Extracomunitario non autosufficiente economicamente: non ha i presupposti per ottenere la cittadinanza.
Consiglio di Stato, sez. III; sentenza 8 – 14 gennaio 2015, n.60
Presidente e Estensore Lignani
Fatto e diritto
L'appellante, già ricorrente in primo grado, cittadino pakistano residente in Italia, ha fatto istanza per la concessione della cittadinanza italiana ai sensi dell'art. 9, comma 1, lettera (f), della legge 5 febbraio 1992, n. 91.
L'istanza è stata respinta con atto del 12 luglio 2012, motivato con la considerazione che l'interessato, allo stato, non aveva dimostrato un reddito adeguato. Il provvedimento faceva seguito ad un preavviso di rigetto, motivato nello stesso senso, al quale l'interessato aveva replicato fornendo elementi che tuttavia la p.a. non ha giudicato sufficienti.
2. L'interessato ha proposto ricorso al T.A.R. del Lazio, ma il ricorso è stato respinto con la sentenza n. 4959/2014.
E' quindi intervenuto l'appello dell'interessato a questo Consiglio. L'Amministrazione si è costituita a mezzo dell'Avvocatura dello Stato.
In occasione della trattazione della domanda cautelare in camera di consiglio, il Collegio ravvisa le condizioni per procedere alla definizione immediata della controversia.
3. E' opinione comunemente condivisa, anche in base a giurisprudenza consolidata, che la concessione della cittadinanza italiana sia un atto connotato da una discrezionalità quanto mai estesa, tranne alcune ipotesi particolari che qui non ricorrono.
Ciò vale in particolare per l'ipotesi di cui alla legge n. 91/1992, articolo 9, comma 1, lettera (f), ossia quella dello straniero che risiede legalmente in Italia da almeno dieci anni. E' pacifico che la lunga durata della residenza, prevista dalla norma in esame, sia solo il requisito di base, ossia una condicio sine qua non, che non esonera dall'accertamento di ulteriori condizioni valutabili discrezionalmente, fra le quali l'effettivo e proficuo inserimento del soggetto nella comunità nazionale e l'autosufficienza economica.
4. Nel caso in esame, si discute dell'autosufficienza economica, dimostrata attraverso il reddito percepito dall'interessato attraverso la sua attività di lavoro autonomo, e dimostrato dalle dichiarazioni annuali dei redditi.
L'appellante sostiene che a questi fini si debba avere riguardo, oltre che al suo reddito personale, a quello complessivo del suo nucleo familiare, vale a dire con gli apporti anche dei figli maggiorenni conviventi. Egli deduce infatti che sommando i redditi dei figli si ottiene una somma più che sufficiente, alla luce dei criteri di massima seguiti dal Ministero dell'Interno in pratiche analoghe.
5. La sentenza appellata, sul punto, è motivata come segue:
«La documentazione trasmessa agli uffici e riprodotta nel presente giudizio è relativa al solo anno 2011, tenuto conto che per l'anno 2010 sicuramente la carenza reddituale è dimostrata per tabulas (...) . Seppure parte ricorrente abbia proceduto a depositare documentazione relativa ad una mutata condizione economica del nucleo famigliare per l'anno 2011, tale fatto nuovo, peraltro riferito ad un solo anno, non consente di accogliere le censure dedotte nei confronti del procedimento impugnato in quanto non è confermata documentalmente una costante condizione reddituale dello straniero e del suo nucleo famigliare idonea a provare la sussistenza del requisito inerente al livello minimo di reddito utile per ottenere la concessione della cittadinanza, che comunque costituisce un requisito che deve essere mantenuto in misura costante nel tempo per confermare il richiesto livello di adeguatezza reddituale che consente al richiedente di mantenere adeguatamente e continuativamente sé e la famiglia senza gravare (in negativo) sulla comunità nazionale».
Come si vede, non viene in questione la possibilità di aggiungere al reddito del richiedente quello dei figli conviventi. Tale possibilità è stata senz'altro riconosciuta sia dall'amministrazione procedente, sia dal T.A.R.
Il problema riguarda, invece, la costanza nel tempo della situazione economica dell'interessato. Ed invero, così come è ragionevole chiedere che l'aspirante cittadino disponga di un determinato reddito, è ragionevole altresì chiedere che tale condizione si prospetti come duratura.
E sotto questo profilo, non si può considerare illegittimo che il Ministero dell'Interno abbia stimato insufficiente la dimostrazione data per la sola annata 2011, ossia l'ultimo anno antecedente alla emissione del provvedimento di diniego, che è del luglio 2012.
6. In conclusione, l'appello deve essere respinto e la sentenza deve essere confermata.
S'intende che la presente decisione concerne solo la legittimità del diniego espresso dalla p.a. nel 2012, ma non preclude (come giustamente avvertito anche dal T.A.R.) che l'interessato riproponga la domanda, qualora sia in grado di documentare che la sua situazione reddituale abbia conseguito una relativa stabilità.
La natura della controversia giustifica la compensazione delle spese.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza) rigetta l'appello. Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
23-01-2015 14:48
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