Controlli e verifiche sugli invalidi: la competenza spetta all' INPS.
Cons. St., Sez. III, 4 ottobre 2017, n. 4628
Pubblicato il 04/10/2017
N. 04628/2017REG.PROV.COLL.
N. 06142/2017 REG.RIC.
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex artt. 38 e 60 cod. proc. amm.
sul ricorso numero di registro generale 6142 del 2017, proposto da:
Regione Calabria, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'avvocato Giuseppe Naimo, con domicilio eletto presso lo studio Graziano Pungi' in Roma, via Sabotino;
contro
Inps, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati Nicola Valente, Maria Teresa Pugliano, Angela Maria Lagana', Ettore Triolo, con domicilio eletto presso lo studio Nicola Valente in Roma, via Cesare Beccaria 29;
Commissario Ad Acta per l'Attuazione del Piano di Rientro dai disavanzi del Servizio Sanitario Reg. Calabria, Ministero della Salute, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Gen.le Dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;
nei confronti di
Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ministero dell'Economia e delle Finanze, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Gen.Le Dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per la riforma
della sentenza breve del T.A.R. CALABRIA - CATANZARO :SEZIONE II n. 01336/2017, resa tra le part;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Inps e di Presidenza del Consiglio dei Ministri e di Ministero dell'Economia e delle Finanze; del Commissario ad Acta per l'attuazione del Piano di Rientro dai disavanzi del Servizio Sanitario Regione Calabria e di Ministero della Salute;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 21 settembre 2017 il Cons. Umberto Realfonzo e uditi per le parti gli avvocati Giuseppe Naimo, Nicola Valente, Ettore Triolo e l'Avvocato dello Stato Roberta Guizzi;
Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con il presente appello la Regione Calabria chiede l'annullamento della sentenza di cui in epigrafe con cui è stato respinto il ricorso avverso il decreto con cui il Commissario ad acta (DCA 86/17) ha approvato il Protocollo di Intesa Sperimentale tra l'INPS e la Struttura commissariale per l'affidamento alla stessa INPS delle funzioni relative all'accertamento dei requisiti sanitari in materia di pensioni di invalidità civile.
Il gravame è affidato alla denuncia di otto articolate rubriche di gravame, con cui denuncia: l'omessa pronuncia su diversi profili di censura, l'incompetenza del Commissario, lo sviamento di potere ed il travisamento dei fatti in ordine alla riduzione di costi.
Con decreto cautelare n. 3411 del 25 agosto 2017 è stata disposta la sospensione interinale della sentenza impugnata, fino alla decisione collegiale sulla istanza cautelare.
Alla Camera di Consiglio del 21.9.2017, il Collegio ha rappresentato, alle parti presenti, la possibilità di definizione del gravame con sentenza in forma semplificata.
L'Avvocato della Regione Calabria ha sinteticamente ricordato le proprie argomentazioni di merito a sostengo del gravame ed ha sottolineato il danno di carattere istituzionale ed economico per l'Amministrazione regionale.
L'Avvocato dell'INPS, a sua volta, ha ribadito l'inesistenza dei necessari presupposti del “fumus boni iuris” e del “periculum in mora” e, oltre al rigetto dell'appello cautelare, ha altresì chiesto la cancellazione di alcune espressione offensive della dignità dei dirigenti del Commissariato inserite a pag. 3, righe 16-17 della memoria del 18.9.2017
L'Avvocato dello Stato, costituitasi per il Commissario governativo, infine ha sottolineato la correttezza della sentenza e la legittimità dei provvedimenti impugnati.
L'appello è stato quindi ritenuto in decisione dal Collegio.
La causa, non ricorrendo contrari profili di rito, può essere definita con sentenza in forma semplificata, in considerazione dell'integrità del contraddittorio e della completezza dell'istruttoria.
1.§. Il ricorso è in primo luogo inammissibile.
Esattamente la difesa dell'INPS ha eccepito l'inesistenza dell'interesse al ricorso, ex art. 100 c.p.c. del tutto genericamente indicato sia in primo grado che in questa sede. La Regione non avrebbe affatto specificato, e provato, la sussistenza in concreto di una qualche reale utilità, giuridicamente apprezzabile, derivante dall'annullamento dei provvedimento impugnati.
