Tribunale di Catanzaro: riconosciuto lo status di rifugiato a un cittadino ghanese perseguitato nel suo Paese d'origine a motivo della sua omosessualità.
IL TRIBUNALE DI CATANZARO
SECONDA SEZIONE CIVILE
in persona del giudice monocratico Dott. Antonio Scalera,
sciogliendo la riserva che precede, ha pronunciato la
seguente
ORDINANZA
Nel procedimento iscritto al n. del R.G.V.G.
dell'anno avente ad oggetto domanda di riconoscimento
del diritto alla protezione internazionale, introdotto
DA
S. B. A. R., rappresentato e difeso, in forza di procura
in calce al ricorso depositato in data 10.4.2014,
dall'avv. , elettivamente domiciliato nel suo studio
in
RICORRENTE
CONTRO
Commissione Territoriale per il Riconoscimento della
Protezione Internazionale di Crotone, rappresentato e
difeso ex lege dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato
di Catanzaro
RESISTENTE
CONCLUSIONI
Come da ricorso depositato in data 10.4.2014.
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FATTO E DIRITTO
1. S. B. A. R., nato in Ghana, con ricorso depositato in
Cancelleria in data 10.4.2014, ha impugnato il
provvedimento con cui la Commissione Territoriale per il
Riconoscimento della Protezione Internazionale di Crotone
aveva deciso di non riconoscere la protezione
internazionale, neppure ravvisando i presupposti per il
permesso di soggiorno per motivi umanitari.
Il ricorrente ha censurato la pronuncia della
Commissione, ritenendola erronea nel merito; ha chiesto,
pertanto, che, in accoglimento del ricorso, gli fosse
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riconosciuto lo status di rifugiato o, in via
subordinata, che gli fosse concessa la protezione
sussidiaria o umanitaria; che l'Ente resistente fosse
condannato al pagamento delle spese e competenze di
giudizio.
In data 2.10.2014 si è costituito in giudizio il
Ministero dell'Interno, depositando fascicolo di parte
contenente una memoria difensiva e documenti allegati ed
opponendosi al ricorso avversario.
La procedura, istruita mediante l'acquisizione di
documenti e l'audizione del ricorrente, è stata
trattenuta in decisione all'udienza dell'1.12.2015.
2. Il ricorso è fondato e va accolto per le ragioni di
seguito illustrate.
2.1. Il ricorrente ha riferito alla Commissione:
- di essere stato scoperto, nel 2008, mentre intratteneva
una relazione omosessuale con il cugino;
- di essere fuggito per timore di essere ucciso dal
padre, che, essendo un imam, non aveva mai accettato
l'omosessualità del figlio.
Nel corso dell'audizione svoltasi dinanzi a questo
Tribunale, all'udienza del 10.3.2015, il ricorrente non
solo ha confermato le circostanze riferite alla
Commissione, ma ha anche manifestato la sua disponibilità
ad entrare in contatto con associazioni costituite a
tutela degli interessi degli omosessuali.
Il Tribunale, vista la disponibilità del ricorrente, ha
rinviato la causa all'udienza successiva, invitando il
richiedente asilo a produrre una relazione proveniente
dagli enti con cui fosse medio tempore riuscito ad
entrare in contatto.
All'udienza del 3.7.2015, il procuratore del ricorrente
ha prodotto una dichiarazione rilasciata
dall'associazione Arcigay – Comitato di Catania dalla
quale risultava che il ricorrente aveva partecipato
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assiduamente dall'Aprile 2015 alle attività del gruppo ed
aveva anche ricevuto la tessera di iscrizione al
Comitato.
All'udienza del 15.9.2015, il ricorrente, nuovamente
sentito dal Tribunale, ha affermato di essere ancora in
contatto con l'Arcigay di Catania ed ha precisato di
avere ricevuto minacce di morte in Ghana a causa della
sua condizione.
2.2. Ritiene il Giudicante di dover disattendere, alla
luce degli elementi sin qui raccolti, la valutazione di
non credibilità del ricorrente espressa dalla
Commissione.
