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Sentenza

Appalto, scadenza presentazione offerte, pubblicità dei termini...
Appalto, scadenza presentazione offerte, pubblicità dei termini
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 12 ottobre – 22 novembre 2017, n. 5424
Presidente Balucani – Relatore Veltri

Fatto

1.La C.O.L. – Centro Ortopedico Ligure s.r.l. - odierna appellante - ha preso parte alla procedura ad evidenza pubblica indetta dalla Regione Liguria, su delega dell'A.S.L. n. 2 Savonese, per l'affidamento in concessione, ai sensi degli art. 164 e ss. del d. lgs. n. 50 del 2016, del servizio di gestione in regime di concessione di un reparto della disciplina di ortopedia e traumatologia presso l'Ospedale Santa Maria di Misericordia in Albenga.
Il 15 settembre 2016 la medesima ha presentato la propria offerta in conformità alle prescrizioni dettate dalla legge di gara.
Con decreto dirigenziale n. 4265 del 13 settembre 2016, tuttavia, la stazione appaltante, in ragione delle numerose richieste di chiarimenti, ha disposto una proroga del termine per la presentazione delle offerte alle ore 12.00 del 22 settembre 2016.
Entro il termine prorogato al 22 settembre 2016, la stazione appaltante ha ricevuto sei offerte, di cui due – quella dell'odierna appellante e di GSD Gestioni Ospedaliere s.r.l. – presentate nel termine originario di scadenza, mentre altre quattro – tra cui quella presentata dall'impresa che è poi divenuta anche aggiudicataria, Policlinico di Monza s.p.a. – presentate nel termine prorogato.
2.Il decreto dirigenziale di proroga è stato impugnato dinanzi al TAR Liguria dalla C.O.L.
3.Il T.A.R., con sentenza n. 1278 del 30 dicembre 2016 resa in forma semplificata, ha respinto il ricorso. La sentenza impugnata, nel rigettare il ricorso di primo grado, ha affrontato essenzialmente due aspetti, riguardanti: per un verso, l'adeguatezza dell'impianto motivazionale posto a fondamento della proroga del termine di presentazione delle offerte; per altro verso, la legittimità dello strumento utilizzato per comunicare l'avvenuto differimento dei termini stabiliti dalla lex specialis.
In ordine al primo aspetto, il Collegio ha ritenuta adeguata la motivazione contenuta nel provvedimento impugnato – riferita al gran numero di richieste di chiarimenti pervenute alla Stazione Appaltante (talune tardivamente) – in quanto: (i) relativamente ai quesiti posti tempestivamente, la proroga si configurerebbe come atto dovuto a contenuto vincolato; (ii) la sanzione dell'inammissibilità prevista dal bando in ordine alle richieste di chiarimenti andrebbe riferita alle modalità di presentazioni degli stessi e non al termine di ricezione; (iii) in ogni caso, il tenore dell'art. 79, comma 5, del D. Lgs. 18 aprile 2016, n. 50 ammetterebbe indirettamente la sussistenza di margini di discrezionalità in ordine a richieste tardive, purché attinenti ad aspetti rilevanti. Quanto alla legittimità dello strumento utilizzato per comunicare l'avvenuto differimento dei termini stabiliti dalla lex specialis ha affermato che “l'obbligo stabilito dal disciplinare a carico dei “concorrenti”, di impegnarsi a verificare durante tutto l'esperimento della procedura di gara il sito internet della stazione appaltante deve interpretarsi come gravante su tutti gli operatori economici comunque interessati alla gara, com'è fatto palese dalla precisazione relativa alla pubblicazione sul sito dei chiarimenti, che precedono la presentazione dell'offerta. Dunque la società ricorrente, avendo effettuato il sopralluogo ed avendo presentato in data 19.8.2016 una richiesta di chiarimenti, era senz'altro tenuta alla costante consultazione del sito al fine di conoscere “ogni comunicazione di legge” (così il disciplinare di gara), ivi compresa la proroga dei termini di presentazione delle offerte, senza bisogno di una comunicazione personale”.
