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Sentenza

Una cittadina ericina chiede la condanna del Comune di Erice alla restituzione d...
Una cittadina ericina chiede la condanna del Comune di Erice alla restituzione del terreno o al risarcimento dei danni conseguenti all'occupazione illegittima e all'espropriazione, vinte le spese.
T.A.R. Palermo, (Sicilia), sez. III, 22/01/2016, (ud. 18/12/2015, dep.22/01/2016),  n. 186

                         REPUBBLICA ITALIANA                         
                     IN NOME DEL POPOLO ITALIANO                     
        Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia         
                           (Sezione Terza)                           
ha pronunciato la presente                                           
                              SENTENZA                               
sul ricorso numero di registro generale 378 del 2006, proposto da:   
Al. Pa., rappresentata e difesa dagli  avvocati  Giovanni  Sinatra  e
Salvatore  Sinatra,  elettivamente  domiciliata  presso  lo    studio
dell'avv. Marcello Zampardi in Palermo, via Dante, n. 25;            
                               contro                                
Comune di Erice, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato  e
difeso dall'avv. Enrico Pucci, elettivamente  domiciliato  presso  lo
studio dell'avv. Giovanna Millocca in Palermo, via Giovanni  Bonanno,
n. 67;                                                               
                          nei confronti di                           
Vu. An., Al. An., Pe. Pa., non costituitisi in giudizio;             
                         per il risarcimento                         
del danno conseguente all'occupazione del fondo distinto  in  catasto
al foglio n. (omissis), particelle  n.  (omissis),  ed  alla  perdita
della relativa proprietà nel contesto della  procedura  espropriativa
finalizzata alla esecuzione dei "Lavori di costruzione di una  scuola
materna in località Casa Santa - via Caserta".                       
Visti il ricorso e i relativi allegati;                              
Visti l'atto di costituzione in giudizio e le memorie del  Comune  di
Erice;                                                               
Visti tutti gli atti della causa;                                    
Relatore nell'udienza pubblica del 18 dicembre  2015  il  consigliere
Aurora Lento e uditi per le parti i difensori  come  specificato  nel
verbale;                                                             
Ritenuto e considerato.                                              


Fatto

Con ricorso, notificato il 10 febbraio 2006 e depositato il giorno 23 successivo, la signora Pa. Al., premesso di essere proprietaria di un terreno sito ad Erice, contrada Raganzili, via Caserta, distinto in catasto al foglio n. (omissis), particelle n. (omissis), esponeva di avere subito una procedura espropriativa finalizzata alla esecuzione dei "Lavori di costruzione di una scuola materna in località Casa Santa - via Caserta".

In particolare, con deliberazione della giunta comunale n. 38 del 9 aprile 2004, era stato approvato il progetto dell'opera; dichiarata la stessa di pubblica utilità, indifferibilità e urgenza; disposta l'espropriazione dei terreni necessari. In data 11 novembre 2005, erano iniziati i lavori, che si erano conclusi con la realizzazione dell'opera senza, però, che venisse adottato il decreto di esproprio.

La ricorrente ha chiesto la condanna del Comune di Erice alla restituzione del terreno o al risarcimento dei danni conseguenti all'occupazione illegittima e all'espropriazione, vinte le spese.

Ha censurato la legittimità della procedura quale conseguenza dell'omessa adozione del decreto di esproprio.

Si è costituito in giudizio il Comune di Erice, che ha eccepito in via preliminare l'inammissibilità del ricorso sotto due distinti profili, ovverosia il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo e la mancata precisa indicazione degli atti impugnati. Ha, comunque, chiesto il rigetto del ricorso, poiché infondato, vinte le spese.

Alla pubblica udienza del 18 dicembre 2015, su conforme richiesta dei difensori delle parti presenti come da verbale, il ricorso è stato posto in decisione.
Diritto

1. La controversia ha ad oggetto la richiesta della ricorrente di restituzione del proprio fondo o di risarcimento del danno subito per effetto della trasformazione dello stesso nell'ambito di una procedura ablativa non conclusasi con un provvedimento di esproprio.

La ricorrente fonda la sua pretesa sull'omessa adozione del decreto di esproprio non contestata dal Comune resistente.

2. Preliminarmente va esaminata l'eccezione di difetto di giurisdizione sollevata dal Comune di Erice, che è infondata alla luce del consolidato orientamento giurisprudenziale secondo il quale sono devolute alla giurisdizione amministrativa esclusiva le controversie nelle quali si faccia questione, anche ai fini complementari della tutela risarcitoria, di attività di occupazione e trasformazione di un bene conseguenti ad una dichiarazione di pubblica utilità, con essa congruenti e ad essa conseguenti, anche laddove il procedimento all'interno del quale siano state espletate non sia poi sfociato in un tempestivo atto traslativo ovvero sia stato caratterizzato dalla presenza di atti poi dichiarati illegittimi (per tutte di recente Consiglio di Stato, IV, 12 marzo 2015, n. 1318).

Nella specie l'opera è stata dichiarata di pubblica utilità, ma non si è avuta l'adozione del decreto di esproprio.

3. Parimenti infondata è l'eccezione di inammissibilità del ricorso per omessa precisa indicazione degli atti impugnati considerato che lo stesso tende non all'annullamento di provvedimenti, ma al riconoscimento dell'illegittimità derivante dalla omessa conclusione della predetta procedura espropriativa.

