Videosorveglianza urbana: i Comuni sono come i privati e devono pagare dazio.
Lo ha evidenziato il sottosegretario al MISE, Antonello Giacomelli l'11 maggio alla Commissione trasporti della Camera.
Sicurezza urbana e privacy. La vicenda è emblematica perché, se da una parte il d.l. n. 14/2017, convertito nella legge n. 48/2017, incentiva fortemente questi impianti tecnologicamente evoluti in un'ottica di sicurezza urbana integrata, dall'altra le resistenze burocratiche degli apparati dello Stato impediscono il loro sviluppo.
La questione è esplosa qualche mese fa quando alcune prefetture hanno iniziato a richiamare i sindaci all'osservanza delle formalità previste dal d.lgs. n. 259/2003 in caso installazione di impianti di videosorveglianza urbana. In pratica, oltre all'obbligo di presentare preventivamente al comitato per l'ordine e la sicurezza pubblica il progetto di sorveglianza elettronica della città, nel rispetto del codice privacy e delle direttive del garante, ora i sindaci che vogliono essere in regola, oltre a reperire le risorse per installare e mantenere gli impianti per il contrasto dell'attività predaotria devono perlomeno presentare un Scia al Ministero, corrispondendo contributi ad hoc.
Queste formalità sono chiaramente contrarie alla filosofia del decreto sicurezza convertito definitivamente in legge il 18 aprile scorso. Per questo motivo della vicenda si è occupato anche il parlamento, durante la conversione in legge del d.l. n. 14/2017. Ma nel passaggio parlamentare “blindato” non è stato possibile introdurre modifiche formali e quindi agli atti resta solo un importante parere al Senato (della X commissione dell'11 aprile 2017) e un Odg alla Camera.
La posizione del MISE. Il rappresentante governativo, tuttavia, conferma integralmente l'interpretazione del MISE. Specifica infatti nella risposta il sottosegretario Giacomelli che «gli impianti di videosorveglianza sono dei sistemi di comunicazione elettronica che possono essere collegati sia via radio (mediante frequenze) sia via cavo (mediante fibra ottica). Gli stessi impianti, come noto, sono regolamentati dal codice delle comunicazioni elettroniche (d.lgs. n. 259/2003) dall'art. 99 e seguenti, fatto salvo quanto previsto dal comma 5 del citato art. 99 e dal successivo art. 105, comma 1. Nel caso di impianti via radio è necessaria una autorizzazione generale con il conferimento del diritto d'uso di frequenze. (...) Nel caso di collegamento via cavo si applicano le disposizioni le quali prevedono che chiunque installa e/o esercisce una rete di comunicazione elettronica su supporto fisico ad uso privato per collegare apparati di qualsiasi tipo – non solo per quelli di videosorveglianza di cui si discute – ed ove tale rete attraversi il suolo pubblico, deve chiedere un'autorizzazione al Ministero dello sviluppo economico».
Il rappresentante governativo conclude specificando che è allo studio una modifica normativa che permetta di affrancare i comuni almeno dal pagamento degli oneri.
Ma non dal peso della burocrazia.
15-05-2017 21:35
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