Trapani. Confermata la stabilizzazione degli Lsu. La Provincia Regionale di Trapani ritira in autotutela, in asserita attuazione di un rilievo della Sezione Controllo della Corte dei Conti sulla stabilizzazione di centoventiquattro lavoratori precari occupati quali lavoratori socialmente utili (LSU) ai sensi dell'art. 71 della L. reg. n. 17 del 2004 (a carico, del Fondo unico del precariato) e gli atti ad essi presupposti e connessi.
Cons. giust. amm. Sicilia, sez. giurisd., 07/06/2016, (ud. 22/10/2015, dep.07/06/2016), n. 162
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA PER LA REGIONE SICILIANA
in sede giurisdizionale
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 402 del 2015, proposto dal
Libero Consorzio Comunale di Trapani (già Provincia Regionale di
Trapani), in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e
difeso dall'avv. Giuseppe Giambrone, presso il cui studio, in
Palermo, Via Principe di Paternò n. 56, è elettivamente domiciliato;
contro
Sig.ri To. De Si., An. Fi., Pi. Al. Fi., Be. Lo., Ca. Fi. Ma., Sa.
Mi., An. No., Fr. Pi., Fr. Po., An. Sa., rappresentati e difesi
dall'avv. Massimo Barrile, presso il cui studio, in Palermo, Via
Principe di Villafranca n. 10, sono elettivamente domiciliati;
per la riforma
della sentenza n. 28 del 4 novembre 2014 (pubblicata il 7.1.2015) del
Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia - Palermo,
Sez.III^;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dei Sig.ri To. De Si., Sa.
Mi., Fr. Po., Pi. Al. Fi., An. Fi., Be. Lo., Ca. Fi. Ma., An. No.,
Fr. Pi. e An. Sa.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Nominato Relatore nell'udienza pubblica del giorno 22 ottobre 2015 il
Cons. Avv. Carlo Modica de Mohac e uditi per le parti gli Avvocati
Giuseppe Giambrone e Massimo Barrile;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
Fatto
I. Con ricorso innanzi al Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia, i Sig.ri To. De Si., Sa. Mi., Fr. Po., Pi. Al. Fi., An. Fi., Be. Lo., Ca. Fi. Ma., An. No., Fr. Pi. e An. Sa. (d'ora innanzi denominati "ricorrenti" o "appellati"), impugnavano:
- la delibera n. 41 del 30.5.2013 del Commissario Straordinario della Provincia Regionale di Trapani (adotta con i poteri della Giunta Provinciale), avente ad oggetto la proposta al Consiglio Provinciale di approvazione di misure correttive di spesa pubblica (ex art. 148 bis del TUEL), in esecuzione della deliberazione n. 106/2013/PRSP del 14.5.2013 della Corte dei Conti - Sezione di Controllo per la Regione siciliana;
- la deliberazione n. 66 del 7.6.2013 del Consiglio Provinciale della Provincia Regionale di Trapani, recante l'approvazione di misure correttive di spesa pubblica (ex art. 148 bis del TUEL), in esecuzione della deliberazione n. 106/2013/PRSP del 14.5.2013 della Corte dei Conti - Sezione di Controllo per la Regione siciliana;
- la deliberazione n. 79 del 4.7.2013 del Commissario Straordinario della Provincia regionale di Trapani avente ad oggetto l'annullamento in autotutela delle deliberazioni commissariali n. 28 del 12.19.2012, n. 99 del 31.12.2012 e n. 25 del 5.2.2013;
- la determinazione dirigenziale n. 430 del 4.7.2013 (del Dirigente del 3° Settore della Provincia Regionale di Trapani, recante l'annullamento della determinazione dirigenziale n. 70 del 31.12.2012 e di n. 124 contratti individuali di lavoro a tempo indeterminato sottoscritti in data 31.12.2012;
- ed ogni altro provvedimento o atto presupposto, consequenziale o comunque connesso.