4. Ciò premesso, il ricorso è fondato e va accolto secondo quanto si seguito precisato.

Come noto, qualora, come nella specie, alla dichiarazione di pubblica utilità non abbia fatto seguito l'adozione di un tempestivo decreto di esproprio, pur in presenza della realizzazione dell'opera programmata, non si ha il trasferimento della proprietà.

Ne deriva che l'Amministrazione ha l'obbligo giuridico di far venir meno l'occupazione sine titulo e di adeguare la situazione di fatto a quella di diritto, restituendo l'immobile al legittimo titolare dopo aver demolito quanto realizzato.

La realizzazione di un intervento pubblico su un fondo illegittimamente occupato costituisce, infatti, un mero fatto, non idoneo a determinare il trasferimento della proprietà, che può conseguire solo da un formale atto di acquisizione dell'Amministrazione e non anche da atti o comportamenti anche di tipo rinunziativo o abdicativo (ex plurimis Consiglio di Stato, VI, 10 maggio 2013, n. 2259).

Ciò chiarito, il Collegio deve, tuttavia, interrogarsi sulla valenza e gli effetti dell'art. 42 bis del testo unico sugli espropri, laddove si stabilisce che, valutati gli interessi in conflitto, l'autorità che utilizza un bene immobile per scopi di interesse pubblico, modificato in assenza di un valido ed efficace provvedimento di esproprio o dichiarativo della pubblica utilità, può disporre che esso sia acquisito, non retroattivamente, al suo patrimonio indisponibile e che al proprietario sia corrisposto un indennizzo per il pregiudizio patrimoniale e non patrimoniale, quest'ultimo forfettariamente liquidato nella misura del dieci per cento del valore venale del bene.

Orbene, come ritenuto nella condivisa decisione della IV sezione del Consiglio di Stato n. 1514 del 16 marzo 2012, tale disposizione regola in termini di autonomia i rapporti tra potere amministrativo di acquisizione in sanatoria e processo amministrativo di annullamento, consentendo l'emanazione del provvedimento dopo che "sia stato annullato l'atto da cui sia sorto il vincolo preordinato all'esproprio, l'atto che abbia dichiarato la pubblica utilità di un'opera o il decreto di esproprio" od anche, "durante la pendenza di un giudizio per l'annullamento degli atti citati, se l'amministrazione che ha adottato l'atto impugnato lo ritira". Ne deriva che ove il giudice, in applicazione dei principi generali, condannasse l'amministrazione alla restituzione del bene, il vincolo del giudicato eliderebbe irrimediabilmente il potere sanante dell'amministrazione (salva ovviamente l'autonoma volontà transattiva delle parti) con conseguente frustrazione degli obiettivi avuti a riferimento dal legislatore.

In tale decisione si è, pertanto, condivisibilmente addivenuti alla conclusione che i principi desumibili dalla norma succitata e le possibilità insite nel principio di atipicità delle pronunce di condanna, ex art. 34 lett. c) c.p.a., impongano una limitazione della condanna all'obbligo generico di provvedere ex art. 42 bis.

L'applicazione di tali principi alla fattispecie in esame comporta che, accertata l'assenza di un valido titolo di esproprio, nonché la modifica del fondo e la sua utilizzazione, rimane impregiudicata la discrezionale valutazione in ordine agli interessi in conflitto da parte del Comune resistente, il quale, ove ritenga di non restituire il fondo ai legittimi proprietari previa riduzione nel pristino stato, potrà in via alternativa disporre la sua acquisizione. Qualora decida per l'acquisizione, dovrà liquidare in favore del ricorrente il valore venale del bene al momento dell'emanazione del provvedimento, aumentato del 10% a titolo di forfettario ristoro del pregiudizio patrimoniale e non patrimoniale arrecato, nonché il 5% del valore che l'immobile aveva in ogni anno successivo alla scadenza della occupazione legittima (avvenuta per decorrenza del termine quinquennale dalla immissione in possesso) a titolo di occupazione sine titulo, detratto, ovviamente, quanto già corrisposto a vario titolo al ricorrente, subordinando, come per legge, l'effetto traslativo all'effettivo pagamento delle somme. L'ultima posta risarcitoria indicata dovrà essere corrisposta anche nel caso in cui l'amministrazione dovesse optare per la restituzione. In quest'ultimo caso, ove le somme già ricevute dal ricorrente si rivelassero superiori al danno da occupazione, esse dovranno essere restituite per l'eccedenza.

Ai sensi dell'art. 34 lett. c) del c.p.a. è opportuno disporre che il provvedimento, qualunque sia il suo dispositivo, venga emanato entro giorni 60 dalla comunicazione o notificazione della presente decisione; tempestivamente notificato ai proprietari e trascritto presso la conservatoria dei registri immobiliari a cura dell'amministrazione procedente, nonché comunicato alla Corte dei Conti.

In conclusione, il ricorso deve essere accolto nei sensi e per gli effetti di cui in motivazione.

Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
PQM
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei sensi e per gli effetti di cui in motivazione.

Condanna il Comune resistente al pagamento in favore della ricorrente delle spese del presente giudizio liquidate in € 2.000,00 (duemila/00), oltre accessori se e in quanto dovuti e rimborso del contributo unificato.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Palermo nella camera di consiglio del giorno 18 dicembre 2015 con l'intervento dei magistrati:

Calogero Ferlisi, Presidente

Aurora Lento, Consigliere, Estensore

Lucia Maria Brancatelli, Referendario

DEPOSITATA IN SEGRETERIA IL 22 GEN. 2016.
Avv. Antonino Sugamele

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