Prefetto di Trapani impone il divieto di detenere armi ad un soggetto appartenente a sodalizi di stampo mafioso.
T.A.R. Palermo, (Sicilia), sez. I, 30/08/2016, (ud. 22/07/2016, dep.30/08/2016), n. 2085
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2651 del 2008, proposto da:
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avv.ti Eugenio D'Angelo e
Francesco Caroleo Grimaldi, con domicilio eletto presso lo studio
dell'avv. Nicolò Cassata in Palermo, via Notarbartolo n. 5;
contro
Il Ministero dell'Interno, U.T.G. - Prefettura di Trapani, in persona
dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e
difesi dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, presso i cui uffici,
siti in Palermo, via A. De Gasperi n. 81, sono per legge domiciliati;
per l'annullamento
del decreto del Prefetto della provincia di Trapani, contrassegnato
dal prot. n. 87/Area I^ - P.A., notificato al ricorrente il 15
settembre 2008, con cui si fa divieto al ricorrente di detenere armi
e munizioni ai sensi dell'art. 39 del T.U.L.P.S.;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio dell'Amministrazione
intimata;
Viste la documentazione e la memoria depositate dall'Avvocatura dello
Stato per il Ministero dell'Interno e la Prefettura di Trapani;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore il consigliere dott.ssa Maria Cappellano;
Udito all'udienza pubblica del giorno 22 luglio 2016 il difensore
delle resistenti Amministrazioni, presente come specificato nel
verbale;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.
Fatto
FATTO e DIRITTO
A. - Con ricorso notificato il 14 novembre 2008 e depositato il successivo 13 dicembre, l'odierno istante ha impugnato il provvedimento indicato in epigrafe, con il quale il Prefetto della provincia di Trapani ha disposto il divieto di detenzione armi e munizioni a carico del predetto, ritenuto intestatario delle quote di due società, operanti nel settore dell'edilizia e del trasporto, di fatto riconducibili ad un soggetto appartenente a sodalizi di stampo mafioso e sottoposto alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale.
Affida il ricorso alle censure di:
1) Violazione e falsa applicazione dell'art. 39 del R.D. 18 giugno 1931 n. 773 (T.U.L.P.S.), in quanto il provvedimento non conterrebbe il minimo riferimento alla possibilità che il ricorrente possa abusare delle armi; né vi sarebbe prova della pericolosità sociale, o dell'appartenenza del predetto a consorterie mafiose;
2) eccesso di potere per irrazionalità ed abnormità - erroneità nei presupposti - contraddittorietà, in quanto il ricorrente avrebbe dimostrato di non essere mai stato intestatario fittizio delle due imprese.
Ha, quindi, chiesto l'annullamento del provvedimento impugnato, con il favore delle spese.
B. - Si è costituita in giudizio l'Amministrazione intimata.
C. - A seguito dell'avviso di perenzione, parte ricorrente ha presentato, in data 24.03.2015, la domanda di fissazione dell'udienza.
Quindi, all'udienza pubblica del 22 luglio 2016, assente il procuratore del ricorrente, il ricorso è stato posto in decisione su richiesta del difensore delle resistenti Amministrazioni.
D. - Il ricorso è infondato.
D. 1. - Il primo motivo, con il quale si deduce la violazione dell'art. 39 del T.U.L.P.S., va respinto.
È opportuno premettere che la detenzione di armi - pur non soggetta ad autorizzazione, ma a mera "denuncia" della detenzione medesima (art. 697 cod. pen.) - costituisce un fatto non ordinario, ma eccezionale, in deroga al generale divieto di portare e detenere armi sancito dall'art. 699 cod. pen. e ribadito dall'art. 4 della l. n. 110/1975 (v: Consiglio di Stato, VI, 5 dicembre 2007, n. 6181); e l'interesse del privato in tale materia è senz'altro cedevole rispetto all'interesse per l'incolumità pubblica.