Sotto il profilo delle competenze regionali gli accertamenti sanitari diretti al riconoscimento della spettanza della pensione di invalidità, non rientrano tra le funzioni delle Regioni costituzionalmente garantite dall'art. 117 Costituzione.
Sotto quello finanziario, i provvedimento non solo non comportano distrazione di somme dal Fondo Sanitario Regionale, ma al contrario sono diretti al progressivo sgravio di tutti gli oneri delle commissioni in questione, e quindi procurano un consistente risparmio economico al Servizio Sanitario Regionale (dagli atti a titolo esemplificativo si rileva un importo annuale pari a circa € 30.000 per la provincia di Crotone; € 200.000 per la provincia di Cosenza, a tacere delle altre, ecc.).
Non avendo la regione meglio esternato altri concreti profili di interesse si deve dunque concludere per il difetto di interesse legittimo della Regione al presente gravame.
2.§. In ogni caso, per esigenze di giustizia, si deve comunque sottolineare che il ricorso è anche infondato nel merito.
Per ragioni di economia espositiva le otto articolate rubriche di gravame possono essere esaminate come segue.
2.§.1. Per l'appellante erroneamente il TAR avrebbe omesso di pronunciarsi o, avrebbe implicitamente respinto l'eccezione relativa, circa la nullità della Convenzione per mancata sottoscrizione in forma digitale.
A prescindere dall'eccezione di tardività e di difetto di interesse introdotta dalla Difesa dell'INPS, basta ricordare al riguardo che l'art. 6 comma 7 del d.l. 23 dicembre 2013, n. 145 (conv. in L. n. 9/2014) ha espressamente dichiarato, tra gli altri, la validità degli “accordi di cui all'articolo 15, comma 2-bis, della legge 7 agosto 1990, n. 241 … non stipulati in modalità elettronica a far data dal 1° gennaio 2013 e fino alle date in cui la stipula in modalità elettronica diventa obbligatoria ai sensi, rispettivamente, dei citati articoli 15, comma 2-bis, della legge 7 agosto 1990, n. 241, e 6, comma 4, del citato decreto-legge n. 179 del 2012”.
Anche per la firma della convenzione non era affatto obbligatoriamente richiesta la firma digitale in quanto in base al Codice dell'amministrazione digitale d.lgs. 7 marzo 2005, n. 82 (c.d. CAD) non concerneva una delle tipologie di atti negoziali di cui all'art. 21 del CAD. Inoltre l'art.40 del CAD non afferma affatto esplicitamente che, da una certa data, è vietato produrre documenti cartacei, ma solo che a partire da tale data se vengono formati atti digitali, questi devono rispettare le modalità prescritte per la gestione informatica dei documenti.
Di qui la piena legittimità, sul piano formale, della convenzione firmata in cartaceo.
2.§.2. Possono poi essere esaminate unitariamente la seconda, la terza e la settima e l'ottava rubrica.
2.§.2.1. Con il secondo motivo si lamenta che, in difetto dell'omessa contestazione delle parti, il TAR avrebbe erroneamente ritenuto sussistente la competenza del Commissario ed avrebbe omesso di indicare la Delibera quale “fonte” del potere commissariale perché in nessuno punto della stessa poteva ravvisarsi il potere qui esercitato. Anche il DPCM 12.1.17, che ha ridefinito i L.E.A., non avrebbe fatto riferimento alcuno alla materia degli accertamenti dei requisiti sanitari in materia di invalidità civile.
Infine, per la Regione appellante, il tentativo di collegare il contenuto dell'atto esclusivamente alla finalità di rientro dal deficit, finirebbe per rendere del tutto privo di limiti il mandato commissariale (cfr. Corte Costituzionale sentenza n. 266/2006).