In pratica i ricorrenti impugnavano gli atti ed i provvedimenti con i quali la Provincia Regionale di Trapani (d'ora in poi denominato Libero Consorzio Comunale di Trapani, essendo quest'ultimo subentrato nei rapporti facenti capo alla prima, ormai soppressa), aveva ritirato in autotutela, in asserita attuazione di un rilievo della Sezione Controllo della Corte dei Conti (nella specie: la già menzionata delibera n. 106/2013/PRSP), i provvedimenti di assunzione a tempo indeterminato (rectius: di "stabilizzazione") di centoventiquattro lavoratori precari occupati quali "lavoratori socialmente utili" (LSU) ai sensi dell'art. 71 della L. reg. n. 17 del 2004 (a carico, cioè, del Fondo unico del precariato) e gli atti ad essi presupposti e connessi.
II. Nel chiedere l'annullamento dei predetti provvedimenti (di ritiro delle assunzioni volte a porre fine alle posizioni di precariato), i ricorrenti lamentavano:
1) con il primo mezzo di gravame, violazione e falsa applicazione dell'art. 148 bis del D.Lgs. n. 267 del 2000 (Testo Unico degli Enti Locali), deducendo che con la delibera n. 106/2013 la Sezione di Controllo della Corte dei Conti non aveva ravvisato alcun profilo di illegittimità nella procedura di stabilizzazione avviata dalla Provincia (oggi Libero Consorzio Comunale), essendosi limitata ad evidenziarne i profili di inopportunità; e che pertanto i provvedimenti di ritiro adottati dalla predetta Amministrazione sulla scorta (ed in asserita attuazione) della predetta delibera si appalesano viziati;
2) con il secondo mezzo di gravame, violazione dell'art. 97 della Costituzione, degli artt. 3, 21 octies e 21 nonies, della L. n. 241 del 1990 ed eccesso di potere per sviamento dalla causa del potere esercitato, insufficienza della motivazione, illogicità ed ingiustizia manifesta, deducendo che i provvedimenti di ritiro impugnati sono viziati in quanto non fanno alcun riferimento all'interesse pubblico;
3) con il primo profilo del terzo mezzo di gravame, violazione e falsa applicazione dell'art. 16, comma 9, del D.Lgs. 6 luglio 2012 n. 95 (convertito in L. n. 135 del 2012), dell'art. 35 del D.Lgs. n. 165 del 2001, della L. reg. n. 9 del 1986 e n. 10 del 2015, nonché dell'art. 15 dello Statuto della Regione siciliana, deducendo che le delibere mediante cui si è sviluppata la "procedura di stabilizzazione" sono misure di carattere organizzativo e non già misure finanziarie; e che pertanto l'art. 16 del D.lgs. n. 165 del 2001 (che vieta nuove assunzioni) non è applicabile alla fattispecie;
4) con il secondo profilo di doglianza del terzo mezzo di gravame, violazione per falsa applicazione dell'art. 1, comma 557, della L. n. 296 del 2006, dell'art. 76, comma 7, del DL n. 112 del 1998, degli artt. 5 e 6 della L. reg. n. 24 del 2010, dell'art. 17 del D.L. n. 78 del 2009, dell'art. 35 del D.Lgs. n. 165 del 2001, dell'art. 23 della L. reg. n. 10 del 2000, dell'art. 97 della Costituzione, delle circolari assessorili n. 1/2011 e n. 3/2011 ed eccesso di potere sotto diversi profili, deducendo che il divieto di assunzione si applica esclusivamente nei casi di ordinarie procedure di reclutamento e non anche alle fattispecie di c.d. "stabilizzazione" (che costituiscono misure speciali e derogatorie assoggettate solamente agli obblighi di contenimento della spesa);
5) con il terzo profilo di doglianza del terzo mezzo di gravame, violazione dell'art. 15 dello Statuto della Regione siciliana, violazione delle Leggi regionali n. 9 del 1986 e nn. 10 e 30 del 2000 e n. 30, nonché erronea applicazione dell'art. 16, comma 9, del D.Lgs. 6 luglio 2012 n. 95 (convertito in L. n. 135 dl 2012), deducendo che la Regione siciliana ha potestà legislativa esclusiva in materia di ordinamento degli enti locali e che pertanto quest'ultima norma non si applica nel territorio siciliano;
