Polizia penitenziaria: guardia inetta e assenteista? Si alla destituzione.
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 16 – 24 febbraio 2017, n. 884
Presidente Anastasi – Estensore Taormina
Fatto
1.Con la sentenza in epigrafe impugnata n.206 del 18febbraio 2016 il Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte – Sede di Torino – ha respinto il ricorso proposto dalla odierna appellante Signora -omissis- volto ad ottenere l'annullamento del decreto n. 433898-2014-41080-DS10 del Vice Capo Vicario del Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria emesso in data 21.1.2015 con il quale predetta era stata dichiarata dispensata dal servizio.
2. L'odierna parte appellante aveva prospettato articolate censure di violazione di legge ed eccesso di potere.
3. Il Ministero della Giustizia si era costituito chiedendo che il ricorso venisse respinto in quanto infondato.
4. Il T.a.r. ha partitamente esaminato le doglianze proposte, e le ha respinte deducendo che:
a) l'istituto di cui all'art 129 T.U. n. 3/1957 (dispensa per scarso rendimento) era applicabile, per giurisprudenza consolidata anche alle categorie di pubblici impiegati non contrattualizzate (tra cui gli appartenenti alla Polizia Penitenziaria) ai sensi dell'art. 131 del medesimo d.Lgs. n. 443 del 1992;
b) il diritto di difesa della originaria ricorrente era stato garantito essendole stata assicurata la facoltà di intervenire per svolgere le proprie difese (su istanza dell'appellante era stata rinviata la prima convocazione seppure la richiesta di rinvio non fosse documentata), e non poteva ravvisarsi una violazione per il mancato rinvio della seconda convocazione, dal momento che detta istanza era stata motivata da non meglio precisati “motivi personali”; per altro verso nessun profilo di illegittimità si configurava a cagione della mancata assistenza di un difensore, stante l'assenza di una norma che prevedesse nel procedimento de quo (e neppure nel procedimento disciplinare) obbligatoriamente la presenza di tale figura;
c) della documentazione in atti emergeva un quadro di scarsa responsabilità verso l'attività lavorativa e non rispondeva al vero che erano stati presi in considerazione solo i giudizi complessivi, mediocri o insufficienti, dovuti alle sanzioni disciplinari riportate a causa di assenze dal servizio per malattia, per cui apparivano infondate le censure di eccesso di potere prospettate;
d) dall'esame del foglio matricolare emergeva che dal 2002 era stato sempre confermato un giudizio di mediocre o insufficiente, mentre rispetto alle sanzioni disciplinari irrogate nel corso del servizio, si riscontravano più di dieci sanzioni, di varia natura (dalla censura alla pena pecuniaria), dal 2000 al 2013, di cui la maggior parte per assenze ingiustificate, mancanza dell'obbligo di mantenere la reperibilità, mancata trasmissione del certificato medico, riferite quindi a fatti oggettivi e non da difficili relazioni con i superiori;
e) era infine infondata la tesi della incompetenza del Vice Capo Vicario del Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria ai sensi dell'art 129 comma V D.P.R. n. 3/1957 in quanto detta disposizione era stata abrogata dall'articolo 20, comma 1, lett. c), del D.P.R. 29 ottobre 2001, n. 461, per cui la competenza ad adottare l'atto ricadeva in base ai principi generali, sul dirigente e non poteva affermarsi la permanenza di tale competenza in capo al Ministro.
5. La originaria ricorrente rimasta integralmente soccombente ha impugnato la suindicata decisione che ha criticato sotto numerosi angoli prospettici, chiedendone la riforma e riproponendo quasi integralmente gli argomenti disattesi in primo grado (ad eccezione della censura di incompetenza).
6. In data 7.9.2016 l' appellato Ministero della Giustizia si è costituito con atto di stile chiedendo che il ricorso in appello venisse respinto in quanto infondato.
7. Alla camera di consiglio del 6 ottobre 2016 fissata per la delibazione della domanda di sospensione della provvisoria esecutività dell'impugnata decisione sull'accordo delle parti la trattazione della controversia è stata differita all'udienza di merito.
9. Alla odierna pubblica udienza del 16 febbraio 2017 la causa è stata trattenuta in decisione.
Diritto
1.L'appello è infondato e va respinto.