2.§.2.2. Con il terzo capo di doglianza si lamenta che, nonostante l'omessa contestazione delle parti, il TAR avrebbe erroneamente ritenuto che legittimamente l'atto impugnato avrebbe modificato “anche in forma implicita” il piano di rientro di cui al D.C.A. n. 119/16 e, comunque, avrebbe erroneamente asserito che il predetto programma ” … sarebbe modificabile in ogni momento, anche in modo implicito”.
2.§.2.3. Con il settimo motivo si contesta che l'impugnazione dell'atto impugnato sarebbe illegittimamente motivato per relationem con le precedenti relazioni dell'I.N.P.S., cui il Commissario ad acta ha aderito senza operare espressamente i relativi richiama alla nota del 4.8.17 versata in atti dalla difesa erariale.
Dalla consecutio degli atti istruttori emergerebbe che non vi sarebbe stata nessuna intenzione del Commissario di modificare il DCA 119/16 (oggetto del terzo motivo del presente ricorso).
La difesa regionale (v. p. 3 memoria del 18.8.17), avrebbe sottolineato che il Commissario, al momento dell'adozione degli atti, non conosceva, né ha valutato la “relazione istruttoria” datata 3 aprile 17.
2.§.2.4.. Infine con l'ottava doglianza si lamenta l'omessa pronuncia (o reiezione implicita) sulla censura relativa al difetto di motivazione del decreto impugnato in ordine alla compiuta indicazione sia delle “funzioni” che ne legittimavano l'adozione, sia delle ragioni che collegavano l‘adozione dell'atto al completamento ed al raggiungimento degli obiettivi del Piano.
2.§.2.5. L'assunto complessivo è infondato.
Sotto il profilo processuale amministrativo, è del tutto inconferente se le controparti abbiano, o meno, contestato che il potere commissariale sarebbe fondato nella delibera del consiglio dei ministri del 2015.
Ciò per la fondamentale ragione, che il precetto di cui al comma 2 dell'art. 64 del c.p.a., limita ai soli “fatti non specificamente contestati” il rilievo della mancata contestazione, mentre il profilo in questione attiene ad un profilo strettamente giuridico dell'appello.
Nel merito, si deve ritiene che, contrariamente a quanto afferma l'appellante, il potere del Commissario è giuridicamente fondato nell'articolo 2 comma 83 della legge n.191/2009 la quale attribuisce ai commissari governativi ad acta il potere di adottare non solo tutte le misure indicate piano ma altresì gli ulteriori “…atti e provvedimenti normativi, amministrativi, organizzativi e gestionali da esso implicati…”.
Al riguardo la Corte costituzionale ha giudicato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 2, comma 83, l. 23 dicembre 2009 n. 191, censurato -- in riferimento agli artt. 1 (co.2), 5, 70 (co. 1), 77, co.(1 e 2), 114, (co. 2), 117 (co. 3 e 6), 120 (co. 2) e 121 (co. 2) della Costituzione -- nella parte in cui attribuisce al commissario "ad acta" la facoltà di adottare tutte le misure indicate dal piano di rientro dai disavanzi sanitari, in quanto presupposti o comunque correlati e necessari alla completa attuazione del piano, anche in contrasto con precedenti atti regionali. La disciplina dei piani di rientro dai deficit sanitari è riconducibile al duplice ambito di potestà legislativa concorrente, ai sensi dell'art. 117, comma 3 della Costituzione della tutela della salute e del coordinamento della finanza pubblica. La ricordata L. n. 191 relativa alla disciplina dei Piani di rientro dai disavanzi del settore sanitario — in quanto costituisce espressione del potere sostitutivo straordinario del Governo ex art. 120 cost. – conferisce all'organo straordinario una ampia sfera di autonomia con la possibilità di adottare tutti gli atti di carattere amministrativo ritenuti necessari ai fini del contenimento della spesa sanitaria (cfr. Corte Costituzionale, sent.12 dicembre 2014, n. 278). Del resto, l'attivazione di un meccanismo sostitutivo dello Stato sulle Regioni, attraverso la nomina, con delibera del Consiglio dei ministri che ne specifica i poteri, di un Commissario ad acta dotato di poteri straordinari è prevista ai sensi dell'art. 120 Costituzione attuato dall'art. 8 l. 5 giugno 2003, n. 131 solo in conseguenza del mancato rispetto degli equilibri finanziari in sanità da parte della Regione.
