Sull'inconfigurabilità del vizio di disparità di trattamento in presenza di provvedimenti amministrativi vincolati.
Il vizio di disparità di trattamento non è configurabile in presenza di provvedimenti amministrativi vincolati.
Principio
Il vizio di disparità di trattamento non è configurabile in presenza di provvedimenti amministrativi vincolati ed in specie di quelli afferenti al giudizio di ammissibilità delle domande di contributo richieste ex D.l. 30 gennaio 1998, n. 6, in quanto eventuali illegittimità, commesse in favore di altre persone in un' attività amministrativa di natura vincolata, non potrebbero essere invocate per pretendere ulteriori provvedimenti anch'essi illegittimi.
Cons. St., Sez. IV, 11 aprile 2017, n. 1688
Pubblicato il 11/04/2017
N. 01688/2017REG.PROV.COLL.
N. 09607/2009 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 9607 del 2009, proposto da:
Loredana Cardinali, rappresentata e difesa dall'avvocato Jacopo Severo Bartolomei C.F. BRTJPS64D02H501I, con domicilio eletto presso Mauro Mellini in Roma, p.zza Bainsizza 1;
contro
Comune di Monsampietro Morico, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'avvocato Massimo Ortenzi C.F. RTNMSM57D13E783Y, con domicilio eletto presso Livia Ranuzzi in Roma, via del Vignola 5;
Regione Marche, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'avvocato Paolo Costanzi C.F. CSTPLA55H22D451L, con domicilio eletto presso Michele Romano in Roma, via Domenico Morichini N. 41;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. MARCHE - ANCONA: SEZIONE I n. 01319/2008, resa tra le parti, concernente esclusione finanziamento per eventi sismici 1997 su immobile utilizzato come abitazione principale
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Comune di Monsampietro Morico e di Regione Marche;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 6 aprile 2017 il Cons. Antonino Anastasi e uditi per le parti gli avvocati J.S. Bartolomei, M. Romano su delega di P. Costanzi e M. Ortenzi;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
La dante causa dell'odierna appellante presentò nel 2002 domanda di contributo ai sensi del D.L. 30 gennaio 1998 n. 6, beneficiando di una proroga dei termini di presentazione originariamente previsti riservata ai titolari di abitazioni adibite a residenza principale.
Con deliberazione G.M. n. 36 del 9 giugno 2005, il Comune di Monsanpietro Morico trasmise la pratica agli uffici regionali, chiedendo l'inserimento della domanda nell'elenco dei soggetti beneficiari.
In esito a specifica conferenza di servizi, il Centro operativo di Muccia, faceva rilevare che l'interessata non aveva dimostrato che l'edificio per il quale era stato richiesto il contributo fosse destinato ad abitazione principale.
Di tale parere ha preso atto il Comune il quale ha pertanto respinto l'istanza.
Il provvedimento di diniego fu impugnato dalla destinataria avanti al TAR Marche il quale, con la sentenza in epigrafe indicata, ha respinto il gravame sia pur compensando le spese di lite.
A sostegno della decisione il TAR ha in sostanza rilevato che l'interessata ( la quale peraltro in seno all'istanza aveva riconosciuto di risiedere altrove) non era riuscita ad offrire in giudizio alcun attendibile principio di prova circa la sua effettiva residenza nell'immobile danneggiato.
La sentenza è stata impugnata con l'atto di appello oggi all'esame dalla avente causa della soccombente la quale ne chiede l'integrale riforma, deducendo a tal fine due motivi di impugnazione.
In particolare l'appellante – oltre a lamentare la reiezione da parte del Tribunale delle sue istanze istruttorie – deduce la violazione e falsa applicazione della D.G.R. n. 1658/2002 circa il requisito dell'abitazione principale anche in riferimento all'art. 43 cod. civ..
In sostanza, secondo l'appellante, il comune, individuando l'abitazione principale con il solo criterio della residenza anagrafica, non avrebbe tenuto conto di una serie di elementi idonei a dimostrare che l'immobile in questione costituisse la sua residenza effettiva.
Si sono costituiti in resistenza il comune di Monsanpietro Morico e la Regione Marche, i quali hanno chiesto il rigetto dell'appello.
Le parti hanno depositato memorie.