6) con il quarto profilo di doglianza del terzo mezzo di gravame, erronea applicazione dell'art. 16, comma 9, del D.Lgs. 6 luglio 2012 n. 95 (convertito in L. n. 135 del 2012), deducendo che alla data del 31.12.2012 il divieto di assunzione è decaduto;
7) con il quinto profilo del terzo mezzo di gravame, violazione della L. reg. n. 7 del 2013 ed eccesso di potere per sviamento e manifesta irragionevolezza, deducendo che con l'entrata in vigore di quest'ultima legge, che ha avviato nella Regione il processo di riforma delle Province regionali, il divieto di assunzioni (imposto dal precedente DL n. 95 del 2012) è comunque venuto meno;
8) violazione e falsa applicazione degli artt. 3, 21 octies e 21 nonies della L. n. 241 del 1990 e successive modifiche ed integrazioni, nonché violazione dell'art. 2, commi 2 e 3 e dell'art. 5, comma 2, dell'art. 51 e dell'art. 52, comma 1, del D.Lgs. n. 165 del 2001, deducendo che i provvedimenti impugnati sono illegittimi nella parte in cui dispongono l'annullamento in autotutela dei contratti di lavoro a tempo indeterminato sottoscritti dai ricorrenti in data 31.12.2012 in quanto per conseguire l'effetto risolutorio (o rescissorio) l'Amministrazione avrebbe dovuto esperire l'apposita azione di annullamento dinanzi l'Autorità giurisdizionale ordinaria.
III. Con sentenza n. 28 del 4.11.2014 (depositata il 7.1.2015), il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia, Sez. III^, disattesa l'eccezione di difetto di giurisdizione sollevata dall'Amministrazione, ha accolto il ricorso, avendo ritenuto fondate le censure di cui al primo motivo ed al primo profilo del terzo motivo; e, per l'effetto, ha annulla i provvedimenti di ritiro impugnati.
IV. Con atto d'appello ritualmente notificato il Libero Consorzio Comunale di Trapani ha impugnato la predetta sentenza chiedendone l'annullamento o la riforma per le conseguenti statuizioni, per le ragioni esposte nella successiva parte ("in diritto") della presente decisione.
Ritualmente costituitisi, gli appellati (già vittoriosamente ricorrenti in primo grado) hanno eccepito l'infondatezza dell'appello chiedendone il rigetto con vittoria di spese.
Nel corso del giudizio entrambe le parti hanno insistito nelle rispettive domande ed eccezioni.
Infine, all'udienza fissata per la discussione conclusiva sul merito dell'appello, la causa è stata posta in decisione.
Diritto
1. L'appello dell'Amministrazione è infondato.
1.1. Con il primo mezzo di gravame il Libero Consorzio Comunale di Trapani lamenta l'ingiustizia dell'appellata sentenza per violazione dell'art. 1, comma 168, della L. n. 266 del 2005 (legge finanziaria 2006), dell'art. 148 bis del D.Lgs. n. 267 del 2000, dell'art. 31, comma 26, della L. n. 183 del 2011, dell'art. 16, comma 1, del DL n. 95 del 2012 (convertito in L. n. 135 del 2012) ed eccesso di potere giurisdizionale, deducendo
- che il Giudice di primo grado ha erroneamente ritenuto che il Libero Consorzio Comunale di Trapani (già Provincia Regionale di Trapani) potesse discostarsi dalle "prescrizioni" della Corte dei Conti;
- che, in ogni caso, l'Amministrazione era soggetta al "patto di stabilità" ed al divieto di procedere ad assunzioni;
- e che pertanto doverosamente e correttamente ha proceduto al ritiro degli atti di assunzione (ed all'intera manovra di "stabilizzazione dei precari") per cui è causa.
La doglianza non merita accoglimento.
