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Sentenza

Speciale elezioni amministrative: il Consiglio di Stato sulle firme in eccesso....
Speciale elezioni amministrative: il Consiglio di Stato sulle firme in eccesso.
(Consiglio di Stato, sezione III, sentenza n. 2473/17; depositata il 25 maggio)
Firme in eccesso. Trenta sottoscrizioni poste sul modulo “atto principale” e su un “atto separato” altre trentadue firme. Il totale eccede quello massimo (sessanta) previsto per i Comuni con popolazione compresa tra i 2.001 e 5.000 abitanti dall'art. 3, comma 1, lett. h), l. n. 81/1993 (come sostituito dall'art. 3 l. 30 aprile 120/1999). Con la conseguenza che la lista viene legittimamente ricusata anche se le firme consegnate avevano avuto l'avallo del segretario comunale. Nel solco tracciato dalla Corte Costituzionale, la ratio della previsione normativa del numero massimo di sottoscrizioni ed il suo valore sostanziale (garantire la libera e genuina espressione della volontà del corpo elettorale, evitando che nei piccoli comuni si aprano "precompetizioni elettorali" (Consiglio di Stato, sezione III, sentenza n. 2473/17 del 25 maggio)

Ecco la sentenza:-
 Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 25 maggio 2017, n. 2473
Presidente Balucani – Estensore Ungari

Fatto e diritto

1. La controversia origina dalla ricusazione, disposta con verbale n. 13 in data 13 maggio 2017 dalla Sottocommissione Elettorale Circondariale di Foggia, della lista dei candidati per il rinnovo del consiglio comunale di Rignano Garganico denominata “Per Rignano” con candidato sindaco G. D.M..
2. L'esclusione è stata determinata dal fatto che i presentatori, dopo aver utilizzato il modulo “atto principale” corredato da trenta sottoscrizioni, hanno raccolto su un “atto separato” altre trentadue firme, giungendo così ad un numero totale di sessantadue, che eccede quello massimo (sessanta) previsto per i Comuni con popolazione compresa tra i 2.001 e 5.000 abitanti dall'art. 3, comma 1, lett. h, della legge 81/1993 (come sostituito dall'art. 3 della legge 30 aprile 120/1999).
3. Il suddetto candidato sindaco, un candidato consigliere comunale ed un elettore del Comune hanno impugnato l'atto dinanzi al TAR Puglia, deducendo vizi di violazione e falsa applicazione dell'art. 3 della legge 81/1993, dei principi del favor partecipationis, di tutela dell'affidamento, di ragionevolezza e proporzionalità, nonché di difetto di istruttoria ed erroneità dei presupposti.
4. In via di fatto, sottolineano che i presentatori della lista sono stati indotti in errore dal Segretario comunale, il quale pochi minuti prima della presentazione delle liste, rispondendo allo specifico quesito postogli, avrebbe dato rassicurazioni sull'irrilevanza delle firme esorbitanti (su tale circostanza depositano dichiarazioni sostitutive dei presentatori).