4. Avverso la sentenza ha interposto appello COL. Il medesimo ha dedotto che il giudice di prime cure avrebbe errato nel ritenere che: 1. La mancanza di motivazione in ordine alla proroga, costituisca vizio “non invalidante” ex art. 21-octies, comma 2, della l. 7 agosto 1990, n. 241, atteso che, per converso, nel caso di specie il contenuto dispositivo del provvedimento adottato ben avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato, ex l'art. 79, comma, 5 del D. Lgs. n. 50/2016; 2. il Giudice di prime cure avrebbe altresì omesso di considerare che la proroga è stata disposta a ridosso della scadenza del termine di presentazione delle offerte, quando i concorrenti ormai confidavano legittimamente che l'Amministrazione non avesse intenzione di fornire alcun ulteriore chiarimento; 3. la tesi del T.A.R. secondo la quale la sanzione dell'inammissibilità – prevista dalla lex specialis – andrebbe riferita alle modalità di formulazione delle richieste di chiarimenti (i.e., tramite pec) contrasterebbe con l'art. 74, comma 4, del D. Lgs. 50/2016; 4. contrariamente a quanto sostenuto dal Giudice di primo grado, le determinazioni assunte dalla Stazione Appaltante si sarebbero risolte in una grave violazione della par condicio dei concorrenti, atteso che la società che aveva predisposto un'offerta in considerazione del termine originariamente previsto dalla lex specialis di gara, in difetto di conoscenza delle risposte ai quesiti posti a chiarimento del disciplinare, si è trovata chiaramente in una posizione di svantaggio rispetto a quei concorrenti che, invece, hanno potuto formulare l'offerta a seguito dell'avvenuta proroga, beneficiando dell'interpretazione “autentica” fornita dalla Stazione appaltante in ordine ai medesimi chiarimenti.
4.1.Contestualmente all'appello, COL ha altresì impugnato con motivi aggiunti direttamente in appello, il decreto n. 730 del 22 febbraio 2017 del Dirigente del Settore Affari Generali della Regione Liguria, con cui è stata disposta – successivamente alla pubblicazione della suindicata sentenza – l'aggiudicazione definitiva, a favore del Policlinico di Monza S.p.A., della gara.
5. Nel giudizio si sono costituiti, l'ASL n. 2 Savonese, la Regione Liguria e il Policlinico di Monza S.p.A. Tutti hanno concluso per la reiezione del gravame.
6. La causa è stata trattenuta in decisione alla pubblica udienza del 12 ottobre 2017.

Diritto

1.Secondo l'appellante, l'art. 79, comma 3 del D. Lgs. n. 50/2016 consentirebbe di escludere che la proroga del termine di presentazione delle offerte sia un atto a contenuto vincolato, atteso che esso – contrariamente a quanto sostenuto dal T.A.R. – riconosce all'Amministrazione il potere di non prorogare i termini di gara in caso di quesiti insignificanti. In ogni caso il difetto di motivazione, censurato con il ricorso introduttivo in primo grado, non rientrerebbe tra le “violazioni di norme sul procedimento” contemplate dall'art. 21 octies comma 2 della legge 241/90.
1.1. Il motivo non è fondato. Come sottolineato dal primo giudice, quando le richieste di chiarimento sono tempestive ed impongono informazioni supplementari significative, la proroga del termine di presentazione delle offerte è atto doveroso, in quanto non necessitante di valutazioni comparative fra gli interessi pubblici e privati coinvolti. E' pur vero che il presupposto fattuale, ossia la significatività della questione oggetto di quesito, implica apprezzamenti soggettivi, ma ciò è comune a tutti i provvedimenti vincolati che abbiano a presupposto un fatto, al ricorrere del quale il legislatore riconnette il doveroso esercizio del potere.