Il Libero Consorzio Comunale appellante sostiene:
- che le "misure correttive" imposte dalla Corte dei Conti con la deliberazione n. 106/2013 del 14.5.2013 comportavano (e comportano) anche l'annullamento della "procedura di stabilizzazione" concernente l'assunzione degli appellati;
- che pertanto gli atti di annullamento in autotutela della "stabilizzazione" costituivano per essa atti di "adempimento vincolato" che non necessitavano, per ciò stesso, di alcuna specifica motivazione; né, tanto più, di alcuna motivazione in ordine alla sussistenza dell'interesse pubblico.
Ma tale tesi non può essere condivisa.
Con la deliberazione n. 106/2013 del 14.5.2013, la Sezione di Controllo della Corte dei Conti:
a) aveva rilevato - a seguito della verifica sul rendiconto 2011 e sul bilancio di previsione 2012 - taluni "profili di criticità relativamente alla spesa per il personale";
b) e, con specifico riguardo alla "spesa per il personale", aveva preso in esame le "procedure di stabilizzazione" degli appellati, concluse entro il 31.12.2012, rappresentando le proprie "perplessità" a fronte (si riporta testualmente) delle "prospettive di continuità istituzionale dell'ente, alla luce del coevo e ben noto disegno di soppressione delle province regionali, poi culminato nella legge regionale n. 7/2013", nonché del "divieto per le province di procedere ad assunzioni di personale a tempo indeterminato derivante dall'art. 16, comma 9, del D.L. n. 95/2012".
Con la deliberazione n. 106/2013 del 14.5.2013 la Corte dei Conti non aveva dunque rilevato - in buona sostanza - alcun concreto ed effettivo profilo di illegittimità contabile e/o finanziario in merito alla "procedura di stabilizzazione", essendosi limitata ad evidenziare unicamente ragioni di inopportunità in relazione al processo di riordino (e di soppressione) delle Province ed al generalizzato divieto di assunzione introdotto dalla normativa statale (e, nella specie, dall'art. 16, comma 9, del DL n. 95 del 2012 convertito in L. n. 135 del 2012); ed avendo preso atto, per il resto, che la procedura in questione era stata regolarmente conclusa e non era formalmente in contrasto con disposizioni finanziarie relative alla spesa pubblica.
Sicché - se, come appare indubitabile, la stessa Corte dei Conti ha ritenuto legittima la procedura di stabilizzazione sotto il profilo della regolarità contabile e finanziaria - non resta che concludere che il Commissario Straordinario ha travisato il senso del deliberato dell'Organo di controllo, sul cui presupposto ha ritenuto - addirittura - di dover "obbligatoriamente" formalizzare l'annullamento in autotutela dei provvedimenti di stabilizzazione del personale precario.
Dal tenore letterale del deliberato della Corte dei Conti non si evince affatto - invece - che tra le "obbligatorie misure correttive ex art. 148 bis TUEL" vi fosse (dovesse esservi) anche l'annullamento in autotutela dei provvedimenti concernenti la stabilizzazione di cui all'art. 6, comma 1, della L. reg. n. 24 del 2010.
Correttamente, pertanto, il Giudice di primo grado ha ritenuto:
- che "l'assenza di violazioni di norme strettamente inerenti alla finanza pubblica - ... (... omissis ... ) ... è stata sostanzialmente certificata dalla stessa Corte dei Conti ...";
- che "la misura correttiva adottata dall'Amministrazione esula dalle specifiche prescrizioni della Corte dei Conti"; e che, "in ogni caso, essa va autonomamente valutata in ragione della sussistenza o meno dei presupposti di legge per farvi luogo";
- che "la mancata specifica contestazione di violazioni di norme di stretta natura finanziaria da parte del Giudice contabile non poteva condurre ad un revirement della Provincia basato unicamente sulla violazione di tale divieto di assunzioni";
- e che "le indicazioni date dalla Corte dei Conti avrebbero dovuto costituire non già lo spunto per l'adozione di un provvedimento di annullamento in autotutela, ma, in assenza di ragioni di legittimità, l'oggetto di un distinto provvedimento quale conseguenza di una rivisitazione del programma triennale del fabbisogno di personale, facendo leva sulla previsione di contrazione delle funzioni quale conseguenza del disegna di riordino delle province e nel rispetto, ovviamente, delle procedure di cui al D.Lgs. n. 165 del 2001".
