezzo del servizio postale, nonostante l'identità delle attività svolte;
3) eccesso di potere per difetto di motivazione, sviamento di potere, travisamento ed erronea valutazione dei fatti: il Regolamento equipara illegittimamente l'attività di volantinaggio stradale a quella "postalizzata" (ovvero alla distribuzione “porta a porta” di materiale pubblicitario), laddove solo la prima potrebbe configurare il rischio di spargimento del materiale cartaceo pregiudizievole per il decoro e l'igiene urbani;
4) violazione della Direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 12.12.2006, degli articoli 43 e 49 del Trattato CE, del D.Lgs n.59/2010, nonché eccesso di potere per sviamento, travisamento ed erronea valutazione delle circostanze di fatto e di diritto; le previsioni regolamentari, nelle parti in cui prevedono limitazioni temporali e modali nell'attività di distribuzione, confliggono con il principio di assoluta libertà che connota l'attività di pubblicità mediante volantinaggio, anche sulla scorta dei principi comunitari relativi all'attività d'impresa, con la conseguente impossibilità per il Comune di pretendere adempimenti e oneri economici che non hanno base normativa.
Il Comune di Ornavasso si è ritualmente costituito in giudizio, sollevando in via preliminare l'eccezione di inammissibilità, in quanto la società ricorrente non era portatrice, al momento della proposizione del ricorso, di un interesse attuale e concreto, non avendo mai svolto attività di distribuzione di pubblicità nel territorio comunale, né essendo destinataria di un atto applicativo dei divieti posti nel Regolamento. Viene altresì rilevata la carenza di interesse con riferimento allo specifico contenuto dell'art 12, in quanto solo alcune disposizioni in esso contenute attengono all'attività di distribuzione.
Nel merito ha chiesto il rigetto.
Il ricorso è stato trattenuto in decisione, all'udienza del 24 maggio 2017.
II) L'eccezione di inammissibilità va respinta.
2.1 Il Collegio ritiene infatti di seguire l'orientamento del Tar Lombardia – sez. Brescia (n. 905/2015), secondo cui “l'interesse all'impugnazione sia concreto e attuale non nel momento in cui si perfeziona la conoscenza legale del provvedimento con la pubblicazione all'albo comunale, ma solo quando viene esercitata in concreto l'attività economica che collide con i divieti della regolamentazione. La scissione tra conoscenza legale e interesse sposta su questo secondo elemento la data di riferimento per l'impugnazione”.
Quanto al profilo dell'attualità e della concretezza dell'interesse, non è necessario che l'amministrazione emetta un atto sanzionatorio, e neppure che tale atto sia parimenti impugnato. “Se l'amministrazione informa le imprese del settore che una certa attività economica è sottoposta a dei limiti, e a delle sanzioni in caso di inottemperanza, l'interesse all'impugnazione si collega alla decisione delle imprese di svolgere la propria attività senza subire, o senza subire ancora, i predetti limiti.”
Seguendo questa tesi non è necessario che il ricorso avverso l'atto regolamentare sia proposto solo impugnando un atto esecutivo, ovvero dimostrando di esercitare l'attività nel territorio, poiché “se un regolamento impone una regola associata a una sanzione pecuniaria, vi è interesse all'impugnazione quando il soggetto colpito ritenga non più tollerabile il peso economico aggiuntivo costituito dalla spesa per le sanzioni”.
Nel caso in esame va anche evidenziato che proprio in base all'art 12 del Regolamento l'attività può essere avviata solo in determinate giornate, con divieto di inserimento nelle cassette in cui vi è la volontà di non ricevere pubblicità, con la previsione di una sanzione, poi definita dall'art 16.
La ricorrente, quale operatore del settore e della zona (svolge attività nei comuni limitrofi), ha quindi un interesse concreto ed attuale all'impugnazione di quelle disposizioni che limitano la propria attività, poste nell'art 12, ad esclusione dell'ultimo capoverso, in cui si fa divieto di imbrattare muri e deturpare muri e manufatti.