2. Il primo motivo (nella sua prima articolazione critica della violazione di legge) è infondato: la dispensa per scarso rendimento è istituto pacificamente applicabile anche agli appartenenti alla Polizia Penitenziaria che costituiscono una delle categorie non contrattualizzate; il Collegio non intende decampare dai principi contenuti nella sentenza 2162/2012 del Consiglio di Stato che sul punto è opportuno riportare in quanto espressione di un indirizzo pacifico: "Inoltre, l'art. 131 del medesimo d.Lgs. n. 443 del 1992 dispone, con clausola di ordine generale, che per quanto in esso non previsto "al personale del Corpo di Polizia Penitenziaria si applicano, in quanto compatibili, le norme relative agli impiegati civili dello Stato".
In conseguenza di ciò, quindi, anche nei confronti del personale della Polizia penitenziaria la dispensa per scarso rendimento di cui all'art. 129 del T.U. 3 del 1957 si configura quale istituto di diretta ed autonoma applicazione, costitutivo di principi generali validi per tutto il pubblico impiego (cfr. sul punto Cons. Stato, Sez. IV, 18 marzo 2009 n. 1596) ed essenzialmente applicabile alle ipotesi in cui la continuazione del rapporto di servizio risulti impossibile sulla base di una valutazione oggettiva e globale della condotta lavorativa del dipendente, se raffrontata con la condotta che il rapporto di servizio medesimo viceversa impone.
Tali intrinseche caratteristiche dell'istituto medesimo inducono pertanto ad escludere recisamente che esso sia caratterizzato da un'applicazione meramente residuale, e pertanto possibile nelle sole ipotesi nelle quali non possano trovare applicazione istituti di differente natura, in primis l'irrogazione delle sanzioni disciplinari.
In tal senso, infatti, la dispensa dal servizio per scarso rendimento risponde innanzitutto all'esigenza di tutelare la funzionalità e l'assetto organizzativo della pubblica amministrazione nei riguardi del comportamento del dipendente, che, complessivamente, denoti insufficiente rendimento dell'attività da lui prestata, con riguardo all'insussistenza di risultati utili, per quantità e qualità, alla funzionalità dell'ufficio, ed ha pertanto natura diversa da quella disciplinare, potendo tuttavia basarsi anche su fatti disciplinarmente rilevanti (indipendentemente dall'esito del relativo procedimento) e idonei ad apprezzare la scadente attività lavorativa e lo stesso comportamento (cfr. sul punto, ad es., Cons. Stato , sez. IV, 28 novembre 2006 n. 6955).".
2.1. Tutte le censure dell'appellante reiterano argomenti la cui fondatezza è stata già esclusa dalla giurisprudenza prima richiamata, che ha ben chiarito che il detto istituto (decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n.3 – art. n.129 “può essere dispensato dal servizio l'impiegato divenuto inabile per motivi di salute, salvo che non sia diversamente utilizzato ai sensi dell'art. 71, nonché quello che abbia dato prova di incapacità o di persistente insufficiente rendimento.
Ai fini del precedente comma è considerato di persistente insufficiente rendimento l'impiegato che, previamente ammonito, riporti al termine dell'anno nel quale è stato richiamato una qualifica inferiore al "buono".
All'impiegato proposto per la dispensa dal servizio è assegnato un termine per presentare, ove creda, le proprie osservazioni.
È fatto in ogni caso salvo il diritto al trattamento di quiescenza e previdenza spettante secondo le disposizioni vigenti.”) in quanto espressione di un principio generale informatore del settore del pubblico impiego può applicarsi anche ai settori c.d. “non contrattualizzati”; né l'appellante ha indicato e dimostrato che le norme dallo stesso invocate possano spiegare un effetto preclusivo.
La doglianza va pertanto disattesa
2.2. La seconda parte del primo motivo introduce tematiche che possono essere esaminate congiuntamente, e che sono del pari infondate in quanto:
a) per costante giurisprudenza la difesa tecnica non è prevista ai fini dell'applicazione della suindicata disposizione (Consiglio di Stato, sez. VI, 05/09/2011, n. 4988 “le norme di cui agli artt. 129 e 130, d.P.R. n. 3 del 1957 dispongono che all'eventuale dispensa dell'impiegato dal servizio si giunge previa assegnazione di un termine per osservazioni, potendo l'interessato chiedere di essere sentito personalmente e, nel caso di dispensa per motivi di salute, che alla visita medica collegiale egli ha diritto di farsi assistere da un medico di fiducia.”;
a1) e ciò è perfettamente logico, non trattandosi di sanzione di natura disciplinare;
b) all'appellante fu garantita la possibilità di essere sentita, ma essa non ne fruì per sua libera scelta: la Commissione competente ha rinviato la prima convocazione su sua istanza, seppure la richiesta di rinvio non fosse documentata, e a seguito di una ulteriore –e neppure motivata né documentata- generica richiesta di rinvio della seconda convocazione, correttamente venne deciso di non rinviare la seduta dal momento che essa aveva motivato detta istanza per “motivi personali”, senza allegare ulteriori elementi di prova.