1.2. Con il secondo mezzo di gravame l'Amministrazione appellante lamenta l'ingiustizia dell'appellata sentenza per violazione dell'art. 16, comma 9, del DL n. 95 del 2012 e dello Statuto della Regione siciliana, deducendo:
- che tale norma (introduttiva del divieto di assunzione di personale a tempo indeterminato) è immediatamente applicabile nella Regione siciliana (e per quest'ultima inderogabilmente vincolante);
- e che pertanto il Giudice di primo grado ha ritenuto erroneamente che non lo sia.
La doglianza non merita accoglimento.
Come correttamente rilevato dal Giudice di primo grado, l'art. 24 bis del DL n. 95 del 2012 (come convertito in L. n. 135 del 2012) ha stabilito che "fermo restando il contributo delle Regioni a statuto speciale (... omissis ...) all'azione di risanamento", le norme del decreto in questione si sarebbero applicate nelle Regioni a Statuto speciale "secondo le procedure previste nei rispettivi statuti speciali e dalla relative norme di attuazione".
E' pertanto evidente che il Legislatore statale ha (correttamente) inteso rispettare - com'era ovvio che fosse - le prerogative (in materia di potestà legislativa) delle Regioni a statuto speciale, e che il divieto di procedere ad assunzioni di personale a tempo indeterminato nelle more dell'attuazione delle disposizioni di razionalizzazione delle Province (di cui al più volte citato art. 16, comma 9, del DL n. 95 del 2012), costituiva - esclusivamente - una misura prudenziale in attesa dell'esercizio della potestà legislativa da parte delle predette Regioni; e non già una inderogabile misura "a regime" a presidio del rispetto della legislazione statale in materia di finanza pubblica.
In altre parole - e come correttamente affermato dal Giudice di primo grado e dalla Difesa degli appellati - il divieto in questione non aveva lo scopo di garantire il rispetto della normativa finanziaria statale (non era dettato, cioè, da ragioni di carattere strettamente finanziario), ma era stato concepito in funzione del processo di riordino e ridimensionamento degli Enti locali; e dunque al fine di evitare che potesse realizzarsi una eventuale implementazione dei ruoli del personale in carico presso le Amministrazioni provinciali poco prima della loro (eventuale) soppressione. Ma ciò, evidentemente, lasciando impregiudicata la discrezionalità delle Regioni a statuto speciale in merito alle scelte di fondo sulle modalità dell'operazione di risanamento e di concreta attuazione della riforma.
Ne consegue che la norma in esame introduceva una deroga solamente transitoria ed eccezionale all'esercizio delle ordinarie (cc.dd.) "facoltà assunzionali".
Tale impostazione di fondo è stata condivisa, del resto, dalla Corte dei Conti - Sezione Regionale di Controllo della Regione Lombardia, nonché (nell'adunanza del 14 ottobre 2013) dalla Sezione delle Autonomie della Corte dei Conti, che hanno precisato che la disposizione introduttiva del divieto in questione "non è inquadrabile nell'ambito dell'ordinario limite di spesa per personale al quale un ente locale è sottoposto ...", e ciò in quanto "si tratta di una disposizione che esula da motivazioni strettamente finanziarie per collocarsi su un piano di razionalità organizzativa: stante la possibile soppressione dell'ente datore di lavoro, il Legislatore ha ritenuto corretto e doveroso cristallizzare la struttura burocratica dello stesso, in vista dell'accennata soppressione".
Ne consegue che il divieto non trova immediata applicazione nell'ambito della "procedura di stabilizzazione" per cui è causa, condotta dal Legislatore regionale siciliano nell'esercizio della potestà legislativa esclusiva che le compete in materia di ordinamento degli Enti locali.