2.2 Nel merito il ricorso è fondato.
Sulla questione si richiama l'orientamento consolidato, nonché il precedente di questa Sezione (sentenza n. 1006/2016), secondo il quale l'amministrazione comunale non dispone di poteri autorizzatori relativi all'attività di distribuzione di materiale pubblicitario. Si tratta infatti di un'attività essenzialmente libera, come la generalità dei servizi resi da privati (v. art. 10 del Dlgs. 26 marzo 2010 n. 59), e tutelata dalle norme che proteggono e favoriscono l'iniziativa economica (v. art. 1 del DL 24 gennaio 2012 n. 1). Gli obblighi imposti dal Comune sono quindi illegittimi per contrasto con i principi della liberalizzazione economica ormai codificati anche nell'ordinamento interno (TAR Lecce, sez. II, 26 maggio 2014, n. 1288; TAR Brescia, sez. I, 9 luglio 2015, n. 905 e 22 marzo 2013, n. 284). Sicché, della norma regolamentare, anche laddove intesa (nel senso sostenuto dalla parte resistente) come recante disposizioni direttamente impingenti sulla materia della distribuzione di materiale pubblicitario, non potrebbe che disporsi la disapplicazione, in quanto contrastante con sovraordinate disposizioni legislative.
Né pare possibile trovare una giustificazione al regolamento neppure configurando le disposizioni contestate come introduttive di restrizioni alle attività economiche, in coerenza con la possibilità in tal senso prevista dall'art. 8, comma 1, lett. h) del D.Lgs. 59/2010 (di recepimento della c.d. Direttiva Bolkenstein) al ricorrere di “motivi imperativi d'interesse generale”, tra i quali sono inclusi anche quelli afferenti alla tutela dell'ambiente e del decoro urbano (oltre a quelli della salute, dei lavoratori, e dei beni culturali).
È vero infatti che detta facoltà sussiste in astratto e che la stessa può esplicarsi in funzione della garanzia della sicurezza urbana, concetto comprensivo di una vasta serie di interessi pubblici, quali la vita civile, il miglioramento delle condizioni di vivibilità nei centri urbani, la pacifica convivenza e la coesione sociale.
Tuttavia, al fine di evitare un effetto di facile elusione o di depotenziamento delle norme poste a tutela dell'iniziativa economica, si impone un'interpretazione cauta e restrittiva delle prevalenti esigenze di interesse generale quali ragioni ostative al libero esplicarsi dell'iniziativa economica. Proprio l'ampiezza del concetto di tutela dell'ambiente urbano e l'implicazione di rilevanti e diffusi interessi economici potenzialmente pregiudicati da misure di ordine pubblico, impongono di limitare i poteri di restrizione della libera attività economica alle sole situazioni di reale e comprovato disagio collettivo, tali da giustificare un proporzionato utilizzo di poteri invasivi della sfera di libertà dei privati. Siffatta conclusione è ulteriormente giustificata dal fatto che i comuni possono invece operare attraverso i normali poteri di vigilanza sul territorio per prevenire gli effetti indesiderabili del volantinaggio (maggiori rifiuti, intasamento delle cassette postali) e per sanzionare i singoli abusi, colpendo esclusivamente i responsabili e le imprese per cui gli stessi effettuano la distribuzione pubblicitaria.
Le norme in materia di distribuzione della pubblicità non costituiscono espressione di una bilanciata e contingentata applicazione dei poteri restrittivi della libera iniziativa economica ai limitati casi di reale e accertata necessità: prova ne sia il carattere generalizzato e astratto con il quale vengono introdotti i divieti alla distribuzione del materiale pubblicitario.
Il ricorso va pertanto accolto, con conseguente annullamento dell'art 12 del regolamento impugnato, limitatamente ai commi due, tre e quattro (che testualmente così recitano “E' consentita la distribuzione di volantini mediante consegna a mano e/o inserimento completo nella cassetta della posta nei soli giorni di mercoledì e giovedì.
E' vietato introdurre volantini nelle cassette della posta dove è espressamente evidente la volontà di non ricevere volantini (es. scritta no volantini) e la dove è evidente il fatto che non vengono ritirati (es. dove ci sono quelli vecchi non ritirati).
Nel caso in cui non sia possibile individuare l'autore della violazione risponderà in solido per gli aspetti sanzionatori il beneficiario del messaggio contenuto nel volantino”).
Le spese possono essere compensate, in considerazione del fatto che al momento della proposizione del ricorso vi erano contrastanti orientamenti sull'interesse al ricorso.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l'effetto annulla l'art. 12 del Regolamento impugnato, nei limiti sopra indicati.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Avv. Antonino Sugamele

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