In tale contesto, la giurisprudenza ha più volte rilevato come in materia di rilascio (o di revoca) del porto d'armi, l'Autorità di P.S. - alla quale compete di tutelare la sicurezza e l'incolumità pubblica e di prevenire la commissione di reati o di fatti lesivi dell'ordine pubblico - abbia un'ampia discrezionalità nella valutazione dell'affidabilità di un soggetto di fare un buon uso delle armi: sicché, presupposto del rilascio del porto d'armi è che l'istante sia una persona "esente da mende e al disopra di ogni sospetto e/o indizio negativo e nei confronti della quale esista la completa sicurezza circa il corretto uso delle armi, in modo da scongiurare dubbi e perplessità sotto il profilo dell'ordine pubblico e della tranquilla convivenza della collettività" (Consiglio Stato, sez. VI, 20 luglio 2006, n. 4604; sez. IV, 8 maggio 2003, n. 2424; 30 luglio 2002, n. 4073; 29 novembre 2000, n. 6347; T.A.R. Toscana, Sez. II, 3 febbraio 2015, n. 212; T.A.R. Campania, Salerno, sez. I, 7 dicembre 2011 n. 1944; T.A.R. Piemonte, sez. II 4 novembre 2011 n. 1149; T.A.R. Umbria, 4 luglio 2011 n. 193).
Applicando detti principi al caso di specie, il Collegio ritiene che il divieto di detenzione delle armi non presenta i denunciati vizi.
Deve, invero, osservarsi che il provvedimento prefettizio è stato adottato sulla base della nota della Questura di Trapani datata 08.01.2008, di proposta di adozione del divieto, con la quale è stato comunicato che il ricorrente era risultato intestatario delle quote di capitale sociale di due società, ritenute dal Tribunale di Trapani riconducibili al patrimonio di un soggetto appartenente a sodalizi di stampo mafioso e sottoposto alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale; quote, per le quali il Giudice penale aveva disposto la confisca (v. nota della Questura di Trapani, datata 08.01.2008, depositata dalla p.a. in data 13.05.2016).
Risulta, inoltre, dallo stesso provvedimento impugnato, che la Prefettura ha disposto un supplemento di istruttoria a seguito della presentazione di una memoria difensiva da parte dell'interessato, con conferma, da parte della locale Questura, della proposta di adozione del divieto di detenzione armi.
La Questura, in particolare, ha confermato la necessità di adottare il divieto, avuto riguardo sia alle risultanze processuali emergenti da una sentenza del Tribunale di Trapani del 25.03.2002, con la quale era stata respinta la richiesta di revoca del provvedimento di confisca dei beni, presentata dal ricorrente; sia, avuto riguardo al decreto dello stesso Tribunale, del 05.10.2007, con il quale era stata accertata la qualità di prestanome del predetto, privo di redditi sufficienti a giustificare l'acquisto delle citate quote sociali (v. nota della Questura di Trapani, datata 30.07.2008, depositata dalla p.a. in data 13.05.2016).
Il divieto di detenzione delle armi - basato su un'approfondita istruttoria - si presenta, quindi, del tutto coerente con il complesso quadro indiziario emergente dalle sentenze penali, e contiene una valutazione, la quale si fonda su canoni di estrema prudenza e accortezza, anche tenendo conto della circostanza per cui il requisito dell'affidabilità - che, in una materia delicata come quella afferente all'uso delle armi, deve sussistere in maniera piena e limpida - deve poter escludere anche il semplice dubbio che il soggetto interessato possa utilizzare in modo indebito le armi.
D. 2. - Quanto appena esposto e rilevato rende privo di consistenza il secondo motivo, atteso che, con tale censura, parte ricorrente contesta apertamente il contenuto delle decisioni adottate dal Giudice penale, con argomentazioni palesemente inammissibili.
Non si riscontra, pertanto, né il denunciato eccesso di potere, né l'erroneità dei presupposti e la contraddittorietà.
Il ricorso va, quindi, rigettato, con salvezza del decreto del Prefetto di Trapani prot. n. 87/Area 1^ - P.A. del 3 settembre 2008.
E. - Le spese di giudizio seguono la soccombenza si liquidano come da dispositivo.
PQM
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia, Sezione Prima, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.
Condanna il ricorrente al pagamento delle spese di giudizio, che liquida in favore del Ministero dell'Interno, quantificandole in € 1.000,00 (euro mille/00), oltre oneri accessori come per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'art. 52, comma 1 D. Lgs. 30 giugno 2003 n. 196, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare -OMISSIS-.
Così deciso in Palermo nella camera di consiglio del giorno 22 luglio 2016 con l'intervento dei magistrati:
Calogero Ferlisi, Presidente
Maria Cappellano, Consigliere, Estensore
Luca Lamberti, Referendario
DEPOSITATA IN SEGRETERIA IL 30 AGO. 2016.
21-09-2016 00:23
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