D'altro canto non appare revocabile in dubbio che la nozione di "stabilizzazione del personale precario" (in carico presso gli Enti locali) costituisce una fattispecie diversa e comunque non del tutto omologabile o sovrapponibile al concetto di "assunzione" di nuovo personale. La c.d. "stabilizzazione" mira, infatti, ad ottenere l'assorbimento (fino ad eventuale esaurimento) del personale precario già in carico presso l'Amministrazione, nella misura in cui ciò soddisfi le esigenze organizzative della stessa e realizzi per essa un'utilità.
Sicché è evidente che il divieto di nuove assunzioni di cui al più volte citato art. 16, comma 9, del DL n. 95 del 2012 non investe anche i processi di stabilizzazione introdotti dalle Regioni a statuto speciale nell'esercizio della loro potestà legislativa esclusiva; e, a maggior ragione, se tali processi vengano inseriti in una più vasta manovra di risanamento e di ridimensionamento dell'organizzazione degli enti locali.
Per completezza espositiva va rappresentato che nella fattispecie per cui è causa le preoccupazioni (recte: le "perplessità") evidenziate dal Giudice contabile in relazione alla prospettata (preventivata) soppressione delle Province, sono state poi scongiurate dall'art. 1 della L. reg. n. 8 del 2014 (attuativa della L. reg. n. 7 del 2013), che ha stabilito che i Liberi Consorzi comunali continuano ad utilizzare le risorse finanziarie, materiali ed umane già di spettanza delle corrispondenti Province regionali, e che al personale dei Liberi Consorzi viene "confermato lo status giuridico-economico già in godimento presso le Province regionali".
E poiché tale norma è vigente ed efficace (e non è stata impugnata né in alcun modo derogata o abrogata), è evidente che la determinazione del Legislatore Regionale siciliano di procedere - nei limiti delle esigenze organizzative via via individuate e delle previsioni di bilancio - ad operazioni di stabilizzazione, non appare censurabile; né in contrasto con norme di legge legittimamente introduttive di divieti alle quali il predetto legislatore sia assoggettato o assoggettabile.
Da tutto quanto fin qui osservato non resta che concludere:
- che la determinazione di procedere all'annullamento in autotutela dei provvedimenti diretti alla stabilizzazione del personale precario non può trovare sufficiente motivazione nell'asserita esigenza dell'Amministrazione di conformarsi "doverosamente" - come essa mostra di credere - ai deliberati della Corte dei Conti; la quale non aveva affatto ordinato o disposto di procedere in tal senso, essendosi limitata a rappresentare talune sue perplessità in ordine all'opportunità, sotto il profilo organizzativo, di avviare un procedimento volto a determinare la definitiva assunzione del personale precario prima che fosse stato deciso quale dovesse essere il destino della Provincia (preoccupazione, questa, che è stata scongiurata dalle successive scelte del Legislatore);
- e che pertanto una scelta di "ritiro" in autotutela del procedimento di stabilizzazione avrebbe dovuto essere motivato con specifico e dettagliato riferimento alla valutazione dell'interesse pubblico sottostante; o con puntuale riferimento alle ragioni per le quali pur in assenza di acclarate violazioni delle norme (di legge) finanziarie (e di precisi ed inequivocabili atti dispositivi della Sezione Controllo) l'Amministrazione si determinava nel pervenire ad una così drastica ed intempestiva determinazione risolutiva.
2. In considerazione delle superiori osservazioni, l'appello va respinto.
La delicatezza e la novità delle questioni dibattute, che ha visto impegnate le parti in difese tecniche ed in operazioni ermeneutiche particolarmente analitiche, giustifica la compensazione delle spese processuali fra le parti costituite.
PQM
P.Q.M.
Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, in sede giurisdizionale, respinge l'appello in epigrafe.
Compensa le spese fra le parti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Palermo nella camera di consiglio del giorno 22 ottobre 2015 con l'intervento dei Signori Magistrati:
Marco Lipari, Presidente
Antonino Anastasi, Consigliere
Carlo Modica de Mohac, Consigliere, Estensore
Alessandro Corbino, Consigliere
Giuseppe Barone, Consigliere
DEPOSITATA IN SEGRETERIA IL 07 GIU. 2016.
17-08-2016 11:32
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