All'udienza del 6 aprile 2017 – dopo che la parte privata ha rappresentato che l'immobile de quo ha subito ulteriori danni nei recenti eventi sismici – l'appello è stato spedito in decisione.
L'appello è infondato e va pertanto respinto, con integrale conferma della gravata sentenza.
Con il primo motivo l'appellante lamenta la reiezione, da parte del TAR, di sue reiterate istanze istruttorie.
Nella sostanza tali istanze risultavano essenzialmente volte all'acquisizione di altra pratica ( esitata favorevolmente dall'Amministrazione) rispetto alla quale la ricorrente aveva dedotto la disparità di trattamento.
Il mezzo non merita positiva considerazione in quanto – come ben evidenziato dalla sentenza impugnata – nel caso di provvedimenti vincolati, quali quelli relativi al giudizio di ammissibilità delle domande di contributo, il vizio di disparità di trattamento non è configurabile.
Infatti, come sottolineato da costante giurisprudenza, La disparità di trattamento non è ipotizzabile in presenza di attività amministrativa vincolata in quanto eventuali illegittimità, commesse in favore di altre persone, non possono essere invocate per pretendere ulteriori provvedimenti anch'essi illegittimi.
Con il secondo e centrale motivo di impugnazione l'appellante deduce la violazione e falsa applicazione della D.G.R. n. 1658/2002 circa il requisito dell'abitazione principale anche in riferimento all'art. 43 cod. civ..
Osserva in tal senso l'appellante che il comune, individuando l'abitazione principale con il solo criterio della residenza anagrafica, non ha tenuto conto di una serie di elementi idonei a dimostrare che l'immobile in questione costituiva la residenza effettiva della signora Del Gobbo.
Anche questo mezzo non può essere favorevolmente scrutinato.
In punto di fatto si ricorda che, come evidenziato dalla sentenza impugnata, la originaria ricorrente – nel contesto dell'istanza – si dichiarò residente al numero civico 8, mentre la domanda di contributo era riferita ad immobile ubicato al numero civico 9 della medesima strada.
Ciò premesso, dagli atti di causa risulta con evidenza che il fabbricato rurale asseritamente ubicato al n. 9 svolgeva – a tutto voler concedere – funzioni meramente complementari e di supporto alle esigenze familiari della titolare, la cui residenza era invece collocata nell'abitazione di più recente costruzione, ubicata al n. 8 e distante in realtà un centinaio di metri dal primo manufatto.
Ne risulta in primo luogo che la stessa istante ha riconosciuto in modo concludente, nel contesto dell'originaria istanza, di non risiedere a titolo principale nell'immobile per il quale chiedeva il contributo di riparazione.
In secondo luogo, vero è che ai fini della determinazione del luogo di residenza le risultanze anagrafiche rivestono mero valore presuntivo potendo essere superate, in quanto tali, da una prova contraria desumibile da qualsiasi fonte di convincimento, affidata all'apprezzamento del giudice.
Ma questa prova contraria non è stata in realtà offerta nel presente giudizio.
In sostanza la ricorrente – a fronte della presunzione discendente dall'iscrizione anagrafica e a fronte della sua contraria autodichiarazione – ha fornito elementi probatori ( l'allaccio ad utenze, essenzialmente) i quali a ben vedere non riescono a comprovare in alcun modo che il fabbricato rurale in controversia costituisse effettivamente sua abitazione principale e non, come verosimile, un manufatto utilizzato per esigenze secondarie.
Sulla scorta delle considerazioni che precedono l'appello va dunque respinto. Resta assorbito ogni ulteriore profilo perché irrilevante ai fini del decidere. Le spese del giudizio seguono come per legge la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna Cardinali Loredana al pagamento di euro 1000,00 oltre diritti IVA e CPA in favore della Regione Marche e di euro 1000,00 oltre diritti IVA e CPA in favore del comune di Monsanpietro Morico, per le spese di questo grado del giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 6 aprile 2017 con l'intervento dei magistrati:
Antonino Anastasi, Presidente, Estensore
Fabio Taormina, Consigliere
Luigi Massimiliano Tarantino, Consigliere
Giuseppe Castiglia, Consigliere
Luca Lamberti, Consigliere
IL PRESIDENTE, ESTENSORE
Antonino Anastasi
IL SEGRETARIO
24-06-2017 10:05
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