5. Il TAR Puglia, con la sentenza appellata (II, n. 507/2017) ha respinto il ricorso, sottolineando che:
- la Corte Costituzionale ha affermato la ragionevolezza della norma sul numero massimo di sottoscrizioni, chiarendo che “la fissazione del numero massimo di sottoscrizioni non è diretta soltanto alla semplificazione del procedimento: essa si dà carico di esigenze di ben maggiore rilievo, in quanto rivolte a garantire la libera e genuina espressione della volontà del corpo elettorale” (sent. n. 83/1992);
- sulla scorta di tale ragionamento deve escludersi che l'esorbitanza delle firme integri una mera irregolarità, ovvero quell'insieme di “vizi da cui non derivi alcun pregiudizio per le garanzie o la compressione della libera espressione del voto” (cfr. Cons. Stato, III, n. 1987/2016; V, n. 2920/2015);
- non può neppure ipotizzarsi che la commissione elettorale possa valutare caso per caso la rilevanza della violazione del tetto massimo di sottoscrizioni per le liste elettorali, perché ciò “richiederebbe la previa determinazione di criteri oggettivi per tale ponderazione, il che rientra nella sfera di discrezionalità del legislatore” (Corte cost. n. 407/1999 – ord.);
- non conduce a diversa conclusione il principio dell'affidamento, in quanto (a parte il fatto che il Segretario comunale smentisce di essere stato mai interrogato sul punto e di aver fornito rassicurazioni) i presentatori erano pienamente consapevoli del fatto di depositare firme che eccedevano il massimo previsto dalla legge e un intervento in chiave collaborativo-consulenziale non può ritenersi (neanche secondo le “Istruzioni per la presentazione e l'ammissione delle candidature” diramate dal Ministero dell'interno) rientrante nei compiti del Segretario comunale;
- infine, anche la doglianza secondo la quale la Sottocommissione avrebbe dovuto controllare la regolarità delle sottoscrizioni ed escludere dal conteggio quelle invalide (secondo i ricorrenti, almeno dieci, analiticamente indicate), prima di verificare se il numero eccedeva il massimo consentito, non è fondata, poiché una simile specificazione non è prevista e contrasta con la finalità della norma, come delineata dalla Corte costituzionale, essendo evidente che l'esigenza di conteggiare le firme (solo se) valide trova risposta nella possibilità di raccogliere un numero di firme superiore al minimo (ma pur sempre nel limite cogente del massimo stabilito).
6. Nell'appello si prospettano le argomentazioni di censura, raggruppate in quattro ordini, come appresso sintetizzato.
6.1. Il procedimento elettorale è governato dal principio del favor partecipationis, che giustifica un'interpretazione della normativa che, prescindendo da inutili formalismi, sia il più aderente possibile al dato sostanziale (cfr. Cons. Stato, III, n. 2165/2016; n. 1987/2016).
La lista è stata ricusata per la presenza di appena due sottoscrizioni eccedenti il limite massimo consentito, ma il superamento del limite, in misura tanto modesta da non poter arrecare alcun vulnus sostanziale, è stato dovuto ad errore scusabile e a legittimo affidamento.
Le “Istruzioni per la presentazione e l'ammissione delle candidature” diramate dal Ministero dell'interno, prevedono al paragrafo 2.3 (“Compiti della segreteria del Comune relativi alla ricezione delle candidature”) che “È, tuttavia, raccomandabile che il segretario comunale non ometta di far rilevare quelle irregolarità gli sia dato di conoscere … “. Pongono, dunque, in capo al segretario comunale uno specifico onere di vigilanza e di collaborazione finalizzato ad evitare errori che possano inficiare l'ammissione delle liste.
Il Segretario comunale ha espressamente dichiarato l'irrilevanza della presenza di due firme in più rispetto al limite, e a tal proposito sono state depositate agli atti le dichiarazione sostitutive dei presentatori della lista.
Il Consiglio di Stato (cfr. III, n. 1979/2016), ha ritenuto (in presenza di un'attestazione del segretario comunale in ordine alla completezza della documentazione depositata, riguardo alle dichiarazioni sostitutive sull'insussistenza delle condizioni di incandidabilità) che “L'affidamento così ingenerato negli appellanti deve ritenersi meritevole di tutela per la provenienza qualificata della suddetta attestazione (e ciò anche a voler prescindere dalla sua catalogazione come atto pubblico idoneo a fare fede fino a querela di falso delle dichiarazioni ivi contenute), in quanto formata dall'autorità incaricata di controllare la completezza della documentazione depositata e di segnalare eventuali carenze”.
Contrariamente a quanto affermato dal TAR, la questione non verte sulla competenza affidata alla Commissione Elettorale, ma sull'affidamento indotto dal Segretario comunale che (ove sia vero quanto dallo stesso dichiarato) ha comunque omesso di far rilevare il superamento del limite massimo di firme.
Se il Segretario avesse correttamente svolto il compito affidatogli dalle Istruzioni ministeriali, i presentatori avrebbero avuto tutto il tempo per emendare l'errore e presentare la lista esente da vizi.