3. Quanto alla seconda doglianza, essa entra nel merito della “causale” della disposta dispensa dal servizio, ma introduce argomenti critici non favorevolmente delibabili, in quanto:
a) per consolidata giurisprudenza (Cons. giust. amm. Sicilia, sez. giurisd., 14/01/2013, n. 2) dalla quale il Collegio non ravvisa ragioni per discostarsi “La "dispensa dal servizio" per incapacità o insufficiente rendimento esprime un percorso di formazione ed un tipo di valutazione analogo ai giudizi annuali sullo svolgimento della carriera dell'impiegato pubblico, anch'essi rivolti a valutare l'attività svolta nel periodo considerato connotati come una tipica procedura di salvaguardia del buon andamento dell'azione amministrativa, rivolti non tanto a sanzionare singoli episodi, bensì a scandire ed a garantire il regolare funzionamento e/o la compatibilità con il servizio dovuto, della "attività" prestata dall'impiegato, attraverso un apprezzamento del complesso dei profili personali, professionali ed operativi che connotano la sua condotta. L'ampiezza della discrezionalità che l'amministrazione può impiegare per la adozione dei relativi provvedimenti è esclusivamente censurabile mediante l'eccesso di potere e soltanto in presenza di evidenti vizi di illogicità, irragionevolezza e/o travisamento dei fatti.”;
b) non si ravvisa alcun elemento di discriminatorietà;
c) il negativo percorso dell'appellante non si è affatto arrestato nel 2005, ma invece, anche in anni più prossimi: correttamente il T.a.r. ha evidenziato che possono riscontrarsi “più di dieci sanzioni, di varia natura (dalla censura alla pena pecuniaria), dal 2000 al 2013, di cui la maggior parte per assenze ingiustificate, mancanza dell'obbligo di mantenere la reperibilità, mancata trasmissione del certificato medico, riferite quindi a fatti oggettivi, non, come afferma la ricorrente, a difficili relazioni con i superiori.”;
d) in punto di fatto l'appellante cerca di sminuire la portata delle proprie mancanze, tutte accertate ed in gran parte non contestate, con argomenti di puro merito che non tengono conto né della particolare delicatezza delle funzioni assegnate all'appellante medesima, né della necessità che l'Amministrazione possa (e debba) potere contare sulla puntualità dei dipendenti che esplicano tali delicate funzioni, e sulla diligenza e solerzia dei medesimi: il numero assai rilevante di mancanze contestate all'appellante è sicuro indice di non abnormità e/o irragionevolezza della strada intrapresa dall'Amministrazione, peraltro dopo un lungo torno di tempo;
e) a tale ultimo proposito, poi, la circostanza che per numerosi anni (dove pure l'appellante tenne una condotta di servizio non certo encomiabile) l'Amministrazione non si sia risolta ad assumere simili drastiche iniziative, non soltanto implica che l'appellante abbia beneficiato di una estrema tolleranza, ma soprattutto è indice di accuratezza, assenza di discriminatorietà e ponderazione: soltanto allorchè, a fronte di plurimi richiami e sanzioni, l'appellante ha perseverato nella propria condotta inosservante dei doveri di ufficio, l'Amministrazione si è risolta ad adottare tale drastica misura che, per le chiarite ragioni, non appare affetta da mende.
4. Conclusivamente, l'appello è infondato e deve essere respinto.
4.1. Le questioni appena vagliate esauriscono la vicenda sottoposta alla Sezione, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell'art. 112 c.p.c., in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato (come chiarito dalla giurisprudenza costante, tra le tante, per le affermazioni più risalenti, Cassazione civile, sez. II, 22 marzo 1995 n. 3260 e, per quelle più recenti, Cassazione civile, sez. V, 16 maggio 2012 n. 7663).
4.2. Gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.
5. Le spese del grado vanno compensate anche tenuto conto della minima attività defensionale espletata dall'amministrazione appellata.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese processuali del grado compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'art.22, comma 8 D.lg.s. 196/2003, manda alla Segreteria di procedere, in qualsiasi ipotesi di diffusione del presente provvedimento, all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi dato idoneo a rivelare lo stato di salute delle parti o di persone comunque ivi citate.
13-03-2017 14:44
Richiedi una Consulenza