1.2. Non convincente è poi il tema di indagine – suggerito dall'appellante – circa la sussumibilità del vizio di motivazione nei cd vizi formali di cui all'art. 21 octies. La giurisprudenza ha avuto modo di chiarire che per gli atti vincolati è sufficiente che in concreto sussistano i presupposti per provvedere richiesti dalla legge, essendo sempre possibile per l'amministrazione, anche alla luce della norma di cui all'art. 21 octies, comma 2, L. 7 agosto 1990, n. 241, dimostrarne, pure in giudizio, l'esistenza (da ultimo Cons. Stato Sez. V, 29-04-2016, n. 1645). Da qui l'irrilevanza del vizio se inteso in senso meramente formale.
2. Con ulteriore motivo l'appellante sostiene che, nell'affermare la legittimità del provvedimento impugnato, il Giudice di prime cure avrebbe altresì omesso di considerare che la proroga è stata disposta a ridosso della scadenza del termine di presentazione delle offerte, quando i concorrenti ormai confidavano legittimamente che l'Amministrazione non avesse intenzione di fornire alcun ulteriore chiarimento. Nel delineato contesto, il T.A.R. avrebbe omesso di considerare che la singolare tempistica prevista dall'art. 79 comma 3 lett. a) del nuovo codice appalti (sei giorni prima del termine di presentazione delle offerte) avrebbe dovuto radicare in capo all'Amministrazione un consistente obbligo motivazionale in ordine alle ragioni per cui le integrazioni informative dovessero considerarsi talmente significative per la presentazione di offerte adeguate, da rendere necessaria una tardiva risposta ai quesiti.
2.1. Anche questo motivo è infondato. A mente dell'art. 79 comma 3 cit. “Le stazioni appaltanti prorogano i termini per la ricezione delle offerte in modo che gli operatori economici interessati possano prendere conoscenza di tutte le informazioni necessarie alla preparazione delle offerte nei casi seguenti: a) se, per qualunque motivo, le informazioni supplementari significative ai fini della preparazione di offerte adeguate, seppur richieste in tempo utile dall'operatore economico, non sono fornite al più tardi sei giorni prima del termine stabilito per la ricezione delle offerte……”.
La disposizione si limita a fissare l'obbligo di proroga del termine in caso di mancata risposta dell'amministrazione ai quesiti (rilevanti e significativi) nel termine contestualmente dato. La mancata risposta è dunque l'evento omissivo che autorizza gli offerenti a confidare nella proroga, o comunque a considerarla plausibile, ossia il contrario di quanto sostenuto dall'appellante.
3. Con un terzo motivo di gravame l'appellante deduce l'erroneità delle statuizioni rese dal Giudice di prime cure nella parte in cui, per dimostrare la legittimità delle determinazioni assunte dall'amministrazione, evidenziano la presenza di richieste di chiarimenti tardive, di contenuto rilevante ai fini della presentazione dell'offerta.
Sul punto l'appellante contesta in primis la tesi del T.A.R. secondo la quale la sanzione dell'inammissibilità – prevista dalla lex specialis – andrebbe riferita alle modalità di formulazione delle richieste di chiarimenti (i.e., tramite pec) e non ai tempi. In ogni caso, anche a voler considerare in via eccezionale e derogatoria la richiesta tardiva ammissibile, la motivazione della proroga – questa volta discrezionale ai sensi del comma 5 dell'art. 79 cit – avrebbe dovuto essere molto più corposa e rigorosa.
3.1. Anche questo motivo è infondato. E' pur verso che l'art. 74, comma 4, del D. Lgs. 50/2016 - espressamente richiamato dalle disposizioni del disciplinare riguardanti i “Chiarimenti” - statuisce in che “Sempre che siano state richieste in tempo utile, le ulteriori informazioni sul capitolato d'oneri e sui documenti complementari sono comunicate dalle stazioni appaltanti a tutti gli offerenti che partecipano alla procedura d'appalto almeno sei giorni prima della scadenza del termine stabilito per la ricezione delle offerte”. Tuttavia la norma dev'essere letta in uno con quella dettata dall'art. 79 comma 5, in forza della quale – deve ritenersi - anche quando le informazioni supplementari non sono state richieste in tempo utile le amministrazioni aggiudicatrici possono (questa volta) discrezionalmente valutare la proroga.