Quanto alla natura degli atti del Commissario finalizzati al contenimento della spesa sanitaria, espressamente previsti dalla norma, vanno ricondotti alla categoria dei provvedimenti organizzativi e gestionali. In tale prospettiva il punto 5 della predetta delibera del Consiglio dei Ministri prevedeva espressamente “la razionalizzazione di contenimento della spesa per il personale”.
I provvedimento impugnati costituiscono dunque una puntuale esecuzione di una finalità legislativamente prevista per addivenire al rientro dal deficit.
Non vi sono assolutamente dubbi sul fatto che il recupero di somme in precedenza destinati a remunerare il personale medico impegnati nelle commissioni per l'invalidità civile costituisce un indubbio e diretto risparmio di spesa in quanto i medesimi sanitari potranno ritornare alla loro attività principale della cura dei pazienti evitando ulteriori assunzioni di medici.
Contrariamente a quanto vorrebbe dunque l'appellante, l'area di gestione del commissario non è affatto ontologicamente indistinta ma resta comunque delimitata e circoscritta al novero delle azioni indispensabili per riportare la gestione finanziaria della sanità ai necessari equilibri economici e funzionali.
Se nella competenza del Commissario ad Acta definita dall'art. 2 comma 83, l. 23 dicembre 2009 n. 191, rientra il potere di adottare il Piano e "tutti" gli atti necessari allo svolgimento di un'azione amministrativa complessivamente finalizzata alla riduzione delle spese e poi evidente che il predetto organo possa ben modificare, anche per implicito, del Piano stesso.
Con riguardo poi alla settima rubrica, la semplice lettura del DCA n. 86 e della Convenzione porta a dover del tutto escludere, sotto il profilo formale, il difetto di motivazione degli atti impugnati
Al riguardo sono sufficienti i riferimenti al conseguimento degli obiettivi finanziari fissati nel Piano di rientro ed alla salvaguardia dei livelli essenziali delle prestazioni.
Di qui l'inconferenza della doglianza circa la mancata allegazione nell'atto degli atti istruttori.
Quanto al difetto ed al travisamento dei fatti sotto il profilo istruttorio, si rileva che, nel rispetto dei principi di cui al ricordato art. 18 comma 22 D.L. n. 98/2011 (conv. in L. n. 11/ 2011), l'Inps ha correttamente svolto le necessarie verifiche e fornito i dati necessari alla decisione.
2.§.3. Parimenti infondata è la quarta censura con cui si lamenta l'omessa pronuncia (o la reiezione implicita) da parte del TAR sulla censura relativa alla mancata adozione della “determinazione a contrarre” e l'illegittimità dell'adozione ex post dell'atto di approvazione della Convenzione.
Al contrario basta sottolineare che la convenzione con l'INPS in esame non è affatto un contratto di appalto ai sensi del d.lgs. n.50/2016. Come visto, la fattispecie è un accordo fra pubbliche amministrazioni ex art.15 della L. n.241/1990 e s.m.i., al quale si applicano solo i commi 2 e 3 dell'articolo 11.
In assenza dell'espresso richiamo al comma 4-bis, che richiede la precedenza della determinazione dell'organo, anche tale capo di doglianza va respinto.
2.§.4. Va poi respinta la quinta rubrica con cui si lamenta l'omessa pronuncia (o reiezione implicita) sulla censura relativa alla pretesa contraddittorietà della motivazione del D.C.A. n. 86 con l'Accordo Quadro n.30/SCR. Mentre il presupposto dell'Accordo Quadro è che le attività vengano svolte tutte direttamente dall'INPS, l'articolo 7 della Convezione preveda che i dipendenti INPS coinvolti hanno limitati compiti di segreteria delle Commissioni.
Come emerge chiaramente dal suo tenore letterale, la previsione contenuta all'articolo 7 della Convenzione è manifestamente diretta a disciplinare alcuni limitati segmenti nella prima fase di esecuzione delle attività.