Invero, a mente dell'art. 3, comma 5 d. lgs. 19.11.2007,
n. 251, “Qualora taluni elementi o aspetti delle
dichiarazioni del richiedente la protezione
internazionale non siano suffragati da prove, essi sono
considerati veritieri se l'autorita' competente a
decidere sulla domanda ritiene che: a) il richiedente ha
compiuto ogni ragionevole sforzo per circostanziare la
domanda; b) tutti gli elementi pertinenti in suo
possesso sono stati prodotti ed e' stata fornita una
idonea motivazione dell'eventuale mancanza di altri
elementi significativi; c) le dichiarazioni del
richiedente sono ritenute coerenti e plausibili e non
sono in contraddizione con le informazioni generali e
specifiche pertinenti al suo caso, di cui si dispone;
d) il richiedente ha presentato la domanda di
protezione internazionale il prima possibile, a meno che
egli non dimostri di aver avuto un giustificato motivo
per ritardarla; e) dai riscontri effettuati il
richiedente e', in generale, attendibile.((Nel valutare
l'attendibilita' del minore, si tiene conto anche del suo
grado di maturita' e di sviluppo personale.))”.
La Corte di Giustizia UE, nella sentenza del 2.12.2014,
cause riunite C-148/13, C-149/13, C-150/13, ha affermato,
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al punto n. 58, che “nell'ambito delle verifiche compiute
dalle autorità competenti, in virtù dell'articolo 4 di
detta direttiva (n.d.r., direttiva 2004/83/CE) quando
taluni aspetti delle dichiarazioni di un richiedente
asilo non sono suffragati da prove documentali o di altro
tipo, tali aspetti non necessitano di una conferma purché
siano soddisfatte le condizioni cumulative stabilite
dall'articolo 4, paragrafo 5, lettere da a) a c) della
medesima direttiva”.
Anche la Corte di Cassazione ha avuto modo di soffermarsi
sulla portata del citato art. 3.
Tale norma – si legge espressamente in Cass. 4.4.2013, n.
8282 – “costituisce, unitamente al D.Lgs. n. 25 del 2008,
art. 8, relativo al dovere di cooperazione istruttoria
incombente sul giudice in ordine all'accertamento delle
condizioni aggiornate del paese d'origine del richiedente
asilo, il cardine del sistema di attenuazione dell'onere
della prova, posto a base dell'esame e dell'accertamento
giudiziale delle domande di protezione internazionale. Le
circostanze e i fatti allegati dal cittadino straniero,
qualora non siano suffragati da prova possono essere
ritenuti credibili se superano una valutazione di
affidabilità fondata sui sopradescritti criteri legali,
tutti incentrati sulla verifica della buona fede
soggettiva nella proposizione della domanda, valutabile
alla luce della sua tempestività, della completezza delle
informazioni disponibili, dall'assenza di strumentalità e
dalla tendenziale plausibilità logica delle
dichiarazioni, valutabile non solo dal punto di vista
della coerenza intrinseca ma anche sotto il profilo della
corrispondenza della situazione descritta con le
condizioni oggettive del paese”.
Orbene, nel caso di specie, si ritiene che i presupposti
cumulativamente richiesti dal citato art. 3, comma 5,
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riproduttivo dell'art. 4 della direttiva 2004/83/CE, si
siano verificati.
Ed invero:
a) “Il richiedente ha compiuto ogni ragionevole sforzo
per circostanziare la domanda”.
Il ricorrente ha fornito alla Commissione un racconto
dettagliato della sua vicenda, precisando le sue esatte
generalità; il percorso di studi.
Altrettanto circostanziato è stato il racconto reso dal
ricorrente nel corso della sua audizione dinanzi al
Tribunale.
Al riguardo, si sottolinea che il ricorrente si è
presentato per ben due volte in Tribunale al fine di
rendere dichiarazioni utili in merito alla sua domanda di
protezione.
b) “Tutti gli elementi pertinenti in suo possesso sono
stati prodotti”.
Il ricorrente ha prodotto i documenti che è riuscito a
procurarsi in corso di causa (cfr. certificato rilasciato
dall'Associazione Arcigay di Catania), collaborando
fattivamente con l'Autorità Giudiziaria nell'accertamento
dei fatti processuali.
c) “Le dichiarazioni del richiedente sono ritenute
coerenti e plausibili e non sono in contraddizione con le
informazioni generali e specifiche pertinenti al suo
caso”.
Le circostanze allegate dal ricorrente ed in particolare
il timore di subire minacce di morte da parte del padre
appaiono coerenti e plausibili con il fatto che
quest'ultimo, in quanto imam, non aveva mai accettato
l'omosessualità del figlio.