Alla luce di ciò appare non dirimente stabilire se la sanzione di cui al disciplinare di gara sia riferita alle modalità di inoltro della richiesta di chiarimenti, ovvero ai tempi della stessa, atteso che – come del resto già chiarito dal primo giudice – il disciplinare dev'essere comunque “interpretato sistematicamente rispetto alla possibilità ammessa dalla legge di dare evasione anche alle richieste di chiarimenti tardive”
3.2.Quanto alla congruità e sufficienza della motivazione è lo stesso appellante a riconoscere che “In effetti, attraverso tali chiarimenti l'Amministrazione, a fronte di un importo complessivo pari a 11.000.000 annui (in parte costituito, per 3.000.000 annui, da prestazioni da rendere a pazienti extraregionali), ha ammesso che il ribasso dovesse applicarsi esclusivamente per la quota parte riferibile ai pazienti liguri (i.e., 800.000.000 annui)”. L'importanza del chiarimento era cioè così rilevante ed assorbente, da non ammettere, in concreto, ipotesi alternative.
4. Da ultimo l'appellante contesta le conclusioni rassegnate dai giudici di primo grado in punto di pubblicità della proroga, in quanto la modifica di elementi fondamentali della procedura di gara – quali il termine per la presentazione delle offerte e la definizione della base d'asta su cui dovevano essere applicati gli sconti – avrebbe dovuto essere disposta con modalità analoghe a quelle utilizzate per la pubblicazione del bando o comunque tramite comunicazione diretta a tutti i soggetti partecipanti, pena la grave violazione della par condicio dei concorrenti.
4.1. La censura non è in grado di incrinare le condivisibili argomentazioni adoperate dal primo giudice, dirette ad evidenziare l'obbligo, stabilito dal disciplinare a carico dei “concorrenti”, di impegnarsi a verificare durante tutto l'esperimento della procedura di gara il sito internet della stazione appaltante con specifico riferimento ai chiarimenti. Del resto non trattavasi di provvedimenti individuali di carattere impeditivo o ablatorio, quanto di provvedimenti ampliativi delle possibilità partecipative, diretti a tutti i partecipanti.
5.Sono infine da dichiarare inammissibili i motivi aggiunti avverso l'aggiudicazione a terzi, sopravvenuta dopo la pubblicazione della sentenza di primo grado. L' art. 104, comma 3, D.Lgs. n. 104/2010 (CPA), laddove consente la proposizione di motivi aggiunti in appello qualora la parte venga a conoscenza di documenti, non prodotti dalle altre parti nel giudizio di primo grado, da cui emergano vizi degli atti o provvedimenti amministrativi impugnati, ha codificato il pregresso orientamento giurisprudenziale che ammetteva i motivi aggiunti in grado d'appello al solo fine di dedurre ulteriori vizi degli atti già censurati in primo grado, e non anche nella diversa ipotesi in cui con essi si intendeva impugnare nuovi atti sopravvenuti alla sentenza di primo (.L' art. 104, comma 3, D.Lgs. n. 104/2010 (CPA), laddove consente la proposizione di motivi aggiunti in appello qualora la parte venga a conoscenza di documenti, non prodotti dalle altre parti nel giudizio di primo grado, da cui emergano vizi degli atti o provvedimenti amministrativi impugnati, ha codificato il pregresso orientamento giurisprudenziale che ammetteva i motivi aggiunti in grado d'appello al solo fine di dedurre ulteriori vizi degli atti già censurati in primo grado, e non anche nella diversa ipotesi in cui con essi si intende impugnare – come avvenuto nel caso di specie - nuovi atti sopravvenuti alla sentenza di primo (da ultimo Cons. Stato Sez. VI, 01-09-2017, n. 4172).
6. L'appello è in conclusione respinto.
7. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna l'appellante alla refusione delle spese di lite sostenute dalle parti appellate, forfettariamente liquidate in €. 1.500 per ciascuna della parti costituite.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Avv. Antonino Sugamele

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