6.2. Non si tratta di attribuire una inesistente discrezionalità in capo alla Commissione Elettorale, ma solo di verificare se sussiste un concreto interesse pubblico che possa risultare violato dalla ammissione della lista.
La sentenza appellata è erronea poiché ha concretamente svuotato di ogni rilevanza e significato il principio del favor partecipationis, di pari rilevanza costituzionale.
6.3. La Sottocommissione elettorale non avrebbe dovuto cumulare le “firme di riserva”, poiché la presenza di due moduli separati avrebbe dovuto rendere evidente che l'intenzione dei presentatori della lista era quella di premunirsi di un congruo numero di ulteriori sottoscrizioni, idonee, all'occorrenza, a compensare il possibile annullamento di alcune firme che si fossero rivelate irregolari.
Anche in base alle “Istruzioni” citate, le sottoscrizioni formalmente irregolari perché non effettuate nel rispetto delle prescritte formalità, non concorrono a determinare il numero minimo e massimo, la cui violazione comporta l'esclusione.
6.4. Non è stato effettuato un adeguato controllo sulla regolarità delle sottoscrizioni: al contrario, la Commissione avrebbe dovuto dapprima escludere dal conteggio le sottoscrizioni invalide e solo in seguito, qualora il numero di quelle valide superasse il massimo consentito, avrebbe potuto ricusare la lista.
In altri termini, il controllo sul rispetto del “tetto” va fatto solo dopo aver depennato le firme invalide.
7. L'Amministrazione si è costituita in giudizio con l'Avvocatura Generale dello Stato, eccepisce la tardività del ricorso introduttivo, e chiede comunque il rigetto dell'appello.
8. Può tralasciarsi detta eccezione, in quanto l'appello è infondato e deve essere respinto.
Il Collegio osserva che l'appello contiene la riproposizione delle censure proposte in primo grado e puntualmente disattese dal TAR, con accenni di confutazione della sentenza appellata per quanto concerne la focalizzazione di quelle che, secondo gli appellanti, sarebbero le questioni realmente decisive.
Il Collegio ritiene che il TAR abbia ben individuato le questioni decisive.
Pertanto, sembra sufficiente ribadire ed evidenziare che:
- nel solco tracciato dalla Corte Costituzionale, la ratio della previsione normativa del numero massimo di sottoscrizioni ed il suo valore sostanziale (garantire la libera e genuina espressione della volontà del corpo elettorale, evitando che nei piccoli comuni si aprano "precompetizioni elettorali", come sintetizzato dalla Corte nell'ordinanza n. 407/1999, approfondendo quanto affermato nella sentenza n. 83/1992) sono state chiariti anche dalla giurisprudenza di questo Consiglio, e nell'appello non vengono svolte al riguardo dirette confutazioni;
- gli appellanti, invece, insistono nell'aggirare tale orientamento, riproponendo anzitutto la tesi della necessità di valutare in concreto se il superamento del numero massimo abbia comportato o meno un vulnus ai principi tutelati dalla previsione; tuttavia, tale tesi ha trovato una univoca smentita nella sede appropriata (cfr. ord. n. 407/1999, cit., nella quale la Corte ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 33, primo comma, lettera a), del d.P.R. 570/1960 e dell'art. 14, quarto comma, della legge 122/1951, nella parte in cui non consentono all'ufficio elettorale la facoltà di un autonomo apprezzamento, caso per caso, della rilevanza della violazione del tetto massimo di sottoscrizioni per le liste elettorali, richiamando la sentenza n. 83/1992, e sottolineando che “l'ipotizzata declaratoria d'illegittimità della normativa denunciata, nella parte in cui non consente all'ufficio elettorale di valutare la rilevanza, caso per caso, delle sottoscrizioni in eccesso, richiederebbe la previa determinazione di criteri oggettivi per tale ponderazione, il che rientra nella sfera di discrezionalità del legislatore” ma di contro “il procedimento elettorale deve comunque avere i requisiti essenziali di linearità, semplificazione e puntuale scansione degli adempimenti, affinché la consultazione si tenga secondo l'ordine legale e nei tempi prefissati, a salvaguardia dei diritti di elettorato attivo e passivo, mentre l'intervento sollecitato dal giudice a quo finirebbe, in mancanza di parametri obiettivi, per determinare incertezza incrementando il contenzioso, stante l'ampio margine di apprezzamento che verrebbe, in ipotesi, riconosciuto alla commissione elettorale”);