Tali circostanze appaiono inoltre coerenti e plausibili
con la situazione generale del Paese di provenienza.
L'articolo 105, Capitolo 6 del Codice Criminale del 1960
stabilisce che “Chiunque sia colpevole di una conoscenza
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carnale innaturale (a) con una persona priva di consenso,
è colpevole di un crimine di primo grado; (b) con una
persona consenziente, o con un animale, è colpevole di
un'infrazione”.
Secondo il Country Reports on Human Rights Practices 2014
del Dipartimento di Stato U.S.A. (in www.refworld.org
oppure in www.ecoi.net), in Ghana le persone lesbiche,
gay bisessuali e transgender (LGBT) incontrano diffuse
discriminazioni in ambito lavorativo e scolastico e sono
esposte a vessazioni sa parte della polizia.
La polizia locale tende, inoltre, a non svolgere indagini
sui crimini commessi contro le persone LGBT.
In prigione, le persone omosessuali vanno spesso incontro
ad abusi fisici e sessuali.
Il Governo, allo stato, non pare avere adottato misure
per punire gli autori di abusi e violenze ai danni di
persone LGBT.
In Agosto, la polizia nella città di Walewale, capitale
del Distretto di West Mamprusi, nel nord del Paese, ha
arrestato un ragazzo di 21 anni perché sospettato di
essere omosessuale. La Polizia ha affermato che l'arresto
era nell'interesse del ragazzo, giacchè i residenti della
città avevano giurato che lo avrebbero ucciso insieme
alla sua famiglia, se non fosse stato allontanato dalla
comunità.
Sebbene non siano stati riportati casi di violenze di
polizie contro i LGBT, le intimidazioni e il clima di
ostilità verso i LGBT sono ritenuti probabili fattori che
inducono le vittime a non denunciare gli abusi.
2.3. Alla luce delle considerazioni sin qui svolte si può
concludere per un giudizio di complessiva attendibilità
del richiedente asilo, anche avuto riguardato al
comportamento mostrato in udienza dal ricorrente (art.
116, comma 2 c.p.c.).
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Ritiene, perciò, il Giudicante che sussistono i
presupposti per il riconoscimento dello status di
rifugiato in favore dell'odierno ricorrente, essendo
fondato il timore che, in caso di suo rientro in Ghana
egli possa andare incontro a persecuzioni in ragione del
suo orientamento sessuale.
Ciò é, del resto, in linea con l'orientamento della
giurisprudenza di legittimità.
In una fattispecie analoga, infatti, la Suprema Corte ha
affermato che, quando le persone di orientamento
omosessuale siano costrette a violare la legge penale del
proprio paese e esporsi a gravi sanzioni per poter vivere
liberamente la propria sessualità, ciò “costituisce una
grave ingerenza nella vita privata che compromette
grandemente la loro libertà personale. Tale violazione di
un diritto fondamentale, sancito dalla nostra
Costituzione, dalla C.E.D.U. e dalla Carta dei diritti
fondamentali dell'Unione Europea, vincolante in questa
materia, si riflette, automaticamente, sulla condizione
individuale delle persone omosessuali ponendole in una
situazione oggettiva di persecuzione tale da giustificare
la concessione della protezione richiesta” (Cass.
20.9.2012, n. 15981)
3. Tenuto conto della particolare natura della
controversia e del fatto che il Ministero dell'Interno,
pur costituendosi in giudizio, non ha sostanzialmente
contrastato la richiesta attorea, si ritiene giustificata
la compensazione delle spese di lite.
P.Q.M.
Il Tribunale di Catanzaro, Seconda Sezione Civile, in
persona del giudice monocratico Dott. Antonio Scalera,
definitivamente pronunciando sul procedimento in oggetto,
disattesa ogni contraria istanza, eccezione e difesa,
visto l'art. 19 d. lgs. 1.9.2011, n. 150, così provvede:
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1) riconosce a S. B. A. R., nato in Ghana, il , lo
status di rifugiato;
2) compensa integralmente le spese di lite;
3) manda alla Cancelleria per le comunicazioni di rito.
Così deciso in Catanzaro, il 7.12.2015.
Il Giudice
Dott. Antonio Scalera
29-01-2016 09:14
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