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Sentenza

La concessione edilizia dopo 18 mesi dall'adozione non può essere annullata in a...
La concessione edilizia dopo 18 mesi dall'adozione non può essere annullata in autotutela.
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 3 novembre – 10 dicembre 2015, n. 5625
Presidente Griffi – Estensore Lopilato

Fatto e diritto

1.– Roma Capitale, con determinazione dirigenziale 24 settembre 2013, n. 569, ha annullato, in autotutela, le concessioni edilizie in sanatoria del 4 luglio 2002, numeri 282330, 282338, 282339 e 282340 relative a due corpi di fabbrica a destinazione commerciale di circa 160 mq ciascuno, acquistati, nel 2005 da Spen II s.r.l., in quanto realizzati in aderenza dell'acquedotto Traiano-Paolo e dunque in un'area su cui graverebbe un vincolo monumentale storico e architettonico.
La società ha impugnato tale atto innanzi al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, che, con sentenza 20 novembre 2014, n. 11652, ha accolto il ricorso in ragione del fatto che l'autotutela fosse stata esercitata in relazione a «concessioni edilizie in sanatoria rilasciate oltre undici anni prima (…) per fabbricati realizzati inizialmente sin dagli anni cinquanta».
2.– Il Ministero per i beni, le attività culturali e il turismo ha proposto appello rilevando che: i) il provvedimento di condono dovrebbe considerarsi nullo, perché rilasciato senza il preventivo assenso della Soprintendenza, con conseguente impossibilità di configurare un legittimo affidamento in capo al privato; ii) le aree di sedime dell'Acquedotto Paolo sarebbero soggette a vincolo paesaggistico; iii) gli strumenti urbanistici non consentirebbero il rilascio di titoli abilitativi in aree come quella in esame e imporrebbero l'osservanza di una fascia di rispetto di inedificabilità che, nella specie, non è stata osservata.
2.1.– Si è costituita in giudizio la società, rilevando, in via preliminare, l'inammissibilità dell'appello, in quanto il Comune, con determinazione del 12 febbraio 2015, ha annullato in autotutela l'atto impugnato. Nel merito si è dedotta l'infondatezza dell'appello stesso, in quanto: i) le concessioni in sanatoria non sarebbero nulle, perché i vincoli non sussistereberro, come accertato dal Tribunale amministrativo regionale, con sentenza passata in giudicato; ii) sarebbe stato leso il principio del legittimo affidamento (si richiama anche la circostanza rappresentata dalla vendita da parte di Roma Capitale di porzione dei fabbricati in esame); iii) sussisterebbe difetto di istruttoria, essendo stati gli immobili costruiti prima della adozione degli strumenti urbanistici.
3.– La causa è stata decisa all'esito della udienza pubblica del 3 novembre 2015.
4.– L'appello, a prescindere dalla questione relativa all'eccepito difetto di interesse, è infondato.
L'art. 21-nonies della legge 17 agosto 1990, n. 241 prevede che il provvedimento amministrativo illegittimo può essere annullato d'ufficio, sussistendone le ragioni di interesse pubblico, entro un termine ragionevole e tenendo conto degli interessi dei destinatari e dei controinteressati, dall'organo che lo ha emanato ovvero da altro organo previsto dalla legge.
Nella specie, pur volendo prescindere dalla questione relativa alla sussistenza del vizio di legittimità dell'atto di primo grado, manca il requisito rappresentato dalla valutazione motivata della posizione dei soggetti destinatari del provvedimento. Nel caso in esame tale affidamento era particolarmente qualificato, come messo correttamente in rilievo dal primo giudice, in ragione del lungo tempo trascorso dall'adozione delle concessioni annullate. In particolare, risultano trascorsi tredici anni dal rilascio del condono e ventinove anni dalla presentazione della relativa domanda.
Né varrebbe rilevare che tale affidamento non potrebbe venire in rilievo trattandosi di un provvedimento nullo. L'art. 21-septies della legge n. 241 del 1990 indica, in modo tassativo, quali sono i casi di nullità del provvedimento: mancanza degli elementi essenziale dell'atto; difetto assoluto di attribuzione; violazione o elusione del giudicato; casi previsti dalla legge.
Nella fattispecie in esame non è dato riscontrare nessuno dei casi sopra indicati: il Comune, infatti, nella prospettiva dell'appellante, ha adottato un atto difforme dal modello legale per mancanza del parere che, in quanto tale, potrebbe ritenersi annullabile e non nullo.
E' bene aggiungere che il decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133 (Misure urgenti per l'apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica, l'emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa delle attività produttive), convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 2014, n. 164, ha posto uno sbarramento temporale all'esercizio del potere di autotutela, rappresento da «diciotto mesi dal momento dell'adozione dei provvedimenti di autorizzazione o di attribuzione di vantaggi economici». Pur se tale norma non è applicabile ratione temporis, in ogni caso, rileva ai fini interpretativi e ricostruttivi del sistema degli interessi rilevanti.
5.– Gli altri motivi di appello sono anch'essi infondati, in ragione dell'assorbente valenza invalidante sopra riportata. In particolare, l'appellante, con tali motivi, fa valere ulteriori ragioni di invalidità delle rilasciate concessioni edilizie in sanatoria in ragione dell'esistenza di vincoli paesaggistici e per il contrasto con gli strumenti urbanistici. Quelli indicati sono, però, eventuali vizi di legittimità che, da soli, in assenza degli altri elementi costitutivi del provvedimento di secondo grado, non sarebbero comunque sufficienti a giustificare il disposto annullamento.
6.– L'appellante è condannata al pagamento, in favore della società, delle spese del presente grado di giudizio che si determinano in euro 3.000,00, oltre accessori.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, definitivamente pronunciando:
a) rigetta l'appello proposto con il ricorso indicato in epigrafe;
b) condanna l'appellante al pagamento, in favore della società, delle spese del presente grado di giudizio che si determinano in euro 3.000,00, oltre accessori sull'appello.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Avv. Antonino Sugamele

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