- si tratta di una valutazione che non ammette eccezioni e distinguo, e fuga i dubbi di legittimità dell'automatismo sanzionatorio prefigurato dalla disposizione (e che, peraltro, non essendone mutati nell'odierno contesto storico e istituzionale i presupposti di riferimento e le ragioni che impediscono di ammettere una valutazione ex post della rilevanza del superamento del tetto massimo di sottoscrizioni, appare del tutto condivisibile);
- l'altro tentativo degli appellanti per superare il suddetto orientamento, fa leva sulla estensione del ruolo e delle responsabilità del segretario comunale, che si vorrebbe onerare della verifica di regolarità in termini così stringenti da giustificare una sanabilità delle irregolarità non segnalate; tuttavia, una simile estensione non trova appigli nella legge, e neanche nelle “Istruzioni” ministeriali; l'applicazione del principio affermato da questo Consiglio (III, n. 1979/2016, cit.) riguardo all'onere gravante sul funzionario che rilascia ricevuta degli atti presentati, nel caso in esame non sarebbe comunque possibile per mancanza dei necessari presupposti, sia di diritto (nel caso in esame, manca un'attestazione rilasciata dal funzionario nell'adempimento dei propri doveri istituzionali nell'ambito del procedimento elettorale – nel caso deciso dalla sentenza citata, si trattava della ricevuta di presentazione, ai sensi dell'art. 32, ultimo comma, del d.P.R. 570/1960 - idonea a suscitare affidamento sulla regolarità della documentazione predisposta, tanto che gli appellanti sono costretti ad ipotizzare in capo al Segretario comunale un ruolo di consulenza o collaborazione, che la norma non prevede), sia di fatto (nel caso in esame, manca l'accertamento che un'indicazione fuorviante in ordine alla regolarità delle sottoscrizioni era stata effettivamente data, esistendo solo dichiarazioni di soggetti interessati all'ammissione della lista, che il Segretario comunale ha smentito);
- quanto alla necessità di scomputare le sottoscrizioni irregolari, la stessa ratio disincentivante (sopraricordata) della previsione sul numero massimo impedisce (quale che sia, al riguardo, l'indicazione ritraibile dalle Istruzioni ministeriali) di posporre la verifica del suo superamento alla verifica di regolarità ed alla sottrazione delle sottoscrizioni che risultino irregolari; il TAR ha ben messo in evidenza come la norma abbia stabilito un punto di equilibrio tra l'esigenza di limitare il numero delle sottoscrizioni e quella di assicurare l'ammissione della lista nonostante le (sempre possibili) irregolarità dovute ad errori nella predisposizione della documentazione necessaria, prevedendo la possibilità di raccogliere un numero di firme superiore al minimo (ma pur sempre nel limite cogente del massimo stabilito);
- per lo stesso motivo, non è possibile convenire sulla tesi (che, contrariamente a quanto si afferma nell'appello, non trova alcun riscontro nelle pronunce della Corte citate) dell'irrilevanza delle sottoscrizioni contenute nel modulo “atto separato”, una volta che le sottoscrizioni contenute nel modulo “atto principale” siano risultate regolari e quindi utili all'ammissione della lista alla competizione elettorale, anche considerando che entrambi i moduli sono stati contestualmente presentati per l'autenticazione ai fini dell'ammissione della lista (senza contare che la qualificazione come “firme di riserva” di quelle contenute nell' “atto separato”, viene prospettata in giudizio, ma non vi sono elementi per sostenere che corrispondesse ad un'intenzione dei presentatori e che fosse stata adeguatamente resa manifesta).
9. Considerata la natura della controversia, le spese del grado di giudizio possono essere compensate.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese del grado di giudizio compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa
Avv. Antonino Sugamele

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