L'Analisi Preliminare effettuata in fase istruttoria, ricordata dalla Difesa dell'INPS, che gli 84 medici in forza all'INPS, appaiono più che sufficienti a coprire il fabbisogno di 62 medici necessari per espletare tutte le Commissioni mensili. In ogni caso la circostanza per cui "…restano a carico del bilancio regionale gli oneri relativi alle prestazioni rese dai medici specialistici in oculistica ed otorinolaringoiatria" per “una sola seduta mensile di Commissione di accertamento di cecità civile e sordità in ciascun Centro Medico Legale della Regione” non è dunque in grado di radicare alcun sintomo di contraddittorietà dei provvedimenti in esame.
2.§.5. Con il sesto mezzo si lamenta che le attestazioni dei costi già sopportati dal SSR per gli anni 2015 e 2016, non garantirebbero i risparmi posti a base della motivazione perché in precedenza i medici dipendenti del SSN svolgevano l'attività in orario di servizio.
Inoltre la circostanza per cui l'attività dell'INPS si concentrerebbe esclusivamente nelle sedi di Catanzaro, Reggio Calabria e Rossano non solo contraddirebbe la pretese “facilitazioni per l'utenza”, ma comporterebbe altresì il lievitare dei costi per le missioni del personale e degli utenti necessarie per recarsi in tali sedi
L'assunto va respinto.
Anche alla luce delle considerazioni che precedono (sub 1.§ e 2.§.2.5.) si deve concordare con il Primo Giudice quando rileva che il presente decreto assicura comunque il conseguimento degli obiettivi finanziari fissato al punto 3.6.4. del Piano di Rientro, che prevedeva espressamente gli obiettivi di risparmio dei costi del personale.
La certezza dei risparmi è comprovata proprio dal fatto che la gran parte delle attività, attualmente svolte dalle Asl, saranno via via assunte a carico dell'Inps con un diretto risparmio per gli oneri del servizio sanitario regionale e con un miglioramento delle prestazioni del personale medico che, come visto, potrà tornare ad assicurare i propri compiti sanitari in favore dei pazienti della Regione.
Quanto poi ai pretesi disagi iniziali ed ai costi aggiuntivi, non risulta corrispondente al vero che gli utenti, che dovranno sempre e necessariamente recarsi presso Catanzaro, Reggio Calabria e Rossano Calabro. Infatti, in relazione alla notoria articolazione dell'INPS sul territorio, l'Istituto ha chiarito che le visite mediche saranno effettuate presso tutti i centri medici legali presenti nelle direzioni provinciali (Catanzaro, Cosenza, Crotone, Reggio Calabria e Vibo Valentia) e presso le Agenzie INPS di Lamezia Terme e Rossano.
In definitiva, sotto i profili dell'efficienza e dell'efficacia, il riassorbimento in capo all'Inps delle attività in materia di invalidità civile, appare logicamente ineccepibile ed i relativi provvedimenti sono del tutto legittimi.
3.In definitiva, l'appello della Regione Calabria è infondato in tutti i suoi profili e va respinto.
Deve invece essere accolta la richiesta della Difesa dell'INPS di cancellazione delle espressioni effettivamente spregiative nei riguardi del dirigente dell'INPS contenute a pag. 3, righe 16-17, della memoria della Difesa della Regione Calabria in data 18.9.2017.
Le spese, secondo le regole generali seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza) definitivamente pronunciando:
1. respinge l'appello cui in epigrafe.
2. respinge la richiesta di cancellazione di alcune espressioni offensive dell'appello.
3. Condanna l'appellante al pagamento delle spese del presente giudizio che sono liquidate in € 1.500,00, oltre agli accessori come per legge a favore delle appellate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 21 settembre 2017 con l'intervento dei magistrati:
Franco Frattini, Presidente
Francesco Bellomo, Consigliere
Umberto Realfonzo, Consigliere, Estensore
Massimiliano Noccelli, Consigliere
Pierfrancesco Ungari, Consigliere
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Umberto Realfonzo Franco Frattini
IL SEGRETARIO
25-10-2017 14:28
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