Risarcimento danni derivante dalla inadeguatezza delle ore di sostegno per disabile a scuola. E' necessio provare il danno patito.
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 20 maggio – 30 dicembre 2014, n. 6428
Presidente Severini – Estensore Carella
Fatto e diritto
1.- La presente decisione viene assunta in forma semplificata, a termini degli artt. 60 e 74 Cod. proc. amm., dopo aver accertato la completezza del contraddittorio e dell'istruttoria ed essendo trascorsi oltre venti giorni dalla notifica dell'atto di appello.
In punto di fatto la questione attiene a una condanna risarcitoria per danno esistenziale di un'alunna con grave handicap a causa della diminuzione delle ore di sostegno scolastico.
All'odierno esame è dunque estraneo il tema delle modalità di realizzazione della pretesa al sostegno all'alunno disabile in riferimento alla Costituzione, alla legislazione nazionale (legge 5 febbraio 1992, n. 104) e alla Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità (ratificata con legge 3 marzo 2009, n. 18).
L'appello è fondato e la sentenza va riformata: ma solo in parte, avuto riguardo all'unico motivo di censura che ha coinvolto nell'impugnazione esclusivamente la pretesa risarcitoria riconosciuta.
2.- La senetenza appellata ha infatti accolto il ricorso dell'esercente la potestà parentale e, previo annullamento del provvedimento impugnato, ha ordinato all'Amministrazione scolastica di assegnare alla minore un numero di ore di sostegno pari alla frequenza scolastica settimanale (n. 24 e non 18 come complessivamente concesse) e di pagare ai ricorrenti, per la mancata tempestiva assegnazione dell'adeguato numero di ore di sostegno, il risarcimento del danno non patrimoniale nella misura di € 250,00 al mese (da dicembre sino all'esecuzione della sentenza, con nomina di commissario ad acta e trasmissione della sentenza alla Procura regionale della Corte dei Conti).
Con l'atto di appello l'Amministrazione scolastica ha lamentato l'erroneità della sentenza per omessa motivazione e assenza di istruttoria in merito agli assunti posti a fondamento: ossia, che l'insufficiente attribuzione delle ore di sostegno “determini di per sé un danno”, nella mancanza di puntuale allegazione e dimostrazione alcuna della sua consistenza nonché in contrasto all'orientamento della giurisprudenza (Cons. Stato, VI, 30 aprile 2013, n. 2373; Cass., Sez. Un., 11 novembre 2008, nn. 26972 e 26973; Corte cost., 16 ottobre 1990, n. 455 ed altre).
3.- L'azione svolta, quindi, ri riferisce alla sola condanna al risarcimento dei danni e, in particolare, investe l'automatismo del danno connesso alla violazione della mancata attribuzione di un numero di ore di sostegno sufficiente ad assicurare il rapporto di 1/1, come ritenuto dalla sentenza gravata.
La giurisprudenza di questa Sesta Sezione del Consiglio di Stato ha avuto modo di affermare (30 aprile 2013, n. 2373) che, anche laddove si alleghi la lesione di diritti inviolabili della persona, la sussistenza di un danno non patrimoniale (asseritamente) risarcibile ai sensi dell'art. 2059 Cod. civ. deve essere puntualmente dimostrata, se del caso attraverso il ricorso a presunzioni.
Non v'è ragione per discostarsi da detto precedente e dai consolidati di cui alle sentenze citate dalla difesa statale nell'atto di appello.
4.- E' pacifico che i ricorrenti originari non abbiano allegato elementi concreti per confermare che l'illegittimità dell'atto impugnato in primo grado abbia effettivamente arrecato alla sfera giuridica o patrimoniale della minore disabile e dell'esercente la patria potestà un pregiudizio reale, in concreto ristorabile.
Viceversa, come risulta dalla sentenza gravata e dagli atti originariamente impugnati, l'Amministrazione scolastica ha giustificato il suo comportamento in relazione al monte di ore assegnato all'Istituto e con riguardo ai limiti di bilancio, i quali si riferiscono a valori costituzionali anch'essi in gioco (artt. 81 e 97 Cost.) nella dinamica della fattispecie dibattuta e nell'individuazione del “nucleo indefettibile di garanzie per gli interessati” (Corte Cost., 4 luglio 2008, n. 251).
Tanto vale a dire, sul versante del risarcimento domandato ai sensi dell'art. 2059 Cod. civ., che l'Amministrazione scolastica, a termini dell'art. 2697 (che regola la distribuzione dell'onere della prova tra le parti), aveva sostanzialmente contestato l'inefficacia della gravità in sé di handicap quale unico parametro di valutazione nell'assegnazione delle ore di sostegno, tenuto conto che sussistono forme diverse di disabilità e che le relative tipologie implicano una graduazione concreta tra tutti gli alunni affetti da grave minorazione con riguardo alle incapienti risorse disponibili.
Ebbene, a fronte di tali presupposti, la ricorrente iniziale non appare aver provato in giudizio i fatti che pone a fondamento della domanda risarcitoria: in particolare (alla luce della circostanza che l'Amministrazione scolastica periferica ha fatto quello che le era materialmente consentito elevando anche di 4 ore aggiuntive sino alle 18 ore complessive assegnate), in quali termini si sia tradotto a pregiudizio la mancata concessione delle 6 ore mancanti e in cosa sia realmente consistito l'effetto di danno subito, che è stato ricostruito dal primo giudice in via equitativa e in base soltanto all'evento occorso, ma non altrimenti qualificato e rimasto perciò privo di un pur presuntivo supporto probatorio.
Detta sola circostanza (delle minori ore assegnate) era dunque di per sè inidonea a fondare l'accoglimento della pretesa risarcitoria: anche nel giudizio di equità la norma dell'art. 2697 Cod. civ. rappresenta un principio informatore del risarcimento dei danni da illecito non contrattuale. Perciò qualsiasi vicenda di danno lamentato da chi agisce in giudizio per il risarcimento deve essere provata dal danneggiato, sia pure con ogni mezzo, ivi comprese le allegazioni e le presunzioni semplici, fermo restando che la relativa articolazione va dimostrata nello specifico del caso concreto, cioè caso per caso, e non fatto discendere in via generale ed astratta quale conseguenza connessa automaticamente all'evento (Corte cost., 6 luglio 2004, n. 206; Cass., III, 13 giugno 2008, n. 15986, e 27 luglio 2006, n. 17144).
4.- Conclusivamente, avuto riguardo all'art. 2697 Cod. civ., l'appello va accolto e la sentenza va riformata nel capo relativo alla condanna risarcitoria. È indispensabile che il danneggiato, nel far valere in giudizio il diritto risarcitorio, indichi e dimostri le circostanze a causa delle quali in concreto si è determinato un peggioramento della sua qualità di vita e la concatenazione delle conseguenze patrimoniali negative di cui si duole. Il danno risarcibile da illecito non può mai essere in re ipsa, nell'assenza di indicazione addotta in ricorso degli elementi anche presuntivi di valutazione.
Le spese di lite relative all'odierno grado di giudizio possono essere integralmente compensate in considerazione della natura e della particolarità della fattispecie.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, definitivamente pronunciando sul ricorso, accoglie l'appello (ricorso numero: 2678 del 2014) e, per l'effetto, a riforma parziale della sentenza in epigrafe, respinge il ricorso in primo grado nella parte relativa alla domanda risarcitoria.
Compensa interamente tra le parti le spese relative all'odierno grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
16-01-2015 15:25
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